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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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domenica 28 ottobre 2018

Noi difendiamo la nostra cultura?

All'articolo intitolato "Feste e lavoro", mi è arrivato questo commento da un caro amico:
"Era così, il Natale si faceva in casa o nella propria comunità. Un Natale al centro commerciale è una giornata qualunque. Oggi siamo tutti QUALUNQUE".

Io rispondo dicendo che gli uomini qualunque sono destinati a soccombere o a sopravvivere senza vivere.
Oltre alla questione religiosa e cultuale, le feste sono importanti perché rappresentano la nostra cultura.
Quindi, trasformarle in giorni lavorativi significa anche distruggere parte della nostra identità storica e culturale.
Questo mio caro amico ha ragione.
Il Natale si festeggia stando in famiglia e non andando al centro commerciale o al fast food.
Sia ben chiaro, io sono contrario al fatto che lo Stato imponga ai negozi e alle varie attività di chiudere.
Una cosa del genere è illiberale e va contro ogni ragionevolezza.
Il mercato non è né buono né cattivo.
Semmai, è la gente a dovere cambiare testa.
Questo commento fa il paio con un altro da me scritto su "Italia chiama Italia".
Nell'articolo in questione si parla di come la nostra lingua sia bistrattata e violentata qui in Italia da tanti di noi italiani.
Vi riporto questo pezzo del mio articolo in questione:

"L'italiano è la quarta lingua più studiata al mondo.

Purtroppo, qui in Italia, essa è bistrattata. Non mi riferisco tanto al fatto che si usino vocaboli stranieri, in particolare inglesi, anche se è bene evitare di usarli quando si possono usare quelli della lingua nostra.

Non si deve per forza usare un anglicismo quando esistono dei bei termini italiani per spiegare le cose.

Comunque, gli anglicismi non sono certo il male maggiore.

Esistono situazioni ben più gravi per il nostro idioma.

Infatti, mi riferisco in particolare al fatto che sempre meno italiani parlino e scrivano in un italiano accettabile.

Per esempio, ci sono temi scolastici in cui si scrive l'articolo indeterminativo "un'" di fronte ad un nome comune maschile che inizia con una vocale

Certamente l'apostrofo si usa quando ci sono nomi comuni che iniziano con una vocale ma solo nei casi di quelli femminili.

Quindi, è corretto scrivere "un'amica" ed "un'arancia" mentre è sbagliato scrivere "un'amico" e "un'arancio".

Ci sono casi in cui, addirittura, si scrivono parole con la la lettera "Q", quando questa non serve.

Un esempio classico è la parola errata "squola".

Sappiamo tutti che questa parola non si scrive così ma che si scrive "scuola".

Tra l'altro, mi è capitato di leggere di persona uno strafalcione simile.

Peggio ancora è la scomparsa dei verbi coniugati al congiuntivo, che spesso è sostituito dall'indicativo o dal condizionale.

Anche alcuni politici sono "allergici" al congiuntivo.

Nel secondo caso si tocca il fondo.

Questo non è certamente solo colpa dell'abuso dei mezzi informatici (il cui uso eccessivo ha fatto disimparare i nostri a leggere e a scrivere) ma è anche colpa di una sottocultura che si sta affermando e che è preoccupante.

Anzi, questa è la causa principale di questo decadimento culturale.

Si sta affermando una sottocultura secondo cui "andare a scuola ed istruirsi non serva a nulla""
.

Purtroppo, questo è un dato di fatto.
Il fenomeno della "mortalità scolastica" è evidente.
I dati dicono che circa 3,5 milioni di giovani italiani abbiano rinunciato agli studi negli ultimi vent'anni.
Dato che tante persone sono costrette a fare un lavoro che non coincide con i titoli di studio, sta passando sempre di più l'idea secondo cui "studiare non servirebbe a nulla".
Purtroppo, anche l'apprendimento della nostra lingua risente di ciò.
Questo è molto grave.
Il disimparare a parlare e a scrivere la propria lingua madre è un segno evidente di degrado culturale del Paese, soprattutto tenendo conto del fatto che ci siano una forte immigrazione (anche irregolare) e l'emigrazione di tanti nostri connazionali che, non riuscendo a realizzarsi qui in Italia, sono costretti ad andarsene.
Così, restano le persone con meno opportunità e quelle con qualifiche basse o senza qualifiche, le quali sono disposte anche a rinunciare alle feste e ad ogni valore della propria cultura, pur di avere un lavoro che magari non dà a loro grandi soddisfazioni.
Questo è un male per il nostro Paese, il quale rischia davvero di perdere la sua identità culturale.

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AstraZeneca ha ritirato il suo vaccino anti-Covid

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".