Su "Wired.it" vi è un articolo intitolato "Asperger e autismo, 5 errori di Beppe Grillo".
Riporto questo stralcio dell'articolo, che è stato scritto da Gianluca Dotti:
"1. Anzitutto i nomi: il rapporto tra Asperger e autismo
Peccato veniale, ma emblematico: Beppe Grillo ha sbagliato per due volte (su tre totali) a pronunciare il nome della sindrome di Asperger, mettendo una lettera “n” al posto della prima “r“. Il nome della sindrome è infatti un tributo a Hans Asperger, pediatra austriaco del secolo scorso che con il suo lavoro diede un contributo rilevante alla comprensione delle caratteristiche del disturbo.
Volendo essere pignoli, poi, Grillo ha anche detto che “l’autismo […] è la sindrome di Asperger”, aprendo a un potenziale qui pro quo nella classificazione. La sindrome di Asperger, infatti, era catalogata fino al 2013 secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm) fra i cosiddetti disturbi dello spettro autistico, una denominazione generale che includeva come sottocasi disgiunti sia le persone Aspie (per dirla in modo più colloquiale) sia gli autistici nel senso classicodel termine. Nell’ultima versione del Dsm (la numero 5), dopo un lungo dibattito, non si parla più esplicitamente di sindrome di Asperger, ma la si fa rientrare nella categoria unica dei distubi dello spettro autistico. Definire autistico un Aspie, quindi, non è (più) tecnicamente sbagliato, anche se nell’autismo in senso generale rientrano pure persone con disabilità intellettive molto severe.
2. Davvero “siamo pieni di autistici”?
Nel suo discorso urlato, Grillo ha affermato anche che “l’autismo è la malattia del secolo”. Anzitutto, parlare dell’autismo come di una malattia è scorretto, e una simile definizione è rigettata sia dai medici sia dalle associazioni che si occupano di questa condizione. Inoltre, la questione è ben più articolata: come avevamo già raccontato qui su Wired l’anno scorso, infatti, la storia dell’aumento esponenziale dei casi di autismo è sostanzialmente una bufala. A essere effettivamente in grande aumento negli ultimi decenni sono le diagnosi di autismo, ma questo trend è imputabile a una accresciuta attenzione sociale al tema e a una ricatalogazione dei disturbi più che a un vero aumento dell’incidenza.
Una lieve crescita del numero effettivo di casi clinici è possibile che sia un effetto reale, dicono gli scienziati, ma dovuto molto probabilmente all’aumento dell’età media dei genitori al momento del parto. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato una correlazione tra l’incidenza dell’autismo e l’età alla quale si procrea. Chi sostiene che l’autismo sia sempre più frequente per colpa dei vaccini, invece, sta (fino a prova contraria) mentendo.
3. Chi ha detto che “l’autismo non lo riconosci”?
A pronunciare questa frase è stato (ovviamente) Grillo, che in cinque parole ha tentato di buttare alle ortiche decenni di ricerca scientifica sui metodi diagnostici e sulla diagnosi precoce. Ora, è vero che le diagnosi dei disturbi dello spettro autistico sono complicate poiché non esistono parametri clinici associati al solo autismo e quantificabili univocamente, e che in parte l’esito della valutazione dipende anche dalla soggettività e dall’esperienza del medico, ma allo stesso tempo va sottolineato che le tecniche diagnostiche esistono, eccome.
Almeno per alcuni dei disturbi dello spettro autistico (ne parlavamo su Wired già nel 2013) è possibile ottenere diagnosi certe (ossia replicabili) dai due anni di vita in poi, e sono in fase di studio test del sangue e delle urine (e pure qualche app) per arrivare a diagnosi precoci, sui neonati o quando il bambino si trova ancora nel grembo materno. E se è vero che ci sono adulti che soffrono di disturbi dello spettro autistico e sono non diagnosticati, ciò non significa che siano inesistenti i criteri per una valutazione clinica. Per la sindrome di Asperger, per esempio, la diagnosi avviene frequentemente tra i 4 e gli 11 anni di età.
4. La bizzarra definizione della sindrome di Asperger
Dopo averne pronunciato male il nome, Grillo si è lanciato anche in una descrizione dell’Asperger: “è quella sindrome di quelli che parlano in quel modo e non capiscono che l’altro non sta capendo. E vanno avanti [a parlare] e fanno magari esempi che non c’entrano alcunché [il termine originale era un altro, ndr] con quello che sta dicendo”. Al di là della grossolana generalizzazione e dell’aver messo in luce solo gli aspetti critici degli Aspie (Albert Einstein, Henry Ford, Charles Darwin e Isaac Newton molto probabilmente erano Asperger, per citare qualche esempio ricordato anche da Mario Pingerna), la descrizione del disturbo è sommaria e imprecisa.
La sindrome di Asperger non ha infatti a che fare con la mancanza di logica o l’incapacità di gestire i pensieri articolati o il linguaggio, e men che meno con scarsa memoria o intelligenza, bensì si manifesta soprattutto con la compromissione qualitativa dell’interazione sociale e la carenza di empatia cognitiva (ossia la capacità di leggere la mente altrui). Il più delle volte negli Aspie l’uso del linguaggio risulta comunque atipico, dunque raramente chi soffre di questa sindrome finisce per essere un personaggio mediatico. A parte alcune illustri eccezioni, come Gianluca Nicoletti, anche la tesi che sia “pieno” di “filosofi Asperger” che parlano “in televisione” è dunque campata in aria.
5. Gli autistici (e gli Asperger) NON sono psicopatici
Nel cambiare argomento, passando a parlare di Francia e di Emmauel Macron, Grillo ha fatto anche uno strano accostamento tra l’essere “pieni di autistici” e “pieni di psicopatici”, quasi a voler considerare i due termini come sinonimi. Come ha anche ricordato su Facebook Daniele Matteo Cereda, la psicopatia e i disturbi dello spettro autistico indicano in sostanza due condizioni opposte.
La psicopatia è infatti un disturbo che si manifesta attraverso una carenza di empatia in generale, un’incapacità di provare rimorso e uno spiccato egocentrismo (a volte associato a comportamenti aggressivi o comunque devianti). La sindrome di Asperger invece, in estrema sintesi, non impedisce di provare emozioni e percepire quelle altrui, ma si manifesta attraverso la difficoltà nelle interazioni sociali e l’emergere di comportamenti schematici e atipici. Insomma, se una persona psicopatica a volte può diventare un carnefice, un Aspie il più delle volte è una vittima".
Peccato veniale, ma emblematico: Beppe Grillo ha sbagliato per due volte (su tre totali) a pronunciare il nome della sindrome di Asperger, mettendo una lettera “n” al posto della prima “r“. Il nome della sindrome è infatti un tributo a Hans Asperger, pediatra austriaco del secolo scorso che con il suo lavoro diede un contributo rilevante alla comprensione delle caratteristiche del disturbo.
Volendo essere pignoli, poi, Grillo ha anche detto che “l’autismo […] è la sindrome di Asperger”, aprendo a un potenziale qui pro quo nella classificazione. La sindrome di Asperger, infatti, era catalogata fino al 2013 secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm) fra i cosiddetti disturbi dello spettro autistico, una denominazione generale che includeva come sottocasi disgiunti sia le persone Aspie (per dirla in modo più colloquiale) sia gli autistici nel senso classicodel termine. Nell’ultima versione del Dsm (la numero 5), dopo un lungo dibattito, non si parla più esplicitamente di sindrome di Asperger, ma la si fa rientrare nella categoria unica dei distubi dello spettro autistico. Definire autistico un Aspie, quindi, non è (più) tecnicamente sbagliato, anche se nell’autismo in senso generale rientrano pure persone con disabilità intellettive molto severe.
2. Davvero “siamo pieni di autistici”?
Nel suo discorso urlato, Grillo ha affermato anche che “l’autismo è la malattia del secolo”. Anzitutto, parlare dell’autismo come di una malattia è scorretto, e una simile definizione è rigettata sia dai medici sia dalle associazioni che si occupano di questa condizione. Inoltre, la questione è ben più articolata: come avevamo già raccontato qui su Wired l’anno scorso, infatti, la storia dell’aumento esponenziale dei casi di autismo è sostanzialmente una bufala. A essere effettivamente in grande aumento negli ultimi decenni sono le diagnosi di autismo, ma questo trend è imputabile a una accresciuta attenzione sociale al tema e a una ricatalogazione dei disturbi più che a un vero aumento dell’incidenza.
Una lieve crescita del numero effettivo di casi clinici è possibile che sia un effetto reale, dicono gli scienziati, ma dovuto molto probabilmente all’aumento dell’età media dei genitori al momento del parto. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato una correlazione tra l’incidenza dell’autismo e l’età alla quale si procrea. Chi sostiene che l’autismo sia sempre più frequente per colpa dei vaccini, invece, sta (fino a prova contraria) mentendo.
3. Chi ha detto che “l’autismo non lo riconosci”?
A pronunciare questa frase è stato (ovviamente) Grillo, che in cinque parole ha tentato di buttare alle ortiche decenni di ricerca scientifica sui metodi diagnostici e sulla diagnosi precoce. Ora, è vero che le diagnosi dei disturbi dello spettro autistico sono complicate poiché non esistono parametri clinici associati al solo autismo e quantificabili univocamente, e che in parte l’esito della valutazione dipende anche dalla soggettività e dall’esperienza del medico, ma allo stesso tempo va sottolineato che le tecniche diagnostiche esistono, eccome.
Almeno per alcuni dei disturbi dello spettro autistico (ne parlavamo su Wired già nel 2013) è possibile ottenere diagnosi certe (ossia replicabili) dai due anni di vita in poi, e sono in fase di studio test del sangue e delle urine (e pure qualche app) per arrivare a diagnosi precoci, sui neonati o quando il bambino si trova ancora nel grembo materno. E se è vero che ci sono adulti che soffrono di disturbi dello spettro autistico e sono non diagnosticati, ciò non significa che siano inesistenti i criteri per una valutazione clinica. Per la sindrome di Asperger, per esempio, la diagnosi avviene frequentemente tra i 4 e gli 11 anni di età.
4. La bizzarra definizione della sindrome di Asperger
Dopo averne pronunciato male il nome, Grillo si è lanciato anche in una descrizione dell’Asperger: “è quella sindrome di quelli che parlano in quel modo e non capiscono che l’altro non sta capendo. E vanno avanti [a parlare] e fanno magari esempi che non c’entrano alcunché [il termine originale era un altro, ndr] con quello che sta dicendo”. Al di là della grossolana generalizzazione e dell’aver messo in luce solo gli aspetti critici degli Aspie (Albert Einstein, Henry Ford, Charles Darwin e Isaac Newton molto probabilmente erano Asperger, per citare qualche esempio ricordato anche da Mario Pingerna), la descrizione del disturbo è sommaria e imprecisa.
La sindrome di Asperger non ha infatti a che fare con la mancanza di logica o l’incapacità di gestire i pensieri articolati o il linguaggio, e men che meno con scarsa memoria o intelligenza, bensì si manifesta soprattutto con la compromissione qualitativa dell’interazione sociale e la carenza di empatia cognitiva (ossia la capacità di leggere la mente altrui). Il più delle volte negli Aspie l’uso del linguaggio risulta comunque atipico, dunque raramente chi soffre di questa sindrome finisce per essere un personaggio mediatico. A parte alcune illustri eccezioni, come Gianluca Nicoletti, anche la tesi che sia “pieno” di “filosofi Asperger” che parlano “in televisione” è dunque campata in aria.
5. Gli autistici (e gli Asperger) NON sono psicopatici
Nel cambiare argomento, passando a parlare di Francia e di Emmauel Macron, Grillo ha fatto anche uno strano accostamento tra l’essere “pieni di autistici” e “pieni di psicopatici”, quasi a voler considerare i due termini come sinonimi. Come ha anche ricordato su Facebook Daniele Matteo Cereda, la psicopatia e i disturbi dello spettro autistico indicano in sostanza due condizioni opposte.
La psicopatia è infatti un disturbo che si manifesta attraverso una carenza di empatia in generale, un’incapacità di provare rimorso e uno spiccato egocentrismo (a volte associato a comportamenti aggressivi o comunque devianti). La sindrome di Asperger invece, in estrema sintesi, non impedisce di provare emozioni e percepire quelle altrui, ma si manifesta attraverso la difficoltà nelle interazioni sociali e l’emergere di comportamenti schematici e atipici. Insomma, se una persona psicopatica a volte può diventare un carnefice, un Aspie il più delle volte è una vittima".
Si può scherzare su tante cose meno che sulle condizioni psico-fisiche di una persona.
Al signor Beppe Grillo vorrei ricordare il caso di Isaac Newton (25 dicembre 1642-20 marzo 1727).
Newton fu un caso di sindrome di Asperger.
Egli non fu capace di socializzare né di avere empatia.
Eppure, fu un genio che diede un grosso contributo alla scienza.
Newton fu ossessionato dalla ricerca perché egli volle cercare di trovare un fondamento scientifico a ciò che trovò scritto sulla Bibbia, specie per ciò che concerneva l'Apocalisse di San Giovanni.
Con questa sua ossessione per la ricerca (cosa che può essere tipica della sindrome di Asperger) egli fece davvero delle grandi cose.
Dunque, il signor Grillo non dovrebbe solo informarsi ma dovrebbe anche vergognarsi.
Egli ha mancato di rispetto a tante persone.
Io soffro di fobie, qualcuna delle quali mi crea qualche problema.
Per esempio, ho problemi a legare con gli altri perché temo che poi questo legame possa andare male.
Ho anche del panico ad entrare in un ascensore.
Per esempio, ho problemi a legare con gli altri perché temo che poi questo legame possa andare male.
Ho anche del panico ad entrare in un ascensore.
Per Grillo sarei uno psicopatico anch'io?
Eppure mi risulta che tanti personaggi storici famosi siano stati fobici come il sottoscritto.
Per esempio, sapevate che Giulio Cesare aveva una vera e propria fobia dei ragni?
Sapevate che Alessandro Manzoni soffriva di bacillofobia?
Manzoni aveva paura dei bacilli.
Era anche agorafobico. Ergo, aveva paura degli spazi aperti.
Sapevate anche che Abraham Lincoln soffriva di ansia verso le belle donne ed i rapporti sociali?
Queste parole di Grillo sono contro il buonsenso comune delle persone.
Esse offendono la dignità stessa delle persone.
La cosa che mi ha lasciato basito è stata il fatto che che tanta gente lì presente gli abbia applaudito.
Di sicuro, questa gente gli ha applaudito perché non sapeva cosa egli dicesse né conosceva il senso delle parole dette da quel personaggio.
Questo è preoccupante poiché è segno di una perdita di capacità critica delle persone.
Una persona senza capacità critica tenderà ad ascoltare il primo "pifferaio magico" che suona.
Una persona senza capacità critica tenderà ad ascoltare il primo "pifferaio magico" che suona.
Se fossi stato un sostenitore di Grillo, mi sarei fatto due domande, perché conoscevo certe materie e tuttora le conosco.
La gente non si informa e non si fa una cultura e questo è grave.
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