in Svizzera ci sono stati momenti di vero e proprio panico.
Pomeriggio di paura ieri nella Svizzera orientale, dove alle 2,20 PM un uomo di 27 anni, cittadino svizzero, armato di coltello e di liquido infiammabile, ha dato alle fiamme un treno regionale in marcia nel cantone di San Gallo, ferendo sei persone e ferendosi lui stesso.
L'episodio ricorda in parte l'attacco con arma bianca del profugo afghano 17 enne, Riaz Khan Ahmadzai, che a Wurzburg in Germania il 18 luglio ferì cinque passeggeri con un'ascia prima essere ucciso dalla polizia. Attacco rivendicato da Isis cui il giovane aveva giurato fedeltà. Fino a ieri sera però la polizia svizzera, per bocca di un portavoce citato dal sito tedesco "Welt.de", pur ignorando le motivazioni dell'assalto, sosteneva che fosse "molto, molto improbabile" uno sfondo terroristico per l'assalto. Gli inquirenti tendono a privilegiare una pista personale o un disagio. Ma naturalmente ora in Svizzera si nutre più di qualche preoccupazione.
E' evidente che siamo in una guerra.
Questa guerra non è convenzionale, poiché non è combattuta tra eserciti.
E' pure una guerra di religione, anche se qualcuno non vuole ammetterlo.
E' anche una guerra di parole.
E' una guerra in cui, per esempio, accade qualcosa di strano ed ecco che l'Isis rivendica quanto accaduto, a prescindere dal fatto che quel fatto sia stato causato (perdonatemi il bisticcio) da terroristi in esso militanti o meno.
Ci vogliamo mettere in testa questo?
Cordiali saluti.
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