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domenica 21 agosto 2016

Riforme, io voterò no...e sono informato

Cari amici ed amiche,

leggete l'articolo di "Italia chiama Italia" che è intitolato "Referendum, voterò No (ma non ho letto la riforma)".
L'articolo è di Armando Tavano.
Ora, io sento dire che "la riforma costituzionale va votata perché altrimenti si perderà l'ultima occasione di riformare il nostro Paese" (come se fosse una questione di vita o di morte) o che "è meglio questa riforma che niente".
Com'è noto, io voterò con un secco no a questa pessima riforma.
Sia chiaro, io non sono contro le riforme costituzionali.
Anzi, reputo questa Costituzione per certi aspetti inadeguata alla nostra situazione.
Però, questa riforma è sbagliata.
Io ho letto il testo ed invito a anche voi a leggerlo.
Ora, prendo dal testo il punto saliente di questa riforma.
Il punto che prendo è la prima parte dell'articolo 2, che recita:

"1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:«Art. 57. – Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio»".


Questo non va bene.
In pratica, i senatori saranno 95 consiglieri regionali messi lì dalle Regioni e cinque figure nominate dal presidente della Repubblica.
Ergo, i cittadini non eleggeranno più il Senato.
Ora, va bene volere superare il bicameralismo paritario (e qui sono d'accordo pure io) ma il Senato deve essere eletto dal popolo, visto che fa parte del Parlamento.
Il Parlamento rappresenta il popolo.
Si voleva superare in modo coscienzioso il bicameralismo paritario.
Si sarebbe potuto prendere a modello una della grandi democrazie, come (per esempio) gli Stati Uniti d'America.
Il Senato americano ha ben 100 senatori, contro i 315 del nostro attuale Senato.
Ricordo che gli USA sono più grossi e popolosi dell'Italia.
I senatori americani sono eleggibili dal popolo.
Ciascun senatore è eletto dal corpo elettorale di ogni singolo Stato.
Sono eleggibili coloro i cittadini americani che hanno compiuto i 30 anni e coloro che sono cittadini americani da almeno nove anni, e che alla data di elezione sono residenti nello Stato per il quale sono eletti.
Quando il seggio di un senatore diviene vacante (ad esempio, per morte o dimissioni) prima della scadenza normale di sei anni, si tiene un'elezione suppletiva per scegliere un nuovo senatore, che resta in carica per la parte restante del mandato. Tuttavia in quasi tutti gli stati il governatore ha il potere di nominare un sostituto, che resta in carica fino a quando si tiene l'elezione suppletiva.
Il Senato americano condivide le funzioni legislative con la Camera dei Rappresentanti ma ha funzioni differenti.
La Camera dei Rappresentanti risente molto dell'opinione pubblica mentre il Senato è più riflessivo.
I senatori possono presentare proposte di legge; non possono però proporre leggi tributarie (questa funzione spetta in esclusiva ai rappresentanti), anche se possono modificarle senza limitazioni. Ciascuna proposta, per divenire legge, deve essere esaminata e approvata da entrambe le camere. Se le due camere approvano versioni diverse della stessa proposta, di solito viene nominata una commissione congiunta (conference committee) che elabora un testo di compromesso, da sottoporre nuovamente alle due camere per l'approvazione definitiva.
Il Senato ha alcuni poteri esclusivi, di cui la Camera è priva; in particolare, il Presidente necessita del consenso del Senato per concludere trattati internazionali e per nominare funzionari e giudici federali. Nel procedimento di impeachment (cioè di rimozione dalla carica di un funzionario o di un giudice federale) alla Camera spetta la formulazione dei capi di accusa nei confronti dell'imputato, che poi viene processato dal Senato (per la condanna è necessaria la maggioranza dei due terzi in Senato, mentre per la formulazione dei capi d'accusa è sufficiente la maggioranza assoluta). Se l'accusato è il Presidente degli Stati Uniti, il processo è presieduto dal Giudice Capo della Corte Suprema.
Pur mantenendo un impianto parlamentare (passare al presidenzialismo sarebbe troppo per l'Italia, anche se io sono favorevole a ciò) si sarebbe potuto prendere come modello il sistema americano, facendo sì che il Senato non votasse più la fiducia al Governo.
Si sarebbe potuto fare un Senato organizzato in questo modo con 31 senatori, di cui  21 eletti dai cittadini di ciascuna Regione (tenendo conto delle due Province Autonome di Trento e di Bolzano), 5 eletti all'estero (per non togliere la rappresentanza degli italiani nel mondo in Senato, cosa che la riforma che sarà votata punta a fare) e 5 nominati dal presidente della Repubblica con mandato di 7 anni.
Ci sarebbero anche meno senatori di quanti ne prevede la riforma che si voterà, la quale ne prevede 100.
Un Senato riformato secondo il testo di riforma che si voterà non starà in piedi.
Poniamo caso che un governatore di Regione, che diventerà senatore, cada con la sua Giunta.
Poniamo caso che in caso di elezione del nuovo governatore vinca la compagine avversa a quella che prima governava la Regione.
Se una cosa del genere accadesse, cambierebbero gli equilibri delle forze politiche dentro il Senato.
Inoltre, al Senato si dovrebbero dare le competenze che ha oggi la Conferenza Stato-Regioni, che sarebbe così abolita.
La riforma che si voterà non prevede ciò ma prevede un Senato che dovrà fungere da raccordo tra Stato e Regioni che (di fatto) sarà un doppione della Conferenza Stato-Regioni.
Inoltre, la riforma attuale non prevede un federalismo che riassetti i rapporti tra Stato e Regioni, rapporti che sono stati peggiorati da una pessimo riforma del Titolo V della nostra Costituzione del 2000.
Pensiamo ai ricorsi che ci sono oggi alla Corte costituzionale, ricorsi fatti dalle Regioni perché c'è confusione in materia.
Un federalismo vero farebbe sì che ove vi fosse un interesse nazionale (come la politica energetica e le grandi opere) la competenza esclusiva fosse dello Stato.
Per il resto, la competenza spetterebbe alle Regioni.
Si dovrebbero introdurre, di conseguenza, un federalismo fiscale ed i costi standard.
Per esempio, una siringa dovrebbe costare allo stesso modo qui in Lombardia, in Toscana e in Sicilia.
La riforma che si voterà non prevede ciò.
Per questi motivi, io voterò no.
Cordiali saluti.



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Ringrazio un caro amico di questa foto.