E’ ben risaputo che Il Servo Arbitrio, la grande opera di Martin Lutero, espone la centrale dottrina della Riforma a riguardo della salvezza per la sola grazia sovrana di Dio. L’introduzione alla traduzione in lingua inglese di quest’opera da parte di J. I. Packer ed O. R. Johnston definisce il libro di Lutero "la più grande opera teologica che sia mai provenuta dalla penna di Lutero." In essa è fatta menzione dello studioso della Riforma E. Gordon Rupp, il quale approva la descrizione del Servo Arbitrio come "il più bello e più potente Soli Deo Gloria cantato nel periodo della Riforma." Accuratamente, esso identifica il suo messaggio come il cuore della teologia di tutti i riformatori: "l’intera salvezza del peccatore è per libera e sovrana grazia soltanto."
Ciò che non è ben risaputo è che questa grande opera sul messaggio centrale del vangelo espone anche una splendida difesa della Sacra Scrittura come la fonte e lo standard del vangelo. Questa difesa si focalizza sulla chiarezza, sulla perspicuità della Scrittura. La chiarezza è una qualità della Scrittura che è in qualche modo trascurata nella battaglia della chiesa Riformata odierna nel mantenere una sana dottrina della Scrittura. Per il pensiero di Lutero, la chiarezza è basilare per una sana dottrina della Scrittura e per il funzionamento della Scrittura come la Parola di Dio nella chiesa. Negare la chiarezza della Scrittura è distruggere la dottrina della Scrittura. La difesa della chiarezza della Scrittura non è un aspetto incidentale del Servo Arbitrio. Con questo aspetto Lutero inizia il suo libro. Esso è un tema ricorrente nell’opera, e si trova alla base del messaggio della grazia sovrana. Il Servo Arbitrio presenta le due grandi verità della Riforma: la grazia sovrana, e l’autorità della Scrittura, nella loro unità.
La ragione per cui Lutero considera la chiarezza della Scrittura si trova nel libro che occasionò il suo scritto Il Servo Arbitrio, e cioè la difesa di Erasmo del libero arbitrio nello scritto Una Diatriba Concernente il Libero Arbitrio. Nel suo attacco all’insegnamento di Lutero che la volontà dell’uomo caduta è schiavizzata al peccato, Erasmo suggerisce che la Scrittura non è chiara sul punto del servo o libero arbitrio:
Se volgi gli occhi alla Scrittura, entrambe le parti la reclamano come loro propria. Inoltre, la nostra controversia non è meramente sulla Scrittura (che a riguardo è in qualche modo deficiente in chiarezza), ma a riguardo del preciso significato della Scrittura; e qui non i numeri, non l’apprendimento e la distinzione, e molto meno la pochezza, l’ignoranza e la mancanza di distinzione possono avanzare la causa di una delle due parti.
L’implicazione, nota Lutero, è che "la questione è quindi lasciata nel dubbio."
Lutero considera l’opinione di Erasmo sull’oscurità della Scrittura come un grave errore. Il risultato di questa nozione nella chiesa sarà che le vedute degli uomini rimpiazzano la Parola di Dio:
Parole più disastrose non potrebbero essere dette; perché è con questi mezzi che uomini empi hanno esaltato se stessi al di sopra delle Scritture e hanno fatto che gli è piaciuto, finchè le Scritture sono poi state completamente calpestate a terra e noi abbiamo potuto credere ed insegnare nient’altro che sogni di maniaci. In una parola, quel dictum non è una mera invenzione umana, ma è veleno mandato nel mondo per mezzo dell’ inconcepibilmente malevolente principe dei diavoli stesso!
Fu esattamente questo dubbio concernente la chiarezza della Scrittura che mise in grado al papa di sottomettere la chiesa e la Scrittura a sé:
Per lo stesso motivo ho fino ad ora perseguitato il Papa, nel cui regno niente è più comunemente detto o più ampiamente accettato che questo dictum: ‘le Scritture sono oscure ed equivoche, dobbiamo cercare lo Spirito interpretante dalla sede apostolica di Roma!’"
Esprimendo una convinzione che sarebbe diventata la fondazione della Riforma, Lutero asserisce che le Scritture sono chiare—"molto più splendenti perfino del sole:"
Dovrebbe essere stabilito come punto fondamentale e fermissimamente fissato nelle menti dei Cristiani che le Sacre Scritture sono una luce spirituale molto più splendente perfino del sole, specialmente in ciò che ha a che fare con la salvezza ed ogni questione essenziale.
L’intera Scrittura è chiara. La Scrittura è chiara nella sua totalità. Essa è tutta luce, non oscurità. I passaggi difficili sono chiarificati dagli altri passaggi.
La chiarezza della Scrittura è duplice: interna ed esterna. La chiarezza interna è l’illuminazione dello Spirito Santo, che dà comprensione a riguardo di tutti gli insegnamenti delle Scritture. Ogni credente ha questa illuminazione. La chiarezza esterna è la perfezione inerente della Scrittura stessa. Il Sacro Libro non è oscuro o ambiguo. Piuttosto, il suo significato è chiaro.
Due importanti qualifiche devono essere allegate alla chiarezza della Scrittura. La prima è che la Scrittura è chiara ai credenti attraverso la predicazione della Scrittura: "Tutto ciò che è nella Scrittura è attraverso la Parola portato fuori nella più chiara luce." Ciò è intrigante. Lutero personalmente e la Riforma in generale rifiutarono di separare la Scrittura dalla predicazione della Scrittura. La Scrittura è luce, ma essa splende attraverso la fedele predicazione, non altrimenti.
La seconda qualifica allegata alla chiarezza esterna è che la Scrittura deve essere interpretata nel suo senso semplice, naturale. La chiarezza rigetta, in verità abomina, i metodi allegorizzanti di interpretazione. Lutero critica acutamente Origene e Gerolamo per la loro "pestilente pratica di non fare attenzione al senso semplice della Scrittura."
Quale prova abbiamo che la Scrittura sia chiara? Questa è una questione urgente specialmente perché Erasmo aveva apportato l’argomento che molti uomini di abilità superiore non compresero la questione del servo arbitrio come la spiegava Lutero. Non prova questo che la Scrittura sia oscura? La prova della chiarezza della Scrittura, dice Lutero, è la testimonianza della Scrittura stessa. La Scrittura dice di essere chiara. Lutero cita e spiega Deuteronomio 17:8, Salmo 19:8, Salmo 119:105, 130; Isaia 8:20, Malachia 2:7, II Corinzi 3:4, e II Pietro 1:19. Lutero riconosce prontamente che questo modo di provare la chiarezza della Scrittura equivale ad "argomentare in un circolo." Ci si appella alla Scrittura per provare che ci si può appellare alla Scrittura. Ma questo è il "circolo" della fede Riformata che afferma che la Scrittura è la Parola di Dio.
La ragione per cui molti di abilità superiore non hanno compreso rettamente la Scrittura è la loro cecità naturale e peccaminosa. In verità, Erasmo stesso, il più dotto studioso nella Cristianità del tempo, nega il chiaro insegnamento della Scrittura sulla schiavitù della volontà perché egli è un uomo cieco che si trova di fronte ai raggi splendenti della "chiarezza esterna" della Scrittura:
La Diatriba [di Erasmo, cioè, Erasmo stesso] e i suoi benamati Sofisti, trovandosi ad occhi aperti sotto la luce splendente delle parole di Luca e dei chiari fatti, continuano nella cecità: tale è la loro mancanza di accuratezza nel leggere e notare ciò che dicono le Scritture. Ed essi devono per questo etichettarle come ‘oscure ed ambigue’!
La chiesa deve conoscere la chiarezza della Scrittura per due ragioni principali. La prima è eminentemente pratica: soltanto allora i Cristiani leggeranno la Scrittura. Quale stolto si preoccuperà di studiare e di udire prediche su di un libro oscuro? Suggerendo che la Scrittura sia oscura, Erasmo "per poco non ci ha terrorizzato nel leggere la Bibbia, anche se leggere la Bibbia è qualcosa che Cristo e gli Apostoli ci esortano urgentemente a fare." Nell’accusa di Erasmo che "nella Scrittura alcune cose sono recondite e non tutto è chiaro," Lutero vede i corni e le zampe di Satana:
Satana ha usato questi spettri sostanziali per spaventare gli uomini nel leggere il testo sacro, e per distruggere ogni senso del suo valore, così da assicurare che il suo proprio tipo di velenosa filosofia regni supremo nella chiesa.
La seconda ragione per cui la chiesa deve essere convinta della chiarezza della Scrittura è che soltanto allora la chiesa farà "asserzioni." La preoccupazione che la chiesa faccia "asserzioni" è il cuore della difesa della chiarezza della Scrittura nel Servo Arbitrio da parte di Lutero. Con "asserzione," Lutero intende dire una ferma confessione di tutti gli insegnamenti della Scrittura. Inclusa è la reiezione di tutti gli errori.
Per asserzione intendo attenersi saldamente alla propria base, affermare la propria posizione, confessarla, difenderla e preservarla invitta.
Il Cristiano che asserisce fa così pochi compromessi che egli è pronto "a morire per ciò che confessa ed asserisce."
Lutero affronta la questione dell’asserire all’inizio della sua opera, perché Erasmo aveva disprezzato le asserzioni. Erasmo non trovava soddisfazione nelle asserzioni, preferendo "una tempra non dogmatica a qualsiasi altra." Erasmo da Rotterdam, un insolito olandese, era colui che faceva compromessi, pronto ad abbandonare la dottrina a motivo della pace. Ciò lo contrassegnava, per quanto riguarda la concezione di Lutero, come Cristiano non genuino, perché "non prendere piacere nelle asserzioni non è il marchio di un cuore Cristiano, in verità uno deve dilettarsi nelle asserzioni per essere un Cristiano." Asserire è l’essenza del Cristianesimo: "Togliete di mezzo le asserzioni, e togliete di mezzo il Cristianesimo."
La vera chiesa di Cristo è una chiesa che asserisce. Ogni Cristiano reale è un Cristiano che asserisce. In modo particolare, ogni vera chiesa ed ogni vero Cristiano asseriscono la schiavitù della volontà dell’uomo naturale e la salvezza di ogni peccatore per grazia sovrana soltanto.
L’alternativa è dubbio ed incertezza a riguardo delle dottrine della Bibbia, cioè, scetticismo. Ciò è impossibile, nell’affermazione gloriosa di Lutero, perché "lo Spirito Santo non è uno Scettico, e le cose che Egli ha scritto nei nostri cuori non sono dubbi o opinioni, ma asserzioni—più sicure e più certe che il senso e la vita stessa."
La chiesa deve asserire, ma può farlo soltanto se la Scrittura è chiara, perché ella asserisce "ciò che è stato consegnato a noi dall’alto nelle Sacre Scritture."
Quanto evidente è il fatto che le chiese Protestanti e i Cristiani Protestanti professanti all’inizio del ventunesimo secolo hanno perso la fede nella verità che la Scrittura è chiara!
Essi non sanno asserire!
Essi non sanno asserire la schiavitù della volontà, non sanno asserire la creazione biblica, non sanno asserire la cessazione dei doni straordinari dello Spirito, non sanno asserire l’esclusione delle donne dal governo della chiesa, non sanno asserire la malvagità del divorzio eccetto in caso di fornicazione, non sanno asserire l’illegalità del sesso al di fuori del vincolo di matrimonio valido tutta la vita tra un uomo ed una donna.
Essi sanno asserire soltanto che nella chiesa non dovrebbero esservi asserzioni.
Le loro decisioni sinodali e testimonianze personali sono qualcosa del genere: "La Scrittura non è chiara a riguardo … e non possiamo decidere con certezza su questo punto …"
A che serve, noi chiediamo, una Scrittura che non è chiara su ogni punto? Quale potrebbe essere mai stata la motivazione di un Dio altrimenti saggio nel darci più oscurità nella nostra già sufficiente oscurità ed incertezza?
Ma, ovviamente, proporre l’oscurità come un attributo della Scrittura è aprire la via ad ogni errore all’interno della chiesa. Facendo appello all’incertezza e all’oscurità della Scrittura, Desiderio Erasmo si fece avvocato del libero arbitrio ed oppose il vangelo della salvezza per la grazia di Dio.
Il bisogno del momento è che le chiese ed i Cristiani asseriscano. Essi devono asserire ogni dottrina della Scrittura. Essi devono specialmente asserire la dottrina della schiavitù della volontà.
Essi devono asserire, ma essi possono anche farlo, e lo faranno.
Perché le Scritture sono "una luce spirituale molto più splendente perfino del sole."
("Far Brighter Even Than the Sun," capitolo 12 tradotto da The Sixteenth-Century Reformation of the Church, [Jenison, Michigan, USA: Reformed Free Publishing Association, 2007], ed. da David J. Engelsma, pp. 82-87)
David J. Engelsma
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