Il presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Giuseppe Butturini, lo ripete spesso: “La famiglia è scuola di umanità e cellula di umanizzazione della società”. È qui, all’interno delle complesse dinamiche relazionali tra madre, figlio, padre e fratelli, che si apprendono e si sviluppano tutte quelle caratteristiche che fanno di ognuno di noi una persona.
La capacità di entrare in relazione con l’altro, di comunicare, di accogliere, di amare. La gratuità, che ti fa agire senza aspettarti necessariamente un ritorno ed è la chiave di ogni rapporto familiare (e forse di ogni genere di rapporto felice), perché una mamma o un papà non presenteranno mai il conto per le ore passate ad aspettare che la febbre scenda e che il figlio adolescente rientri dalla discoteca, per i viaggi da un corso di danza a una partita di calcio e i chili di pasta scolata. In una famiglia si apprende la capacità di ascoltare, di vedere e di capire anche le parole che non vengono dette, si forma l’abitudine a condividere e moltiplicare i sentimenti. Si impara la sopportazione della libertà degli altri, della fatica e delle paure, la dialettica, la discussione, lo scontro e la pacificazione. Si scopre di essere fragili, vulnerabili e deboli, di non essere onnipotenti, di avere dei limiti. Ci si riconosce esseri da custodire, curare e proteggere. Si assumono responsabilità e si dividono i compiti. E ci si allena a sopravvivere e rispondere, ad affidarsi e a fidarsi, per poi entrare nel mondo e portare là dentro quel tanto di buono che fa bene anche agli altri. Mamme, papà e figli devono diventare sempre più consapevoli di come questa ricchezza costituisca un dono per tutti, un “capitale umano”, come si dice oggi, dal valore inestimabile che andrebbe salvaguardato e custodito per il bene della comunità, perché dove funziona la famiglia, funziona la società.
La capacità di entrare in relazione con l’altro, di comunicare, di accogliere, di amare. La gratuità, che ti fa agire senza aspettarti necessariamente un ritorno ed è la chiave di ogni rapporto familiare (e forse di ogni genere di rapporto felice), perché una mamma o un papà non presenteranno mai il conto per le ore passate ad aspettare che la febbre scenda e che il figlio adolescente rientri dalla discoteca, per i viaggi da un corso di danza a una partita di calcio e i chili di pasta scolata. In una famiglia si apprende la capacità di ascoltare, di vedere e di capire anche le parole che non vengono dette, si forma l’abitudine a condividere e moltiplicare i sentimenti. Si impara la sopportazione della libertà degli altri, della fatica e delle paure, la dialettica, la discussione, lo scontro e la pacificazione. Si scopre di essere fragili, vulnerabili e deboli, di non essere onnipotenti, di avere dei limiti. Ci si riconosce esseri da custodire, curare e proteggere. Si assumono responsabilità e si dividono i compiti. E ci si allena a sopravvivere e rispondere, ad affidarsi e a fidarsi, per poi entrare nel mondo e portare là dentro quel tanto di buono che fa bene anche agli altri. Mamme, papà e figli devono diventare sempre più consapevoli di come questa ricchezza costituisca un dono per tutti, un “capitale umano”, come si dice oggi, dal valore inestimabile che andrebbe salvaguardato e custodito per il bene della comunità, perché dove funziona la famiglia, funziona la società.
R. Florio
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