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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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venerdì 6 maggio 2016

Le contraddizioni dei "professionisti dell'antimafia"

Cari amici ed amiche,

oggi, noi assistiamo ad un paradosso: ci sono persone che si dicono contro la mafia ma sulle quali arriva poi l'inghippo.
L'ultimo caso è quello di Pino Maniaci, il direttore di "Telejato", un'emittente che da anni denuncia in Sicilia il malaffare della mafia, il quale è stato indagato per estorsione.
Sia chiaro, finché non ci sarà una sentenza definitiva, Maniaci è un presunto innocente.
Però, fa uno strano effetto sentire dire che chi condanna la mafia venga accusato di fare una cosa che la mafia fa.
Ora, riporto uno stralcio di un articolo de "Il Giornale" scritto da Domenico Ferrara ed intitolato "La tragica contraddizione dei professionisti dell'antimafia" :

"Se per un caso ipotetico della sorte esistesse davvero (e ancora) l'antimafia, non diciamolo.

Non pronunciamolo questo sostantivo. Ché di paladini finiti nello stesso fango che dicevano di combattere a parole ce ne sono ormai così tanti che è finito l'inchiostro per scriverne. Professionisti dell'antimafia li chiamava Leonardo Sciascia nell'ormai celebre articolo del 1987. Ma professionismo è ambizione e logora la purezza delle belle intenzioni. Delinquenti dell'antimafia potrebbero essere definiti un domani, quando e se le indagini e/o i processi a loro carico dovessero finire con una condanna. Al momento di sicuro c'è solo una cosa: il confine troppo labile tra legalità e illegalità che non rispecchia il confine netto che ci dovrebbe essere tra una parola e il suo contrario. Mafia e antimafia, appunto. Dove stanno le differenze?

Se uno come Pino Maniaci, direttore di Telejato, trasmissione delle denunce più gridate contro Cosa Nostra, viene indagato e beccato mentre compie un'estorsione con metodi mafiosi, le differenze si annullano in un solo colpo. Nella terra del Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare nulla. Prendete uno come Roberto Helg, per anni presidente della Camera di Commercio di Palermo. Lui che pontificava sulla lotta al pizzo, che promuoveva iniziative contro la criminalità organizzata, condannato in primo grado per aver chiesto e intascato una tangente da centomila euro da un commerciante che chiedeva il rinnovo dell’affitto di alcuni locali dell’aeroporto siciliano, sì, quello intitolato a Falcone e Borsellino.

Paradossi quasi grotteschi. Che si ripetono. Ciclicamente. Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e delegato per la legalità, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa da alcuni collaboratori di giustizia. E sempre per rimanere in Confindustria, non si può non citare un'altra icona della legalità, Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria, indagato per associazione a delinquere nello scandalo Tempa Rossa
.".

Il confine tra legalità ed illegalità è davvero labile.
Non esiste una netta distinzione tra ciò che è legale e ciò che è illegale e questo va da nord a sud dell'Italia ed è trasversale a tutti i partiti, al contrario di quanto ci hanno fatto credere per vent'anni, secondo una stupida diceria che diceva che "i mafiosi erano tutti nel centrodestra".
I fatti smentiscono questa diceria.
Cordiali saluti.

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Ringrazio un caro amico di questa foto.