questa mattina, sul blog "Ribellione Nazionale", ho scritto un articolo intitolato "Dulcigno e i pirati".
A partire dal XVI secolo, il Mare Adriatico fu solcato dalle navi dei pirati turchi.
Di fatto, però, questi pirati erano a tutti gli effetti dei corsari.
La differenza che c'era tra un corsaro ed un pirata stava nel fatto che il primo combattesse (dietro lauti pagamenti tipici dei mercenari) al servizio del proprio Paese d'origine, spogliando le navi e saccheggiando le città dei Paesi avversari (praticando così la "guerra di corsa") mentre i secondi rapinavano chiunque.
I corsari barbareschi erano arabi, turchi ma anche europei passati all'Islam.
Essi saccheggiavano le città costiere dell'Europa.
In particolare, essi colpivano l'Italia.
Secondo le fonti storiche, famosi furono gli episodi nei quali vennero ridotti in schiavitù: nel 1544 gli abitanti di Ischia (4.000 deportati) e Lipari (9000 deportati, quasi l'intera popolazione) e nel 1554 Vieste (7.000 deportati).
Questi ultimi venivano venduti come schiavi, usati come rematori sulle navi o obbligati a convertirsi all'Islam, dietro una promessa di successo.
Fu il caso di Uluc Alì.
Uluc Alì fu un calabrese di Le Castella (un frazione di Isola di Capo Rizzuto, in Provincia di Crotone), il quale nacque nel 1519. Il suo nome di battesimo fu Giovanni Dionigi Galeni.
Il corsaro Kayr al-Din (1466-1546) lo rapì e lo ridusse in schiavitù.
Per alcuni anni, egli fu un rematore.
Poi, per potere uccidere il turco che lo schiaffeggiò, egli si fece islamico ed ebbe successo.
Divenuto musulmano, Uluc Alì sposò la figlia di un altro calabrese convertito, Jaʿfar Pascià, e iniziò la propria carriera di corsaro ed ebbe un grande successo.
Divenne poi pascià di Tripoli e (nel 1568) governatore (bey) di Algeri.
Egli partecipò anche alla battaglia di Lepanto, nel 1571.
Morì nel 1587.
I corsari barbareschi furono di fatto una "seconda armata" al servizio dell'Impero Ottomano.
Nel 1526, i corsari attaccarono Grottammare (in Provincia di Ascoli Piceno) e nel 1566 fu la volta dell'Abruzzo.
La storia ci deve fare da monito.
Cordiali saluti.
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