Assemblea di classe stasera, per la quinta di mio figlio. E parecchia agitazione: da qualche tempo, in questa scuola di città, frequentata da famiglie “tranquille”, si stanno ripetendo episodi piuttosto pesanti.
Insulti alle maestre e un panino in faccia all’inserviente… Son cose da ragazzi? Non proprio, e le maestre fanno bene a non sottovalutare gli episodi, che denotano un preoccupante tonfo del senso di rispetto, verso la figura dell’insegnante e dell’adulto in genere. Ricordate cosa dicevano a noi? Non si interrompe un grande quando parla, si saluta per primi, si ringrazia e si chiede sempre per favore. Sull’autobus ci si alza per fare sedere le persone più anziane, le si lascia passare per prime dalla porta o in ascensore, non si dà del “tu” e si portano le borse della spesa alla mamma e alla vicina… Piccoli gesti che volevano insegnarci come all’adulto fosse dovuta una considerazione speciale, per il semplice fatto che fosse un grande, un anziano, un insegnante, un sacerdote… Ci pesavano così tanto, quei gesti, da non volerli più insegnare ai nostri figli? O forse, in fondo in fondo, pensavamo che quei grandi non lo meritassero davvero un trattamento speciale, anzi? Non occorre riempirsi tanto la bocca di paroloni, quando si vuole affrontare il discorso: rispettare gli altri significa capire le differenze e prenderne atto. E capire anche con chi si possono usare le parolacce e a chi si può fare uno scherzo…
Insulti alle maestre e un panino in faccia all’inserviente… Son cose da ragazzi? Non proprio, e le maestre fanno bene a non sottovalutare gli episodi, che denotano un preoccupante tonfo del senso di rispetto, verso la figura dell’insegnante e dell’adulto in genere. Ricordate cosa dicevano a noi? Non si interrompe un grande quando parla, si saluta per primi, si ringrazia e si chiede sempre per favore. Sull’autobus ci si alza per fare sedere le persone più anziane, le si lascia passare per prime dalla porta o in ascensore, non si dà del “tu” e si portano le borse della spesa alla mamma e alla vicina… Piccoli gesti che volevano insegnarci come all’adulto fosse dovuta una considerazione speciale, per il semplice fatto che fosse un grande, un anziano, un insegnante, un sacerdote… Ci pesavano così tanto, quei gesti, da non volerli più insegnare ai nostri figli? O forse, in fondo in fondo, pensavamo che quei grandi non lo meritassero davvero un trattamento speciale, anzi? Non occorre riempirsi tanto la bocca di paroloni, quando si vuole affrontare il discorso: rispettare gli altri significa capire le differenze e prenderne atto. E capire anche con chi si possono usare le parolacce e a chi si può fare uno scherzo…
R. Florio
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