Luciano Leggio (mafioso di Corleone, 1925-1993) |
L'altro ieri, ero in biblioteca ed un signore si è messo ad attaccare bottone con me.
Questo signore, che aveva chiaramente simpatie comuniste (qui nella zona ce ne sono tanti) si è messo a lanciare strali contro il presidente Berlusconi, contro questo o quell'altro partito e contro questo o quell'altro politico.
Ad un certo punto, si è arrivati all'argomento inerente alla mafia.
Lui ha incominciato a dire (con una certa veemenza) che "in Sicilia servirebbe una rivoluzione culturale".
Ad un certo punto, io gli ho posto questa domanda: "Lei è sposato?".
Lui ha risposto: "Sì".
Io continuato, dicendogli: "Ha figli?".
Lui ha risposto:
"Sì, come tanti".
Poi, gli ho posto questa domanda:
"Se io fossi il suo datore di lavoro e lei scoprisse di una mia connivenza con la mafia mi denuncerebbe, sapendo che di rischiare di perdere il lavoro (e di non potere più dare il pane alla sua famiglia) e che qui in Italia non c'è certezza della pena?".
Lui ha risposto:
"No!".
Morale della storia: qui al Nord si parla a sproposito della questione mafiosa.
Per combattere la mafia, debbono funzionare bene le istituzioni, a cominciare dalla giustizia, che deve essere efficiente e deve garantire la certezza della pena.
Se le istituzioni funzionassero bene, la mafia sarebbe già sconfitta da un bel pezzo.
Se oggi c'è questa situazione, la colpa non è solo dei politici attuali ma anche di quelli precedenti, fino al tempo di Giuseppe Garibaldi, che qui a Roncoferraro è ricordato come un santo ma che fu una iattura per il Sud.
Roncoferraro è un Comune legato al Risorgimento.
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