Lo faccio, portando all'attenzione un articolo de "La Nuova Bussola Quotidiana" che è intitolato "Amoris Laetitia, 62 firme per una correzione filiale".
Ringrazio l'amica e collaboratrice Francesca Padovese dell'articolo.
Riporto questo stralcio di questa "Correzione filiale" al Papa:
"Beatissimo Padre,
con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità. Ci è consentito fare questa correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa, tre cose che Vostra Santità è chiamato dalla divina Provvidenza a proteggere. Dalla legge naturale: poiché come gli inferiori per natura hanno il dovere di obbedire ai loro superiori in tutte le cose previste dalla legge, così essi hanno il diritto di essere governati secondo la legge e pertanto di insistere, qualora ci fosse bisogno, che i loro superiori così governino. Dalla legge di Cristo: poiché il suo Spirito ispirò l’apostolo Paolo di rimproverare Pietro in pubblico quando quest’ultimo non agì secondo la verità del Vangelo (Gal 2). San Tommaso d’Aquino nota che questo rimprovero pubblico di un inferiore al superiore fu lecito in ragione dell’imminente pericolo di scandalo concernente la fede (Summa Theologiae 2a 2ae, 33, 4 ad 2) e la “Glossa di Sant’Agostino” aggiunge che, in quell’occasione, «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via» (ibid). Anche la legge della Chiesa ci costringe a ciò, poiché afferma che «i fedeli […]in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, […] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (Codice di Diritto Canonico, can. 212, § 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese orientali, can. 15, § 3). È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio.
con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità. Ci è consentito fare questa correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa, tre cose che Vostra Santità è chiamato dalla divina Provvidenza a proteggere. Dalla legge naturale: poiché come gli inferiori per natura hanno il dovere di obbedire ai loro superiori in tutte le cose previste dalla legge, così essi hanno il diritto di essere governati secondo la legge e pertanto di insistere, qualora ci fosse bisogno, che i loro superiori così governino. Dalla legge di Cristo: poiché il suo Spirito ispirò l’apostolo Paolo di rimproverare Pietro in pubblico quando quest’ultimo non agì secondo la verità del Vangelo (Gal 2). San Tommaso d’Aquino nota che questo rimprovero pubblico di un inferiore al superiore fu lecito in ragione dell’imminente pericolo di scandalo concernente la fede (Summa Theologiae 2a 2ae, 33, 4 ad 2) e la “Glossa di Sant’Agostino” aggiunge che, in quell’occasione, «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via» (ibid). Anche la legge della Chiesa ci costringe a ciò, poiché afferma che «i fedeli […]in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, […] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (Codice di Diritto Canonico, can. 212, § 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese orientali, can. 15, § 3). È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio.
2 . Tuttavia, quei cattolici che non afferrano chiaramente i limiti dell’infallibilità papale sono condotti, mediante le parole e le azioni di Vostra Santità,in uno di due errori disastrosi: o arrivano ad abbracciare le eresie che ora sono propagate o, coscienti che queste dottrine sono contrarie alla Parola di Dio, dubiteranno delle prerogative dei papi o le negheranno. Altri fedeli sono portati a mettere in dubbio la validità della rinuncia del Papa emerito Benedetto XVI. In tal modo, l’ufficio petrino, conferito alla Chiesa da Nostro Signore Gesù Cristo per il bene dell’unità della fede, è strumentalizzato al punto di aprire una strada all’eresia e allo scisma. Di più, notando che le pratiche ora incoraggiate dalle parole e dalle azioni di Vostra Santità sono contrarie non solo alla fede perenne e alla disciplina della Chiesa, ma anche alle dichiarazioni magisteriali dei suoi predecessori, i fedeli riflettono sul fatto che le dichiarazioni di Vostra Santità non possono avere un’autorità maggiore di quella dei papi precedenti; così l’autentico magistero papale soffre di una ferita che potrebbe non rimarginarsi presto.".
Sia ben chiaro, io sono cauto nell'esprimere un giudizio.
Non posso dire che Papa Francesco abbia commesso un atto di eresia perché, in primis, non ne ho le prove e, in secundis, non ho le competenze per dire che il Papa abbia davvero commesso questo errore.
Però, alcune cose le so.
Che un Papa possa rinunciare al suo ministero è vero.
Cito il caso, per esempio, di San Celestino V (al secolo Pietro Angeleri da Morrone, tra il 1209 ed il 1215-19 maggio 1296) che rinunciò al soglio di Pietro il 13 dicembre 1294, aprendo la strada al suo discusso successore, Papa Bonifacio VIII (al secolo Benedetto Caetani, 1230-11 ottobre 1303).
Quindi, la rinuncia di Papa Benedetto XVI è pienamente legittima.
Che ci sia il dogma dell'Infallibilità Papale è altrettanto vero ma esso è regolamentato ed il Papa è infallibile quando parla ex-cathedra, ossia come dottore e pastore universale della Chiesa.
Però, anche qui ci sono regole e limiti.
Per esempio, il dogma dell'Infallibilità Papale non vale quando il Pontefice si esprime in un'intervista.
Se fosse così, per esempio, i cattolici americani che hanno votato Donald Trump avrebbero fatto una cosa contro la Chiesa.
Inoltre, il Papa non può prendere decisioni che possono mettere a rischio l'unità della Chiesa.
Per esempio, se il Papa si pronunciasse ex-cathedra dicendo che Gesù Cristo non è reale presente nelle due specie eucaristiche e negasse la transustanziazione, prenderebbe una decisione che potrebbe dividere la Chiesa?
La risposta sarebbe ovvia: sì.
In pratica, si andrebbe a negare un dogma fondamentale del cattolicesimo e questo spaccherebbe la Chiesa.
Il caso della Chiesa inglese dopo che re Enrico VIII fece lo scisma anglicano (novembre del 1534) ci deve essere ancora oggi da monito.
Infatti, per l'unità, dopo la rottura con Roma, ci furono sommosse contro la dissoluzione dei monasteri e nella Chiesa inglese ci fu una grande confusione.
Ci furono coloro che (come il vescovo di Worcester, Hugh Latimer) negarono la transustanziazione e, nel 1539, il re fu costretto a fare votare dal Parlamento i Sei Articoli di fede, con cui si mantenne la Chiesa d'Inghilterra conforme al cattolicesimo.
I Sei Articoli vennero abrogati con le riforme di stampo protestante del regno di re Edoardo VI (1547-1553).
I Sei Articoli vennero abrogati con le riforme di stampo protestante del regno di re Edoardo VI (1547-1553).
Sia ben chiaro che quanto da me scritto non è riferito a Papa Francesco ma che ciò è un discorso generico.
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