Durante una notte rovente di un'estate, di mille pensieri fa, Jean Claude incominciò a percepire delle forti sensazioni che s'abbigliarono delle vesti di uno strano sogno. Si ritrovò, da solo, su di una grande spiaggia di neve.
Stupito, osservò il mare che accarezzava, dolcemente e senza scioglierlo, quel manto silenzioso di granelli di neve. Le labbra di Jean Claude lambirono l'acqua del mare. Insolitamente era caldissima. “È impossibile che il caldo e il freddo possano vivere insieme”, pensò Jean Claude. Come per malia si ritrovò in un immenso prato con ciuffi d'erba di forme e di colori diversi. Il prato sembrava un grande patchwork. “Ma l'erba non è solo verde?” si domandò Jean Claude. Di poi rivolse lo sguardo al cielo. Le sue mani s'inabissarono in qualcosa di soffice. Era seduto su di una nuvola di zucchero filato che fluttuava tra una famiglia di altre nuvole. C'era la nuvola-mamma, la nuvola-papà e le nuvole-bambini. Jean Claude parlò con ognuno di loro. “Sarò impazzito. Sono seduto su di una nuvola di zucchero filato e parlo con una famiglia di nuvole”, pensò nuovamente chiudendo gli occhi. Jean Claude riaprì i suoi occhi stanchi ed era in una caverna dove scorreva un fiume tranquillo, ma diverso dal solito. Le gocce dell'acqua del fiume erano a forma di cuoricini. Jean Claude notò che il fiume s'insinuava tra le rocce più profonde della caverna e i cuoricini scomparivano nell'anima della Terra. All'improvviso Jean Claude si svegliò. Era turbato da quello strano sogno. Si alzò dal letto e si diresse verso il terrazzo della sua casa. Il paesaggio che si presentava al suo sguardo era sempre lo stesso: una grande città senz'aria, senz'amore e piena di sorrisi dipinti su dei volti di cera. Jean Claude si sdraiò di nuovo sul letto. Serrò gli occhi cercando di sognare ancora. Non ci riuscì. “Perché un sogno, un qualsiasi sogno anche quello più strano, non può trasformarsi in realtà?” si chiese più volte Jean Claude.
Stupito, osservò il mare che accarezzava, dolcemente e senza scioglierlo, quel manto silenzioso di granelli di neve. Le labbra di Jean Claude lambirono l'acqua del mare. Insolitamente era caldissima. “È impossibile che il caldo e il freddo possano vivere insieme”, pensò Jean Claude. Come per malia si ritrovò in un immenso prato con ciuffi d'erba di forme e di colori diversi. Il prato sembrava un grande patchwork. “Ma l'erba non è solo verde?” si domandò Jean Claude. Di poi rivolse lo sguardo al cielo. Le sue mani s'inabissarono in qualcosa di soffice. Era seduto su di una nuvola di zucchero filato che fluttuava tra una famiglia di altre nuvole. C'era la nuvola-mamma, la nuvola-papà e le nuvole-bambini. Jean Claude parlò con ognuno di loro. “Sarò impazzito. Sono seduto su di una nuvola di zucchero filato e parlo con una famiglia di nuvole”, pensò nuovamente chiudendo gli occhi. Jean Claude riaprì i suoi occhi stanchi ed era in una caverna dove scorreva un fiume tranquillo, ma diverso dal solito. Le gocce dell'acqua del fiume erano a forma di cuoricini. Jean Claude notò che il fiume s'insinuava tra le rocce più profonde della caverna e i cuoricini scomparivano nell'anima della Terra. All'improvviso Jean Claude si svegliò. Era turbato da quello strano sogno. Si alzò dal letto e si diresse verso il terrazzo della sua casa. Il paesaggio che si presentava al suo sguardo era sempre lo stesso: una grande città senz'aria, senz'amore e piena di sorrisi dipinti su dei volti di cera. Jean Claude si sdraiò di nuovo sul letto. Serrò gli occhi cercando di sognare ancora. Non ci riuscì. “Perché un sogno, un qualsiasi sogno anche quello più strano, non può trasformarsi in realtà?” si chiese più volte Jean Claude.
Una fievole voce aleggiò nella sua buia e triste camera. “Potrai passeggiare su di una spiaggia di neve vicino al mare caldo. Potrai sederti su di una nuvola di zucchero filato e parlare con una famiglia di altre nuvole. Potrai guardare scorrere un tranquillo fiume di cuoricini. Potrai fare tutto questo, figlio mio, solo se l'uomo crederà ancora nei sogni”. E nell'aria si udì il suono melodioso di un'arpa...
Claudio Rinaldi
Nessun commento:
Posta un commento