Non lavorando fuori casa a tempo pieno, anche quest’anno, non ho iscritto nessuno dei nostri figli al centro ricreativo organizzato dall’oratorio. Insieme ai ragazzi abbiamo convenuto che era il caso di godersi la fine della scuola, la mancanza di impegni fissi, di orari da rispettare, di attività preorganizzate.
Come ogni anno, ci si è spalancato davanti un nuovo tempo, da gestire autonomamente tra casa, giardino, piazza e amici superstiti, dato che ormai è sempre più raro che i bambini non frequentino CRE, stage, corsi di sport o di lingue. E dopo i primi giorni di euforica libertà, senza orari e appuntamenti, è arrivato puntuale il tempo della noia, impalpabile compagna delle calde giornate estive, privilegio dei ragazzi che noi adulti ricordiamo con una certa nostalgia. Da quello che capisco, osservando i nostri figli, esistono due tipi di noia, o forse, meglio, due modi di viverla. Questo “sentimento di inquietudine determinato dal ripetersi monotono delle stesse azioni, dalla mancanza di distrazioni o di stimoli, da uno stato di ozio o di tristezza”, come lo definisce il dizionario della lingua italiana, può rivelarsi insieme un’opportunità o un nemico mortale. I nostri ragazzi vivono una vita talmente piena che non hanno più la possibilità di prendersi uno spazio vuoto, da riempire in modo assolutamente autonomo. Li avrete visti al ristorante: persino a tavola, giocano con il videogame, perché altrimenti… “si annoiano”… Tra televisione, computer, compiti, corsi e scuola, non c’è più tempo di fermarsi, di annoiarsi. Di gustare il tempo che scorre, di sentirne anche la pesantezza e, quindi di cercare soluzioni per alleggerirla. Inventandosi un gioco, una storia, trovando piacere in un libro: la noia può costituire un’opportunità rara, e bene ha fatto quel preside di una scuola genovese, quando ha istituito l’ora di ozio, un tempo senza attività, riservato a pensare, inventare, o perché no?, dormire. Certo, quando poi iniziano a litigare per nulla, a farsi i dispetti tanto per fare qualcosa, a diventare molesti gironzolando per casa come fantasmi, ti chiedi se non era meglio mandarli al CRE e sfinirli di palla prigioniera e bandierina. Per il nostro grande, ad esempio, la soglia di resistenza è molto bassa: è capace di interrompere il gioco e decidere, improvvisamente, di essere annoiato. Allora, diventa intrattabile, stuzzica i fratelli, si inventa tormentoni con cui, appunto, tormentare chi gli è vicino. La noia diventa un nemico e un pericolo, ma credo, proprio per quello, che valga la pena abituarsi a gestirla, a frequentarla, perché non diventi divorante come capita a tanti ragazzi di questa generazione, privi di desideri, stanchi del tutto che già hanno. In questa situazione , che è una condizione esistenziale da affrontare con grande serietà, non serve riempire i nostri figli con sempre più cose e attività, quanto forse, al contrario, lasciare dei vuoti, delle mancanze, delle difficoltà che lascino spazio alla ricerca. Di un senso prima di tutto. Perché la vita è troppo bella per essere sprecata.
Come ogni anno, ci si è spalancato davanti un nuovo tempo, da gestire autonomamente tra casa, giardino, piazza e amici superstiti, dato che ormai è sempre più raro che i bambini non frequentino CRE, stage, corsi di sport o di lingue. E dopo i primi giorni di euforica libertà, senza orari e appuntamenti, è arrivato puntuale il tempo della noia, impalpabile compagna delle calde giornate estive, privilegio dei ragazzi che noi adulti ricordiamo con una certa nostalgia. Da quello che capisco, osservando i nostri figli, esistono due tipi di noia, o forse, meglio, due modi di viverla. Questo “sentimento di inquietudine determinato dal ripetersi monotono delle stesse azioni, dalla mancanza di distrazioni o di stimoli, da uno stato di ozio o di tristezza”, come lo definisce il dizionario della lingua italiana, può rivelarsi insieme un’opportunità o un nemico mortale. I nostri ragazzi vivono una vita talmente piena che non hanno più la possibilità di prendersi uno spazio vuoto, da riempire in modo assolutamente autonomo. Li avrete visti al ristorante: persino a tavola, giocano con il videogame, perché altrimenti… “si annoiano”… Tra televisione, computer, compiti, corsi e scuola, non c’è più tempo di fermarsi, di annoiarsi. Di gustare il tempo che scorre, di sentirne anche la pesantezza e, quindi di cercare soluzioni per alleggerirla. Inventandosi un gioco, una storia, trovando piacere in un libro: la noia può costituire un’opportunità rara, e bene ha fatto quel preside di una scuola genovese, quando ha istituito l’ora di ozio, un tempo senza attività, riservato a pensare, inventare, o perché no?, dormire. Certo, quando poi iniziano a litigare per nulla, a farsi i dispetti tanto per fare qualcosa, a diventare molesti gironzolando per casa come fantasmi, ti chiedi se non era meglio mandarli al CRE e sfinirli di palla prigioniera e bandierina. Per il nostro grande, ad esempio, la soglia di resistenza è molto bassa: è capace di interrompere il gioco e decidere, improvvisamente, di essere annoiato. Allora, diventa intrattabile, stuzzica i fratelli, si inventa tormentoni con cui, appunto, tormentare chi gli è vicino. La noia diventa un nemico e un pericolo, ma credo, proprio per quello, che valga la pena abituarsi a gestirla, a frequentarla, perché non diventi divorante come capita a tanti ragazzi di questa generazione, privi di desideri, stanchi del tutto che già hanno. In questa situazione , che è una condizione esistenziale da affrontare con grande serietà, non serve riempire i nostri figli con sempre più cose e attività, quanto forse, al contrario, lasciare dei vuoti, delle mancanze, delle difficoltà che lascino spazio alla ricerca. Di un senso prima di tutto. Perché la vita è troppo bella per essere sprecata.
Tratto da un testo di R. Florio
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