L'articolo parla del caso di Giuseppina Ghersi.
“L’ orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.
Così raccontò Stelvio Muraldo, l’uomo che notò il corpo della piccola Giuseppina Ghersi tra il cumulo di cadaveri abbandonati davanti al cimitero di Zinola poco fuori Savona, in quei giorni dell'aprile del 1945.
Questo fu macabro regalo lasciato alla storia del nostro Paese da giustizieri partigiani, che qualcuno vuole "santificare" come eroi ma che di eroico non fecero nulla.
Giuseppina Ghersi era una bimba di 13 anni che fu rapita dai partigiani, portata all'oratorio di Legino (sempre vicino a Savona) e che fu torturata, stuprata ed uccisa.
L'oratorio fu trasformato in una specie di lager.
A Legino, la famiglia Ghersi vide le donne stuprate di fronte al padre e le rapine da parte di coloro che si facevano chiamare "Liberatori".
Ora, io penso che colui che fece questo scempio non debba essere ricordato come un "liberatore" o un "eroe".
Oggi, la sinistra italiano invoca il "reato di tortura", contro i poliziotti coinvolti nel caso del G8 di Genova.
Però, tra i suoi padri partigiani non ci furono coloro che torturarono, stuprarono e massacrarono gente innocente?
Il caso di Giuseppina Ghersi dimostra che ciò ci fu.
Come riporta l'articolo di Giampaolo Rossi, Roger Scruton, uno dei più lucidi pensatori del nostro tempo, ha scritto che “il primo obiettivo di ogni totalitarismo è annientare la memoria”.
Ecco perché quelli dell’ANPI che vogliono negare il ricordo di Giuseppina non hanno nulla a che fare con la democrazia.
Ecco perché quelli dell’ANPI che vogliono negare il ricordo di Giuseppina non hanno nulla a che fare con la democrazia.
Lo stesso identico discorso vale per il ddl Fiano.
Ecco perché, una nazione che riannoda i fili di una storia sotterrata e nascosta, fa un dono alla propria libertà.
Ecco perché, una nazione che riannoda i fili di una storia sotterrata e nascosta, fa un dono alla propria libertà.
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