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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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venerdì 2 maggio 2014
Renzi non mantiene le promesse
Cari amici ed amiche.
Leggete l'articolo scritto da Gustavi Piga su "Panorama" che è intitolato "Le promesse tradite da Renzi".
Ora, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto promesse a destra e a manca.
Però, queste promesse non possono essere mantenute.
Per esempio, il 31 marzo scorso, egli ha detto:
"Per finanziare il taglio dell'IRPEF "non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale"".
Ebbene, tra tassazione sulle rendite finanziarie e sulla banche e con la rivalutazione dei beni d'impresa ci saranno ben 3,1 miliardi di Euro di nuove entrate fiscali.
Il 9 aprile, Renzi ha detto:
"C'è una soluzione tecnica per gli incapienti".
Peccato che il bonus di 80 Euro in più promesso da Renzi per gli incapienti non ci sia.
Sempre il 9 aprile, Renzi ha detto:
"Dai tagli alla spesa pubblica dovrebbero giungere i 4,5 miliardi necessari per ridurre il cuneo fiscale".
Invece, i tagli sono pari a 31,1 miliardi di Euro, di cui appena 2,1 sono strutturali.
Dell'articolo è molto interessante la parte che recita:
"Primo difetto: il Def è scritto in larga parte dall’Europa, contrariamente alla convinzione che "lo decide Claudia", frase che tappezza in tutte le città i poster della campagna elettorale del partito del premier in questi giorni. Prova ne è che il Def del team Renzi-Padoan consegna al Paese delle finanze pubbliche future di fatto identiche a quelle proposte dai predecessori Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni. Leggere per credere: Renzi-Padoan nel Def aumentano le tasse da 745 miliardi di euro nel 2014 a 841 nel 2017. E lasciandole nel 2017, rispetto al governo precedente, che così austero mi era parso (ed era stato) al 47,2 per cento di Pil, rispetto al 47 per cento di questi ultimi. Come è possibile, direte, visto il calo delle tasse previsto in busta paga di 80 euro? E' vero, chapeau, va attribuita al governo Renzi la scelta di ridurre il carico fiscale sotto i 25 mila euro, ma senza dimenticare che parte del finanziamento di queste verrà dall’aumento di altre imposte e che, soprattutto, va attribuita allo stesso governo Renzi la scelta di non modificare gli aumenti di entrate previste da Letta e Saccomanni, che apparentemente fanno comodo, visto che sono stati in larga parte confermati.
E le spese direte voi? Renzi-Padoan le fanno calare dal 50,6 per cento di Pil del 2014 al 48,1 del 2017 (0,5 per cento di Pil di interessi in meno, 0,9 di stipendi in meno, 0,6 di pensioni in meno, 0,6 di acquisti di beni e servizi in meno) mentre Letta e Saccomanni le facevano calare nello stesso periodo dal 50,7 del Pil al 48 per cento. Una riduzione significativa, ma identica e già sanzionata dai governi precedenti: i cali delle pensioni dovuti in larga parte alla riforma Fornero del governo Monti, mentre le riduzioni di stipendi, come fa notare la corte dei Conti, sono da ascrivere addirittura al rinnovo delle norme sul blocco del turnover e delle remunerazioni pubbliche del ministro Renato Brunetta. Tutto cambia perché nulla cambi, dunque? In realtà qualcosa peggiora pure. Il governo Renzi, che tanto aveva fatto sperare con il suo intendimento di rimettere in sesto il futuro del Paese con la ristrutturazione delle scuole, ha ridotto se possibile ulteriormente rispetto a Letta e Saccomanni la quota di investimenti pubblici, il futuro del Paese appunto. Dal 3 per cento di pil degli anni 90, Padoan e Renzi dichiarano a tutti che la loro intenzione è di ridurli ulteriormente, all’1,4 del 2017, contro l’1,6 di Letta e Saccomanni.".
In pratica, Renzi dice di volere fare diversamente da chi lo ha preceduto.
Invece, sta portando avanti le stesse misure recessive.
Peggio di così non si può andare.
Cordiali saluti.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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