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martedì 10 luglio 2012

Dal blog "Campari e de Maistre", viva le paritarie! Però...

Cari amici ed amiche.

Leggete l'articolo scritto da Riccardo Facchini sul blog "Campari & de Maistre".
Esso è intitolato "Viva le paritarie! Però..." e recita:

"Taglia che ti ritaglia era inevitabile che, sotto la scure della spending review di Montiana ispirazione, finissero anche le scuole paritarie. Sì, proprio quelle che, secondo l'italiano medio, "non devono pià na lira dallo Stato". Detto fatto: secondo le ultime dichiarazioni del ministro Profumo, sarebbero infatti ben 60 i milioni in meno che nel 2013 entreranno nelle casse di quelle che, ancora per molti, sono soltanto "le scole private".

Ovviamente l'italiano medio non sa neanche cosa significhi la parolina "sussidiarietà" (spesso abusata dai politici, ma comunque valida) e non ha idea di quanto la scuola paritaria faccia risparmiare allo Stato italiano. Il Miur ha infatti calcolato che, grazie alla rete delle paritarie, lo Stato giunge a risparmiare fino a sei miliardi. Da dove proviene quindi l'ancestrale odio, molto italiano, per la scuola "privata" nonostante, conti alla mano, questa rappresenti un'opportunità e non una palla al piede per il nostro sistema educativo?
Dopo 13 anni vissuti sui banchi di una struttura paritaria cattolica le ho sentite veramente tutte e posso finalmente affermare che le ragioni si riducono sostanzialmente a due:l'approccio ideologico di una certa parte politica e il conseguente feticismo del "pubblico" maturato nel corso di decenni dagli italiani.


Partiamo dal primo: non si può negare che esistano nel Belpaese ancora partiti politici, uomini e pensatori che vedano lo Stato come un Ente provvidenziale e benevolo a cui affidarsi "dalla culla alla bara". L'educazione della prole non può quindi sfuggire a questo percorso obbligato e deve essere, secondo molti, del tutto delegata alla scuola pubblica, con lo scopo di formare il perfetto cittadino. Come? Ovviamente mediante l'insegnamento di programmi scolastici (formulati da qualche burocrate del ministero) o - nella migliore delle ipotesi - monolitici e vetusti o - peggio ancora - "alla moda", insegnati da professori che si considerano impiegati piuttosto che docenti. Ah, ovviamente, la famiglia, nel percorso formativo del fanciullo, giunge così a valere come il due di coppe, soprattutto se non in grado di sostenere la retta di una paritaria. Retta che, senza contributi pubblici, non può fare altro che aumentare di anno in anno, sancendo la progressiva chiusura di numerosi istituti.



Questo genere di approccio, con l'annessa propaganda e disinformazione, ha purtroppo provocato e alimentatol'acritica fiducia dell'italiano nei confronti della scuola pubblica. Fateci caso, nessun altro servizio in Italia - giustizia, sanità - gode ormai di altrettanta stima.
Perché? Semplice: perché ce ne freghiamo dell'educazione e della formazione dei giovani. Se il medico dell'ospedale sotto casa mi fa una diagnosi sbagliata io, giustamente, mi arrabbio perché toccano quello che percepisco come un interesse primario. Se subisco un torto da un giudice, idem. Ma in Italia le famiglie sottovalutano ormai a tal punto la formazione della prole da preferire il "parcheggio-scuola-pubblica" a un'istituzione paritaria con cui confrontarsi e con cui concordare il percorso educativo migliore.


Ben vengano, quindi, gli articoli di protesta di Avvenire (che, quando si parla di schei, è sempre in prima linea), di Tempi o del Sussidiario che, bene o male, argomentano con le mie stesse tesi. A questi devo però aggiungere un paio di osservazioni autocritiche, provenienti anch'esse dall'esperienza personale, per chiarire meglio quale sia il mio punto di vista.
Da circa tre anni bazzico infatti, per arrotondare, il giro dei centri studi per il recupero di anni scolastici e delle paritarie (la maggiorparte laiche, in Italia rappresentano il 43% del totale delle scuole paritarie) ad essi collegati. Ragazzi, non prendiamoci in giro: esse non subiscono i controlli di rito atti a garantire la loro "paritarietà" e sono veri e propri diplomifici (meglio che non dico altro sennò perdo il posto). Quindi vanno bene le levate di scudi a favore delle paritarie, ma almeno non giungiamo - in quanto cattolici - a difendere anche l'indifendibile. Le paritarie rappresentano un patrimonio dell'Italia soltanto nel momento in cui svolgono appieno la loro funzione educativa, e non quando si trasformano in ancora di salvezza per i lavativi. Il diploma non è un diritto a cui giungere con ogni mezzo, lecito o meno.


Certo, sono profondamente convinto che l'abolizione del valore legale del titolo di studio e la piena applicazione dell'autonomia scolastica risolverebbero molti problemi. Ma questa è tutta un'altra storia...
".

Io penso che ogni famiglia abbia il diritto di scegliere se mandare i propri figli ad una scuola pubblica o ad una privata.
Invece, qui si tende a fare in modo che le famiglie scelgano la scuola pubblica.
Ora, la "spending review" di montiana ispirazione ha provocato anche dei tagli alle sovvenzioni per le scuole private.
Io trovo che questo sia vergognoso.
In pratica, si vuole delegare l'educazione alla scuola pubblica.
Pensate, una scuola privata a cui vengono tolti i fondi non potrà sopravvivere, se non aumentando i costi sulle famiglie dei suoi alunni.
Ora, chi non può permettersi di scegliere una scuola privata è costretto ad andare in quella pubblica.
In una democrazia, un cittadino deve pur avere il diritto di scegliere.
Egli deve avere il diritto di scegliere anche la scuola da fare frequentare ai propri figli.
Il provvedimento di Monti rischia di negare questo diritto.
Questo è vergognoso.
Io penso che si debba puntare all'eccellenza.
In base al principio della sussidiarietà, si dovrebbe fare in modo che siano sovvenzionate solo quelle scuole che possano creare progetti virtuosi, a prescindere dal fatto che esse siano pubbliche o private.
Ci sono scuole pubbliche che sono pessime e prendono soldi dallo Stato.
Questo non  è giusto.
Dalla scuola dipende il futuro dei figli.
Cordiali saluti.

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Ringrazio un caro amico di questa foto.