Cari amici ed amiche.
Leggete questo articolo scritto sul sito "Meridiani Relazioni Internazionali" che è intitolato "Israele non è una forza di occupazione in Cisgiordania" :
"‘Israele non è una forza di occupazione in Cisgiordania’,
o almeno questo è quanto è emerso lunedì scorso dal rapporto di un
comitato incaricato dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu di
esaminare lo stato dei territori in Cisgiordania.
Il gruppo di lavoro, composto da membri scelti tra professionisti noti
per condividere idee vicine alla destra israeliana, era guidato da
Edmund E. Levy, giudice della Corte Suprema con alle spalle una carriera
politica nel Likud.
In realtà, il mandato originale del panel era quello di esaminare lo
stato legale delle colonie non autorizzate in Giudea e Samaria senza
avere il compito di andare a toccare la spinosa questione riguardante la
legalità o meno dell’occupazione di territori in Cisgiordania.
A livello internazionale la notizia è passata piuttosto in sordina,
nonostante i cambiamenti che il documento potrebbe apportare alla
politica di Tel Aviv sulle colonie. Le conclusioni approvate dal
rapporto della commissione d’inchiesta rischiano infatti di annullare
una lunga serie di leggi ed accordi, sia interni che internazionali.
Tra massacri di popolazioni civili, spettri di bombe atomiche e
attese per lo spoglio delle prime elezioni “democratiche” in alcuni
paesi mediorientali, i media internazionali non hanno prestato molta
attenzione alle informazioni provenienti da Israele.
Il comitato Levy ha ribaltato le conclusioni a cui era giunto nel
2005 il panel guidato da Talia Sasson in cui si sosteneva l’illegalità
degli insediamenti in Cisgiordania. L’inchiesta fu allora commissionata
dal Primo Ministro Ariel Sharon.
Il rapporto rappresenta una vera vittoria per i coloni e per chi
sostiene che gli insediamenti siano in realtà parte integrante del
territorio di Israele. Molti di questi formano lo zoccolo duro
dell’elettorato del Likud e adesso fanno pressione sui loro esponenti al
governo affinché si approvi la relazione anche a livello centrale.
Netanyahu si trova stretto tra due fuochi. Alcuni dei suoi ministri e
gran parte del suo elettorato vorrebbero l’approvazione dell’inchiesta
Levy senza l’apporto di modifiche che ne altererebbero la sostanza.
Ratificare soltanto alcune delle indicazioni proposte solleverebbe le
proteste dell’ala più estrema del partito. Una scelta del genere
potrebbe però comportare problemi non indifferenti sul piano
internazionale, non solo riguardo i rapporti con i vicini arabi ma anche
per ciò che concerne i legami con i paesi alleati.
Inoltre, riconoscere i territori della Cisgiordania come parte
integrante dello Stato di Israele implicherebbe l’obbligo di concedere
la cittadinanza israeliana anche agli abitanti di Giudea e Samaria, che
potrebbero così godere del diritto di voto. Ciò farebbe aumentare il
numero di palestinesi tra gli elettori israeliani, accrescendo il numero
di arabi all’interno dei confini statali con la conseguenza di
indebolire la maggioranza ebraica dentro Israele.
A destra, il consenso sulla questione si divide tra chi vorrebbe
annettere Samaria e Giudea senza dover obbligatoriamente riconoscere i
diritti di cittadinanza alle popolazioni arabe e chi, pur di non dover
rinunciare alla Cisgiordania, sarebbe disposto a trovare una soluzione
di compromesso, magari riconoscendo pari diritti ai Palestinesi che vi
abitano.
La sinistra israeliana invece, favorevole alla soluzione dei due
Stati separati, preferirebbe lasciare la Cisgiordania ai Palestinesi e
far ripartire i negoziati di pace, ormai in stallo da anni.
Se il rapporto Levy fosse approvato dal governo, le possibilità per un futuro accordo diminuirebbero notevolmente. I Territori Occupati,
o ‘contesi’ secondo la definizione che amano dar loro in Israele, sono
il più grosso ostacolo alla conclusione di un accordo di pace tra le
parti e la causa principale delle frizioni tra Gerusalemme e gli Stati
arabi.
L’emergere del rapporto in un momento in cui gran parte
dell’attenzione generale è concentrata sul nucleare iraniano, le
rivoluzioni in Medio Oriente, la crisi economica europea e le future
elezioni politiche americane potrebbe non essere casuale. Il governo di
Gerusalemme ha la possibilità di approvare un documento molto importante
per la sua futura politica coloniale nel disinteresse del resto della
comunità internazionale.
A livello globale, il rapporto conferma l’assenza di volontà
israeliana di collaborare con terze parti per risolvere la questione.
Venerdì scorso a Ginevra si è svolta la ventesima sessione del
Consiglio dei Diritti Umani, organo intergovernativo delle Nazioni Unite
responsabile della promozione e protezione dei diritti umani nel mondo,
senza la presenza di delegati israeliani. All’ordine del giorno c’era
la questione delle implicazioni delle colonie israeliane sui diritti
civili, politici, economici, sociali e culturali dei palestinesi che
abitano i territori occupati. Già nel marzo di quest’anno, Israele aveva
però fatto sapere di non essere disposto a partecipare alla missione di
inchiesta del Consiglio. L’incontro si è concluso con un ennesimo
invito a collaborare rivolto ad Israele. Appello caduto nuovamente nel
vuoto.
Le tensioni tra israeliani e palestinesi continuano ad essere la
causa di molti dei problemi mediorientali. Le rivoluzioni arabe e il
braccio di ferro tra Iran e Occidente hanno distolto lo sguardo da una
questione che però continua ad occupare un peso notevolmente rilevante
per la stabilità dell’area. Le colonie rappresentano il nodo centrale da
sciogliere per risolvere la disputa tra le parti. Il rapporto Levy
rischia di ritardare ulteriormente il raggiungimento di una soluzione
definitiva.
12 luglio 2012".
Devo ringraziare l'amico Angelo Fazio che ha messo questo articolo su Facebook.
Se non ci fosse quel genietto non avrei così tanto materiale da mettere su questo blog.
Se tutti i giovani fossero così, si andrebbe meglio.
Sono perfettamente d'accordo con quanto scritto nel rapporto del Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu.
Israele non è forza di occupazione dei territori della Cisgiordania.
Israele ha semplicemente pensato alla sua sicurezza ed è stato giusto così, tenendo conto dell'ostilità dell'area.
I "Territori palestinesi" non sono occupati.
Essi sono contesi.
La Palestina non esiste.
Esiste uno Stato arabo e si chiama Giordania.
Ma la Palestina non esiste.
Già il fatto che la Striscia di Gaza sia in mano ad Hamas e la Cisgiordania sia in mano ad Al Fatah lo dimostra.
Inoltre, dichiarare Stato l'insieme territori arabi che si trova in Israele può essere molto pericoloso.
Infatti, noi ci troveremmo di fronte a due entità territoriali, la Striscia di Gaza e la Cisgiordiania che sono separate ed in mezzo allo Stato israeliano.
Ciò metterebbe in pericolo quest'ultimo, poiché i palestinesi vorrebbero circolare liberamente in questo eventuale Stato Palestinese.
Ora, il rischio è che per raggiungere la Cisgiordania dalla Striscia di Gaza (e viceversa) molte persone debbano attraversare i territori israeliani.
Qui si rischia che i terroristi attacchino Israele dall'interno.
Per capire meglio, guardate la cartina qui sotto.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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