"Disturbo dell’umore affine agli stati di depressione e di irritazione, nel quale ha una particolare importanza l’orientamento verso tonalità spiacevoli; può essere associata ad ansia, a forte irritabilità e a comportamento impulsivo. Tipica è la d. epilettica (o malumore epilettico), che insorge bruscamente, come equivalente di una crisi, o che accompagna, con alti e bassi, la vita quotidiana del malato. Se il quadro emotivo disforico nasce da problemi correlati alla propria identità sessuale si parla di d. di genere o, meglio, di disturbo dell’identità di genere. La d. di genere è una particolare condizione per la quale un individuo si identifica in modo forte con il sesso opposto a quello proprio biologico o, in ogni caso, a quello che è stato anagraficamente assegnato dopo la nascita. Questo tipo di d. è però indipendente dall’orientamento sessuale. In alcuni pazienti lo stato di d. dipende da una forma di resistenza all’instaurarsi dello stato di depressione. Un’altra condizione talora identificata anche con il termine d. è il disturbo bipolare, clinicamente caratterizzato da depressione dell’umore, forte irritabilità, manifesto comportamento aggressivo in senso sia verbale sia fisico".
Esiste la disforia di genere, quella che (secondo certi psicologi) porterebbe una persona a diventare transgender, come ne esistono altre.
In questi mesi, grazie anche all'esperienza dello stage presso il Gruppo "Demar" di Roncoferraro, ho capito varie cose di me stesso.
Una cosa che ho capito è che (forse) il mio futuro potrebbe non essere a Roncoferraro.
Sia chiaro, il lavoro va molto bene e mi piace.
Il problema non è professionale e lavorativo ma umano e riguarda il contesto e non l'ambiente di lavoro.
Il rapporto tra me e l'ambiente locale non è mai decollato.
Non sto qui a spiegare le motivazioni, per ragioni di tempo, ma mi sto convincendo sempre di più che il contesto che mi sta intorno non sia il mio.
Non voglio essere cattivo con nessuno ma sto esprimendo quello che è un mio stato d'animo.
Guarda caso, su Facebook, le persone con cui interloquisco di più sono un romano, un abruzzese, un siciliano ed un'italo-uruguayana.
Con Stephanie Caracciolo, l'italo-uruguayana, ho anche un rapporto che va ben oltre le chat.
Infatti, ci mandiamo cartoline e regali.
Mi piacerebbe fare lo stesso anche con altre persone conosciute su Facebook, per porre le basi di amicizie vere, magari anche incontrandoci.
Dove sono i roncoferraresi?
Evidentemente, non sono stato in grado di integrarmi pienamente nel contesto di Roncoferraro.
Anche questa è una disforia.
Ora, questa mia riflessione è un punto di partenza per un discorso più ampio.
I sostenitori dell'immigrazione parlano di "integrazione".
Però, siamo sicuri che coloro che vengono qui si integrino nella nostra società?
Se questa gente si integrasse completamente, per esempio, non ci sarebbe il problema del terrorismo islamico.
Il terrorismo islamico nasce da due fattori.
Il primo è l'Islam, una religione che non ammette distinzioni tra sfera temporale e sfera spirituale e che non distingue il peccato dal reato.
Il secondo è l'Europa stessa, la quale ha rinnegato le sue radici e la sua storia.
Così, l'Islam surroga quell'assenza di identità dell'Europa agli occhi dei figli dei migranti, i quali si radicalizzano.
Questo è il punto che i buonisti non vogliono capire.
Coloro che hanno manifestato a Milano hanno parlato della "bellezza di una società multietnica".
In realtà, essi non si rendono conto del fatto che per essere armonica una società debba avere un'identità.
Dunque, servono dei valori comuni in cui riconoscersi.
Se non ci sono questi valori, la società multietnica va nel caos.
Per questi motivi, certa gente non accetterà mai di integrarsi, neppure dopo che avrà ricevuto la cittadinanza di un Paese europeo.
Anche questa è una disforia.
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