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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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mercoledì 22 giugno 2011

GIOVANI, UNA QUESTIONE SPINOSA!


Cari amici ed amiche.

Vi invito a leggere i commenti all'articolo "Il problema del centrodestra, la Lega Nord? No, la mancanza della Lega Sud?".
Il commento è stato scritto da un tale Pasquale, un ingegnere di ventotto anni.
A prescindere dai toni usati dall'interlocutore e dal suo modo di porre la questione (che non condivido), da quel commento voglio trarre qualcosa di costruttivo.
Nel suo attacco alla Lega Nord (che mi risulta becero), Pasquale scrive:

"I meridionali sono persone che nella maggior parte dei casi sono laureati e vanno al nord ad occupare i migliori posti di lavoro...mentre quelli del nord (che nella maggior parte dei casi si fermano alla licenza media o al diploma) devono accontentarsi di posti di manovalanza...non bisogna generalizzare ma è così! Guarda come ti dicevo io sono un ingegnere, ho 28 anni, lavoro a Bologna ed insegno in una scuola...mi devi credere i ragazzi che ho come alunni, nella maggior parte dei casi, non sanno fare 2+2 ...e sono tutti bolognesi e delle zone limitrofe...qua si spiega tutto!"

Ora faccio la mia considerazione.
Quando afferma che al sud ci sono più laureati, Pasquale dice il vero.
Però, dimentica un aspetto importante della questione.
Il primo riguarda la questione delle condizioni del sud Italia.
Al sud non c'è l'apparato industriale del nord. Ergo, c'è meno richiesta di manovalanza.
Quindi, un giovane del sud che vuole realizzarsi deve per forza studiare e la famiglia lo incoraggia, anche facendo ingenti sforzi economici.
Per un giovane del sud non ci sono altre possibilità.
Intendiamoci, questo è un merito. Di fronte alle difficoltà non sio può stare con le "mani in mano".
Al nord, invece, c'è l'industria e c'è l'agricoltura intensiva. Quindi è richiesta più manovalanza.
Quando afferma che molti lasciano la scuola prima del tempo, Pasquale dice il vero.
Però, dimentica di dire al sud la "mortalità scolastica" (ossia l'abbandono degli studi) non è certamente meno alta di quella che c'è al nord.
La differenza sta nel fatto che al nord la "mortalità scolastica" è più visibile.
Però, non è meno alta di quella che c'è al sud, ove vi sono anche dei bambini che non fanno nemmeno la scuola dell'obbligo.
In secondo luogo, vorrei ricordare un'altra cosa.
Avere la laurea non significa essere "super istruiti".
Dico questo per una ragione molto semplice.
Qui in Italia, molte università non sono meritocratiche, soprattutto a causa della questione delle "baronie" , questione che è largamente combattuta dalla riforma del ministro dell'Istruzione e dell'Università Mariastella Gelmini.
In Italia, il valore della laurea è dimezzato perché tanti laureati hanno quel pezzo di carta non per meriti propri ma per "favori" ricevuti.
Di sicuro, per l'università italiana serve una riforma radicale che preveda un taglio severo dei finanziamenti pubblici per molte facoltà che sono inutili ed un maggiore ingresso anche dei fondi privati che finanziano quelle facoltà che hanno progetti utili.
Questo è un principio di sussidiarietà, che è già presente nella riforma del ministro Gelmini.
Anzi, io sarei favorevole a fare quello che si fa all'estero.
Un'azienda finanzia una facoltà di un'università e ne segue gli allievi che potrebbero diventare suoi futuri managers.
Anzi, se io fossi un ricco imprenditore io farei seguire i giovani fin dalle Scuole Superiori (con dei "talent scout") e poi farei avere ai più meritevoli delle borse di studio per gli studi all'università, così da potere dare a loro il posto nella mia azienda.
Inoltre, le università italiane hanno un'altra grave carenza.
A differenza di quelle estere (che hanno il "campus") molte università italiane non hanno alloggi vicini. Se si escludono alcune eccezioni (come l'università di Firenze, che la "casa dello studente", che è raffigurata nella foto qui sopra) un giovane che va all'università non ha un alloggio vicino al plesso e spesso è costretto o a fare il pendolare o ad affittare delle case, che spesso sono dei tuguri, per i quali uno studente si trova a pagare degli affitti esosi.
Ora, sollevo la questione della disoccupazione giovanile.
Pasquale mi attacca sempre sulla questione della disoccupazione giovanile, questione che mi riguarda, essendo anch'io disoccupato.
Pasquale attacca sempre il Governo. Io voglio portare la questione ad un punto più alto econ un tono meno polemico e più costruttivo.
E' evidente che tra me ed il mio interlocutore vi siano delle differenze di vedute.
Lui è di sinistra e come tale delega tutto allo Stato e alla pubblica istituzione.
Io, invece, sono di centrodestra e dico che non bisogna delegare tutto alla pubblica istituzione e che il privato ha delle responsabilità.
E' evidente che qui in Italia vi sia un problema ma ritengo che il Governo non c'entri più di tanto.
E' la cultura imprenditoriale italiana che ha preso una brutta piega.
In pratica, molti imprenditori che cercano manovalanza, vogliono abbassare i costi.
Per fare ciò, hanno smesso di investire nella tecnologia e puntato tutto sule "braccia".
Quindi, per abbassare i costi, questi imprenditori hanno iniziato ad assumere gli immigrati.
In pratica, i giovani italiani sono stati messi in concorrenza con gli immigrati e questi ultimi sono avvantaggiati.
Molto spesso si dice che i giovani italiani non vogliono fare certi lavori perché umili.
Se gli imprenditori che sostengono questa tesi pagassero di più, io penso che un giovane italiano sarebbe ben disposto a fare certi lavori.
E poi, ritengo che questa tesi sia una pura leggenda metropolitana.
Io, ad esempio, ho lavorato come collaboratore scolastico (bidello) nella Scuola Media.
Sono stato anche impiegato comunale, ma questa è un'altra storia.
Dall'attuale situazione nasce anche la precarietà.
Di certo, gli imprenditori sono oberati da un fisco pesantissimo e qui sì che il Governo deve intervenire.
Però, non si può nemmeno gettare la croce su questo Governo, che tra l'altro ha fatto reggere i conti nonostante la crisi.
Il problema dei giovani è ben più complesso.
In tale proposito, vi invito a leggere la nota di Filippo Giorgianni, che ha preso alcune pagine di un testo del filosofo Roger Scruton che è intitolato "Filosofia di Facebook, vita reale o feticcio".
Il link è http://www.facebook.com/notes/filippo-giorgianni/roger-scruton-filosofia-di-facebook-vita-reale-o-feticcio-in-vitapensiero-n-1201/10150340754763327.
Oggi, i giovani si trovano di fronte ad una vera e propria crisi di valori.
Sull'ambito lavorativo, ho detto tutto prima ma la crisi è profonda anche su quello umano.
Com'è noto, la famiglia è in crisi e la scuola (specie quella pubblica, tanta parte della quale è figlia di quel modo di pensare del Sessantotto) non è in grado di trasmettere valori.
Molto spesso, i giovani si trovano con un solo genitore che spesso è a lavoro. I giovani sono costretti a barcamenarsi in questo contesto di solitudine.
Quindi, c'è una predominanza della "cultura dell'individualismo", ossia di quella "cultura" che fa sì che una persona pensi solo a sé stessa, anche a scapito degli altri. Anche da qui nasce il bullismo nelle scuole, fenomeno che, purtropo, anch'io ho conosciuto, alle Scuole Medie.
Un giovane è portato a fare ciò perché sa di essere solo. E così si rifugia nella sua stanzetta e, navigando nei social-network, si crea un mondo tutto suo con "amici" fittizi.
Ciò, però, è deleterio perché non aiuta a crescere.
Per aiutare i giovani serve un cambiamento culturale.
Cordiali saluti.

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