Con il suo Motus proprio intitolato "Traditionis custodes", Papa Francesco ha abolito ciò che ha fatto Papa Benedetto XVI riguardo alla messa in latino. Anzi, con la sua decisione, Papa Francesco ha di fatto cancellato il suo predecessore, come riporta un articolo di Stefano Fontana su "La Nuova Bussola Quotidiana".
Come ho scritto anche su "Il Gran Candeliere di Antonio Gabriele Fucilone", la lingua latina dovrebbe essere considerata come patrimonio della Chiesa e non solo.
Una messa in latino può essere celebrata ovunque.
Può essere celebrata qui in Italia, in Francia, in Germania, in Spagna, nel Regno Unito, negli USA o in qualsiasi altro Paese.
Una messa in lingua nazionale può essere capita dal popolo che parla quella lingua ma non dà un'idea immediata della cattolicità o comunque rischia di essere vista come un orientamento più in favore della Chiesa nazionale che dell'universalità.
Inoltre, il latino era anche la lingua degli umanisti.
Tanti dei grandi filosofi e uomini di cultura dell'Occidente parlavano latino.
Penso ai grandi uomini di cultura come Virgilio, Seneca, Sant'Agostino, Sant'Alberto Magno, San Tommaso d'Aquino, Marsilio Ficino, San Tommaso Moro e Giacomo Critonio.
Tutti questi grandi uomini parlavano latino.
Il latino fu la lingua dei grandi giuristi romani, dei quali oggi noi abbiamo l'eredità, nel nostro diritto.
Anche la lingua inglese, una lingua veicolo in molte parti del mondo, deve molto al contributo dato dalla lingua latina.
La lingua latina dovrebbe essere rivalutata.
Anzi, dovrebbe essere studiata nelle scuole, per capire anche l'inglese.
Certamente, questa scelta del Papa di abolire il "Vetus Ordo" fa discutere.
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