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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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mercoledì 30 marzo 2011

GUELFI, GHIBELLINI E...PARTIGIANI















Cari amici ed amiche.


Ho scritto l'articolo sul derby (il cui titolo è "Derby Milan-Inter, che vinca il migliore!", http://italiaemondo.blogspot.com/2011/03/derby-milan-inter-che-vinca-il-migliore.html) anche per fare capire un'altra cosa.

L'Italia è un grande Paese ma spesso vi sono delle divisioni così forti che vengono percepite quasi come fossero un "fatto etnico".

Proprio il derby Milan-Inter è un esempio di ciò.

Non si può nascondere il fatto che, dietro ad una partita di calcio, vi siano anche altre implicazioni.

Ad esempio, è noto il fatto che il presidente del Milan sia anche il capo del Governo, il presidente Silvio Berlusconi.

Quindi, una possibile sconfitta o una possibile vittoria del Milan può non venire percepita come un semplice risultato sportivo.

Ad esempio, provate ad immaginare cosa succederebbe se il Milan dovesse perdere.

Tutti i fautori dell'antiberlusconismo si metterebbero a fare delle manifestazioni di giubilo, "canterebbero vittoria contro il tiranno" e, magari, gli antiberlusconiani milanisti incomincerebbero a fare battute e ad urlare slogan come "Silvio metti più soldi nel Milan e meno nel Bunga Bunga" o come "Silvio dimettiti" e quant'altro.

Purtroppo è così!

Io spero che il derby sia una bella partita e che non ci siano incidenti.

Purtroppo, spesso e volentieri, nel calcio entrano anche componenti che di sportivo non hanno nulla.

Per la verità, questa non è una caratteristica solo italiana.

Pensiamo alla Scozia con le due squadre di calcio di Glasgow, i Glasgow Rangers e il Celtc Glasgow.

Lì, le partite hanno anche implicazioni politiche e religiose.

Infatti, quella dei Glasgow Rangers è la squadra protestante mentre quella del Celtic è cattolica.

Purtroppo, in quel caso certe tensioni sono ancora forti.

Pensiamo al Neil Lennon, ex-centrocampista nordirlandese del Celtic ed oggi allenatore della stessa squadra, che fu costretto a lasciare il ruolo di capitano della Nazionale di Irlanda del Nord perché minacciato, in quanto cattolico.

Se lì la situazione è così, qui in Italia non è da meno.

Del resto, il nostro fu il Paese dei Ghibellini e dei Guelfi ed oggi è il Paese dei mille campanilismi e partigianerie.

Spesso queste situazioni si manifestavano (e tuttora si manifestano) con violenza, spesso a parole e a volte con i fatti.

Molto spesso chi ha un'idea contraria ad una una certa corrente di pensiero, viene visto come un nemico di abbattere e da distruggere, con una dialettica dura o, addirittura, con atti di violenza fisica.

Io posso portare come esempio una mia vicenda personale.

In un mio precedente articolo, avevo scritto della necessità della presenza del Popolo della Libertà a Roncoferraro (http://italiaemondo.blogspot.com/2011/03/roncoferraro-mantova-serve-il-popolo.html) e avevo parlato di quello che successe nel 2009, quando con la lista di centrodestra "Libertà di cambiare, diritto di crescere" predemmo le elezioni amministrative ed i criticai la gestione della campagna elettorale ed analizzai la sconfitta, qualcuno all'interno della lista mi criticò, mi accusò di avere tradito il centrodestra e mi fece un articolo contro.

In altre parole, fecero di me un nemico da abbattere perché mi misi contro la loro corrente di pensiero.

Oggi, quelle stesse persone dicono (anche pubblicamente) di non rappresentare più il Popolo della Libertà.

Sta a voi giudicare.

Del resto, io sono sempre stato di una posizione molto ortodossa rispetto al Popolo della Libertà.

Questo è il Paese delle partigianerie.

Oggi, il Governo vuole fare una riforma della giustizia, una riforma giusta, visti i guasti, come i processi troppo lunghi.

L'opposizione parla di "riforma ad personam" fatta a favore del presidente Berlusconi ed insulta, senza però, fare una sua proposta seria.

Questo è davvero il Paese delle partigianerie.

Un esempio che possa dimostrare ciò fu quello che fece il presidente della Repubblica Sandro Pertini (nella foto 1896-1990), quando ci fu la morte di re Umberto II, nel 1983.

Esiliato, il re moribondo chiese al presidente della Repubblica di potere tornare in Italia, per potere morire in essa.

Scrisse la lettera alla cui intestazione non scrisse "Egregio signor presidente" ma "Egregio signor Pertini".

Per questo "cavillo", Pertini negò al re la possibilità di morire in Italia.

A mio modo di vedere, in quell'occasione, Pertini non si comportò da presidente ma da partigiano e sbagliò.

Pertini avrà fatto tante cose buone ma in quel frangente sbagliò.

Se fossi stato in lui, non avrei negato all'ex re di morire in Italia.

Avrei fatto finta che egli non fosse l'avversario che fu sconfitto ma un vecchio moribondo che chiese di morire in quello che, in fondo, fu la sua terra natale. Se non per convinzione, avrei fatto ciò per "pietas".

Fu gettata al vento un'occasione di riconciliare gli italiani.

Questo episodio è (e deve essere) una vergognosa macchia nella nostra storia!

Io mi auguro che queste partigianerie siano superate.

Cordiali saluti.


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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.