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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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giovedì 14 luglio 2011

I FRUTTI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE



Cari amici ed amiche.

Su Facebook, l'amico Andrea Casiere (dell'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie) ha pubblicato questo brano di Vittorio Messori:

"Quattro falsificatori di moneta che se la diedero subito a gambe. Due pazzi pericolosi che, scambiati per «filosofi» e, dunque acclamati sulle prime come «vittime della repressione», furono rinchiusi, chiarito l'equivoco, in un manicomio. Un maniaco sessuale: un giovane depravato allievo del marchese de Sade, messo dietro le sbarre per richiesta della sua stessa famiglia.

Sette detenuti che sarebbe difficile definire «politici». Sette «perseguitati» assai improbabili. Eppure, è sulle loro miserevoli spalle che, da due secoli, grava il mito della presa della Bastiglia da parte del popolo parigino, con conseguente liberazione di prigionieri che sarebbero stati tragico simbolo dell'assolutismo monarchico. In realtà, i quattro falsari, i due matti e il depravato erano i soli ospiti della fortezza-prigione quando fu assalita, nella tarda mattinata del 14 luglio 1789.

La storiografia da manuale scolastico data ancora da quel giorno l'inizio del "mondo nuovo". A duecento anni di distanza un grandioso corteo, con rappresentanze di tutto il mondo, sfila a Parigi, per ricordare il giorno glorioso, davanti a François Mitterrand (che della "Grande Révolution" si considera figlio diretto e legittimo).

Sarà dunque bene vaccinarsi, una volta per tutte, con quei vigorosi antidoti alla retorica che sono ironia e senso critico, del tutto legittimi davanti al mix di ridicolo e di orrore che fu la vera «presa della Bastiglia».

Si sa che ogni rivoluzione ha bisogno vitale di un «mito di fondazione» che, di solito, viene identificato in una «presa»: la «presa della Bastiglia», ma anche la «presa» di Roma per il Risorgimento, la «presa del Palazzo d'inverno» per il regime marx-leninista in Russia.

Quanto alla Pietroburgo del 1917, chi un poco frequenti la storia sa bene che non ci fu alcuna «presa» e che la residenza della corte, abbandonata da mesi dallo Zar, fu occupata da un piccolo gruppo di bolscevichi praticamente senza colpo ferire. Realtà, naturalmente, ben diversa dai manifesti, dai film, dalle cronache magniloquenti dei successivi settant'anni.

Quanto a Roma nel settembre del 1870, è noto che, ai suoi meno che quindicimila uomini, Pio IX aveva dato l'ordine di «sottrarsi al contatto con l'invasore, concentrandosi nella capitale». Così il papa al suo comandante, generale Kanzler. Quando, a partire dal 18 settembre, Roma fu assediata, l'ordine pontificio fu: «Il minimo di resistenza, possibilmente senza alcuno spargimento di sangue, solo per significare al mondo che si cede alla violenza. Appena aperta la breccia, alzare bandiera bianca e inviare una delegazione per la resa». In effetti, in due giorni e due notti di "assedio" non fu sparata che qualche fucilata casuale, con due morti e qualche ferito. Aperta a Porta Pia la breccia, il 34° reggimento bersaglieri si arrampicò sulle macerie. Vi fu un solo morto, il maggiore Pagliari che era alla testa, per un colpo partito a un franco tiratore che aveva disobbedito agli ordini, mentre i battaglioni pontifici si concentravano, con le armi al piede, in piazza San Pietro. In dieci giorni di "guerra", i 60.000 soldati italiani di Raffaele Cadorna avevano perduto 32 uomini, morti per incidenti vari compresi: una percentuale di 0,5 caduti ogni mille soldati. Si sa che, in un qualunque week-end di oggi, i deceduti per incidenti stradali sono proporzionalmente assai di più.

La «presa» della Bastiglia, al ridicolo aggiunse anche la crudeltà che, purtroppo, in futuro avrebbe dato il suo frutto avvelenato. Ridicolo, il fatto che in quel «simbolo dell'oppressione» non ci fossero che prigionieri che elencavamo. Ma, ridicolo, anche il fatto che l'Assemblea Nazionale rivoluzionaria manifestasse il suo solenne sdegno, quando le furono mostrate «le orribili e sconosciute macchine da tortura» trovate all'interno della fortezza. Fu esibito quello che il relatore, Dussault, presentò come «un corsetto di ferro per stritolare le articolazioni». Nessuno osò dire che si trattava di un'armatura medievale conservata nel museo di armi antiche che proprio alla Bastiglia aveva sede. Si esibì anche «una macchina non meno infernale e distruttiva», ma così segreta che non si riuscì a spiegare in che modo torturasse. Saltò poi fuori che era una pressa sequestrata tre anni prima a un tipografo che stampava pubblicazioni oscene.

Si proposero allo sdegno del popolo anche «le ossa degli sventurati, giustiziati in segreto nelle celle». Pure qui, solo anni dopo qualcuno ebbe il coraggio di ricordare che gli scheletri erano quelli dei suicidi parigini che, non potendo essere sepolti in terra consacrata, erano deposti in un cortiletto interno della fortezza. Fu infine compilata una lista ufficiale dei "vincitori della Bastiglia": risultarono 954 nomi che, oltre a una pensione vitalizia, ricevettero il diritto di portare una divisa con l'insegna di una corona di gloria. Solo molto dopo un'inchiesta rigorosa stabilì che, poiché agli eroi era stato permesso di testimoniare l'uno per l'altro, senza alcun'altra prova, più della metà dei valorosi non aveva partecipato al fatto.

Il ridicolo, certo: ma anche l'orrore per il seme di sangue che fu deposto quel giorno e che dovrebbe rendere ancora più perplessi sull'opportunità delle celebrazioni. Il governatore della Bastiglia de Launay, invitati a pranzo i capi degli assalitori (e anche questo invito a mensa dà il clima dell'"epica giornata"...), aveva ricevuto da essi la parola d'onore che, arrendendosi senza difesa, avrebbe salvato la vita sua e degli "invalidi", i vecchi soldati ai suoi ordini. Fu, invece, massacrato a tradimento. Si chiese l'intervento di un garzone di macellaio (perché, dicono le fonti, «sapeva lavorare le carni») per staccarne la testa dal busto e portarla in processione infilzata su una picca. Altra macabra picca per la testa di Flesselles, sindaco di Parigi, che era sopraggiunto per invitare alla calma. Massacrati anche gli altri ufficiali della guarnigione, due invalidi impiccati alle sbarre delle celle; altri torturati in vari modi tra cui il taglio delle mani.

Così, proprio in quel 14 luglio dell'anno primo della Rivoluzione, si apriva la diga degli orrori inenarrabili che sarebbero seguiti. Fu il primo sangue dell'onda che avrebbe travolto la Francia e poi l'Europa. Al mondo d'oggi che non tralascia occasione per gridare la sua avversione a ogni violenza, per proclamare la necessità della pacifica tolleranza, c'è da chiedere se è davvero il caso di fare così solenne festa per l'anniversario dell'inizio di ciò che avrebbe portato al Terrore e al genocidio vandeano e poi all'Europa spopolata dal "fils de la Révolution" per eccellenza, il Bonaparte.".

Ora faccio qualche mia considerazione. Chi dice che la Rivoluzione francese fosse stata il punto più alto per l'umanità e che essa trasmise valori, come la democrazia, ha una visione alquanto limitata. Infatti, la democrazia è preesistente alla Rivoluzione francese. Pensiamo, ad esempio, alla Grecia antica, all'Inghilterra, che nel 1215 fece la Magna Charta Libertatum, o agli Stati Uniti d'America. Cosa portò, allora, la Rivoluzione francese? La Rivoluzione francese portò tante cose negative e di esse vi faccio un elenco:


  1. La volgarizzazione della politica. La politica dell'attuale Europa continentale è figlia della Rivoluzione francese. La Rivoluzione fece sì che il popolo partecipasse alla vita politica del proprio Paese. Questo fu senz'altro positivo. Tuttavia, essa generò anche un imbarbarimento della politica stessa. In questo senso, le democrazie che sono figlie della Rivoluzione francese sono diverse da quelle anglosassoni. Pur avendo avuto dei passaggi storici violenti (come la Rivoluzione inglese del 1649), le democrazie anglosassoni si formarono in un lasso di tempo molto lungo e graduale. Quindi, pur avendo tutti i canoni di una democrazia, il ceto politico anglosassone mantenne (e tuttora mantiene) quel carattere "aristocratico". Essa ha sì la partecipazione popolare ma nei codici è molto più vicino ad una vera e propria aristocrazia. Questo è positivo. Infatti, nella politica anglosassone non vi sono toni sguaiati e campagne d'odio così accese. Whigs e Tories sono avversari ma non nemici. Diverso è il discorso per le democrazie dell'Europa continentale (ed italiana in particolare). Qui la partecipazione del popolo fece sì non entrassero nella politica solo le "energie migliori" ma anche le tendenze più radicali. Il linguaggio della politica iniziò a scadere. Questo generò scontri violenti tra le fazioni. Ciascuna di esse puntò a prevalere sulle altre anche delegittimando il proprio avversario. Non c'è da sorprendersi se la politica italiana è così.
  2. Populismo. E' chiaro a tutti che la volgarizzazione della politica porti al populismo, ossia a quella concezione che punta a fare sì che il popolo venga visto come unico depositario del bene. Ciò è chiaramente sbagliato. Il popolo, infatti, è fatto di uomini e in ogni uomo vi sono il bene ed il male. Purtroppo, il populismo produsse anche ideologie che fecero crimini "in nome del popolo".
  3. Nazismo e comunismo. Ideologie come nazismo e comunismo sono legate a doppio filo con la Rivoluzione francese. Queste due ideologie sono le due facce della stessa medaglia. Provate a chiedervi perché, per esempio, in Paesi come l'Inghilterra e gli Stati Uniti d'America non sorsero regimi come quello nazista o quello comunista. E' chiaro, infatti, che con il bene l'uomo abbia anche il male. In talune situazioni (ad esempio le crisi) a vincere sia chi urla più forte. In un Paese in cui non è radicato il populismo vince chi "urla più forte", attraverso un processo violento, come la Rivoluzione russa, o elezioni, come il nazismo in Germania.
  4. Laicismo e relativismo. La Rivoluzione francese fu legata alle logge massoniche e a circoli antireligiosi. Ora, la massoneria dell'Europa continentale era (ed è) ben diversa da quella anglosassone. Mentre la massoneria inglese riproponeva (e tuttora ripropone) l'alleanza tra trono ed altare, quella francese e continentale puntava a sradicare la Chiesa. Infatti, lasciando la "serenità insulare" dell'ambiente britannico e passando nel continente, l'idea illuminista assunse toni caustici ed osceni. Per i vari Voltaire, Montesquieu ed altri, il dio del deismo (l'astratto Essere Supremo) doveva rimpiazzare il Dio cristiano. Inoltre, sotto il termine gradevole di "tolleranza" , si celava (e si cela tuttora) il relativismo, ossia la negazione delle verità assolute. E così, la religiosità tradizionale doveva essere calpestata perché retaggio e struttura portante dell'Ancien Régime. Ciò successe durante il periodo del Terrore (1793-1794) e durante l'epoca napoleonica. Di essa, abbiamo qui una testimonianza diretta. Nel video che ho preso da Youtube, viene mostrata la basilica di San Francesco del Prato, una chiesa che si trova a Parma. Questa chiesa fu importantissima perché legata direttamente al Santo di Assisi. Nel 1810, Napoleone la soppresse e la trasformò in un carcere. Questo fu un esempio di una religiosità che doveva essere calpesta. Tra l'altro, colgo l'occasione per rinnovare l'appello perche questa chiesa venga ristrutturata e riaperta al culto. Oggi, questo sentimento di ostilità verso la Chiesa è ancora ben vivo e presente, talvolta in certe manifestazioni, che, quantomeno, trovo che siano di pessimo gusto e non condivisbili, come il "Gay Pride", la "Giornata dello sbattezzo" o del "No Vat", o in modo più sottile. Un esempio è qui da me, a Roncoferraro, in provincia di Mantova. Qui, infatti, si sta costruendo un supermercato di fronte al cimitero. Ora, il cimitero è un luogo sacro. Ivi vi sono persone che pregano per i loro cari defunti. Un supermercato in quella zona è inopportuno. Chi è favorevole a tale opera rimprovera a coloro che la contestano il fatto che alcuni di questi ultimi non vadano in chiesa. Io rispondo dicendo che chi va in chiesa ed approva quest'opera non è meno incoerente. Ora, questa mancanza del rispetto verso il sacro è figlia della Rivoluzione francese.
La Rivoluzione francese non fu una rivoluzione fatta da ideali ma dal popolaccio, ossia la parte peggiore del popolo, quella rappresentata da arrampiacatori sociali e demagoghi. Io ho maggiore rispetto e devozione per un Santo anglicano che non per certi "idoli" del popolaccio italiano.
Cordiali saluti.

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Ringrazio un caro amico di questa foto.