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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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giovedì 25 agosto 2011

IL SESSANTOTTO, LA SOCIETA' E LA CHIESA



Cari amici ed amiche.

Prima di iniziare a parlare dell'argomento che tratterò, desidero esprimere la mia felicità per la liberazione dei quattro giornalisti che ieri erano stati rapiti in Libia. E' una notizia che dà sollievo.
Ora, parlo dell'argomento in questione.
Alleanza Cattolica (con il professor Massimo Introvigne) ha organizzato un evento culturale che è intitolato "Il Sessantotto e la Rivoluzione culturale: Alleanza Cattolica a Lucca". Questo evento si terrà nei giorni di sabato 10 settembre e domenica 11 settembre, presso il Convento di San Cerbone, che si trova in via Fornace 1512, a Massa Pisana (Lucca). Per saperne di più, seguite il link http://www.facebook.com/event.php?eid=252620404771163. Il tema di questo evento è il Sessantotto, con tutta la sua eredità nei nostri giorni.
Ora, faccio una mia considerazione. Io trovo che il Sessantotto sia il culmine di un processo di degradazione della nostra società che iniziò con l'Illuminismo e passò attraverso la Rivoluzione Francese e la nascita del socialismo scientifico (marxismo) e che intaccò tutti vari settori della società stessa, compresa la Chiesa.
Con l'Illuminismo, infatti, nacque il pensiero espressamente anticristiano. Intendiamoci, il pensiero illuminista non fu anticlericale. Infatti, il pensiero anticlericale si affermò già con la Riforma protestante, che in varie parti dell'Europa spazzò via il clero e tanta parte dei dogmi della Chiesa cattolica ma che non rifiutò la dottrina cristiana. Il pensiero illuminista, invece, rifiutava il Cristianesimo. Quindi, non si limitò solo ad attaccare la struttura ed i dogmi della Chiesa ma il Cristianesimo stesso, fin nel suo cuore, la resurrezione di Gesù Cristo. Infatti, il deismo illuminista fu una religione senza la tendenza verso la Salvezza, cosa che è tipica del Cristianesimo. Quindi, vennero attaccati anche i valori più basilari e sacri che il Cristianesimo custodì, come la famiglia. Una delle cose fatte dai rivoluzionari francesi, con la Rivoluzione del 1789, fu proprio l'istituzione del divorzio. Inoltre, dapprima, i rivoluzionari cercarono di imbrigliare la Chiesa cattolica francese con la "Costituzione civile del clero" (1790) e poi arrivò ad una vera e propria scristianizzazione ad opera di Jacques René Hébert e dei suoi, che tentò di sradicare il Cristianesimo, sostituendolo con una religione neopagana, dedicata al culto della dea Ragione.
In epoca napoleonica, si tornò ad una Chiesa (di fatto) sotto il controllo dello Stato e con la Restaurazione queste spinte verso il laicismo rimasero e non sempre in modo sotterraneo. Nel XIX secolo, infatti, le spinte anticlericali furono forti. Un esempio fu il giornale "La Lanterne", apertamente anticlericale. In quel secolo, si fecero forti anche le dottrine esoteriche e sataniche di Aleister Crowley e quelle del socialismo di Karl Marx, di cui ho parlato nell'articolo intitolato "Karl Marx ed Aleister Crowley? Sono Affini!". Questi due filoni dell'ideologia anticristiana erano in realtà uniti dal fatto che entrambe concepissero la libertà dell'uomo come un qualcosa di illimitato e senza ogni responsabilità, sia verso il prossimo e sia verso Dio.
Queste ideologie si diffusero, da una parte tra i ceti proletari e, dall'altra, in quelli intellettuali.
Tutto questo, provocò la secolarizzazione e le tensioni sociali (che furono di quel secolo) e nel secolo successivo (il XX secolo) vide la più triste e nefasta conseguenza di questo processo di degradazione che fu rappresentato dall'insieme delle dittature totalitarie. Anche il nazismo, con il suo esoterismo (di cui ho parlato nell'articolo intitolato "Nazismo esoterico") fu una conseguenza di queste teorie. Esso fu egule e contrario al comunismo.
Dopo la II Guerra Mondiale, vi era l'esigenza di ricostruire l'Europa e l'Occidente. Le teorie l'ideologia anticristiana, però, rimase e riesplose proprio con i movimenti del '68. Proprio come Marxm che vide nella Chiesa l'alienazione che favorivano gli sfruttatori sugli sfruttati, e Crowley che vide nel Cristianesimo un'idea che limitava la libertà dell'uomo, gli intellettuali del '68 videro nella Chiesa la propaggine (la longa manus) di quella società borghese che rifiutavano, in nome di una fantomatica realtà egualitaria. E così, ricomparvero il motto di Crowley che recita "fai ciò che vuoi" ed il comunismo nelle sue tre forme, quella leninista, quella terzomondista (guevarismo e castrismo) e quella anarchica (marcusianesimo).
Anzi, essi furono il "cemento" ideologico del movimento del Sessantotto.
Di fronte a ciò cosa fece la Chiesa cattolica?
Purtroppo, di fronte a ciò la Chiesa si divise tra coloro che cercarono di cristianizzare le teorie del '68 e coloro che cercarono di mantenere la dottrina cristiana.
Nel Concilio Vaticano II emerse questo.
La linea del Concilio fu di sostanziale equilibrio. Da una parte, cercò di rendere la Chiesa più appetibile alla società e di iniziare un dialogo sincero con gli altri cristiani e le altre confessioni religiose e dall'altra cercò di mantenere il cuore di quella che è la Tradizione dogmatica della cattolicità.
Ancora oggi, situazione di equilibrio è in realtà molto precaria.
Infatti, vi è chi spinge per stravolgere quella che è la dottrina cattolica. Rileggete l'articolo intitolato "La Chiesa e la disciplina". Parte del clero e del mondo cattolico cercano, infatti, di spingere la Chiesa verso cambiamenti radicali e puntano a creare una Chiesa sessantottina, una Chiesa che (forse) ha sostituito Gesù Cristo con Che Guevara e che, ad esempio, ammette l'aborto, il divorzio ed i matrimoni gay.
Questa parte del clero e del mondo cattolico arrivano a creare quasi uno scontro con gli "altri cattolici", quelli che credono nella Tradizione o che hanno accettato il Concilio Vaticano II nella sua forma più moderata.
Proprio questo è, ad esempio, il principio delle Chiese cattoliche di base, che nacquero nel '68. Per fare questo, essi arrivano a mistificare la storia.
Un esempio è riportato qui sotto, da una nota tratta da il giornale "Il Timone" e riportata dall'amico Arild Kare Edvardsen su Facebook e che recita:

"Papa Giovanni XXIII passa per essere stato un Pontefice "progressista". Pochi sanno che il cardinale Oddi, che lo conosceva bene, lo definì, al contrario, "il conservatore più incallito che Dio abbia mai creato". In effetti, di Papa Roncalli non si ricordano mai quelle decisioni che risultano scomode per un certo cattolicesimo da intellettuali modernisti. A parte il severo giudizio che diede sulle Esperienze pastorali di don Milani, Giovanni XXIII non mancò di condannare severamente i regimi comunisti, di dettare norme "ferree" sull’abbigliamento dei sacerdoti, di approvare il monito del Sant’Uffizio contro Teilhard de Chardin e di deprecare l’iniziativa dei preti operai (quand’era Nunzio a Parigi), la cui esperienza egli considerava "la deformazione del sacerdozio". Ha ragione Roberto Beretta quando scrive su Avvenire (26.5.2000) che Giovanni XXII è "un personaggio che non sta nelle caselle...".

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Il vescovo vietnamita Nguyen Van Thuan, arrestato nel 1975, quando i comunisti conquistarono il potere in Sud Vietnam, rimase in carcere tredici anni, nove dei quali passati in completo isolamento. Al momento dell’arresto fu privato di ogni bene, ma gli venne concesso di scrivere ai suoi per ricevere le cose più necessarie. Chiese un vestito, un dentifricio e "un po’ di vino, come medicina contro il mal di stomaco". I fedeli capirono che voleva vino per l’Eucarestia Riuscirono a fargli giungere delle ostie, nascoste in una fiaccola contro l’umidità. I poliziotti non si accorsero di nulla. Ogni giorno, il vescovo Van Thuan ha potuto celebrare la Santa Messa con tre gocce di vino e una di acqua nel palmo della mano, suo altare e sua cattedrale. Uscito dall’isolamento, celebrava la Santa Messa a memoria, al buio, e poteva distribuire segretamente la comunione ai cattolici del suo gruppo. Tutti rischiavano la vita. Come dimenticare che non pochi cattolici, anche in Italia, invaghiti del comunismo, esultarono in quel 1975 per la vittoria dei persecutori della Chiesa in Vietnam. Chiederanno scusa ?

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Il 5 marzo 1953, alle ore 21,50, moriva Giuseppe Stalin. Per causa sua, e dell’ideologia comunista, milioni di uomini furono processati, torturati, imprigionati, condannati ai lavori forzati ed infine sterminati. Naturalmente i credenti di ogni religione, specialmente gli ortodossi ma anche milioni di cattolici subirono atroci persecuzioni. Notizie note anche a quell’epoca. Tuttavia, l’Unità, giornale dell’allora Partito Comunista Italiano, appresa la morte del dittatore sovietico, scriveva: "1 comunisti e i lavoratori italiani, inchinano le loro bandiere dinanzi al Capo dei lavoratori di tutto il mondo, al difensore della pace [sic!], al costruttore della società socialista, all’Uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso del genere umano [sic!]". Anche il senatore Sandro Pertini, poi Presidente della Repubblica, intervenne il 6 marzo per commemorare la morte di Stalin. Sono sue molte espressioni che oggi farebbero semplicemente rabbrividire. Eccone una: "Amici ed avversari debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto".

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Molti sono convinti che la conquista dell’America centrale, ad opera degli spagnoli di religione cattolica nel XVI secolo, abbia portato al genocidio di popolazioni pacifiche e inermi, quali quelle azteche che abitavano il Messico. Rino Cammilleri, nel suo prezioso I mostri della ragione (Ares, Milano), ci informa, tuttavia, che poi così pacifici gli Aztechi non erano proprio. Sottomesse tutte le popolazioni e resele schiave, praticavano i sacrifici umani, offrivano, uccidendoli, ventimila schiavi l’anno per placare l’ira dei loro dei. Nella sola cerimonia per la dedicazione del tempio di Huitzilopoctli, nell’anno I486, le vittime furono ben settantamila.

Ogni cerimonia religiosa prevedeva lo squartamento e lo scuoiamento di una giovane vittima, maschio o femmina, dodicenne e vergine. Chiunque poteva comprare uno schiavo, sacrificarlo e cibarsi della sue carni. La verità è un’altra: gli spagnoli furono accolti come provvidenziali liberatori e aiutati nella conquista proprio da quanti erano costretti alla schiavitù più crudele.

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La prima operazione di propaganda imbastita dai promotori della Rivoluzione Francese consistette nella invenzione della "presa della Bastiglia", episodio mitologico, storicamente infondato, con il quale si vuoi far credere che il popolo parigino, guidato dai valorosi capi rivoluzionari, assalì l’imponente fortezza simbolo dell’oppressione dell’Ancien Regime, il 14 luglio 1789. I fatti andarono diversamente: nessuno dei capi rivoluzionari partecipò al presunto assalto; non si trattò di "presa", ma di un ingresso dalla porta, aperta per ordine del governatore; non fu il popolo parigino, che si tenne alla larga da quella operazione, ma sparuti gruppi di qualche decina di vagabondi e di disertori, soprattutto stranieri, che entrarono nella fortezza appunto dalla porta per cercarvi munizioni; infine, nella Bastiglia non si trovavano prigionieri politici, ma solo sette detenuti, e quindi non venne liberato nessun martire del vecchio regime. Come si vede, una impressionante serie di bugie sta alla base del mito di fondazione della Rivoluzione Francese.

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Come si sa, la storia è scritta dai vincitori. Per unire l’Italia attraverso quelle sanguinose guerre di conquista che vanno sotto il nome di Risorgimento, i liberal-massoni piemontesi hanno invaso, occupato e definitivamente cancellato dalla carta geografica il Regno delle Due Sicilie, guidato dai Borboni, In seguito, i vincitori si sono affannati nel raccontare peste e corna di quel regno, dipinto come arretrato, immiserito e privo di libertà: e questo impariamo ancora oggi, grazie ai testi scolastici.

Pochi sanno che, prima dell’invasione garibaldina, il Regno delle Due Sicilie aveva la terza flotta mercantile di tutta Europa, una solida moneta, un fatturata industriale superiore di dieci volte a quello piemontese, non conosceva l’emigrazione, aveva un numero di impiegati nell’industria e di medici pari al doppio di quello piemontese e una quantità di moneta di due volte superiore.

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Al termine del processo dell’anno 1633, Galileo fu condannato dal tribunale del Sant’Uffizio alla carcerazione e a compiere alcune pratiche penitenziali. Soprattutto la condanna al carcere ha alimentato l’idea, largamente propagandata nei testi scolastici, di un Galileo prigioniero in un tetro carcere, martire della libertà di pensiero.

In realtà, Galileo non passò nemmeno un minuto in prigione. Dopo la condanna venne ospitato a Villa Medici, presso l’Ambasciatore di Firenze. Poi si trasferì nel palazzo dell’Arcivescovo di Siena, che era suo amico (ve lo immaginate, oggi, un cardinale che ospita nella sua residenza un condannato?) e, infine, abito fina alla morte nella sua casa di campagna, Il gioiello, ad Arcetri, in periferia di Firenze. Qui poté liberamente incontrare colleghi, allievi ed amici, studiare e comporre il suo capolavoro sulla nuova meccanica.

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Il mito storiografico della pseudo cultura dominante insegna che l’unità d’Italia fu voluta dalle popolazioni povere e oppresse degli Stati preunitari, compreso quello pontificio. Questo presunto popolo italiano, con rivolte e plebisciti, ottenne l’annessione allo Stato Piemontese e dunque l’unità della penisola. Era la vittoria della democrazia e della volontà popolare contro l’oscurantismo clericale e monarchico.

Quanto i popoli parteciparono democraticamente a questo processo (in realtà voluto da poche elites e promosso dalla Massoneria) lo si può vedere esaminando un dato interessante. Nel gennaio 1861 si tennero le elezioni per il primo Parlamento unitario. Su 22 milioni di abitanti, il diritto a votare fu concesso dai nuovi governanti solo a 419.938 persone. Ma soltanto poco più della metà di loro si recò a votare e alla fine i voti validi si ridussero a 170.567, dei quali oltre 70.000 erano di impiegati statali, "consigliati" su chi votare dal Governo.

Sapendo di perdere, il governo liberale e massonico si guardò bene dal concedere il suffragio universale (che avrebbe visto la schiacciante vittoria dei cattolici). II fatto è che i cattolici dell’Ottocento passano per oscurantisti mentre i liberal - massoni per democratici. I fatti dicono il contrario.

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É un grande santo per la Chiesa e un modello anche per molti atei, materialisti, ambientalisti, animalisti e pacifisti. Solo che questi ultimi - sospettiamo - non lo conoscono bene. Scrive Tomaso da Celano, nella Vita seconda, che tra tutti i vizi che san Francesco odiava, uno gli era insopportabile: la calunnia, il denigrare il prossimo. Per debellare questa colpa dalle fila dell’Ordine, il santo di Assisi aveva ordinato a frate Pietro di Cattaneo, suo vicario, di punire chi lanciava accuse ingiustamente "con un severo ed esemplare castigo! Consegnalo nelle mani del pugile di Firenze, se tu personalmente non sei in grado di punirlo". Conosciamo il nome del "pugile di Firenze".’ fra Giovanni, uomo dotato di forza impressionante. L’immagine sdolcinata che schiere di pacifisti hanno appiccicata al poverello di Assisi sembra, qui, non avere fondamento. E si rivela palesemente errata se si ricorda la difesa appassionata che Francesco fece dinanzi al sultano della legittimità delle crociate. Franco Cardini, profondo conoscitore di storia medievale, ci ricorda che san Francesco "è il prodotto più rappresentativo ed ortodosso della Chiesa delle crociate". Ci domandiamo; quanti, anche tra i cattolici, non conoscono il vero san Francesco?

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Il fenomeno delle Insorgenze, con il quale si indica la reazione dei popoli di Italia nei confronti degli ideali illuministici anticristiani della Rivoluzione Francese, giunti in Italia sul finire del secolo XVIII, fu uno dei momenti più coinvolgenti e - purtroppo - più dimenticati della nostra storia. Da Nord a Sud, centinaia di migliala di popolani, spinti dalla fede e dal desiderio di difenderla, si mobilitarono per respingere l’invasore d’Oltralpe e i suoi complici nostrani. Lo storico Massimo Viglione, nel suo Le Insorgenze. Rivoluzione e Controrivoluzione in Italia: 1792-1815 (Ares 1999), ci informa che più di 300.000 italiani insorsero in armi e che almeno un terzo di essi morì, opponendosi ai francesi i quali, ovunque giungevano, vuotavano le casse dell’erario, profanavano chiese e conventi e cose sacre, imponevano tasse, perseguitavano vescovi e sacerdoti e perpetravano stragi ed eccidi contro gli insorgenti.

Purtroppo, questa autentica "resistenza" popolare contro l’invasore non trova spazio nei nostri libri di testo. Forse perché a insorgere furono i popoli cattolici e gli invasori quegli illuministi padri della cultura moderna?

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Stando alla vulgata di certa pseudo-cultura moderna, il cattolicesimo, afflitto da "oscurantismo" religioso e pregiudizi, fu combattuto da spinti illuminati, cultori della ragione, fautori del sapere scientifico e razionale Insomma, trattasi del classico e falso schema che vede contrapposte religione da una parte e ragione dall’altra. Pochi sanno che molti tra i più fieri avversari della Chiesa furono tutt’altro che esenti da superstizioni e credenze inverosimili. Giuseppe Mazzini, per fare un esempio, credeva nella vita extraterrestre e nel linguaggio delle piante. Giuseppe Garibaldi nel 1863 divenne presidente onorano di una società spiritica veneziana e credeva che le anime trasmigrassero negli animali. Massimo D’Azeglio, spiritista, era convinto di comunicare con lo spinto dei defunti Cavour e Cesare Balbo. Come si vede, gli "eroi" del risorgimento anticattolico, che combattevano il papato, praticavano culti a dir poco strani. è proprio vero quando si smette di credere nel vero Dio si finisce per credere a tutto.

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L’aborto è la soppressione della vita di un essere umano durante lo sviluppo prenatale. Esso è pertanto un vero e proprio omicidio che molti Stati, compresa la nostra "democratica" Italia, consentono legalmente. Si calcola che ogni anno, nel mondo, vengono uccisi cinquanta milioni di esseri umani mediante l’aborto procurato. In Italia si praticano legalmente, ogni anno, circa 140.000 aborti. Papa Giovanni Paolo II ha denunciato che nel nostro Paese, nei primi venti anni di applicazione delle legge abortista, sono stati soppressi, cioè uccisi, circa tre milioni di bambini.

Possiamo ricordare che venti anni di dittatura fascista hanno causato la morte di nemmeno un centinaio di oppositori e che, pur addossando al Fascismo la responsabilità di tutte le vittime italiane della seconda Guerra mondiale, esso non ha provocato un numero di vittime pari a quello causato dalla legalizzazione dell’aborto nel successivo "regime" democratico?

Possiamo ricordare che nemmeno il Comunismo, al quale vanno addebitati almeno un paio di centinaia di milioni di vittime, ha eguagliato l’enorme somma di 1.000.000.000 (un miliardo) di bambini uccisi dall’aborto in tutto il mondo, compresi Ì Paesi comunisti, e solo in questo secolo?

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Pare che tra il Cinquecento e il 1863, anno in cui venne abolita la schiavitù negli Stati Uniti, vennero deportati come schiavi nelle due Americhe alcune decine di milioni di africani. Nell’immaginario collettivo la colpa di questa immane tragedia viene ascritta in massima parte ai colonizzatori cattolici portoghesi e spagnoli, dimenticando che tra i maggiori responsabili si devono annoverare sì dei cristiani, ma calvinisti olandesi, luterani tedeschi e anglicani britannici, senza contare le indispensabili complicità di animisti africani, che spesso vendevano i loro fratelli, e di arabi musulmani, questi ultimi con il compito di catturare gli schiavi e trasportarli fino all’imbarco. In ogni caso, la Chiesa Cattolica intervenne immediatamente a condannare, già alla fine del Quattrocento, questa pratica disumana. Condanna ribadita da Papa Paolo IV nel 1537 e da Papa San Pio V nel 1568, ripetuto da Papa Urbano VIII nel 1639 e da Papa Benedetto XIV nel 1714.".

Il caso del Beato Giovanni XXIII è l'esempio di "mistificazione progressista". Egli viene spesso presentato come un "Papa di sinistra". In realtà, egli mantenne i valori fondanti della tradizione cattolica. Ora, termino, dicendo che non si può cristianizzare ciò che, forse, è diabolico. Quei "cattolici di base" rivaluano Che Guevara? Noi dobbiamo rivalutare esempi come Plinio Correa de Oliveira e San Luigi IX.

Cordiali saluti.

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