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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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lunedì 29 gennaio 2024

El peronista Bergoglio


Questo è uno stralcio dell'articolo scritto da Michele Marsonet su "Atlantico Quotidiano", articolo intitolato "Così Papa Francesco riporta in auge tesi condannate da Wojtyla e Ratzinger":

"La semplicità, tuttavia, non è necessariamente abbinata alla vaghezza. Eppure è proprio questa l’impressione che chi scrive – e molti altri – ricevono sentendolo parlare. Già si sapeva che Jorge Bergoglio, a differenza dei suoi predecessori Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, non è teologo né filosofo. Preferisce la dimensione pastorale a quella teologica e, fin qui, nulla di male. Altri Papi prima di lui avevano la stessa attitudine, e penso che l’alternanza tra queste due tipologie di pontificato sia del tutto naturale.

Però la vaghezza eccessiva può essere pericolosa se a manifestarla in continuazione è il capo della Chiesa. Credo che tutti rammentino l’impressione negativa destata da alcuni dialoghi “teologici” tra l’attuale Papa ed Eugenio Scalfari. Il fondatore di Repubblica venne accusato di aver frainteso le parole dell’ex cardinale di Buenos Aires, ma poi si scoprì che invece Scalfari le aveva capite benissimo, e che il suo giornale si era limitato a fornire un resoconto tutto sommato fedele dei dialoghi.

Negli anni giovanili, da studente, Jorge Bergoglio era un simpatizzante di Peron. Un giorno entrò in classe esibendo il distintivo peronista appuntato sulla giacca. Ammonito dall’insegnante, lo fece anche il giorno seguente buscandosi una sospensione. E, pure in questo caso, nulla di male. A quel tempo, in Argentina i peronisti erano tantissimi (e sono rimasti tanti anche ora).

Il problema è, a mio avviso, che la vaghezza dello spirito peronista, quell’insistere nel cercare una terza via tra socialismo e capitalismo senza peraltro specificarne bene i contorni, si ritrova pari pari nei discorsi di Francesco.

Echi peronisti

Franco Cardini ha scritto che il merito principale dell’attuale Papa è aver scosso l’indifferenza che era sul punto di sommergere la Chiesa, rendendola un’entità marginale nel mondo contemporaneo. Per questo Jorge Bergoglio vuole che essa diventi davvero universale, schierandosi senza timore con gli ultimi e con i poveri. “Fino a quando – aggiunge Cardini – la Chiesa dei Bagnasco e dei Bertone e quella dei Don Gallo e degli Enzo Bianchi avrebbero potuto convivere?”. Di qui la battaglia intrapresa contro i cosiddetti “curiali”.

Dal punto di vista politico – più che pastorale – la strategia si capisce e, ovviamente, con essa si può concordare o meno. Qual è però il fine ultimo della suddetta strategia? Mi sbaglierò, ma nei discorsi del Papa percepisco spesso, oltre agli echi peronisti, anche quelli della celebre “teologia della liberazione” che proprio in America Latina nacque e prosperò nella seconda metà del secolo scorso.

Mi si permetta di non condividere il grande entusiasmo che da più parti viene espresso per lo stile di questo pontificato. Certo il Papa è popolare. Anche perché, a dispetto della sua presunta ingenuità, fa un uso sapiente dei mass media e trova sempre il modo di collocarsi al centro dell’attenzione. Che dire ancora? I critici sono in minoranza e gli entusiasti abbondano, anche nel novero dei non credenti. Forse perché Papa Francesco coglie assai bene lo spirito del nostro tempo, lo segue e lo incoraggia. Essere vaghi aiuta ed evita prese di posizione impegnative.
La teologia della liberazione

Tuttavia avevano ragione coloro (incluso il sottoscritto) che percepivano nei dialoghi e nei discorsi del Papa echi inequivocabili della “teologia della liberazione” di matrice sudamericana. Quel movimento, battezzato ufficialmente nel 1968 durante una riunione del Consiglio episcopale latino-americano tenutosi nella città colombiana di Medellin, diede il via a un’intensa riflessione che, pur tra alti e bassi, è viva ancor oggi"
.

Deve essere ricordato che la teologia della liberazione fu condannata da grandi Papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Questo avvenne perché la teologia della liberazione nacque come una sorta di compromesso tra Cristianesimo e marxismo, un compromesso al ribasso per il Cristianesimo. 
La teologia della liberazione nacque proprio nell'ambito delle riduzioni gesuitiche in America Latina, le quali ebbero un'evoluzione politica incline al socialismo nei periodi successivi.
Di queste teorie furono eredi personaggi come Che Guevara, Fidel Castro e Peron.
Il pauperismo è uno dei cardini di questa ideologia. 
Aiutare i poveri e cosa giusta e santa.
La Chiesa deve fare questo.
Una Chiesa che non aiuta i poveri non è degna di essere definita tale.
Però, il marxismo è ben altro.
Il marxismo è politica e va contro certi principi cardine della società, come la proprietà privata come diritto riconosciuto.
Avere dei beni non significa per forza di cose essere avari.
Si può essere ricchi e generosi e poveri e avari.
Come ho scritto prima, la teologia della liberazione fu condannata da Papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Infatti, Cristianesimo e marxismo non sono compatibili per il materialismo di quest'ultimo.
La vaghezza di Papa Francesco della quale Marsonet ha scritto nel suo articolo ci fa porre molte domande.
Questo genera confusione e ciò non è un bene per la Chiesa. 

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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.