Presentazione

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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

Il mio libro sul Covid

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 24 settembre 2011

OBBIEDIENZA A DIO CON I FATTI


Cari amici ed amiche.

Nelle Sante Messe di oggi e domani, sarà letto il seguente brano del Vangelo:

"Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna.

[29] Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.

[30] Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.

[31] Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Dicono: "L'ultimo". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.

[32] È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli. "

Questo brano del Vangelo secondo Matteo (capitolo 20, versetti 29-32) parla di un uomo che chiese al suo primo figlio di andare a lavorare alla sua vigna.
Disse di sì ma poi ci andò.
Fece la stessa richiesta al secondo che disse di no ma poi ci andò.
Ora, è chiaro che questo racconto sia un'allegoria.
L'uomo rappresenta il Signore. Il primo figlio, rappresenta coloro che conoscevano già la Legge, coloro che agli occhi dei giudei dell'epoca erano visti come la "gente bene" , gli uomini apparentemente pii.
In realtà, questo uomini adoravano Dio con le labbra ma questa loro presunzione li rendeva ciechi di fronte ai loro peccati.
Il secondo figlio, invece, rappresenta coloro che inizialmente si ribellano a Dio ma che poi si pentono e si convertono.
Del resto, anche la stessa concezione ebraica ammette questo principio.
Un nemico che si pente non è più un nemico. Questo deve farci riflettere.
Allora, anche noi cristiani dobbiamo stare attenti a non fare come quel "primo figlio" .
Noi non dobbiamo fare i moralisti verso gli altri, senza guardare dentro di noi stessi.
Se non facciamo così, rischiamo di essere simili a quei farisei che controllavano se il bicchiere da cui bevevano era pulito o meno e giudicavano gli altri mentre non guardavano i loro peccati.
Cordiali saluti.

IL VENTO DEL LAICISMO





Cari amici ed amiche.

Leggete questo articolo del blog "La Croce e la Spada" che parla di un caso (avvenuto in Australia) di un bambino affidato ad una coppia lesbica e che è stato sottratto ad essa perché le due affidatarie lo avevano travestito da donna e ne avevano diffuso la foto in tale guisa:

"Nel 2009, in Australia, un bambino chiamato con lo pseudonimo di Campbell è stato affidato ad una coppia lesbica insieme alla sorellina Abby, 12 anni. Costei ha però rifiutato le due donne, ed è stata trasferita in una famiglia normale. Campbell è rimasto con la ‘famiglia’ adottiva fino a poco tempo fa. Recentemente, infatti, il bambino, di 6 anni, le è stato sottratto dalle autorità, poiché le due donne lo avevano travestito da bambina, fotografandolo e pubblicando le immagini su Facebook. Una delle due donne ha già cominciato il processo per cambiare sesso, mentre la compagna sta seguendo un trattamento di fertilità. Raccolti questi dati, il tribunale dei minori del New South Wales ha immediatamente tolto il bambino alla coppia e rimosso le immagini dal social network, inviando nel mentre un’indagine sull’agenzia di affidamento responsabile dell’assegnazione di Campbell alla famiglia omosessuale. Barbara Holborow, ex magistrato della Children’s Court, secondo il Dailymail avrebbe dichiarato “Oh mio Dio, che cosa stiamo facendo”, riferendosi alla strisciante e finora inarrestabile conquista dell’occidente da parte dei gay. Il Ministero della Famiglia ha aperto un’indagine chiedendo se nella procedura d’affidamento fosse stato tenuto in considerazione il benessere del bambino. La madre naturale, si è appreso, aveva provato varie volte a riottenere la custodia. [Fonte: UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali)]
La comunità internazionale, appresa questa vicenda, non ha potuto fare a meno di interrogarsi sulla stabilità delle coppie omosessuali, e soprattutto sulla loro possibilità di adottare bambini. Inutile dire che stiamo assistendo a un favoreggiamento, nei Paesi ove è possibile, delle coppie omosessuali nelle liste di adozione. Perché se una coppia normale non viene scelta nessun giornale ne parla, mentre se ad essere esclusa per motivi comuni è una coppia gay si scatena l’Apocalisse. Anche una sola, piccola azione può facilmente essere mutata in un casus belli ed essere sbandierata come l’ennesimo torto alla comunità LGBT. Un po’ meno recente è il caso di una coppia lesbica che negli USA ha causato la morte della figlia affidatale: la compagna della madre ha picchiato la bimba fino ad ucciderla poiché questa si rifiutava di chiamarla ‘papà’. Questi episodi dovrebbero essere emblematici di una situazione ormai insostenibile. Dire che sono casi isolati non fa che nascondere il problema. Nascondere una realtà politicamente scorretta che mostra come le coppie omosessuali non solo non siano competenti a crescere una vita, ma siano anzi pericolose per il suo sviluppo psicofisico. Sono molto in voga tra i sostenitori delle adozioni gay le dichiarazioni d’importanti università; inutile dire che le indagini svolte non abbiano fini scientifici, ma vogliano essere pubblicità all’ateneo, che diventa così paladino della libertà, dell’uguaglianza e della ragione illuminata. Infiniti sono stati i discorsi di importanti personalità del mondo politico, culturale e scientifico volti a dimostrare come sia saggio e giusto concedere alle coppie gay di adottare bambini. E come anzi gli omosessuali abbiano una sensibilità maggiore delle persone normali, e che quindi vivere con loro sia l’ideale per un bambino. Di qui a favorire le coppie gay nelle adozioni il passo è breve: il politicamente corretto ha trovato una base scientifica, cosa desiderare di più? Ormai i blog di sinistra sono tappezzati di immagini relative ai diritti pretesi dagli omosessuali, i vari simboli maschile-maschile e femminile-femminile intrecciati e belle frasi sostenenti come l’amore gay sia uguale a quello eterosessuale. Ogni ‘mente illuminata’ del panorama socio-politico occidentale, leggendo quanto scrivo si straccerebbe le vesti, gridando all’ingiustizia e scatenando l’ennesima caccia all’omofobo. Così come nella Dalmazia di Tito ‘italiano’ significava automaticamente ‘fascista’, omofobo è oggi chiunque non dichiari al mondo che l’amore omosessuale è più sincero di quello etero e che i gay siano continuamente maltrattati. Gli omosessuali domandano tramite le loro organizzazioni pari diritti, ma quello che sta succedendo è l’opposto. Consci che la morale odierna è dalla loro parte, fanno di tutto per dimostrare di essere migliori. Pretendono di essere considerati uguali, contraddicendosi poi immediatamente nella loro massima espressione, il Gay Pride. Perché, infatti, una comunità che chiede di essere assimilata nella società rivendicherebbe un ‘orgoglio’? Se davvero i gay credessero di essere persone normali come noi perché ogni anno organizzano una manifestazione in cui dichiarano di avere un’identità a parte? Chiaramente oggi non si possono dire queste cose, altrimenti si diventa fascisti. Il Gay Pride è solo un esprimere la volontà di integrarsi nella società, potrebbe dire un benpensante. Ma la verità è un’altra: oggi gli intellettuali di sinistra e gli esponenti del relativismo morale si sono uniti al movimento ateo e alla sinistra massimalista in chiave anticattolica, per trascinare un occidente dalle innegabili radici cristiane nel baratro del nichilismo etico e della cancellazione dei valori umani e civili. Importanti vittorie sono già state conseguite, come l’eutanasia e la pillola abortiva, e oggi il tentativo è di annullare il concetto di famiglia: la famiglia com’è intesa da millenni potrebbe scomparire in nome del nuovo Illuminismo, la cui dea non è la Ragione, ma la Follia. Non ci si accorge, completamente impegnati nella battaglia contro la Chiesa, del fondamentalismo islamico strisciante che lentamente dilaga in Europa. Nonostante l’assenza di diritti umani nel mondo musulmano è proprio la sinistra paladina dell’uguaglianza a difendere le orde islamiche dalle voci di chi vuole svegliare l’Occidente. È proprio quella sinistra baluardo dei diritti dei gay a sostenere, in chiave questa volta antiamericana e antisraeliana, Paesi come l’Iran, dove le esecuzioni di omosessuali sono all’ordine del giorno. Sono infinite le contraddizioni di questa gente, ma questo non basta a farne calare il potenziale mediatico. Sta alle persone che ancora si riconoscono nei valori della morale cristiana-occidentale, quella dei diritti civili e della libertà, combattere contro un relativismo di idee che porterebbe l’Umanità all’autodistruzione.".

Ora, faccio qualche considerazione.
Qui, nessuno vuole incitare all'odio verso questa o quell'altra persona ma bisogna essere consci del fatto che non si possano mettere in discussione i valori fondanti di una società evoluta per tutelare maggiormente una minoranza.
Anzi, c'è il rischio che salti lo stesso principio di una democrazia che dice che la maggioranza comanda.
E' chiaro che i gay siano una minoranza. Come tali, le minoranze vanno rispettate ma non possono imporre i loro canoni.
Per questo, è stato giusta, ad esempio, la bocciatura della legge proposta dall'onorevole Paola Concia (Partito Democratico) da parte del Governo e della maggioranza.
Oltretutto, la cosa si fa più seria quando si tratta di quei valori fondamentali di una società, come la famiglia.
Ad esempio, in Spagna, con le discutibili leggi proposte da Zapatero, sono stati banditi persino le parole "padre", "madre", "marito" e "moglie".
Siamo arrivati all'assurdo.
Da che mondo e mondo la famiglia è fondata da un uomo e da una donna.
Già il termine "matrimonio" richiama la parola "madre" , che è riferita al fatto che dal matrimonio nascano dei figli.
Ora, sembra quasi che si voglia forzare questa legge (che prima di tutto è naturale) per accontentare determinate lobbies politiche ed intellettuali.
Concordo con la domanda scritta nell'articolo che dice:
"Se davvero i gay credessero di essere persone normali come noi perché ogni anno organizzano una manifestazione in cui dichiarano di avere un’identità a parte?"
Effettivamente, questa domanda deve fare riflettere.
I gay dicono di essere delle persone normali.
Una persona che si crede normale non ha bisogno di manifestare.
Anzi, una persona che ostenta certe caratteristiche rischia di diventare antipatica agli occhi di molti.
E' evidente che ci sia chi cerca di forzare certe leggi che sono basilari.
Chi lo fa dice di cercare dei diritti ma in realtà vuole ottenere solo i privilegi perché chi vuole imporre su una maggioranza instaura (di fatto) una dittatura.
Purtroppo, la Chiesa è presa di mira da queste lobbies.
La Chiesa parla di famiglia e dell'importanza del rapporto tra uomo e donna.
E' chiaro che a certe lobbies questo non garbi.
Lo stesso discorso vale per altri temi, come quello dell'eutanasia e dell'aborto.
La Chiesa difende la vita sempre perché è sacra.
E' logico che a certe lobbies questo non garbi.
La Chiesa difende le radici culturali che si rifanno alla tradizione giudaico-cristiana dell'Occidente.
Certe lobbies intellettuali vogliono riscrivere i libri storia, parlando ad esempio di Alessandro Magno, della Magna Graecia, dell'Impero Romano, dell'Illuminismo, del Risorgimento o del socialismo, tralasciando, ad esempio il grande patrimonio che ci consegnò la tradizione giudaico-cristiana, a cominciare dalle opere classiche che furono salvaguardate dai monaci che le trascrissero, evitando che esse andassero distrutte.
Una comunità che rinnega il proprio passato non ha futuro.
Chi, ad esempio, contesta il Santo Padre, quando visita una città o un Stato estero, si deve rendere conto di questo.
Noi dobbiamo capire che siamo in pericolo.
Del resto, in una realtà in cui si fanno i supermercati davanti ai cimiteri (di cui ho scritto nell'articolo intitolato "La sinistra, i "cattolici democratici" ed il laicismo" ) e in cui si vogliono togliere i crocifissi dalle scuole ciò è palesemente dimostrato.
Infatti, rischiamo di essere deboli di fronte alle sfide attuali che sono molto serie, a cominciare dal fondamentalismo islamico.
Di fronte a tali sfide non possiamo rispondere con il nichilismo e con il relativismo.
E allora, riflettiamo!
Cordiali saluti.

venerdì 23 settembre 2011

GALATI MAMERTINO, COM'ERA NEL PERIODO MEDIOEVALE?


Cari amici ed amiche.

Prendo spunto da questa nota che l'amico Andrea Casiere ha messo su Facebook:
"Ruggero d’Altavilla, dopo aver definitivamente sconfitto i musulmani oltre a preoccuparsi di dare stabilità politica alla Sicilia, aveva anche da risolvere il problema religioso. Poiché la maggior parte degli abitanti dell'isola erano di religione musulmana o, in minoranza, cristiana ortodossa, inizialmente la politica degli Altavilla in Sicilia fu orientata a sostenere la tradizione greco-basiliana, finanziando con donazioni e rendite la costruzione di nuovi monasteri ortodossi. Il Conte di Sicilia e di Calabria, per garantire l'unità del suo nuovo stato, pensò bene di affidare alla chiesa bizantina il compito di rafforzare e sostenere anche nelle periferie il potere degli Altavilla anche perché il rito bizantino prevedeva la possibilità della subordinazione degli istituti ecclesiastici al sovrano, purché cristiano. Fu così che in quegli anni i monasteri basiliani in Sicilia, raggiunsero il numero di circa settanta, alcuni dei quali sopravvivono ancora oggi.[1]
Il furbo Conte Ruggero si era reso conto che il Patriarca di Costantinopoli, suprema autorità religiosa Bizantina, non solo era fisicamente più lontano ma soprattutto era meno efficiente del Papa e sarebbe stato poco invadente nelle questioni religiose della Sicilia, lasciando mano libera all’autorità laica di controllare i centri nevralgici della vita ecclesiastica.
Ruggero I d’Altavilla, Gran Conte di Sicilia
Il primo arcivescovo di Palermo normanna fu, infatti, un greco [2], e Ruggero determinò l’area ed il numero delle diocesi che sosteneva con le donazioni del suo tesoro privato. In quello che fu il periodo storico contrassegnato dalla lotta per le investiture, quando cioè la Chiesa Romana rifiutava severamente qualsiasi ingerenza del potere laico nella scelta dei vescovi, Ruggero, nei suoi domini, sceglieva personalmente i suoi vescovi. E sebbene alcuni territori siciliani fin dall'età dell'imperatore Giustiniano erano stati per lungo tempo latifondi della diocesi di Roma e in questi possedimenti, conosciuti come Siciliae patrimonium ecclesiae, l’economia era ancora gestita da funzionari e da clero fedeli a Roma e la popolazione ivi residente seguiva il rito latino, la Curia di Roma dovette adattarsi alle prerogative dello Stato normanno sottostando al controllo di Ruggero. Il Papa fu costretto a fare buon viso a cattivo gioco poiché il papato aveva bisogno dell’appoggio politico e militare normanno sia per la sua opposizione ad Enrico IV sia contro Bisanzio.
Per la prima volta la chiesa di Roma era costretta a concedere ad un sovrano laico molti privilegi amministrativi, fra i quali la possibilità di gestire le cariche episcopali, il patrimonio finanziario delle diocesi e l'istituzione di metropoli. Da allora le arcidiocesi della chiesa romana, in Sicilia, non si posero come soggetto giuridico indipendente, come nel resto d'Italia ma, alla maniera di Bisanzio, erano subordinate al potere laico degli Altavilla, accentrato in Palermo.
Urbano II per trattare con il normanno era venuto personalmente in Sicilia e grazie alla sua diplomazia ottenne comunque che le nuove diocesi aderissero a Roma piuttosto che a Bisanzio, ma di lì a poco commise un imperdonabile errore politico nominando Roberto, vescovo di Troina e Messina, legato pontificio in Sicilia senza previo consenso e approvazione del Gran Conte e con l’evidente scopo di limitare i poteri esercitati in materia ecclesiastica da Ruggero.
La reazione del normanno, a tutela della sua indiscussa autorità, non si fece attendere: arrestò il vescovo e impose al Papa l’annullamento della nomina.
Il contrasto fu sanato da un incontro del papa con il conte a Salerno, che si risolse con l'emanazione della bolla Quia propter prudentiam tuam del 5 luglio 1098, con la quale Urbano II disciplinava l'eventuale nomina di altri legati nell'isola, subordinandola all'accordo del conte e sostanzialmente riconoscendogli un diritto di veto.[3]
Oltre alla facoltà di intervenire nella nomina dei legati, e quindi di controllarne indirettamente l'ingresso e l'attività nei suoi domini, il conte Ruggero ottenne una seconda concessione, con la quale veniva praticamente riconosciuta la legittimità dell'ingerenza sua e dei successori negli affari e nella vita della Chiesa, purché subordinata all'esecuzione delle direttive pontificie e in mancanza di un legato, il conte avrebbe potuto sostituirlo.
Il Conte ottenne così per sé e per i suoi successori il diritto di giurisdizione sulle cose ecclesiastiche che veniva esercitato attraverso il tribunale della “Regia Monarchia” intendendosi, con tale denominazione, la doppia potestà temporale e spirituale del sovrano. Tale pretesa, come quella di vietare la presenza di legati pontifici nei propri domini, trovava vari riscontri contemporanei, particolarmente negli altri territori normanni: nella stessa Normandia e nel Regno d'Inghilterra.
Ruggero ebbe così il pieno potere di nominare i vescovi e di destituirli. Ottenne anche il diritto di portare l’anello ed il pastorale, per cui l’unione del potere civile e religioso fece di lui quasi un “antipapa”. Questa forza particolare consolidò enormemente il potere dei re di Sicilia, indebolendo quasi del tutto l’autorità del Papa nell’isola.[4]
Ruggero II
Nel 1117, tuttavia papa Pasquale II [5], pur riconfermando il privilegio a Ruggero II, introdusse una interpretazione restrittiva. Si ribadì il carattere soltanto esecutivo della facoltà attribuita al conte di Sicilia di sostituirsi al legato e si precisò che le direttive, alle quali il conte avrebbe dovuto attenersi in qualità di legato, potevano essere trasmesse in Sicilia per mezzo di legati pontifici ex latere. Ciò avrebbe consentito la reintroduzione in Sicilia dei legati pontifici, giocando sul fatto che non si sarebbe trattato di legazioni aventi carattere di stabilità e permanenza, come era stato il caso del vescovo di Troina. [6]
Altri accordi conclusi a Benevento nel 1156 tra Guglielmo I e Adriano IV introdussero ulteriori innovazioni. Il papa confermò al re, per la sola isola di Sicilia, due delle facoltà attribuite da Urbano II: l'esclusione di legati che non venissero dietro sua richiesta ( mentre nella parte continentale del Regno l'invio di legati pontifici era libero) e la facoltà di trattenere discrezionalmente gli ecclesiastici convocati dal papa. Fu inoltre esclusa, sempre per la sola isola, la possibilità di appellarsi a Roma per le cause ecclesiastiche. Ma venne stralciata nell'accordo beneventano la facoltà di sostituirsi al legato pontificio, che aveva fino ad allora consentito di parlare di attribuzione della legazia apostolica.
Il popolo e i militi del Regno acclamanti rispettivamente. Tancredi e il conte d’Andria candidati al trono di Sicilia. (Pietro da Eboli)
Un altro concordato concluso a Gravina nel 1192 tra Celestino III e Tancredi, in una situazione di particolare debolezza del Regno, ammise anche per l'isola il libero invio di legati ogni cinque anni, o più spesso, se necessario o se richiesto dal re, ed eliminò il divieto di appello a Roma. La Sicilia perdeva così ogni status speciale. Rimase però prassi che il re di Sicilia fosse legato apostolico, infatti nella Summa decretorum, redatta negli ultimi decenni del XII sec. da Uguccione da Pisa, l'autore, rileva l'esistenza di alcune prassi particolari del diritto ecclesiastico siciliano e specifica che il re di Sicilia aveva la qualifica di legatus e godeva di speciali privilegi iure legationis.[7]
Con un ulteriore concordato dell'ottobre 1198, papa Innocenzo III strappò all’imperatrice Costanza la ratifica degli accordi conclusi a Gravina. L'assimilazione dell'isola al continente fu così assicurata e fu annullata ogni autonomia ecclesiastica da Roma, tanto in materia di appelli che di legazioni, e tutto il Regno finì anzi per essere amministrato dai legati pontifici. Al re restava soltanto la facoltà di non consentire a elezioni episcopali liberamente decise dai capitoli, ma il veto regio non bastava, occorreva anche quello pontificio.
Ruggero II sposa, in terze nozze, Beatrice. Nascita di Costanza
(Pietro da Eboli)
Fu per questo motivo che l'elezione dell'arcivescovo di Palermo fornì a Federico II, appena pochi giorni dopo il raggiungimento della maggiore età e l'assunzione diretta delle funzioni regali, il primo motivo di contrasto col papa.
Dopo la morte di Federico, fiero difensore dello Stato laico in Sicilia, i papi, forti del loro diritto feudale, ripresero la politica di opposizione alla Corona di Sicilia e tentarono di vendere il Regno, loro feudo, agli stranieri. Contrattarono infatti la Corona di Sicilia con gli Inglesi offrendo il Regno prima a Riccardo di Cornovaglia, fratello del re di Inghilterra, che non accettò, ritenendo il prezzo della vendita troppo alto, e poi al figlio di questi, Edmondo di Lancaster, un ragazzo di dieci anni che, su forte pressione del legato papale, accettò e si fece chiamare “re di Sicilia per grazia di Dio” ma in seguito dovette rinunziare al titolo per la forte opposizione dei baroni inglesi cui non importava nulla, in quel tempo, della Sicilia. Nel 1261 infine, un papa francese, Urbano IV, rinnovò l’offerta a Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia. Questi accettò promettendo anche di rinunciare alla Legazia Apostolica, di sopprimere il tribunale della “Regia Monarchia” e di esonerare il clero dal pagamento delle imposte. Con queste promesse, Carlo d’Angiò ottenne l’appoggio della Curia Romana, che bandì una crociata di cristiani contro altri cristiani, con il sostegno del Tesoro Pontificio. In tal modo alla morte di Manfredi, a Benevento nel 1266, il papa regalò il trono di Sicilia al francese. In realtà Carlo d’Angiò non mantenne poi la promessa di rinunziare alla carica di Legato Apostolico, e quando la Sicilia passò in mani aragonesi, costoro non solo ripudiarono la signoria feudale del Papa, ma confermarono il proprio diritto al titolo di legato apostolico con il potere esclusivo di nominare i vescovi e di sovrintendere alla Chiesa di Sicilia fino a divenire un privilegio del re di Spagna Filippo II.[8]
Clemente IV incorona Carlo I d'Angiò
I re spagnoli erano considerati sia capi spirituali che temporali tanto che nelle suppliche il re era appellato come “Santissimo Padre” e il prelato spagnolo rappresentante l’autorità ecclesiastica in Sicilia aveva il potere dell’ultima parola nelle cause ecclesiastiche. Lo stesso tribunale dell’Inquisizione, braccio armato della Chiesa, riconosceva l’autorità di Madrid piuttosto che quella della Curia Romana.
Il viceré spagnolo controllava l’operato dei preti, obbligava i cittadini ad ascoltare la messa domenicale, proibiva ai medici di curare gli ammalati che avevano rifiutato la confessione ed era particolarmente esigente nei riguardi dei sudditi marrani o moriscos.[9]
La Chiesa siciliana era lontana da Roma ma anche da Madrid ed a lungo andare questa “libertà” comportò un rilassamento nel costume religioso: il clero divenne ignorante e superstizioso, molti preti convivevano con le loro donne, come pure molti frati e suore che, tra l’altro, secondo il costume dell’epoca venivano avviati al monastero o alla carriera ecclesiastica per rispettare la legge del maggiorascato e non certo per vocazione, e inoltre si diffuse il malcostume di vendere i sacramenti.
Tuttavia, in Sicilia, il conflitto tra Chiesa e Stato non cessò mai. Molti viceré, assieme a tutti i siciliani, furono scomunicati e nel 1555 papa Paolo IV, durante la sua guerra con Filippo II di Spagna arrivò al punto di “confiscare” la Sicilia per cederla a Venezia e alle galere pontificie fu permessa la “corsa” contro le navi siciliane cariche di frumento e di sete. La reazione del re di Spagna, a tutela del suo diritto di legato apostolico, fu durissima: fece affondare numerose navi del Papa e proibì con pene severissime la diffusione in Sicilia di tutti gli atti e decisioni della Curia Romana.
Filippo II
Filippo III
Filippo IV
Ovviamente l’alto clero siciliano, per difendere i suoi privilegi, si schierò dalla parte della Corona di Spagna. Vescovi e abati delle più importanti diocesi godevano, infatti, di enormi ricchezze, frutto dei patronati reali: l’arcivescovo di Monreale, ad esempio, possedeva ben settantadue feudi ed un reddito annuo di 40.000 scudi d’oro, l’arcivescovo di Palermo e il vescovo di Catania disponevano di 20.000 scudi all’anno, somme da capogiro ben superiori allo stipendio del viceré. I beni della Chiesa siciliana godevano infine della “Manomorta ecclesiastica” che sottraeva alla tassazione dello Stato i feudi religiosi, per cui i lasciti e le donazioni alle chiese e ai conventi erano in fortissimo aumento.[10]
Questa situazione rendeva nullo ogni tentativo papale tendente a sopprimere o minimizzare gli effetti della Legazia Apostolica in Sicilia mentre si rafforzava il controllo del re sulla Chiesa, inoltre le cariche ecclesiastiche più importanti vennero concesse con sempre maggiore frequenza a prelati spagnoli. Fra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700 il clima sull’Apostolica Legazia di Sicilia si fece ancora più rovente per via di un saggio, il Tractatus de Monarchia Siciliae, del cardinale Cesare Baronio [11], nel quale si metteva in discussione l’autenticità della bolla di papa Urbano II, negando quindi la validità giuridica del tribunale della “Regia Monarchia”.
I realisti sostenevano il pieno diritto della posizione assunta dalla Corte, mentre i curialisti difendevano le ragioni della Santa Sede. Dal piano strettamente giuridico si passò a quello teologico e i realisti, forti delle dottrine cartesiane e gianseniste, rivendicarono l’antico ordinamento della Chiesa e l’autonomia delle diocesi in contrapposizione con il centralismo della Curia Romana. La Legazia Apostolica veniva vista come un particolare istituto giuridico – religioso che conferiva piena autonomia alla Chiesa siciliana.
Il conflitto sul tema della Apostolica Legazia di Sicilia tornò prepotentemente di attualità il 22 gennaio del 1711, ancora in periodo spagnolo, per un incidente probabilmente voluto dalla curia pontificia, che accadde a Lipari, unica diocesi siciliana che dipendeva direttamente da Roma, per una questione originariamente marginale, ma che divenne tema centrale dello scontro fra Stato e Chiesa, attraversando più dinastie, e che passò alla storia come la “Controversia liparitana”.
Fara Misuraca
Alfonso Grasso
Gennaio 2011
Note
[1] Soltanto a Palermo pare ci fossero venti Chiese Ortodosse.
[2] Quando i Normanni conquistarono la città nel 1072 trovarono il vescovo, Nicodemo, che dispensava la fede cristiana. L'antica chiesa di Santa Maria, che era stata trasformata in moschea duecentoquaranta anni prima, fu riconsacrata e Nicodemo vi celebrò un Te Deum di ringraziamento.
[3] Ne dà notizia soltanto la cronaca di Goffredo Malaterra, che termina con il racconto della concessione e il testo della bolla pontificia.
[4] L'esercizio della legazia apostolica ebbe definitivamente termine nel 1871 con la promulgazione della legge delle guarentigie.
[5] Fu consacrato papa, in successione ad Urbano II, il 19 agosto 1099. La sua elezione fu per buona parte dovuta all'appoggio economico e militare dei Normanni, che stroncarono il tentativo da parte della nobiltà romana di eleggere un antipapa (sostenuto anche dal clero tedesco e dallo scomunicato imperatore Enrico IV), nella persona di Alberto cardinale di Santa Rufina, dopo la deposizione dell'Antipapa Teodorico. (da Wikipedia)
[6] Con questi privilegi nel 1117 fu fondata per mano dei sovrani normanni una delle più grandi arcidiocesi storiche della Sicilia, Monreale (provincia Monsrealensis), nella cui giurisdizione furono incluse le chiese dell'area meridionale ancora legate alla tradizione bizantina.
[7] Il titolo di legatus Siciliae fu legato dapprima al titolo di comes Siciliae di Ruggero I, e quindi a quello di rex Siciliae fino a Carlo d'Angiò, e poi a quello di rex Trinacriae. Il titolo di legatus Siciliae rimase identico nei secoli, perciò la corona siciliana rimase sempre identificata come Regia Monarchia di Sicilia, benché il titolo della sovranità sull'isola nella storia sia stata espressa secondo diverse denominazioni (re di Sicilia, re di Trinacria, vicereame spagnolo di Sicilia).
[8] Il titolo di Regia Monarchia, fu incluso nel 1508 da Giovan Luca Barberi nei Capibrevi, raccolta di documenti commessagli da Ferdinando il Cattolico per verificare e rivendicare i diritti della Corona siciliana. Contravvenendo al metodo seguito per gli altri documenti, Barberi non ne indicò la fonte. Ne dette inoltre una interpretazione, secondo la quale i re siciliani erano legati nati de latere, per diritto ereditario e in perpetuo. La sua teoria della Monarchia, intesa etimologicamente come unità di potere temporale e spirituale nei re di Sicilia, poggia sulla prassi consuetudinaria in materia ecclesiastica, oltre che sulla concessione di Urbano II. ( S. Fodale, Stato e Chiesa dal privilegio di Urbano II a Giovan Luca Barberi, in Storia della Sicilia, III, Napoli 1980, pp. 575-600.)
[9] In seguito ad una bolla papale del 1478 venne istituita dai Re Cattolici, Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’ Aragona, nel 1481, l’inquisizione, un organismo dipendente dalla corona rivolto principalmente contro i marranos (ebrei convertiti) e moriscos (musulmani dei territori riconquistati).
[10] Il complesso dei beni ecclesiastici, legati da un vincolo di inalienabilità, applicato agli stessi enti proprietari di questi beni; fin dai primi secoli del Medioevo si era infatti affermata la tutela del patrimonio ecclesiastico e la sua inalienabilità. L'età moderna fu caratterizzata dallo scontro tra lo stato, le cui entrate fiscali erano danneggiate dall'immobilità di questi beni, e la Chiesa, che richiedeva la totale esenzione fiscale per il proprio patrimonio.
[11] Cesare Baronio (Sora, 30 ottobre 1538 – Roma, 30 giugno 1607) è stato uno storico, religioso e cardinale italiano. Membro degli Oratoriani di San Filippo Neri, nel 1596 papa Clemente VIII lo innalzò alla dignità cardinalizia: il suo nome è legato alla redazione dei primi volumi degli Annales ecclesiastici (storia della Chiesa dalle origini al 1198) e alla revisione del Martirologio Romano (1586 - 1589). Partecipò ai conclavi del 1605 (quelli da cui uscirono eletti Leone XI e Paolo V); il suo nome fu anche indicato tra quelli dei papabili, ma la sua elezione fu ostacolata dalla Spagna (Baronio era filo-francese e aveva pubblicato il Tractatus de Monarchia Siciliae, contro il dominio spagnolo sull'Italia meridionale)."
Debbo dire che Andrea si sia veramente documentato.
Ha attinto da varie fonti (da Wikipedia ai testi di Goffredo Malaterra) per fare questa nota dedicata alla legazia apostolica del Regno di Sicilia.
Gli faccio i miei complimenti.
Da questa nota prendo spunto per trattare la storia di Galati Mamertino, Comune della Provincia di Messina, di cui ho parlato in vari articoli, come quelli intitolati "Storia della Sicilia in un Borgo" e "Il mio viaggio in Sicilia" . e che è il paese d'origine della famiglia di mia madre.
Questo centro abitato ha origini medioevali ed io (che sono appassionato di storia medioevale) non potevo non interessarmene.
Per la verità, la sua bibliografia ha molti lati oscuri, specie nel periodo medioevale. Si sa che il dominio arabo in Sicilia durò dall'827 AD al 1091, con la caduta di Noto.
Non si sa molto di quello che accadde a Galati Mamertino.
Io provo a fare una "ricostruzione".
Secondo alcuni, il nome "Galati" deriva dal greco Calacte e risale al periodo di Ducezio, il re dei Siculi (488 BC-440 BC), mentre "Mamertino" allude ai Mamertini, i soldati mercenari di origine campana che combatterono la I Guerra punica. Anzi, pare che il termine "Calacte" fosse una storpiatura di Kalè Aktè, il luogo in cui lo stesso Ducezio si arroccò e morì. Quindi, di fatto, Galati Mamertino fu una capitale.
In realtà, è più probabile che il termine Galati derivi dall'arabo Qalat.
Effettivamente, la pianta del centro abitato ricorda le città arabe, con le sue vie tortuose e le case affastellate tra loro.
Secondo le poche fonti storiche, pare che la dominazione araba non fosse stata lunga.
Pare che fosse durata solo una novantina d'anni.
Però, il tempo fu sufficiente per creare una comunità.
Il fatto che il paese fosse di origine araba è testimoniato da quella che è oggi la chiesa della Madonna del Rosario.
In origine, questa chiesa era intitolata a San Martino (e diede il nome al quartiere vicino, quartiere che è quello della famiglia di mia madre, ove vi è la casa che era dei miei nonni) ed era la chiesa parrocchiale.
Nel periodo arabo, le chiese potevano essere costruite costruite ma con forti limitazioni.
Ad esempio, non potevano essere collocate vicino alle piazze né aprirsi sulla pubblica via.
Questa chiesa non si apriva sulla pubblica via. Ancora oggi è così.
Quella chiesa fu sede della parrocchia fino al XVI secolo, anno in cui fu costruita la chiesa si Santa Maria Assunta, che si trova in Piazza San Giacomo.
Nel Medio Evo, questa piazza (come la chiesa) non esistevano.
Il centro abitato era controllato da un signore detto "Eayah" che risiedeva nel castello, che pare fosse stato realizzato in luogo di un fortilizio fondato da Ducezio.
Il castello era orientato verso la Mecca ed era difeso da cinte di mura nel tratto accessibile da sud. Sotto tale fortilizio vi erano dei locali sotterranei e cunicoli, che ancora oggi ci sono, se pur non visitabili.
Con l'arrivo dei Normanni (1061 AD), le cose combiarono.
Pur non smantellando le strutture istituzionali preesistenti, i Normanni rafforzarono l'elemento cristiano.
In particolare, crebbero le comunità cristiane di rito greco, come testimonia il monastero di San Filippo di Fragalà che si trova a Frazzanò.Anche a Galati fu realizzato un metochio.I Normanni, comunque, provvedettero alla latinizzazione della Sicilia.
Nel castello fecero realizzare una chiesa dedicata a San Michele, di cui oggi resta l'abside, che può essere visto nella foto qui sopra.
Con ogni probabilità, la chiesa fu realizzata nella zona in cui vi era la moschea.
Furono edificati nuovi quartieri nella vicina collina. Qui venne costruita anche l'Universitas Galatensis, di cui oggi resta una loggia del XIII secolo formata da tre archi romanici che guardavano i tre quartieri della città, San Martino, Santa Caterina (che prende il nome dalla chiesa di Santa Caterina) ed il Castello.
Successivamente, il paese prese l'aspetto attuale e nella piazza antistante la casa dell'Universitas Galatensis (oggi largo Toselli) vi è un rudere di una torre, la Torre dell'Orologio (detta 'u rroggiu vecchiu) che è di epoca incerta.
Dal XIV secolo in poi, il centro abitato si espanse.
Furono fatte le due "chiese gemelle", la chiesa di Santa Maria Assunta (la parrocchiale) e la chiesa di San Luca, nella foto qui sotto.
Quest'ultima oggi è chiusa al publico ed è in grave stato di abbandono.
Stando alle fonti, essa risale al 1764, e nel 1908 fu danneggiata dal terremoto ed è in stile rinascimentale.
Ora, io lancio un appello alle istuzioni competenti che facciano qualcosa per questo monumento che è in rovina.
Sarebbe un peccato mortale mandare in rovina un simile capolavoro che, tra l'altro, troneggia su una scalinata monumentale.
Cosa lasceremmo a chi verrà dopo di noi, se trascurassimo i beni che testimoniano la nostra storia?
Vi consiglio di visitare il sito "Storia Medioevale-dai Castelli ai Monstra" e di leggere l'articolo a cura di Giuseppe Tropea che è intitolato "Provincia di Messina-Galati Mamertino-resti del castello". Il mio appello vale anche per qualche privato facoltoso e di buona volontà e che abbia voglia di investire i propri soldi in un bene di grande valore artistico, qual è la chiesa di San Luca.
Cordiali saluti.












SAN PIO DA PIETRELCINA, PREGA PER NOI!


Cari amici ed amiche.

Oggi è la festa di San Pio da Pietrelcina, il grande Santo con le stigmate, il Santo dei giorni nostri.
Sul blog "Linen on the Hedgerow" , ho trovato questo bellissimo articolo, che ho riportato qui sotto. Leggetelo!
Quando fu in vita, grande frate con le stigmate fu un esempio di devozione a Dio e di continua lotta contro il male.
La sua vita è una testimonianza importante.
Egli ci insegnò che, se viene affrontato, il male può essere sconfitto.
Bisogna resistere contro il male e combattere il "buon combattimento", come scrisse San Paolo.
Chiediamo a San Pio (o Padre Pio, chiamandolo nel modo in cui noi lo conosciamo) di intercedere presso Dio, quel Dio Uno e Trino che si rivelò in Gesù Cristo suo Figlio, e di pregarlo, per noi tutti, per la Chiesa e per il Santo Padre Benedetto XVI che è in visita in Germania.
Cordiali saluti e buona lettura.





LINEN ON THE HEDGEROW: FEAST OF ST PIO! A SAINT OF OUR TIME!: " Prayer is the best weapon we possess, the key that opens the heart of God" The feast of a great saint, one who died only in 1968 and wh...

LA SINISTRA, I "CATTOLICI DEMOCRATICI" ED IL LAICISMO



Cari amici ed amiche.

Leggete questa nota scritta dall'amico Arild Kare Edvardsen su Facebook:

"Pat Robertson Citazioni sul morbo di Alzheimer rimproverato da leader cristiani

Leader cristiani evangelici stanno condannando le quotazioni più recenti di Christian Broadcasting Network presidente Pat Robertson che ha detto che gli spettatori Martedì divorziare un coniuge con Alzheimer malattia 's è giustificabile.

"Sono sbalordito", Joel Hunter, pastore (=parroco) della Chiesa di 15.000 membri Northland a Orlando, in Florida, ha detto a ABC News. "Io non so come qualcuno che sta leggendo la Scrittura o è ancora familiarità con il matrimonio tradizionale voti può venire fuori con una dichiarazione del genere."

Hunter ha continuato, "Ovviamente, tutti noi possiamo razionalizzare la legittimità di questa nostra consolazione che in qualche modo rendono OK per il divorzio (annulllameto) il coniuge se le circostanze diventano molto diversi o scomode. ... E 'quasi universale, ma non c'è proprio nessun modo si può uscire di ciò che Gesù dice a proposito del matrimonio ".

Robertson ha detto il Martedì è "7000 Club" programma, "Odio di Alzheimer. E 'una delle cose più terribili, perché, qui è una persona cara, questa è la donna o l'uomo che hai amato per 20, 30, 40 anni, e improvvisamente, questa persona non c'è più. Se ne sono andati. Essi sono andati. "

L'ex televangelista ha aggiunto che l'Alzheimer "è una sorta di morte".

"Non è la morte, e quindi non possiamo iniziare a descrivere le cose come la morte che sono veramente, non la morte, e dobbiamo smettere di cercare di mischaracterize ciò che la Scrittura dice che per la nostra propria convenienza," Hunter neutralizzata.

Ah 'sto conservatore della conserva sarebbe ora che si ricordi una cosina molto importante:l'essenza della redenzione è ...la teologia della croce,non del benessere e della salute fisica!".


Ora, vorrei esprimere un parere. Io penso che, qui in Italia, ci sia un grosso problema che riguarda noi cattolici. E' evidente che la sinistra sia, in cuor suo, avversa alla Chiesa. Leggete questo articolo che si trova sul blog di Azione Giovani di Piacenza e risale al 26 agosto 2004. Esso è intitolato "Bruschini, grazie di esistere". Esso parla di un episodio avvenuto in un Comune del Piacentino in cui è stato fatto un festino blasfemo. A sponsorizzare il tutto, fu un assessore dei Comunisti Italiani. Pensiamo anche a quanto sta accadendo qui a Roncoferraro (Mantova), con il supermercato che si sta realizzando di fronte al cimitero, di cui parlano tanti articoli. Cito, ad esempio, quello del blog del Circolo "Nuove Prospettive per Roncoferraro" , negli 'articoli intitolati "Presentazione circolo e lettera sul supermercato di fronte al cimitero" e "Supermercato, lettera alla "Voce di Mantova""". Senza avere un minimo di tatto per quella che è la dimensione religiosa della preghiera per i defunti, si sta realizzando un supermarket di fronte al cimitero e sia l'amministrazione di centrosinistra che parte dell'opposizione (di cui ho scritto questa mattina, nell'articolo intitolato "Cena del PdL a Villimpenta, una riflessione sullo stato del partito in Italia...e a Roncoferraro") con il suo non pronunciamento, hanno "benedetto" ciò. Ora, voglio fare una critica ai cattolici (i miei correligionari) sostengono questa parte politica così ostile alla religione espressa nella vita pubblica. Come ci si può dire cattolici ed essere favorevoli alla realizzazione del supermercato di fronte al cimitero? Come ci si può dire cattolici e sostenere chi è favorevole all'eutanasia o l'aborto?
Qui c'è una discrasia tra i valori del cattolicesimo ed il pensiero politico.
L'eutanasia (come l'aborto) è in antitesi con il cattolicesimo.
Fare un supermercato di fronte a un cimitero non mi sembra una testimonianza di cattolicità.
Purtroppo, sull'essere fedeli o meno ad una certa visione "democratica" noi cattolici ci siamo divisi.
C'è chi ha scelto di restare fedele alla tradizione cattolica, rifiutando in toto l'idea "democratica".
C'è chi ha abbracciato questa idea e continua a professarsi cattolico.
Purtroppo, chi ha abbracciato questa idea, avrà un problema di coscienza.
Infatti, sull'eutanasia come dovrebbe comportarsi, qualora essa venisse proposta?
Lo stesso discorso vale per i matrimoni gay e per l'aborto.
E' costretto a scegliere tra i suoi valori cattolici e quelli della sua ideologia politica.
Questo problema affligge soprattutto i cattolici di sinistra, come, ad esempio, l'esponente del Partito Democratico Rosy Bindi, che è raffigurata nella foto qui sopra.
Per un "cattolico democratico" potrebbe valere una bellissima frase scritta su Facebook dall'amico Filippo Giorgianni che ho fatto mia e che recita:

"Il "cattolico democratico" bacia Cristo prima che sia condotto dinanzi al sinedrio progressista".


Grazie a Dio, pur con i miei difetti, io non sono un "cattolico democratico".
Del resto, anche tra di loro vi sono delle persone che ad un certo punto ragionano in funzione dei loro veri valori.
Un esempio sono i consiglieri comunali cattolici di Suzzara che militano nel Partito Democratico e che, a differenza dei loro colleghi roncoferraresi, si sono messi contro il loro stesso Sindaco che si è mostrato favorevole alla costruzione di un supermercato di fronte al cimitero.
Tenete conto che il cimitero di Suzzara è monumentale, a differenza di quello di Roncoferraro.
In un cimitero monumentale, i morti non vengono seppelliti nel terreno ma messi nei loculi.
Quindi, da un punto di vista di regolamenti e sanitario, il supermercato di Suzzara si sarebbe potuto fare tranquillamente.
Eppure, i cattolici di sinistra suzzaresi sono opposti.
Forse, c'è una speranza anche per loro.
Comunque, la Chiesa cattolica deve schierarsi e dire no a determinati compromessi che una parte dei fedeli ha fatto con certe ideologie che sono in antitesi con il cattolicesimo .
Cordiali saluti.

giovedì 22 settembre 2011

CENA DEL PDL A VILLIMPENTA, UNA RIFLESSIONE SULLO STATO DEL PARTITO IN ITALIA E...A RONCOFERRARO

Cari amici ed amiche.

Ieri, sono stato invitato ad una cena-dibattito del Popolo della Libertà che è stata organizzata dalla sezione di Roncoferraro del partito. L'evento si è tenuto a Villimpenta, in Provincia di Mantova, presso il ristorante "L'Antico Mulino".
A questa cena hanno partecipato anche i vertici roncoferraresi della Lega Nord, con l'amico Franco Carreri, il segretario comunale del "Carroccio", oltre ai rappresentanti del PdL di Villimpenta.
L'ospite d'onore è stato Gilberto Sogliani, vice segretario provinciale del Popolo della Libertà.
Con Sogliani, è stato trattato il discorso inerente allo stato del partito sia a livello nazionale e sia a quello locale.
Proprio Sogliani, che ha iniziato il discorso, ha parlato di un partito "ingessato" e spesso incapace di agire, in quanto tutte figure che detengono le cariche al suo interno non sarebbero frutto di congressi (e quindi elette) ma di nomine.
Inoltre, ha detto che il presidente Berlusconi non deve fare il "passo indietro", ossia dimettersi dal Governo, ma ha anche detto che il 2013 sarebbe bene che egli non si presentasse alle elezioni, anche per una questione anagrafica.
Ha comunque ribadito i meriti del presidente Berlusconi che ha evitato che l'Italia cadesse nelle mani di questa sinistra massimalista e giustizialista.
Da cattolicio, Sogliani ha parlato della necessità di riunire i cattolici impegnati in politica, cercando riaprire il dialogo (e di ricomporre l'alleanza) con l'Unione di centro.
Ha parlato anche della necessità dei congressi nel PdL, per creare delle regole e fare finire le situazioni di anarchia dentro il partito.
Ha preso la parola Previdi Maria Grazia, già candidata alle elezioni amministrative di Roncoferraro che si tennero nel 2009 (come consigliere comunale) nella lista di centrodestra "Libertà di cambiare, diritto di crescere-Poltronieri sindaco" che ha trattato il caso del suo Comune (che è anche il mio) come emblematico della situazione del partito a livello provinciale.
La lista di centrodestra, infatti, perse rovinosamente le elezioni e si disgregò a causa dei personalismi e frizioni interni.
La signora Previdi ha più volte ribadito il fatto di non essere contenta della situazione del PdL a Roncoferraro e non solo (come si può darle torto?) per il fatto di avere più volte chiesto l'appoggio della segreteria provinciale del partito che non è mai stata presente. Inoltre, ha denunciato anche la carenza di iscritti a Roncoferraro, che è correlata al mancato sostegno da parte del coordinamento provinciale.
Ho preso la parola io.
In sostegno a quanto detto dalla signora Previdi, io ho denunciato a Sogliani il comportamento non conforme rispetto alla linea del partito del gruppo che in Consiglio comunale fa parte della succitata lista. Ovviamente, mi sono riferito ai consiglieri che dovrebbero fare riferimento al Popolo della Libertà.
Tra l'altro, ho citato la riunione del Consiglio comunale del 25 agosto 2009.
In quell'occasione (udite udite, anzi, leggete leggete) la lista votò a favore del programma del sindaco Candido Roveda e della sua lista di centrosinistra.
Basta vedere i verbali della seduta del Consiglio comunale.
E' chiaro che una cosa del genere non sia politicamente ammissibile.
Sarebbe come se il Partito Democratico votasse la fiducia al Governo del presidente Berlusconi.
Inoltre, ho fatto notare che vi è uno scollamento sia tra il gruppo consiliare del PdL e l'elettorato di centrodestra e sia tra lo stesso ed il resto del partito.
Questo ha generato la frantumazione del PdL di Roncoferraro.
Del resto, già nel 2009, io denunciai una situazione di continuo scontro interno alla lista, per la quale collaboravo, e la mancanza di un suo chiaro progetto.
Dopo una serie di frizioni iniziali, scrissi un articolo sul giornale "Italia chiama Italia" , il cui titolo era "PdL sul territorio? C'è ancora molto da lavorare! - di Antonio Gabriele Fucilone".
Questo articolo generò nuove e fortissime frizioni tra me e la "fronda" che fa riferimento a quel gruppo consiliare.
La cosa degenerò e sfociò in questo articolo senza firma e pieno di cose non veritiere, il cui titolo fu "Il PdL di Roncoferraro: "Smentiamo con forza il Sig. Fucilone" .
Questo articolo è pieno di falsità.
In primo luogo, io chiarii la mia posizione, dicendo che io non volli offendere nessuno ma volli semplicemente analizzare la sconfitta.
Se una persona muore è giusto che i suoi cari conoscano la causa della morte.
In secondo luogo, io non scrissi determinate cose che mi furono attribuite.
Ad esempio, non parlai di "baraonde" "né di "ubriaconi".
Vi pare che io mi metta a calunniare le persone?
La Lega Nord prese le distanze da ciò, scrivendo un suo articolo a firma del suo segretario locale Franco Carreri che è intitolato "PdL Roncoferraro, Franco Carreri (Lega Nord): "Le riflessioni di Antonio Gabriele Fucilone? Corrette ed accurate"".
Anch'io, tempo dopo, anch'io scrissi un articolo, in seguito all"infelice votazione del Consiglio comunale del 25 agosto 2009". Il titolo dell'articolo è "PdL di Roncoferraro, qualcuno si scusi! - di Antonio Gabriele Fucilone". Quel gruppo che si trova in Consiglio comunale vive in un mondo tutto suo ed è conpletamente staccato sia dal PdL e sia dall'elettorato.
Anzi, spesso e volentieri tende a fare da "stampella" alla maggioranza di centrosinistra, cosa che è dimostrata da ciò accadde il 25 agosto del 2009. Lo dico con il rispetto per le persone.
Ho scritto ciò per farvi comprendere la reale situazione del partito a Roncoferraro. Non ne ho parlato durante la cena.
Sogliani ha risposto che il problema c'è e che è dovuto alla situazione da lui prima descritta.
E' intervenuto anche il dottor Stefano Chiavelli, altro ex-candidato della lista "Libertà di cambiare, diritto di crescere-Poltronieri sindaco", che ha parlato della necessità di un cambiamento culturale del PdL, un cambiamento culturale che deve provenire dal basso.
Questo cambiamento culturale può avvenire tramite il congresso.
E' intervenuto anche l'ingegnere Ettore Alessi, del Circolo "Nuove Prospettive per Roncoferraro" .
L'ingegnere Alessi ha definito "kafkiana" la situazione del PdL a Roncoferraro.
Inoltre, ha parlato anche del presidente Berlusconi, affermando che la manovra finanziaria ha degli errori (come l'aumento dell'IVA) che, a suo dire, sono dovuti al fatto che egli (il presidente) abbia dato ascolto ai sondaggi e agli umori delle varie "caste" e che avrebbe dovuto andare a prendere i soldi ove questi si trovano, come i grandi patrimoni.
Ha, comunque, ribadito anche i meriti del presidente che impedì alla sinistra di prendere il potere, dopo che i partiti di governo della I Repubblica furono indeboliti dagli attacchi giudiziari. Inoltre, ha parlato proprio dei giudici e ha detto che serve l'introduzione di princpio di responsabilità civile dei magistrati, qualora essi sbaglino.
Riguardo alle intercettazioni, ha affermato che devono essere puniti coloro che abusano di tali strumenti e favoriscono la fuga di notizie e non i giornalisti.
E' stata una bella serata e, a mio modo di vedere, molto costruttiva.
Certo, sul alcune cose dette sono perfettamente d'accordo. Su altre meno.
Credo, però, che sia giusto sottolineare che vi è una necessità di ricostruire il PdL dalle sue fondamenta, dai suoi organismi locali e che la situazione del partito a Roncoferraro non sia più sostenibile.
Tra l'altro, anche la cena è stata ottima, a base di risotti.
Villimpenta, si sa, è una delle patrie del risotto.
Con una buona cena, si ragiona meglio.
Cordiali saluti.

CASO MILANESE, E' STATA SALVATA L'AUTONOMIA DEL PARLAMENTO




Cari amici ed amiche.

La Camera dei Deputati nega l'arresto per l'onorevole Marco Milanese, deputato del Popolo della Libertà, dando parere favorevole alla decisione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, con 312 voti favorevoli e 305 contrari.
Con questo voto è stato deciso che l'autonomia del Parlamento rispetto agli altri poteri non debba essere inficiata da quella parte di magistratura che punta ad influenzare la sfera politica.
Solo così si può mantenere la democrazia.
Questo voto dimostra anche che la maggioranza è perfettamente solida e che questo Governo è legittimato a governare.
Cordiali saluti.

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Caso Salis, un mondo di sinistra che gira alla rovescia

Ilaria Salis, nota eroina di questa sinistra,  sarà mandata agli arresti domiciliari.