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giovedì 21 luglio 2011

LA MERITOCRAZIA? UNA CURA PER EVITARE IL DECLINO

La meritocrazia? Una cura per evitare il declino - di Antonio Gabriele Fucilone





Sono tante le cose da cambiare in Italia, e nell'articolo del nostro Antonio Fucilone ne vengono indicate solo alcune: ma oltre a tutto questo, "bisogna creare una cultura meritocratica. Se farà così il nostro Paese potrà mostrare il suo alto potenziale, altrimenti il declino sarà inarrestabile"

di Antonio Gabriele Fucilone



Vi siete mai chiesti come mai Gengis Khan riuscì a creare un impero che fu più vasto di quello romano e di quello napoleonico? La risposta è molto semplice: Gengis Khan premiava i soldati più meritevoli e che in battaglia dimostravano il maggiore valore.

Anche nella Roma repubblicana e nei primi anni di quella imperiale si usò questo principio, così come nell'Impero Ottomano ai tempi del sultano Solimano il Magnifico. Questo principio si chiama MERITOCRAZIA.

Forse, da tutto ciò potremmo capire anche il fenomeno del declino italiano. Nei Paesi in cui c'è una maggiore meritocrazia l'economia è più forte e c'è una maggiore competitività. E' proprio la meritocrazia uno dei punti di forza di questi Paesi. Infatti, in una logica meritocratica, vengono premiati coloro che mostrano maggiori competenze, bravura ed impegno. Ciò motiva le persone che così riescono a rendere di più. Non a caso ho citato Gengis Khan.

In Italia non c'è una logica meritocratica, ma molto spesso ci si basa sulle conoscenze importanti o sull'appartenenza politica delle persone in un determinato contesto, la classica RACCOMANDAZIONE. Questa situazione penalizza soprattutto i giovani. E così molti diplomati, diplomati specializzati e laureati con un ottimo livello di preparazione vengono scavalcati nella ricerca di posti di lavoro o di posti da ricercatori universitari da altre persone che spesso sono di dubbia formazione ma che hanno la fortuna (loro) di essere legati alla "baronia" dell'università o al congiunto importante di turno.

Molti giovani validi si vedono così costretti a fare un lavoro "di ripiego" (che non li soddisfa) o a rimanere disoccupati oppure ad emigrare, facendo successo in un altro Paese. Ecco perché l'Italia "non è un Paese per giovani".

Questo però inficia la qualità della produzione e dei servizi. In Italia c'è uno sfacelo, nella pubblica amministrazione, nelle scuole, nelle università, negli ospedali e nelle aziende private.


Anche nell'azienda privata ci sono situazioni analoghe, in cui il rapporto di lavoro è basato sul rapporto personale con il titolare o sulla segnalazione dell'amico o del parente.

E l'università? La situazione è identica, in quanto lì vi sono delle vere e proprie "baronie" di rettori ed insegnanti. Ad esempio, nell'Università di Bari c'è stato uno scandalo di questo tipo. Infatti, c' erano professori, ricercatori e studenti che erano tutti imparentati tra loro. Anche i sindacati (in particolare quelli grossi come la CGIL) sono delle vere e proprie "baronie" nel mondo del lavoro.

Per dirla breve, in un mondo globalizzato ed in cui c'è una forte competizione, l'Italia non può avere questa mentalità. Deve cambiare cultura ed incominciare a premiare le eccellenze. Il quadro della situazione non rosea del nostro Paese può essere letto meglio se si tiene conto anche del fatto che ci siano delle istituzioni obsolete e da riformare, che ci sia un' eccessiva burocrazia, che ci siano un fisco esoso, una scarsa politica per la famiglia, una scarsa ricerca, una carenza d'infrastrutture efficienti, un' eccessiva immigrazione generica (che crea anche altri problemi) ed una scarsissima immigrazione specializzata. Infatti, possiamo dire che oggi noi importiamo tante braccia ma nessun cervello. Negli altri Paesi vanno molti ricercatori, professori e dottori (anche italiani) mentre da noi vengono solo i muratori, i braccianti, gli operai o peggio i clandestini, che diventano dei potenziali criminali.

La situazione deve cambiare. Si devono fare le riforme ( a cominciare dal federalismo) e realizzare delle nuove infrastrutture, vanno applicate delle nuove politiche energetiche (comprese quelle del nucleare), si deve tagliare la burocrazia, ridurre il fisco e si deve ridurre l'immigrazione "generica" ( con un giro di vite contro la clandestinità) e favorire l'ingresso di ricercatori, professori e dottori stranieri, che oggi in Italia non vengono, o - meglio ancora - recuperare i nostri cervelli che sono emigrati. Vanno fatte anche delle politiche più serie per la famiglia. Ma, insieme a tutto questo, bisogna creare una cultura meritocratica. Se farà così il nostro Paese potrà mostrare il suo alto potenziale, altrimenti il declino sarà inarrestabile.


Antonio Gabriele Fucilone - Italia chiama Italia




Cari amici ed amiche.
Questo è un articolo che avevo scritto il 01 luglio 2008 su "Italia chiama Italia". L'ho dovuto tagliare in alcuni punti perché è troppo lungo. Se volete vedere l'originale, andate su sito "Italia chiama Italia" e leggete l'articolo intitolato "La meritocrazia? Una cura per evitare il declino-Antonio Gabriele Fucilone". Voglio parlare della meritocrazia, senza volere additare questa o quell'altra persona per accusarla ed offenderla. Ora, io credo che il concetto oggi sia più valido che mai. Questa mattina, su "Canale Italia", avevo sentito parlare Bruno Cesaro, esponente della "Fiamma Tricolore" (http://www.brunocesaro.it).
Ora, Cesaro aveva fatto un peana sulla cultura del nostro Paese e ha sminuito quella che è la cultura anglosassone.
Sono d'accordo con Cesaro, quando dice che noi italiani dobbiamo essere orgogliosi del nostro patrimonio culturale.
Noi abbiamo un patrimonio artistico che tutti ci invidiano, come anche la letteratura, le tradizioni religiose e le conoscenze scientifiche.
Quando si parla di Italia, vengono in mente grandi personaggi come Pitagora, Caio Mario, Lucio Cornelio Silla, Marco Tullio Cicerone Giulio Cesare, San Tommaso d'Aquino, San Francesco d'Assisi, Santa Chiara d'Assisi, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Leon Battista Alberti, Cristoforo Colombo, Niccolò Machiavelli, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio, San Gabriele dell'Addolorata, San Pio da Pietrelcina, Italo Svevo, Federigo Tozzi, Primo Levi ed Enrico Fermi. Forse, anche William Shakespeare potrebbe essere stato italiano, come avevo scritto nell'articolo intitolato "L'enigma di Shakespeare".
Questi sono solo alcuni dei grandi personaggi che portarono la nostra cultura ed i nostri grandi valori nel mondo.
Dobbiamo valorizzare questo enorme patrimonio.
Non sono d'accordo con Cesaro quando ha affermato che nel periodo in cui Dante Alighieri scrisse la bellissima Divina Commedia, in Inghilterra si mangiava ancora carne cruda.
Certo, Cesaro volle fare capire che noi non abbiamo nulla da invidiare agli Inglesi ma ha sbagliato nel definire così la cultura anglosassone.
In realtà, quando Dante scrisse la Divina Commedia, l'Inghilterra era un Paese unito, a differenza del nostro, ed aveva una costituzione.
Inoltre, nei secoli successivi, l'Inghilterra divenne una potenza mondiale mentre l'Italia, nonostante avesse un patrimonio culturale superiore, andò in declino.
Perché avvenne questo?
Fu fortuna dell'Inghilterra e sfortuna nostra?
Io penso di no. Uno dei punti di forza della cultura inglese fu la meritocrazia!
Infatti, premiare il merito fu il punto di forza di civiltà che lasciarono il loro marchio nella storia dell'umanità.
Fu così nell'Impero Romano e altrettanto fu nell'Impero Britannico.
Anche oggi è così.
Uno dei mali del nostro Paese è la scarsa meritocrazia.
Per troppo tempo, sono state premiate delle persone non in base alle competenze, ai meriti e alle conoscenze culturali ma in base ad "altre conoscenze", ossia ad amicizie più o meno particolari o ai soldi.
Questo ha generato un grosso problema che colpisce ogni settore della nostra società, dalle imprese alla politica.
Perché vi è questo?
Questa situazione è stata causata da molti fattori.
Vi sono delle cause storiche.
Prendiamo, ad esempio, quello che successe durante il Rinascimento.
Un caso su tutti fu quello di Olimpia Maidalchini (detta anche Donna Olimpia o Pimpaccia, 1592-1657) che, di fatto, comandava la corte papale e cooptava e sfavoriva le persone a seconda del proprio gradimento. Di sicuro, Donna Olimpia fece gravi danni alla reputazione della Chiesa.
Un altro di questi fu una certa "cultura dell'ugualianza" instillata dalla sinistra e dai sindacati.
Essa si è radicata nelle scuole (specialmente pubbliche).
In pratica, ogni selezione è stata tolta ed hanno iniziato ad essere promosse anche persone che non meritavano di essere promosse.
Questa situazione si è propagata anche nell'università, con le "baronie".
Questo ha generato una "reazione e catena".
Con una scuola ed un'università meno selettive anche il mondo del lavoro, il pubblico impiego e la politica sono poco selezionati.
Oggi, ci troviamo di fronte a questa cattiva situazione, in cui anziché favorire chi veramente merita, viene favorito chi ha maggiori possibilità sul piano economico o chi ha "conoscenze" (di certo non culturali) presso gli ambienti che contano.
Questo è un male perché tutta la società italiana ne risente.
Molto spesso, quando si attacca il mondo politico, mi metto a ridere.
Infatti, i detrattori della nostra politica parlano di "caste".
Ora, va detto che la nostra politica rispecchia esattamente quella che è la nostra società.
Se la nostra società fosse meritocratica, lo sarebbe anche la nostra politica.
Per questo, trovo che sia molto positivo il discorso fatto dall'onorevole Angelino Alfano, segretario del Popolo della Libertà, che ha affermato che il partito dovrà affermare il principio della meritocrazia e che per questo non sarà più un partito di tessere.
Infatti, prendere la tessera significa spendere dei soldi e si rischia di avere un partito in cui a contare non sia chi ha le capacità ma chi ha più soldi.
Se escludiamo il punto che riguarda il voto degli italiani all'estero, che francamente non condivido e che trovo infelice, la bozza di riforma proposta dal ministro Calderoli va in questa direzione. Infatti, le retribuzioni date ai parlamentari saranno erogate in base alla partecipazione ai lavori in Parlamento.
E allora, credo che valga un detto della regina Elisabetta I d'Inghilterra (1533-1603) che recita:
"In Europa la tradizione anglosassone sta alla latina come l'olio sta all'aceto. Ci vogliono entrambi per fare la salsa, altrimenti l'insalata è poco condita.".
Se unissimo il nostro patrimonio culturale alla meritiocrazia anglosassone potremmo fare molto.
Cordiali saluti.






BARACK OBAMA vs GRAND OLD PARTY!




Cari amici ed amiche.

Se da noi c'è disaccordo tra le parti politiche, anche negli Stati Uniti d'America non si scherza. Il Paese rischia il default e vi è un braccio di ferro tra il presidente Barack Hussein Obama ed il Partito Repubblicano, il Grand Old Party.
Si cerca il dialogo (che è cosa buona) ma è difficile.
Obama vuole aumentare le tasse ed i repubblicani vogliono tagliare la spesa pubblica e mantenere le tasse basse.
Il Partito Repubblicano è in maggioranza nella Camera dei Rappresentanti e ha fatto passare un suo decreto che, però, rischia di trovare il veto di Obama e di fermarsi al Senato, ove prevale il Partito Democratico, il partito di Obama.
Ora, faccio una mia considerazione politica.
Per me, hanno pienamente ragione i repubblicani.
Se noi italiani abbiamo un debito pubblico elevato ma un debito privato basso, negli USA il debito privato è alle stelle.
Se aumentassero le tasse sui cittadini americani, il rischio sarebbe un aumento del debito privato.
Verrebbero stroncati i consumi e si innescherebbe un circolo vizioso che potrebbe frenare la produttività e l'economia USA.
Quindi, è giusto tagliare la spesa pubblica e mantenere il sotto controllo la pressione fiscale.
Bisogna garantire l'economia e questo è l'unico modo.
Inoltre, è eticamente commendevole avere uno Stato che costi poco ai cittadini.
Qui in Italia si vuole fare lo stesso, con la bozza di riforma proposta dal ministro Calderoli.
Se si esclude il punto che riguarda il voto degli italiani all'estero, che trovo infelice e che spero sia espunto, è un buon testo che può essere utile per fare un'ottima riforma che renda questo Stato meno costoso.
Cordiali saluti.

L'UNITA' D'ITALIA ED I SUOI MALI




Cari amici ed amiche.

Leggete questa nota che è stata riportata su Facebook da Andrea Casiere (http://istitutoduesicilie.blogspot.com) e che parla della prigione di Fenestrelle, in Piemonte:

"risposta al quotidiano repubblica sul lager di Fenestrelle in Piemonte

pubblicata da Casiere Andrea il giorno sabato 16 luglio 2011 alle ore 19.57

Repubblica: Replica al Dott. Juri Bossuto sui borbonici di Fenestrelle. Scritto da Davide

Mi sento in dovere di ribattere alle affermazioni storiche del Dott. Bossuto, apparse su Repubblica l'8 luglio 2011, secondo le quali i borbonici morti a Fenestrelle sarebbero soltanto 4.

Prima di iniziare però è necessario fare una premessa: l'articolo è stato scritto l'8 luglio ed in parte racconta anche lo svolgimento della manifestazione, si legge infatti di improbabili "vessilli leghisti" e di una "cerimonia antirisorgimentale" (come se commemorare dei morti, i propri, debba essere "anti" a prescindere). Peccato però che la manifestazione si è svolta il 9 di luglio, ovvero il giorno dopo.

Escludendo che il Dott. Bossuto abbia il dono della Preveggenza, ma allo stesso tempo non volendo pensare che Egli abbia voluto appositamente gettare discredito su quel momento di raccoglimento, ho ritenuto invece che quelli di Bossuto fossero "concetti nati da suggestioni" gli stessi di cui, si sarebbe reso reo, come si legge nell'articolo, il Dott. Lorenzo Del Boca, giornalista e storico di fama nazionale, non certo improvvisato.

Ma andiamo ai fatti storici.

Dalle carte della rassegna mensile "L'italia militare" di Torino del 1864, emerge che nei soli mesi di ottobre e novembre del 1860 arrivarono a Genova i primi 8000 prigionieri borbonici, secondo la seguente scaletta:

7 ottobre 1860 = 900

17 ottobre 1860 = 360

8 novembre 1860 = 3600

11 novembre 1860 = 2330

24 novembre 1860 = 810

Questi soldati furono assegnati a vari dipartimenti, ognuno dei quali corrispondeva ad un campo di prigionia, Fenestrelle era il 5° dipartimento.

Con i dati a disposizione riesce facile capire che le prime truppe del Regno delle Due Sicilie vengono deportate nei campi del Nord Italia soltanto sul finire dell'anno 1860, ma d'altronde sarebbe bastato ricordarsi che Garibaldi sbarca a Marsala soltanto l'11 maggio...

Difatti i 4 soldati borbonici morti, di cui parla il Bossuto e presenti nell'archivio parrocchiale di Fenestrelle situato presso il Priorato di Mentoulle, sono deceduti rispettivamente nei giorni:

11 novembre 1860

23 novembre 1860

30 novembre 1860

idem

Considerando che le nuove spedizioni di prigionieri borbonici, di renitenti e di nuove leve dal Sud, sempre secondo "L'Italia Militare", iniziarono dal 1° febbraio 1861, è facile dedurre che la ricerca del Dottor Bossuto è stata eseguita in maniera inadeguata, concentrata su un arco temporale di appena 45 giorni su anni ed anni di prigionie e basandosi su frettolose ed approssimate ricerche compiute sugli atti di morte della Parrocchia, quando dall'Archivio di Stato di Torino dalle prime ricerche stanno fuoriuscendo decine di nomi.

Su una cosa di certo Bossuto ha ragione, a Fenestrelle non sono morte 40.000 persone. Probabilmente tale cifra non si otterrà nemmeno sommando i decessi di tutti i campi di concentramento e prigionia del Nord Italia: ammonterebbero infatti a 15.000 coloro che "trapassarono da questa all'altra vita", come riporta la sopracitata rivista, soltanto tra la fine del 1860 ed il 1864. Una cifra comunque sufficientemente spaventosa.

Davide Cristaldi

Vicepresidente nazionale Comitato Due Sicilie.".


Forse, tanti mali dell'Italia di oggi sono figli di quelli dell'Italia che nacque con la Spedizione dei Mille e dal Risorgimento. Intendiamoci, qui nessuno è contro l'Italia unita. L'unità d'Italia fu necessaria perché la frammentazione del nostro Paese in tanti regni (come il Regno di Sardegna, lo Stato Pontificio o il Regno delle Due Sicilie) non portò bene all'Italia e ne favorì il declino.
Il problema non fu, quindi, l'unità del nostro Paese ma il processo che portò ad essa.
Com'è noto, il processo di unificazione fu condotto da pochi e, tra questi pochi, ebbero un ruolo importanti gli affiliati a logge massoniche anticlericali. Il video qui sopra (che ho preso da Youtube) mostra tutto. Della massoneria ho parlato più volte. Ne ho parlato nell'articolo intitolato "Il massacro in Vandea, commento alla nota di Stefania Ragaglia". Nella massoneria vi erano (e vi sono) varie tendenze.
Vi era una tendenza conservatrice e di matrice religiosa e ve n'era una di tendenza progressista ed antireligiosa.
Per noi cattolici, il problema della massoneria è proprio questo suo relativismo.
Era evidente che al processo di unificazione d'Italia avessero partecipato certe logge ricondicibili soprattutto al presbiterianesimo scozzese e al puritanesimo inglese, quindi di tendenza antipapista. Inoltre, figure come quella di Giuseppe Mazzini erano effettivamente legate anche ad ambienti esoterici, se non anticristiani.
Del resto, lo stesso Garibaldi definì Papa Pio IX "un metro cubo di letame".
Di diverso avviso fu Camillo Benso, conte di Cavour, che era vicino alle posizioni della massoneria inglese, una massoneria che tendeva ad avere posizioni più conservatrici e che riproponevano l'alleanza tra trono ed altare.
Certo il trono in questione era quello britannico e l'altare era quello anglicano ma Cavour cercò di non arrivare mai ad uno scontro con la Chiesa, proponendo la Legge delle Guarentigie e facendo in modo, ad esempio, che la statua di Giordano Bruno non venisse eretta con il dito puntato verso il Vaticano (cosa che avrebbe voluto fare Ettore Ferrari, architetto, deputato e Gran Maestro della massoneria) ma con i polsi legati.
Fatto sta, però, che lo scontro con la Chiesa ci fu!
Il nascente Stato italiano fu contro la Chiesa.
Ci furono manifestazioni anticattoliche (come la nota processione massonica di cui parlai nell'articolo intitolato "Magna Charta Libertatum? Anche noi italiani avremmo dovuto averne una" o la sassaiola che ci fu durante i funerali di Papa Pio IX) e la Chiesa reagì facendo in modo che mettendo i cittadini di fronte al fatto che essi fossero cittadini del nuovo Stato italiano e cattolici.
Quindi, li costrinse a scegliere tra l'essere cittadini italiani e l'essere cattolici.
Era evidente che lo Stato italiano si fosse formato contro la Chiesa così com'era evidente che, di fatto, fosse stato il prodotto di un'annessione operata dal Regno di Sardegna ai danni degli altri regni e non il frutto di una fusione tra le varie esperienze pre-unitarie. Gli abitanti dei vari ex-regni, come il Regno delle Due Sicilie, vedevano in quel processo che portò all'unità di Italia un'annessione da parte del Regno di Sardegna e non una reale unificazione. Per certi versi fu così. Leggete la nota di Andrea Casiere che è qui sopra.
I prigioneri della fortezza di Fenestrelle furono a tutti gli effetti prigionieri di guerra.
L'unificazione italiana fu frutto di guerre e ci fu un vero e proprio centralismo politico che non portò ad una vera integrazione delle varie parti della penisola.
Inoltre, vi fu anche l'avanzamento del marxismo che si diffuse nel proletariato urbano e che si mise contro lo Stato borghese (come contro l'aristocrazia e la Chiesa) e che puntò a destabilizzarlo.
Da tutto ciò, forse, ebbero origine parte dei mali che affliggono il nostro Paese, come il non sentirsi parte di esso di ampi settori della nostra società.
Cordiali saluti.





mercoledì 20 luglio 2011

PARTITO DEGLI ONESTI SI'...PARTITO DELLE MANETTE NO!


De Magistris: Un nuovo “Masaniello” con sdoppiamento schizofrenico della personalità

pubblicata da Giuseppe Sagliocco il giorno mercoledì 20 luglio 2011 alle ore 13.17

Una risoluzione particolarmente dura in materia di rifiuti, al cui paragrafo 5 si legge:

«Il Parlamento europeo chiede alla Commissione di prolungare sine die la sospensione dei fondi Ue stanziati per i progetti nel settore dei rifiuti della regione e mantenerli congelati fino a quando non sarà pronto un piano per la gestione dei rifiuti stessi verificabile e concordato da tutte le parti interessate».

Indovinate chi è stato il primo firmatario della risoluzione?

L’eurodeputato dell’Idv Luigi De Magistris.L’europarlamentare fu infatti il più duro nell’aula francese all’atto della sottoscrizione della risoluzione

(le altre firme erano dell’immancabile Sonia Alfano, di Niccolò Rinaldi, di Giommaria Uggias, tutti targati IDV e di Adina-Ioana Valean che è rumena e non si capisce “che c’azzecca”)

De Magistris insistette molto in commissione ed in aula, spingendo affinché l’Europa avviasse l’ennesima procedura d’infrazione contro l’Italia (punto n.13 del documento).

Dopo qualche tribolazione ( di Caldoro & co) quel paragrafo 5 della risoluzione vide sostituire il “ chiede” e il “sine die” con un più cauto “ribadisce che”.

Il risultato ?

Il documento conclude affermando che «i fondi strutturali destinati alla Campania saranno sbloccati non appena il piano di gestione dei rifiuti sarà conforme alla normativa Ue».

Ma conforme alla normativa significa una cosa precisa:

la costruzione dei termovalorizzatori … altrimenti c’è da dire addio ai soldi una volta per tutte.

Il progetto del ciclo integrato poteva sperare di veder la luce, probabilmente perché la condizione necessaria per lo sblocco dei fondi si chiama fiducia: come, ad esempio, che un impianto venga costruito in 36 mesi invece che in dieci anni com’è successo con quello di Acerra (grazie a Bassolino, Pecoraro ecc).

Ma ora che c’è un sindaco (tra l’altro ancora in carica come europarlamentare) che di farne un altro a Napoli est non vuol sentirne parlare, come la mettiamo?

La giustificazione (comoda e tutta da dimostrare) è che col termovalorizzatore ci guadagna la camorra … ma con la monnezza per la strada chi ci guadagna?

La verità è che il sedicente “nuovo Masaniello” soffre di evidente “sdoppiamento schizofrenico della personalità” .. e “raddoppiamento degli stipendi”!!!

Saluti Azzurri




Cari amici ed amiche.

Ho introdotto questo mio articolo con una nota scritta su Facebok dall'amico Giuseppe Sagliocco (blog Liberalmind) per fare capire una cosa. Il populismo non fa bene al popolo. Il caso di Napoli è eloquente.
L'attuale sindaco Luigi De Magistris ha promesso che avrebbe risolto il problema dell'immondizia di Napoli, senza usare i termovalorizzatori e le discariche, dando retta a certi umori. Ora, il capoluogo partenopeo è di nuovo sommerso da un mare di rifiuti. Fa male al cuore vedere una così bella città in queste condizioni. Questo è il prezzo che paga chi dà retta alle idee populiste e cerca la popolarità. E' facile contestare ma è difficile fare una proposta alternativa. Lo stesso discorso vale anche per il giustizialismo. Tutti noi vogliamo una politica pulita e la legalità. Il problema è la presenza di un radicalismo etico sempre presente in alcuni movimenti politici, una vera e propria ideologia che punta più a fare una "caccia alle streghe" atta più a demonizzare l'avversario politico che non a volere ribadire il sano princpio della legalità. Vi invito a leggere questo articolo scritto sul blog del nuovo segretario del Popolo della Libertà, l'onorevole Angelino Alfano, "Tempo Reale" (http://angelinoalfano.blogspot.com), il cui titolo è "PDL: ALFANO, NO PARTITO TESSERE, VINCE CHI HA VOTI NO SOLDI" e recita:

"(ANSA) - ROMA, 1 LUG - ''Una cosa ci ha lasciato in questi 17
anni Berlusconi e cioe' che fino ad ora i soldi per il partito
li ha messi lui. Ma se a me si chiede di essere il segretario
del partito delle tessere per le quali ci vogliono milioni per
averle e che non si sa da dove siano presi. Un partito si deve
costruire con dosi massicce di partecipazione popolare a basso
costo, quasi gratis, in modo tale che vinca chi ha i voti non
chi ha i soldi''. Lo afferma il segretario del Pdl Angelino
Alfano nel corso del suo intervento al Cn del Pdl.(ANSA)."

Il Popolo della Libertà sarà quindi un partito basato sulle persone e non sulle tessere. Il vecchio "partito delle tessere" è di per sé portato alla corruzione. Infatti, intorno alle tessere girano i soldi. Come ha detto giustamente Alfano ci vogliono soldi per averle. Il PdL sarà quindi un partito popolare ma non populista. Quindi, sarà certamente un partito che aspira alla legalità ma non sarà giustizialista e quindi rispettoso di quel principio che è tipico di un Paese civile e moderno in cui una persona è innocente fino alla sentenza definitiva e in cui i processi si fanno in tribunale e non sui giornali, in televisione, in rete e nelle piazze. In un Paese serio i processi si fanno in tribunale e non in rete, in televisione, sui giornali e nelle piazze. Inoltre, l'unica condanna valida è quella del giudice, dopo l'ultimo grado di giudizio. Il PdL andrà in questa direzione. Dovrà sì stare attento alla legalità ma dovrà mantenere anche il garantismo che è uno dei pilastri fondamentali di una società civile. Non mi sembrano, ad esempio, da società civile certi commenti. Qualche esesmpio è su questo blog. Vi sono alcune persone che commentano usando toni da giacobini. E' caso del solito ingegnere di nome Pasquale ma lo è anche di un tale Pietro Gallo. Leggete i commenti al mio articolo intitolato "Berlusconismo ed antiberlusconismo". Gallo sembra Maximilien de Robespierre. All'"amico" vorrei ricordare una cosa. Vorrei invitarlo a studiare la storia. Forse, capirà che certi toni non vanno bene. Infatti, dopo avere mandato mezza Francia alla ghigliottina, Robespierre fu ghigliottinato a sua volta. Il giustizialismo fa male anche a chi lo pratica.

Cordiali saluti.



LE RAGIONI DEL NO DI IWN ALLA PROPOSTA DI CALDEROLI

Cari amici ed amiche.

Leggete questa nota redatta da Michele Capaccioli, sul sito Italians Worldwide Network (IWN). E' molto interessante ed importante, per capire le ragioni del no all'abolizione della circoscrizione estera. Questo è l'unico punto discutibile della riforma del ministro Calderoli, che per il resto è positiva.
Cordiali saluti e buona lettura.
Wednesday, July 20th 2011


Le ragioni del “No” di IWN alla proposta di Calderoli di abolire la Circoscrizione Estero

IWN è stato contattato in pochi minuti da diversi connazionali italiani residenti all’estero, i quali hanno espresso la propria indignazione per la proposta dell’On. Calderoli di sopprimere la Circoscrizione Estero. Se è vero che sarebbe auspicabile un taglio ai deputati e ai senatori per ridurre i costi della politica, pensare di togliere totalmente la rappresentanza degli italiani all’estero significa sminuire il contributo positivo che molti connazionali hanno dato all’Italia in questi ultimi anni.

Ammesso e concesso che i deputati e/o senatori eletti nella Circoscrizione Estero o alcuni di essi si siano resi responsabili di comportamenti poco attinenti alla carica che ricoprono, prendendo in giro, in alcuni casi, i nostri concittadini italiani all’estero, non ci sembra questa una ragione intelligente per sopprimere o abrogare la Circoscrizione Estero e, quindi, la rappresentanza degli italiani all’estero.

Se vale il discorso che hanno fatto alcuni concittadini residenti all’estero, ovvero che la soppressione di tale istituto sia giustificata da presunti comportamenti poco seri tenuti da alcuni rappresentanti degli italiani all’estero, atteggiamenti che hanno dato un’immagine negativa dell’Italia, allora, dato che nel Nostro Paese ci sono alcuni non-rappresentabili eletti alla Camera e o al Senato, aboliamo anche il Parlamento!

Se il Parlamento ritiene opportuno ridurre il numero dei senatori e dei deputati, non si vada a toccare il sacrosanto diritto di voto e di rappresentanza degli italiani all’estero! Ci convince molto poco la proposta di far votare a distanza i nostri connazionali residenti all’estero per deputati e senatori candidati in Italia: primo, sarebbe difficile che gli italiani all’estero si possano rendere conto perfettamente dei programmi dei partiti di riferimento dei candidati; secondo, per gli eletti alla Camera e al Senato sarebbe difficile rendersi conto della realtà in cui vivono i connazionali in altri paesi; terzo, se un connazionale residente all’estero ha una istanza da proporre personalmente ad un Deputato o Senatore, il cittadino sarebbe costretto a prendere l’aereo per recarsi in Italia a proprie spese! Perché, invece, non ridurre il numero dei parlamentari-rappresentanti degli italiani all’estero?

Riteniamo, da una parte, la proposta dell’On. Calderoli sensata, ovvero la riduzione del numero dei parlamentari. Una maggiore riduzione del numero dei senatori, la diminuzione dei poteri del Senato della Repubblica, l’aumento dei poteri della Camera dei Deputati e il conferimento al Presidente del Consiglio di un potere reale sarebbero proposte ben più che valide. In tal modo, non solo terminerebbe il bicameralismo perfetto, ma si ridurrebbe di molto la “navetta” alla quale tutte le leggi in fase di approvazione sono sottoposte. In tal senso, l’Italia riuscirà a rispondere più rapidamente alle sfide globali, rimanendo al passo di tutti gli altri paesi. Dall’altra, in quest’ottica, ma non solo, la rappresentanza degli italiani all’estero ha un senso, in quanto i politici eletti o nella circoscrizione estero o in un contesto federalista (considerando Europa, America ecc delle regioni) potranno offrire all’Italia delle soluzioni già sperimentate all’estero. A maggior ragione quando i nostri “cervelli” continuano a “scappare” dal Nostro Paese!

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martedì 19 luglio 2011

ITALIANI ALL'ESTERO, HANNO DIRITTO DI VOTARE!




Cari amici ed amiche.

Leggete questo mio articolo su "Italia chiama Italia", seguendo il link http://www.italiachiamaitalia.net/news/137/ARTICLE/27147/2011-07-19.html.
Tra le altre cose che ho scritto in quell'articolo, voglio ribadire la mia totale solidarietà al giornale del direttore Ricky Filosa riguardo alla vicenda della querela del senatore Esteban Caselli.
Dal 2008 leggo "Italia chiama Italia" ed ogni tanto vi scrivo. Insieme a "Il Giornale", "Il Predellino", e le riviste "Focus" e l'"Eco di San Gabriele", "Italia chiama Italia" è il giornale che preferisco. Ogni tanto leggo anche i due giornali mantovani, la "Gazzetta di Mantova" e la "Voce di Mantova". Non ho mai ravvisato toni offensivi né da parte di chi, come me, scrive su "Italia chiama Italia" né da parte della sua redazione o dello stesso direttore .
Onestamente, non riesco a comprendere il motivo della querela.
Ora, voglio tornare a parlare del tema che fa tanto discutere, il voto degli italiani all'estero. Questa questione è stata ampiamente citata anche nell'articolo sul giornale di Filosa.
All'articolo da me scritto ieri, quello intitolato "Italiani all'estero e riforma di Calderoli, il commento di Marco Stella", l'oramai "famoso" ingegner Pasquale ha fatto i suoi soliti commenti.
Oramai, lo abbiamo capito tutti.
Lui è il classico contestatore. Lui commenta solo per contestare quello che dico.
Oramai è una "pratica" diffusa nel nostro Paese. Soprattutto quelli di sinistra usano questo metodo. Ad esempio, si inflitrano nei comizi organizzati da noi del centrodestra e contestano. Telefonano nelle trasmissione televisive e fanno la stessa cosa. Giusto questa mattina, durante la trasmissione in onda su Canale Italia, una signora ha telefonato pronunciando slogan di vario tipo, dicendo, ad esempio, che il Partito Democratico è il primo partito d'Italia, che la trasmissione non ospita giovani di tale partito e che il Governo deve dimettersi. Ci sono vere e proprie "claques".
Anche questo blog è attaccato da certi "lacché" della sinistra che puntano solo a contestare senza un costrutto. E poi, accusano me di essere un lacché del presidente Berlusconi. Io sono un sostenitore e militante del Popolo della Libertà (cosa di cui non ho mai fatto mistero e che non ho mai dissimulato) ma se devo criticare il mio partito, come nel caso di Roncoferraro (il mio comune, in provincia di Mantova), lo critico.
Pasquale si comporta come il classico lacché della sinistra che viene su questo blog solo per contestare.
La cosa veramente sconvolgente sta nel fatto che l'"amico" affermi che gli italiani all'estero non debbano votare. Questa è una cosa grave.
Se un italiano residente all'estero conserva la cittadinanza italiana deve avere gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini italiani, residenti in Italia e non.
Dove sta scritto che un italiano all'estero non possa votare?
Gli italiani all'estero danno un contributo fondamentale al nostro Paese.
Pensiamo alla ristorazione. Un esempio è rappresentato da Franco Taruschio (nella foto), il noto chef nato a Montecassino nel 1938, che emigrò nel Regno Unito. Dal 1963 al 2001 gestì il Walnut Tree Inn ad Abergavenny in Galles. Ha anche condotto programmi di cucina in Regno Unito e nel 2003 è stato insignito come Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico. Taruschio contribuì (e tuttora contribuisce) non poco al bene del nostro Paese nel mondo, portando in giro la nostra gastronomia.
Lo stesso discorso vale per i nostri uomini di cultura. Pensiamo a quei ricercatori che qui in Italia non hanno trovato spazio. Gli italiani hanno intelligenza e passione nel fare le cose. Per questo sono molto apprezzati all'estero.
Non è giusto, quindi, tagliare fuori dal nostro Paese i nostri connazionali emigrati all'estero.
Tra l'altro, Pasquale fa parte di quelli che dicono sì al voto a gli immigrati e no al voto degli italiani all'estero.
Ora, non voglio sembrare razzista e xenofobo (e qualcuno chiederà che io venga bannato da Facebook) ma io penso che, in quanto cittadini stranieri, gli immigrati non debbano votare. Se poi acquisiscono la cittadinanza italiana, il discorso cambia ma coloro che sono chiamati a rappresentare a e governare un popolo devono essere scelti dai cittadini, coloro che di quel popolo fanno parte. Infatti, il popolo è l'insieme dei cittadini.
Un cittadino marocchino non fa parte del popolo italiano, come non fa parte del popolo italiano un cittadino britannico, uno svedese o un russo. Se poi, il britannico, lo svedese, il russo o qualsiasi altro straniero dovesse diventare cittadino italiano, in quel caso, avrebbe diritto di votare.
Gli italiani all'estero, invece, sono cittadini italiani e, quindi, fanno parte del nostro popolo.
Come cittadini italiani è giusto che votino.
Tra l'altro, ricordo a Pasquale che nel 2006 il centrosinistra di Romano Prodi ottenne la maggioranza al Senato in virtù del voto estero.
Infatti, senza i senatori eletti all'estero, il centrosinistra non avrebbe avuto la maggioranza al Senato, poiché il centrodestra prese più di 100.000 voti in più.
Penso anche che non si debbano modificare i meccanismi di acquisizione della cittadinanza.
Qui in Italia c'è qualcuno che vorrebbe favorire la cittadinanza agli immigrati. Io trovo folle tutto ciò.
Infatti, all'estero, ci sono cittadini italiani che rischiano di perdere la cittadinanza italiana, senza che essi lo vogliano.
Io preferisco preservare il diritto di cittadinanza di questi nostri connazionali emigrati. Del resto, anche altri Stati hanno lo "ius sanguinis" per quanto riguarda la cittadinanza. Pensiamo alla Repubblica di San Marino che non è un pericoloso Stato xenofobo.
Tra l'altro, molti dei nostri connazionali emigrati hanno beni qui in Italia e per essi pagano le tasse.
Quindi, la contestazione di Pasquale è solo un provocazione pretestuosa.
Il problema non è il voto degli italiani all'estero ma il suo meccanismo che si è mostrato lacunoso, per i motivi che ho citato ieri.
Serve, quindi, una riforma del voto estero e non una sua abolizione.
Ora, vi invito a leggere quest'altra nota di Marco Stella:

"IL DIRITTO DI VOTO PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO - rivista Itália Nossa

pubblicata da Marco Stella il giorno martedì 19 luglio 2011 alle ore 23.08

Segue articolo uscito sul n.34 di Itália Nossa

I L V O T O P E R G L I I T A L I A N I A L L' E S T E R O

U N D I R I T T O O L T R E L E P O L E M I C H E

di Marco Stella

Il voto per gli Italiani all'estero ha sempre generato forti perpessità e dato origine ad aspre polemiche sin dalla sua cogitazione nel lontanto 1968.

Questo diritto, di fatto già contenuto nella Costituzione della Repubblica Italiana, che garantiva il voto degli italiani purché votassero in Patria, è stato reso possibile grazie all'impegno di uno dei più caparbi politici italiani: l'ex Ministro Mirko Tremaglia.

Dopo questo incipit non potrò più scrivere in modo freddo e distaccato, per aver vissuto in prima persona parte dell'importante battaglia e conquista.

Ricordo Mirko prima di tutto come compagno di partito, io ero un ragazzino militante del movimento giovanile e lui uno degli indiscussi pezzi grossi del partito con un pallino fisso: garantire un diritto costituzionale, quello del voto per gli Italiani all'estero, grazie al voto per corrispondenza. Bergamo era il suo quartier generale e per anni andavo e venivo da quella località, per informarmi sulla proposta di legge ed offrire il mio contrubuto, organizzando nella mia città natale la raccolta firme di appoggio all'iniziativa. In quel periodo la proposta di legge che la Camera dei Deputati aveva approvato, fu sbarrata al Senato per l'opposizione del PDS (Partito dei Democratici di Sinistra antenato dell'attuale PD) e della Lega Nord. Era il 1993 e quella battaglia era cominciata nel 1968 con l'istituzione, da parte di Tremaglia, dei Comitati Tricolore per gli Italaini nel Mondo, con la finalità di garantire questo diritto di voto. Vent'anni dopo nel 1988 venne approvata la legge 470 del 27 ottobre, sempre di Tremaglia, sull' Anagrafe e Censimento degli italiani all'estero, che ha rappresentato un grande passo in avanti.

Si dovrà però aspettare il 2001 per la definitiva promulgazione della legge n 459 del 27 dicembre 2001 che garantiva di fatto il voto per

corrispondenza agli italiani iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero. Una bella vittoria che per Tremaglia coronava la battaglia di una vita. In quell'anno stavo gia vivendo in Brasile e ricevetti la notizia direttamente da Bergamo. Per me il voto per gli italiani all'estero ha rappresentato un passo avanti verso una democrazia più matura ed ampia. Il 2006, prima elezione dove è stato possibile votare per gli Italiani residenti all'estero, ha però rappresentato per Tremaglia una sconfitta politica personale: l'elettore che ha ottenuto il diritto non ha retribuito degnamente il benefattore e la lista che lo stesso Tremaglia aveva presentato non ha raccolto i voti sufficienti per mostrare ai propri compagni di partito e coalizione la sua utilità. È chiaro dunque, in vista dei fatti, che la tanto sudata legge Tremaglia trovi tuttora forti ed accaniti oppositori, da un lato la stessa coalizione di governo della quale faceva parte l'ex Ministro, includendo gli stessi compagni di partito che, leggendo meramente i risultati elettorali, hanno considerato lo sforzo di Tremaglia un buco nell'acqua. Da citare poi , il nemico di sempre: la Lega Nord, partito fortemente radicato nell'Italia del Nord che ha sempre criticato la legge Tremaglia sotenendo che debbano votare ed esser votati solo cittadini che paghino le tasse in Italia. È stato messo in discussione tanto il diritto stesso come il suo metodo di applicazione. Io sono convinto del fatto che il metodo possa esser migliorato, per evitare sopratutto la compravendita del voto, cosa molto comune in Brasile, ma questo non può esser il preteso per la negazione di un diritto. Il diritto è stato conquistato con una battaglia di mezzo secolo e non è di fronte a problemi tecnici o al basso profilo morale di politici ed elettori che possiamo pensare ad una sua soppressione.

O Voto para os italianos no Exterior

Um direito além das polêmicas

Por Marco Stella

O voto para os italianos no exterior sempre gerou forte perplexidade e deu origem a ásperas polêmicas desde sua cogitação no longe ano de 1968.

Este direito, já incluso na Constituição da República Italiana, garantia o voto dos italianos desde que votassem na pátria, só foi possível graças ao empenho de um dos mais obstinados políticos italianos: o ex Ministro Mirko Tremaglia.

Depois deste incipit não poderei mais escrever de maneira fria e distante, por ter feito parte em primeira pessoa da importante batalha e conquista.

Lembro de Mirko, sobretudo como companheiro de partido, eu era um rapaz militante do movimento juvenil e ele um dos maiores destaques do partido com uma mania fixa: garantir por direito constitucional o voto dos italainos no exterior, graças ao voto por correspondência. Bergamo era o seu quartel general e por anos eu ia e vinha daquele lugar para informar-me sobre a proposta de lei e oferecer a minha contribuição, organizando na minha cidade natal o recolhimento de assinaturas de apoio à iniciativa. Naquele período a proposta de lei que a Câmera dos Deputados tinha aprovado foi barrada no Senado pela oposição PDS (Partido dos Democratas de Esquerda – antepassado do atual PD) e da Lega Nord. Era o ano de 1993 e esta batalha tinha começado em 1968 com a instituição por parte de Tremaglia dos Comitês Tricolores para os Italianos no Mundo, com a finalidade de garantir este direito de voto. Vinte anos depois de 1968 foi aprovada a lei 470 de 27 de outubro, sempre por Tremaglia, sobre a Anágrafe e Censo dos Italianos no Exterior, que representou um grande passo avante.

Porém foi preciso esperar até 2001 para a definitiva promulgação da lei nº459 de 27 de dezembro de 2001 que garantia de fato o voto por correspondência para os italianos inscritos na Anágrafe dos Italianos Residentes no Exterior. Uma bela vitória que para Tremaglia coroava a batalha de uma vida. Naquele ano eu já vivia no Brasil e recebi a notícia diretamente de Bergamo. Para mim o voto dos italianos no exterior representa um passo avante em direção a democracia mais madura e ampla. Em 2066, primeira eleição onde foi possível votar os italianos no exterior, representou para Tremaglia um desafio político pessoal: o eleitor que obteve o direito não retribuiu dignamente o benfeitor e a lista que o mesmo Tremaglia tinha apresentado não recolheu os votos suficientes para mostrar aos próprios companheiros de partido e coligação a sua utilidade. É claro que , em vista dos fatos, a suada lei Tremaglia encontre toda a hora fortes e ávidos opositores da mesma coligação do governo como do ex Ministro, incluindo os mesmos companheiros de partido que, lendo meramente os resultados eleitorais, consideraram o esforço de Tremaglia um buraco na água. Para assinalar depois, o inimigo de sempre: a Lega Nord, partido fortemente radicado ao norte da Itália que sempre criticou a lei de Tremaglia sustentando que deviam votar e serem votados apenas cidadãos que pagassem os impostos na Itália. Foi colocado em discussão tanto o direito em si como o seu método de aplicação. Eu sei de fato que o método pode ser melhorado para evitar sobretudo a compra/venda de voto, coisa muito comum no Brasil, mas este não pode ser o pretexto para a negação de um direito. O direito foi conquistado com uma batalha de meio século e não é diante de problemas técnicos ou baixo perfil moral de políticos e eleitores que podemos pensar em uma supressão."


Cordiali saluti.

ITALIANI ALL'ESTERO E RIFORMA DI CALDEROLI, IL COMMENTO DI MARCO STELLA


Cari amici ed amiche.

Vi voglio fare leggere questa nota di Marco Stella, un nostro connazionale emigrato in Brasile che ha commentato la bozza di riforma proposta dal Ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.
Di questa proposta di riforma ho parlato questa mattina nell'articolo intitolato "Una seria proposta di riforma". Marco Stella guarda con preoccupazione questa riforma perché potrebbe togliere il voto agli italiani all'estero. Infatti, questa riforma prevede la soppressione delle circoscrizioni estere.
Ora, io (che iniziai ad impegnarmi in politica proprio riguardo agli italiani all'estero) voglio fare una considerazione.
In primo luogo, vorrei dire che questa proposta di riforma è solo una bozza. Quindi, può essere aggiustata e discussa in Parlamento.
Al di là della questione degli italiani all'estero, questo testo di riforma proposto dal ministro Calderoli è giusto perché punta a ridurre la spesa pubblica. Lo dico da militante convinto del Popolo della Libertà e da giovane che vede le difficoltà, come la disoccupazione giovanile (che mi riguarda, essendo anch'io disoccupato), che sono causate da questo sistema vecchio e dispersivo.
Per quanto riguarda i nostri connazionali all'estero, vanno fatte delle considerazioni. Lo scandalo sta nel fatto che vi siano troppe strutture consolari e di rappresentanza in alcune zone e non ve ne sia nemmeno una in altre.
E' il caso, ad esempio, dei nostri connazionali residenti a Tacuarembò, Uruguay, verso i quali iniziai ad impegnarmi.
Infatti, in quella zona non vi sono strutture consolari di riferimento per i nostri connazionali.
Inoltre, va detta anche un'altra cosa sul voto estero.
Il problema non è il voto in sé ma il suo meccanismo che ha mostrato pecche, anche serie.
Gli italiani all'estero hanno il diritto di votare. Il problema è che il meccanismo di voto, tramite posta, ha mostrato gravi lacune che hanno causato anche irregolarità. Vi sono stati anche casi di schede che arrivavano ai destinatari (gli elettori) che erano già votate o che avevano indicazioni di voto. La cosa era finita anche su "Striscia la Notizia", il noto telegiornale satirico di Antonio Ricci. Serve, quindi, una riforma del voto estero.
Le cose potrebbero essere migliorate ridistribuendo le strutture consolari, togliendo quelle che sono in eccesso e mettendole dove queste mancano, e con le tecnologie, come internet. Comunque, spero di avere dato una risposta all'amico Marco Stella, che mi tagga sempre nelle sue note che leggo con piacere.
Ora, leggete questa nota dell'amico Marco:

"ITALIANI ALL'ESTERO, CALDEROLI CI VUOLE TOGLIER IL DIRITTO DI VOTO...
pubblicata da Marco Stella il giorno lunedì 18 luglio 2011 alle ore 22.29

ITALIANI ALL’ESTERO

CALDEROLI CI VUOLE TOGLIERE IL DIRITTO DI VOTO.

"Riforme costituzionali: Senato federale, stop a circoscrizioni estere

Presentate dal governo, a firma del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli

CIRCOSCRIZIONE ESTERO - Viene «soppressa» la circoscrizione Estero. «All'articolo 48 della Costituzione, il terzo comma è abrogato», si legge nel testo, con riferimento alla norma costituzionale (introdotta nel gennaio 2000) che prevede l'esercizio del diritto di voto per l'elezione dei parlamentari, da parte dei cittadini residenti all'estero." fonte Corriere.it

IL DIRITTO DI VOTO DOVREBBE ESSER TOLTO A CHI, COME NEL CASO DEI LEGHISTI, DISONORA LA PATRIA, MA NON DISDEGNA LO STIPENDIO DI PARLAMENTARE.

Il riconoscimento del diritto di voto agli Italiani residenti all'estero, mediante la creazione di una apposita circoscrizione, fu una delle poche vere conquiste dell'Era Berlusconi. Rappresentò per Mirko Tremaglia ed i suoi collaboratori (io mi includo) una vittoria inenarrabile, quella meravigliosa sensazione di aver regalato agli Italiani un pezzo di democrazia in più. Grazie alla Legge Tremaglia molti Italiani non si sentono più cittadini di seconda categoria, molti Italiani non si sentono più emarginati, potendo dare il proprio contributo in materia di voto e candidatura alla democrazia del Paese che seppur distante è e rimarrà sempre l'unica e vera PATRIA - concetto sconosciuto ai leghisti.

È inoltre ridicolo che un governo promulghi una legge e a distanza di 10 anni si interroghi sulla possibilità di una sua abrogazione.

Marco Stella".


Oltre alla questione degli italiani all'estero, ve n'è un'altra di un italiano che deve andare all'estero per curarsi, Salvatore Crisafulli, un uomo che dal 2003 è paralizzato a causa un grave incidente. Leggete questo appellolanciato su Facebook dal fratello Pietro:

""SCANDALOSO! Purtroppo il viaggio in Israele per Giuseppe è saltato...non c'era una Equipe Medica disponibile.. Attualmente per Salvatore Crisafulli rinviato al 28 luglio con la speranza che qualcuno si faccia avanti. PER FAVORE AIUTATECI. NON FATE SVANIRE QUESTO SOGNO." (Pietro Crisafulli)".
Io spero di cuore che venga aiutato e chi lo vuole aiutare e conoscere la sua storia, può visitare il sito. Visitate il suo sito, seguendo il link http://www.salvatorecrisafulli.it/. Tra l'altro, metterò il link nella voce "Link preferiti" di questo blog. So che in Israele, il Paese in cui Crisafulli dovrà andare a curarsi, vi sono degli italiani.
Gli italiani all'estero sono gente di grande solidarietà. Magari, potranno aiutare anche Crisafulli.
La grandezza di un popolo si vede anche da ciò e quello italiano è un grande popolo.
Materialmente, non posso fare molto, ma con cuore, mi unisco a questo appello e spero che Dio sia con Salvatore e con i suoi cari e con le persone in difficoltà come lui.
Cordiali saluti.




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