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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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mercoledì 25 aprile 2012

Il 25 aprile? Non è una festa per tutti!-atto II

Cari amici ed amiche.

Prima di tutto, esprimo la mia solidarietà alla governatrice del Lazio, Renata Polverini, che è stata contestata durante le celebrazione del 25 aprile.
Questo conferma quanto ho scritto questa mattina, l'articolo intitolato "Il 25 aprile? Non è una festa per tutti!".
Il 25 aprile non è una festa per tutti.
Al contrario, il 25 aprile è la festa della divisione del popolo italiano.
Vorrei che voi leggiate l'articolo del sito "Contro la leggenda nera" che è intitolato "La Resistenza cancellata".
Esso parla di quei partigiani che combatterono contro il nazismo ed il fascismo ma che vennero uccisi dai partigiani comunisti.
Oggi, i "nipotini di quei partigiani comunisti" bollano come "fascisti" coloro che oggi vogliono che la verità sulla "Resistenza" venga a galla.
Anche sottoscritto è stato attaccato.
Leggete i commenti  fatto all'articolo di questa mattina, quello intitolato "Il 25 aprile? Non è una festa per tutti!", e, in particolare, il commento di un tale Mirko.
Esso recita:

"Ricordati Gabriele che se tu sei qui su questo blog a scrivere certe cretinate è proprio grazie anche ai partigiani che liberarono l'Italia dal regime fascista ... regime in cui era vietato anche pensare cose che andavano contro l'ideologia fascista ... rinnegando il 25 aprile offendi le migliaia di morti che hanno combattuto, lottato e resistito contro i fascisti per permettere a gente come te, 67 anni dopo, di scrivere queste scemenze! Vergognati".

A Pasquale e Mirko, io rispondo in questo modo:

Primo, io non ho nulla di cui dovermi vergognare e non devo chiedere scusa a nessuno.
Non ho offeso nessuno e condanno senza se e senza ma tutti i crimini contro l'umanità, compresa la Shoah.
Secondo, io non sono fascista.
Il caro Pasquale e il caro Mirko non si azzardino mai più di dire certe cose e li diffido dal farlo di nuovo.
Loro non sanno nulla di me e non si permettano mai più di dire certe cose. Li invito caldamente a farsi una cultura e a non leggere solo ciò che interessa a lui.
I "caro amici" dovrebbero documentarsi.
Terzo, io non devo ringraziare i comunisti, che a loro piacciono tanto, anche se Pasquale nega.
I comunisti non combatterono per liberare l'Italia ma per portarvi il comunismo.
Quarto, il caro Pasquale ed il caro Mirko imparino a rispettare la gente.
Ricordo che io sono molto seguito su Facebook e non solo e molti condividono le mie idee.
Quindi, non faccio così schifo. Si vede che forse non scrivo delle "scemenze".
Quinto, le frasi di Pasquale e di Mirko dimostrano che quanto da me sostenuto ha del fondamento.
L'Italia non è un Paese unito e di questo ci dobbiamo vergognare.
Oggi, ero andato a casa del mio amico Ettore Alessi (PdL di Roncoferraro), che ha detto che oggi non ci sono più le ideologie.
Purtroppo, ad Ettore, vorrei dire che essa ci sono ancora, nei loro peggiori aspetti.
Il 25 aprile tira fuori i peggiori aspetti.
Mi chiedo se valga ancora la pena di festeggiarlo.
Comunque, oggi in un altro Paese c'è un'altra celebrazione importante che unisce un intero popolo.
Il Paese in questione è Israele ed oggi esso compie gli anni.
Su Facebook, ho letto questo testo di una mia amica e mi è piaciuto così tanto che ve lo faccio leggere.
Esso recita:

"Ho fatto un sogno. Già, noi ebrei non li interpretiamo solo, i sogni, a volte li facciamo, anche.Ho sognato che stanchi di essere accusati di essere la causa dell’instabilità mediorientale, di essere una minaccia per la pace mondiale e dell’origine di tutto il male che c’è nel mondo, gli ebrei abbiano deciso di togliere il disturbo. Ho sognato il governo di unità nazionale alla Knesset votare a favore dell’abbandono dello stato d’Israele.
Ho sognato religiosi piangere e aggrapparsi alle pietre di Gerusalemme, comunità di braccianti lasciare villaggi agricoli, colletti bianchi abbandonare i loro uffici moderni. Ho sognato carovane di gente incamminarsi come per un nuovo esodo, con un seguito chiassoso di bambini, vecchi e animali.
Ho sognato una giovane nazione intelligente, l’Australia, mettere a disposizione una vasta area di terra vuota per uno stato nuovo di zecca, dove poter ricominciare tutto da capo. Ho sognato le associazioni dell’ebraismo mondiale mettere fondi a disposizione per l’emigrazione. Le università israeliane raccogliere risorse e cervelli per la ricerca, e filantropi americani ed europei tassarsi per la ricostruzione.
Ho sognato i nostri nemici festeggiare nelle piazze, distribuire dolci, e intonare canti per la vittoria. Ho sognato i luoghi santi violati, i campi abbandonati, sinagoghe distrutte. Ho sognato il nemico contendersi la terra rimasta, innescare faide per rivendicare i meriti della “cacciata” e il diritto allo sfruttamento.
E ho sognato lo sguardo di nuovi pionieri accendersi come per la Palestina di 100 anni fa, ho sognato giovani desiderosi di mettere a disposizione anima e corpo per lavorare e difendere il suolo vergine, ho sognato giovani fantasticare su un nuovo socialismo e intellettuali teorizzare sull’opportunità data agli israeliti di risorgere ancore una volta.
Ho sognato le associazioni per la pace zittirsi per un attimo. Ho sognato le Nazioni Unite incredule di fronte a questa sorprendente decisione unilaterale. Ho sognato nazioni sospese nell’emissione di un giudizio, di fronte ad una cosa tanto nuova.
Ho sognato l’enorme costo umano sostenuto da tutti gli ebrei del mondo. Ho sognato il popolo sfiancato voltarsi e guardare gli altri come per dire: “Cos’altro volete da noi? Di più non possiamo fare. Non ci avete voluto e ce ne siamo andati, lontano”.
Ma il sogno è durato poco. Perché le immagini di indigeni armati di kalashnikov, di slogan del “ Fronte di liberazione del Queensland dall’internazionale sionista”, le accuse di corruzione al governo australiano, le formazioni militari aborigene “pronte anche alla morte pur di respingere l’oppressore” mi hanno svegliato per l’agitazione.
Accendo la luce. Guardo il calendario. Buon Compleanno Israele. Tu sei già la realizzazione di un sogno. Un sogno lungo quattromila anni.
Che il Signore benedica Israele. Am Israel Hai....
".

I nostri amici Israeliani sono un popolo, noi no!
Forse, avremmo qualcosa da imparare da Israele.
Loro,  gli Israeliani , si uniscono intorno ai propri valori.
Il compleanno di Israele merita di essere festeggiato più della "Liberazione". 
Noi Italiani,  infatti, ci accapigliamo e ci insultiamo. Dire che ciò sia uno schifo è poco!
Che razza di popolo siamo?
Sono veramente disgustato.
Ci sono pastori di Santa Romana Chiesa che trasformano le Messe in adunanze politiche (in cui si canta "Bella ciao") e le chiese, le case di Dio, in case del popolo.

Don Andrea Gallo (nella foto) è un esempio.
Ci sono persone che si dicono per la libertà ma che poi insultano gli altri che "osano" dire qualcosa di diverso dal loro pensiero. 
I veri fascisti, oggi, sono quelli che non vogliono conoscere la realtà e che sono schiavi dell propria ideologia e che, in nome di questa ideologia, attaccano gli altri, tacciandoli di fascismo e quant'altro o arrivando alla violenza fisica.
Vale ancora la pena di festeggiare il 25 aprile in questo modo? 
Ai posteri vada l'ardua sentenza.
Vergogna!
Vorrà dire che io festeggerò San Marco.
Cordiali saluti. 






La proclamazione della verità. Dal trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo

Cari amici ed amiche.

Su Facebook, l'amico Giovanni Covino (SEFT)  ha messo questo nota presa da un testo di Sant'Ireneo:

"La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo, la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa accolse la fede nell’unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: e cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per «ricapitolare tutte le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile, «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tutti il suo giudizio insindacabile.Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un’unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all’unisono, come possedesse un’unica bocca. Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l’universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il facondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla.".

Con l'espansione del Cristianesimo, che abbandonò l'ambiente giudaico e divenne una religione autonoma, ci fu una sua inculturazione da parte delle popolazioni con ci esso venne a contatto.
Questo comportò anche dei rischi?
Sì, ciò comportò anche dei problemi e questi problemi furono le eresie.
Nacquero delle eresie, come (ad esempio) i nicolaiti, il marcionismo, l'arianesimo, l'adozionismo, il paulicianesimo o i tondrachiani.
Il marcionismo fu ripreso anche dai nazisti, per distruggere il Cristianesimo e la Chiesa.
Queste eresie non furono tali per i riti.
I riti possono essere diversi 
Queste eresie furono tali perché intaccarono tutti gli aspetti più profondi della dottrina, mettendo in discussione i dogmi fondamentali, come la divinità di Gesù Cristo, il fatto che egli fosse morto e risorto, il suo essere stato ebreo o altri aspetti sensibili della fede.
Ancora oggi ci sono delle eresie e sono rappresentate da quelle idee che, ad esempio, tendono a fare apparire Gesù come un personaggio politico, svilendone, ad esempio, la sua divinità e quindi il suo essere al di sopra della politica.
Queste sono eresie molto sottili perché si annidano anche entro le mura della Chiesa, purtroppo.
Allora, noi fedeli dovremmo cercare di conoscere meglio ciò in cui noi crediamo.
Cordiali saluti.

PS. Oggi è la ricorrenza di San Marco e l'amico Giovanni Covino mi ha lasciato anche il ritratto agiografico di questo grande apostolo:



Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante. San Pietro, che lo chiama «figlio mio», lo ebbe certamente con sè nei viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l'apostolo Paolo, che incontrò nel 44, quando Paolo e Barnaba portarono a Gerusalemme la colletta della comunità di Antiochia. Al ritorno, Barnaba portò con sè il giovane nipote Marco, che più tardi si troverà al fianco di san Paolo a Roma. Nel 66 san Paolo ci dà l'ultima informazione su Marco, scrivendo dalla prigione romana a Timoteo: «Porta con te Marco. Posso bene aver bisogno dei suoi servizi». L'evangelista probabilmente morì nel 68.

Martirologio Romano: Festa di san Marco, Evangelista, che a Gerusalemme dapprima accompagnò san Paolo nel suo apostolato, poi seguì i passi di san Pietro, che lo chiamò figlio; si tramanda che a Roma abbia raccolto nel Vangelo da lui scritto le catechesi dell’Apostolo e che abbia fondato la Chiesa di Alessandria.



Il 25 aprile? Non è una festa per tutti!

Cari amici ed amiche.

Oggi, il 25 aprile e voglio fare una considerazione.
Io non sono fascista né ho simpatie fasciste o naziste.
Io sono, orgogliosamente, di destra, cattolico, anticomunista, anglofilo e filo-israeliano.
Eppure, c'è chi associa la destra al fascismo o (o peggio ancora) al nazismo ed il 25 aprile diventa l'occasione per rimarcare questo cosa.
Io, sinceramente, sono stufo di vedere certe manifestazioni in cui si bollano come "fascisti" coloro che, in qualche modo criticano il 25 aprile.
Io stesso posso provarlo.
Avendo espresso una critica sulla Resistenza, io sono stato bollato come fascista.
Non ho inneggiato al fascismo ma ho solo espresso un giudizio su un certo antifascismo che non combatteva per la libertà ma per altri scopi, ad esempio per portare il comunismo.
Io sono stato quasi accusato di apologia di fascismo.
Purtroppo, la storiografia è di parte.
Essa non guarda la storia da un punto di vista globale.
Ad esempio, perché non si parla dei partigiani della "Brigata Garibaldi" che uccidevano quelli cattolici in Emilia-Romagna?
Perché non si parla delle foibe?
Perché si continua a mitizzare le Resistenza, quasi come se fosse stata essa a liberare l'Italia, senza tenere conto del contributo anglo-americano?
I giovani americani, polacchi ed inglesi che morirono per liberare il nostro Paese devono valere meno dei partigiani?
In molti Comuni italiani, come qui a Roncoferraro (in Provincia di Mantova), si fanno tante celebrazioni ma credo che si debba smettere con certa retorica.
Il 25 aprile non è una festa per tutti.
Io non sono fascista ma non canto "Bella ciao" né porterei mai una falce ed un martello.
Cordiali saluti. 

martedì 24 aprile 2012

Europa, cresce la violenza contro i cristiani!

Cari amici ed amiche.

Con la foto qui sopra, c'è una foto molto eloquente che ho trovato su Facebook, sulla pagina della Chiesa cattolica.
La sua didascalia è molto eloquente:

"CRESCE IN EUROPA LA VIOLENZA CONTRO I CRISTIANI
21 aprile, 2012
Al crescere della secolarizzazione, si registrano sempre più casi d’intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa. La cosa positiva è invece che si verifica un crescente interesse dei media per questo a livello internazionale. È quanto emerge dal Rapporto 2011 pubblicato dall’Osservatorio sull’intolleranza e sulla discriminazione religiosa in Europa (Oidce), una Ong registrata in Austria, membro della piattaforma per i diritti fondamentali dell’Agenzia Ue in stretta collaborazione con l’Osce.

Analizzando diversi sondaggi sociologici, si è verificato che il 74% degli interpellati nel Regno Unito afferma che c’è più discriminazione negativa contro i cristiani che contro le persone di altre fedi, l’84% del crescente vandalismo in Francia è diretto contro i luoghi di culto cristiani. In Scozia, il 95% della violenza a sfondo religioso ha come obiettivo i cristiani. L’intolleranza riguarda: libertà di religione, libertà di espressione, libertà di coscienza, politiche discriminatorie, esclusione dei cristiani dalla vita politica e sociale, repressione dei simboli religiosi, insulto, diffamazione e stereotipi negativi, incidenti per odio, vandalismi e dissacrazione e, da ultimo, crimini di odio contro singoli individui.

Anche noi di UCCR, nel nostro piccolo, abbiamo segnalato casi del genere: in Spagna il 25 gennaio 2012 una marcia pro-life, con donne e bambini, è stata presa d’assalto da un gruppo di abortisti, gridando bestemmie, insulti e facendo gesti osceni. Lo stesso è accaduto in Svizzera nel novembre 2011, sempre qui, nell’aprile 2011, un ateo sbattezzato ha bruciato una chiesa. Tornando in Spagna, l’estate scorsa abbiamo documentato -con tanto di video- la “Manifestazione laica” in protesta della GMG 2011, durante la quale una folla di laicisti invasati ha picchiato, insultato, deriso e canzonato i pellegrini in arrivo a Madrid, mentre nel marzo 2011, il leader di un’associazione di “liberi pensatori” ha minacciato: «bruceremo le chiese e castigheremo i cattolici!». Nel settembre 2011 la SNAP, un’associazione anti-cattolica, ha denunciato Benedetto XVI alla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità, salvo poi ammettere di aver pubblicato informazioni false contro la Chiesa. Notizie false contro i cattolici sono state diffuse in Italia da parte del partito radicale e da parte dell’UAAR, come la finta lettera di mons. Levada o la vicenda dei Carmelitani di Treviso. L’associazione laicista e i suoi fans, oltre ad insultare quotidianamente i credenti sul loro sito, ha anche festeggiato per la morte di don Verzé, dei cristiani in Nigeria e del vaticanista Giancarlo Zizola.

Sempre in Italia, nel maggio 2011, un gruppo di femministe abortiste ha impedito la presentazione di un libro pro-life al Salone di Torino, una cosa simile è avvenuta nel giugno 2011 a Milano, quando un gruppo di omosessuali ha interrotto violentemente una messa. Gay, atei e femministe hanno fatto la stessa cosa nella cappella del campus di Somosaguas dell’Università Complutense di Madrid, spogliandosi e consumando rapporti sessuali/omosessuali sull’altare. Ricordiamo brevemente i continui insulti che arrivano dai fondamentalisti atei, come Piergiorgio Odifreddi, il quale gode per le bestemmie (solo se feriscono) e afferma che i medici cattolici sono persone malate di mente. Nell’ottobre scorso un gruppo di Black block a Roma ha distrutto una statua della Madonna, un crocifisso, ha devastato una sacrestia, scrivendo sui muri: “Jesus Christ supercazzola”.

Ma le stesse cose accadono anche negli USA: nel marzo 2011 una bomba amatoriale è stata lanciata contro un’attivista pro-life durante i “40 giorni per la vita”, il leader degli atei americani ha detto di voler vietare il festeggiamento del Natale, nel settembre 2011 un gruppo di atei californiani ha manifestato le proprio idee strappando pagine della Bibbia, mentre uno in Australia si è ripreso con la videocamera mentre ne bruciava le pagine. Nell’aprile 2011 è stato arrestato Teodore Shulman, un ateo attivista che da tempo minacciava di morte gli attivisti pro-life. Per non parlare del recentissimo raduno di atei, durante il quale Richard Dawkins ha letteralmente invitato a “deridere” e “ridicolizzare” pubblicamente i credenti.

Non volendo fare di tutta l’erba un fascio, occorre dire che diversi non credenti hanno stigmatizzato queste intolleranze, come lo scrittore Alain de Botton, il quale intende proprio combattere l’ateismo aggressivo: «A causa di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, l’ateismo è diventato noto solo come una forza distruttiva», ha affermato. Una cosa simile è stata detta dal sociologo Frank Furedi, secondo cui «l’ateismo è diventato a tutti gli effetti una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica», vera minaccia per la realizzazione del potenziale umano. Il fisico Alan Lightman, rivolgendosi ai leader dell’anti-teismo inglesi, ha detto che «gli atei dovrebbero rispettare i credenti». Anche in Italia, ad accorgersene, è stato un semplice blogger non credente, che ha titolato il suo articolo: “La Dittatura degli Atei (una repressione religiosa)“. Il filosofo Bernard-Henri Lévy ha scritto che: «oggi i cristiani formano, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata». Il sociologo Philip Jenkis ha scritto il libro: «Il nuovo anticattolicesimo: l’unico pregiudizio ammesso» (Oxford University Press 2003).

Era comunque già tutto previsto: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 17 18 20)
."

Purtroppo, sta crescendo sempre più l'intolleranza contro i cristiani.
Riguardo a don Verzè, ci sono state manifestazioni di intolleranza anche su questo blog.
Leggete i commenti agli articoli intitolati "Messaggio di cordoglio per don Verzè", "Caso don Giorgio, nuovi sviluppi" e "Caso don Giorgio, un esempio di prete che non fa un buon servizio alla Chiesa." .
Purtroppo, il Cristianesimo e la Chiesa sono sempre più sotto attacco.
L'Europa, terra che si forgiò nel sangue di Cristo, è diventata una terra in cui il Cristianesimo è diventato quasi una "religio illicita".
Prima ci furono il nazismo ed comunismo a tentare di distruggere la religione cristiana.
Ora, ci sono le dottrine relativiste, le dottrine del "fai ciò che vuoi sempre".
Certo, queste idee sono comunque legate al marxismo e a tutte le ideologie nichiliste.
Secondo queste ideologie, come scrisse il buon Plinio Correa de Oliveira sul libro "Rivoluzione e Contro-rivoluzione", fanno sì che l'uomo dica di non credere in Dio ma che, nei fatti,  sia egli stesso a credersi Dio.
L'anticattolicesimo (per non parlare di cristianofobia) si sta propagando in tutti i livelli della società europea ed anche nei mass media.
Per esempio, la vicenda dei preti pedofili è stata ingigantita e strumentalizzata dai mass media.
Intendiamoci, i preti pedofili ci sono (e vanno condannati) ma sono solo una minoranza.
Eppure, i mass media hanno ingigantito la cosa a tal punto da fare sembrare la pedofilia una pratica diffusa tra gli uomini di Chiesa.
Anche la vicenda ungherese è nota.
In Ungheria, infatti, è stata fatta una Costituzione che riconosce il Cristianesimo come valore fondante del Paese magiaro.
I mass media non fanno altro che parlare di "deriva oltranzista" dell'Ungheria.
Purtroppo, compaiono sempre di più "opere d'arte" (se così vogliamo chiamarle)  blasfeme (come la "Rana crocifissa" che fu esposta a Bolzano), lo spettacolo di Romeo Castellucci o il film "Dagon-la mutazione del male".
In quest'ultimo si spaccano le statue del Sacro Cuore, del Crocifisso e della Vergine Maria.
Oltre a ciò, in alcuni Paesi, come i Paesi scandinavi e la Francia, c'è una proliferazione di sette sataniche che arrivano anche a bruciare le chiese.
Termino facendo un'ultima considerazione.
Guarda caso, con la cristianofobia, sta crescendo anche l'antisemitismo.
Qualcuno rifletta su situazione è inquietante.
Cordiali saluti.



Violenza nella scuola? E' emergenza!

Cari amici ed amiche.

Guardate il video qui sopra.
Esso mostra uno spezzone del telegiornale "Studio Aperto"  che mostra i fatti di un asilo di Pistoia, l'Asilo "Cip e Ciop".
In questo asilo avvenivano situazioni allucinanti.
I bambini venivano picchiati dalle maestre.
Ora, la violenza nelle scuole è un fenomeno che sta crescendo in modo sempre più preoccupante.
Ci sono sempre più casi di bullismo e sempre più casi di maestri che picchiano gli alunni.
Questo è preoccupante.
Sicuramente, la vita attuale è più stressante.
Tuttavia, ciò non giustifica questa violenza.
Io trovo giusto che un insegnante che non è in grado di reggere la tensione sia rimosso.
La violenza chiama violenza.
Un bambino che ha conosciuto la violenza rimarrà segnato per tutta la vita e potrebbe diventare a sua volta violento.
La violenza è cosa brutta, anche perché svilisce chi la pratica ed umilia chi la subisce.
Io so cosa vogliono dire certe cose.
Quando andavo all'asilo, io avevo avevo avuto a che fare con una maestra violenta che picchiava i bambini.
Questa persona non avrebbe potuto insegnare eppure era lì.
Ella aveva picchiato anche me.
Io ero così terrorizzato che non volevo andare più all'asilo.
I miei genitori avevano iniziato a protestare ed altri li seguirono e la maestra veniva così rimossa.
Ora, per quegli insegnanti che sentono di non potere reggere la tensione vi sono dei centri di ascolto.
Uno di questi è il centro di ascolto "Diesse Lombardia".
Questi centri aiutano anche quelle persone affette da Sindrome di Burnout.
Certe cose devono essere prevenute.
I bambini devono essere educati e non maltrattati.
Cordiali saluti.

CARO BENITO SE NON TI FOSSI ALLEATO CON ADOLF...

Cari amici ed amiche.

Domani sarà il 25 aprile, la "Festa della Liberazione", una festa su cui ho molti dubbi.
Voglio esprimere delle considerazioni a riguardo.
Se oggi noi ci troviamo di fronte ad un'egemonia della sinistra negli ambienti culturali, la colpa fu di una scelta scellerata operata Benito Mussolini. La scelta scellerata in questione fu quella di allearsi con la Germania di Adolf Hitler.
Quell'alleanza fu un vero e proprio patto faustiano che portò l'Italia alla catastrofe.
Eppure, il duce avrebbe potuto evitarla.
Prima che avesse sancito il "Patto di Acciaio" (22 maggio 1939), ci furono già degli avvicinamenti tra Italia e Germania. Un esempio fu rappresentato dalle vergognose, esecrabili ed indecenti Leggi Razziali del 1935. Eppure, negli anni '20, l'Italia fu prossima ad allearsi con il Regno Unito.
Anzi, il Primo Ministro Winston Churchill voleva trattare con Mussolini e, se questo trattato fosse andato in porto, l'Italia avrebbe avuto Malta in cambio dell'Abissinia ed altri vantaggi.
Ciò sarebbe stato molto vantaggioso per il nostro Paese.
In primo luogo, l'Italia avrebbe avuto Malta, che per gli Inglesi era un impiccio.
I maltesi sarebbero stati ben felici di essere annessi all'Italia.
In secondo luogo, il Regno Unito avrebbe avuto l'Abissinia, che per l'Italia era una spina nel fianco , poiché la guerra che fu nel 1935 tolse molte risorse al nostro Paese.
In terzo luogo, l'Italia sarebbe stata sempre dalla parte dei vincitori.
Hitler non avrebbe mai potuto vincere.
Egli, infatti, voleva distruggere ed assoggettare tutto.
Ora, un piano simile fu attuato anche da Napoleone Bonaparte e la storia andò nel modo che tutti noi conosciamo.
Se Mussolini si fosse alleato con il Regno Unito, non ci sarebbero stati i fatti dell'8 settembre del 1943 e l'Italia sarebbe stata tra i vincitori ed avrebbe avuto condizioni molto vantaggiose.
Ad esempio, sapete che l'Italia ha parecchie riserve di petrolio e che non può usarle proprio perché uscì sconfitta dalla II Guerra Mondiale?
Invece, purtroppo, il 22 maggio 1939 l'Italia si alleò con la Germania nazista e con essa condivise il triste e tristo destino.
Mussolini dimostrò di non essere stato lungimirante e si lasciò impressionare dalla Germania.
Se io fossi stato al suo posto, avrei detto un bel no al folle di Braunau e al suo diabolico progetto.
Il prezzo che pagammo noi italiani fu elevato.
In primo luogo, tanti nostri connazionali (ebrei e non) dovettero scappare o finirono nei lager nazisti.
Inoltre, l'8 settembre 1943, il nostro Paese dovette arrendersi a coloro che sarebbero stati suoi alleati, se non si fosse alleato con la Germania.
Questa resa avvenne con condizioni svantaggiose per l'Italia.
Inoltre, questa scelta scellerata e le sue conseguenze aprirono la strada all'egemonia culturale della sinistra (e in particolare dei comunisti che si eressero come "liberatori dell'Italia") e crearono forti pregiudizi verso quelle ideologie che in altri Paesi sono più che legittime.
Ecco cosa portò quella scelta scellerata di Mussolini.
Cordiali saluti. 





 


La strage dimenticata - Il 24 aprile 1915 iniziò il genocidio degli armeni. di Luca Mazzucco

Cari amici ed amiche.

Leggete la nota di Luca Mazzucco e messa su Facebook dal gruppo "Fermiamo la persecuzione dei cristiani nel mondo".
Ringrazio l'amico Angelo Fazio che l'ha portata alla mia attenzione.
Essa recita:

"GENOCIDIO DEGLI ARMENI

I – Introduzione

L'impero ottomano alla fine del XIX secolo, è uno stato in disfacimento, la corruzione serpeggia in ogni angolo dell'impero, che in breve tempo ha visto scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, degli stati nazionali balcanici. I turchi, che si erano installati nell'Anatolia greco-armena di cultura millenaria, paventano la possibilità di rivendicazioni sulle coste dell'Asia Minore (Smirne e Costantinopoli) e soprattutto la nascita di una Nazione Armena.



II – La Strage Del 1894-1897



Quando Abdul Hamid sale al trono, nel 1886, l'impero ottomano conta grandi minoranze cristiane. I turchi e le popolazioni assimilate non riescono a raggiungere il 40% dell'intera popolazione anatolica. In Asia Minore le minoranze etniche sono costituite da greci, armeni ed assiri. Gli armeni sono concentrati nell'est dell'impero dove, già dall'indipendenza greca 1821, la Sublime Porta (sultanato) ha fatto insediare tutti i musulmani dei territori ottomani che via via venivano persi. Gli armeni non richiedono l'indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi. Le conseguenze per l'impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dalla tradizionale politica filo turca del suo paese, fa sì che non si venga a formare uno stato armeno libero ma solo che vengano garantiti i diritti personali dei singoli. L'Inghilterra ottiene l'isola di Cipro. Il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena e la ulteriore perdita di territori, dà inizio alle repressioni.

Intanto in Armenia si sviluppano partiti rivoluzionari clandestini ma Hamid, preoccupato dall'attivismo armeno ed anche dallo sviluppo economico che questo popolo sta vivendo, decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere punendo la popolazione armena con l'esecuzione di 200.000 armeni (300.000 secondo altre fonti) nel periodo compreso tra il 1895 ed il 1897 ad opera degli Hamidiés (battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano). Tutto questo avviene sotto gli occhi delle potenze europee che, come spesso faranno anche in futuro. La reazione armena consiste nell'intraprendere la guerriglia e nella creazione della Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dashnak (la quale ebbe buoni rapporti con i Giovani Turchi, fino poco prima del 1914), con basi nella vicina Armenia Russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali. A causa delle persecuzioni si assiste ad una forte ondata emigratoria. E' l'inizio di una serie di massacri che durerà, in maniera più o meno forte, per trent'anni sotto tre regimi turchi diversi



III – Il Programma Dei Giovani Turchi



L’Armenia durante la Grande Guerra è contesa da tre forze: Le Potenze imperialiste: che vogliono preservare le loro zone d’influenza; i nazionalisti turchi: che mirano all’utopia del “panturchismo”o del Turanismo (ideologia che si basa sulla convinzione che, quando tutti i popoli di lingua turca saranno uniti in una stessa entità nazionale estesa dall'Asia Centrale al Mediterraneo, ritornerà l'età dell'oro in cui Turan, l'antenato dei Turchi, lottava contro Ario, l'antenato degli ariani, estendeva il suo dominio su tutta l'Asia.). Ruolo fondamentale è svolto dai Giovani Turchi. Dal 1904 al 1914 i G.T. dedicano ogni sforzo oltre a mantenere l’unità e l’esistenza del loro partito anche ad accrescere la loro influenza. La presa di coscienza politica e l’influenza di intellettuali provenienti soprattutto dalla Russia, portano a una mutazione ideologica: i dirigenti dell’ITTIHAD EV TERAKKI (partito dei giovani turchi )prendono come prospettiva una grande unificazione dei turchi. I G.T. avevo ripreso dal marxismo il concetto stesso di uguaglianza, ma concepita in guisa che per essere tutti uguali, tutti devono essere ottomani e per essere tutti ottomani bisogna essere tutti turchi e musulmani. Dalla constatazione dell'impossibilità del mantenimento e dell'espansione dei domini europei, essi rivolgono la loro attenzione ai turchi delle steppe dell'Asia centrale e mirano al ricongiungimento con essi per dare vita ad un entità panturca che possa andare dal Bosforo alla Cina. Gli ostacoli, che si frappongono a queste mire di formazione di un blocco turco, panturanico, sono costituiti da armeni e curdi: i G.T. però, pensano che poiché i curdi sono musulmani e non posseggono una forte cultura allora sono facilmente assimilabili. Gli armeni, oltre a essere cristiani malgrado le molte e spietate persecuzioni, posseggono anche una cultura millenaria, professano un’altra religione, hanno una loro lingua ed un loro alfabeto, non possono essere assimilati ed inoltre la loro presenza impedisce l'unificazione con gli altri turchi. Vanno quindi eliminati.



IV – Cause Immediate Del Genocidio



L’accordo firmato l’8 febbraio 1914, tra Russia e Turchia, aveva creato due province armene in Anatolia. L’una riuniva i distretti amministrativi di Trebisonda, Sivas ed Erzurum, l’altra quelli di Van Bitlis, Harput e Diyarbakir. Ogni provincia doveva essere sotto l’autorità civile di un ispettore generale straniero incaricato di sorvegliare l’esecuzione delle riforme. I titolari incaricati non occuparono mai i loro incarichi. Quest’accordo sembrava segnare l’inizio di un’alleanza fra Russia e Turchia. In maggio l’Ittihad controllava per la prima volta il governo: capo del ministero Said Halim, con Talaad agli Interni, Enver alla Guerra, Cemal alla marina. Le passioni anti-armene, rianimate dall’accordo russo-turco sulle riforme, si esasperarono con lo scoppio della Prima guerra mondiale. Benché un patto segreto fosse stato firmato il 2 agosto fra l’ambasciatore tedesco Wangenheim e Said Halim, il governo ottomano non fu affatto frettoloso di convalidarlo. Dopo le numerose pressioni da parte della Germania, la Turchia si schiera con le Potenze centrali e allinea sulla frontiera russa 200.000 soldati regolari. Questo esercizio si trova in un Paese abitato da armeni e la loro presenza è sempre più percepita dai turchi come una sfida. Tre avvenimenti, di diversa natura, contribuiscono a rafforzare questa da parte degli unionisti.

1. Congresso di Erzurum.

L’VIII congresso del partito dashnak o FRA (Federazione Rivoluzionaria Armena) è convocato a Erzurum mentre la guerra incombe per decidere come comportarsi in seguito allo spiegamento di forze da parte dei turchi. Questi ultimi facendo giungere una loro delegazione, propongono che, in caso di guerra con la Russia, la FRA provochi una rivolta degli armeni di Russia per facilitare la penetrazione dell’esercito turco in Transcaucasia, la Turchia prometteva come ricompensa la formazione di uno stato autonomo che comprendeva l’Armenia russa e distretti di Erzurum, Van e Bitlis. I tre responsabili armeni (Vramian, Rostom e Aknuni) rigettano questa proposta e sottolineano la neutralità del loro partito ma garantiscono la lealtà degli armeni nel caso in cui il conflitto raggiungesse la Turchia (difatti quando i cittadini ottomani vengono mobilitati, molti armeni confluirono nell’esercito).

2. Volontari armeni in Russia.

Con l’entrata in guerra della Russia, molti armeni vennero arruolati come cittadini russi e spediti sul fronte europeo. In previsione di un conflitto con la Turchia, il vicerè del Caucaso suggerisce all’Ufficio nazionale armeno di Tiflis di creare corpi di volontari analoghi a quelli che avevano aiutato i russi durante le guerre precedenti contro la Turchia. Tiflis diventa allora il centro di una violenta sommossa anti-turca e, benché l’Ittihad sfrutterà la formazione di questi corpi per perseguitare gli armeni di Turchia, i volontari affluiscono formando quattro gruppi di circa 1000 uomini ciascuno col compito di guidare le truppe russe tra le montagne armene.

3. La Disfatta di Sarikamis.

Al momento della dichiarazione di guerra, i russi attraversano la frontiera e si scontrano con la violenta resistenza turca. Enver, nominato generalissimo si reca ad Erzurum, nel quartier generale della terza armata e prepara le truppe. I turchi attaccano il 22 dicembre e riescono a isolare Sarikamis. Il comandante in capo russo ordina una ritirata generale ma le truppe si rifiutano di obbedire all’ordine e in gennaio ci fu il contrattacco, a causa della leggerezza commessa dal generalissimo Enver di non premunirsi contro il rigido inverno dell’altopiano armeno, l’esercito turco cade: 90.000 morti 12.000 prigionieri. Ciò che resta dell’armata ritorna verso i distretti orientali, tallonata dalle truppe russe che penetrano profondamente nelle provincie di Erzurum e minacciano Van. Nelle provincie armene, divenute teatro di guerra, la ritirata turca fu accompagnata da massacri di armeni.

Gli armeni furono designati come i principali responsabili della disfatta turca. Alla fine di gennaio i soldati e le guardie armene sono privati delle loro armi, riuniti in gruppetti, dai 50 ai 100 uomini, in battaglioni da lavoro e impiegati nella costruzione di strade o costretti a pesanti turni di facchinaggio. Questi gruppi sono progressivamente giustiziati in luoghi isolati. Allo stesso tempo i funzionari armeni sono congedati.







V – Deportazione Degli Armeni



Nel marzo 1915 la pressione della flotta anglo-francese nei Dardanelli si allenta, questa tregua è sfruttata dall’Ittihad per far scattare l’operazione di deportazione degli armeni. La dichiarazione della Guerra Santa (Djihad) alla fine di novembre, il caos causato dalla ritirata dell’armata turca, l’eliminazione dei soldati armeni, danno in pasto ad una popolazione musulmana sovraeccitata i civili armeni. Non si assiste a massacri ma all’esecuzione di un piano in cui le fasi si succedono rigorosamente. La deportazione ha inizio a Zeythun, nei primi giorni d’aprile. Le case vengono vuotate degli abitanti e i convogli sono diretti verso Konya e Deir-es-Zor. L’ordine di deportazione è esteso ai villaggi di montagna dell’Amano e del Tauro. La deportazione, quindi, inizia in aprile in una regione lontana dal fronte.

Il pretesto per generalizzarla e ufficializzarla è fornito dalla resistenza degli armeni di Van. Cevded, cacciato dalla Persia, dove aveva fatto massacrare gli abitanti cristiani, torna a Van all’inizio di aprile e devasta i villaggi armeni sul suo cammino facendo anche assassinare due capi Dashnak: Vramian e Ishchan e accerchia il quartiere armeno. Gli armeni di Van organizzano un’autodifesa. Nel frattempo l’armata russa, guidata dagli armeni, infligge una grave sconfitta ai turchi prendendo Van il 18 maggio. Gli armeni di Van fuggono così dallo sterminio. Sabato 24 aprile 1915, una vasta razzia porta al’arresto di intellettuali e notabili armeni. Per tentare di giustificare questi arresti, il comitato Unione e Progresso, adduce un vasto complotto armeno e costruisce pure un falso processo, che termina con l’impiccagione di attivisti che si trovano in carcere da più di un anno. Il 24 aprile è la data che inaugura ufficialmente la deportazione ed usata come data commemorativa dell’olocausto. Lo stesso giorno il governo ordina di deportare gli armeni dai dipartimenti amministrativi orientali. Dal momento che il dipartimento di Van è in corso di occupazione da parte dei russi, il provvedimento si applica solo ai sei dipartimenti di Trebisonda, Erzurum, Bitlis, Diyarbekir, Harput e Sivas. Viene messa in atto una complessa burocrazia, gli uomini di fiducia del partito ricevono da Costantinopoli le direttive , le trasmettono sul posto a chi di competenza dando loro un potere discrezionale.



Dentro ogni città, in ogni borgo, alla data prestabilita, l’ordine di deportazione è annunciato o affisso. Le famiglie dispongono di qualche ora o di due o tre giorni per raccogliere alcuni effetti personali; i beni vengono sequestrati, distrutti o venduti all’asta a prezzi risibili. Preliminarmente i notabili, i membri dei partiti armeni e gli uomini giovani sono arrestati, costretti a firmare false confessioni e poi discretamente liquidati a piccoli gruppi in luoghi deserti. Sono dunque convogli di donne, vecchi e bambini che prendono la strada della deportazione. Nei villaggi la è spesso totale: i beni rubati, le famiglie massacrate, le case incendiate. Sulle rive del Mar Nero e lungo il Tigri, vicino a Diyarbekir, imbarcazioni cariche di vittime vengono colate a picco. Dal maggio al giugno del 1915, le province armene sono devastate da soldati e guardie turche, le bande di cete e dell’OS e la popolazione messa in subbuglio dalla proclamazione del Djihad. La caccia all’armeno è aperta. Ognuno può, in tutta impunità, rubare, saccheggiare, bruciare, torturare, mutilare, assassinare. Il solo crimine punibile consiste nel proteggere o nascondere un armeno.



Dinanzi a questa follia, l’operazione non può essere mantenuta segreta. Avvertite dai missionari e dai consoli tedeschi o neutrali, le nazioni dell’Intesa intimano al governo turco, fin dal 24 maggio, di porre fine a questi massacri e ne rendono personalmente responsabili i membri del governo e gli esecutori, anche il Papa Benedetto XV interviene a tal proposito ma ormai i turchi avevano proclamato la guerra santa. Questo ha l’effetto di costringere la Turchia a togliere a ufficializzare con alcuni decreti, qualche giorno più tardi, l’ordine di deportazione, prendendo a pretesto la collaborazione degli armeni con il nemico, il sabotaggio e le azioni terroristiche, accuse che non saranno mai dimostrate.

Dei 1.200.000 armeni che abitavano i distretti orientali, solo300.000 hanno il potuto raggiungere il Caucaso con il favore dell’occupazione russa.



VI – Consumazione Del Genocidio



Alla fine del luglio 1915 , il governo passa alla seconda fase del programma: l’evacuazione degli armeni d’Anatolia e di Cilicia, ovvero le zone più lontane dal fronte, dove la presenza degli armeni non poteva essere considerata come un pericolo per l’esercito turco. E’ li che la deportazione cessa di essere uno sterminio travestito per divenire un vero trasferimento di popolazione. Le sono trasportate in treno, a loro spese. Dal momento che il traforo dei tunnel dell’Amano e del Turano non è ancora terminato, i deportati devono percorrere a piedi le regioni montuose. La congestione del passaggio è tale, che campi improvvisati sono disposti lungo la linea ferroviaria. Dentro ciascuno di essi si ammucchiano dai 20.000 ai 70.000 deportati, denutriti, colpiti dal tifo e dalla dissenteria. In Siria vengono costruiti veri e propri campi di concentramento, lungo l’Eufrate, invece, gli armeni sono ammassati all’aperto, quasi senza vestiti, nutriti a malapena. La deportazione è portata a termine negli ultimi mesi del 1915. dal marzo all’agosto del 1916 vengono inviati ordini da Costantinopoli affinché siano liquidati gli ultimi sopravvissuti che si trovano nei campi lungo la ferrovia dell’Eufrate. Pochi sono i sopravvissuti armeni: oltre a quelli che hanno trovato riparo in russia, molti sono stati salvati da missioni americane, dal nunzio apostolico e da stessi funzionari turchi. in totale, tenuto conto dei rifugiati in Russia, vengono risparmiati dal genocidio 600.000 armeni, alla fine del 1916, su una popolazione che secondo le statistiche era stimata, nel 1914, tra 1.800.000 e 2.100.000 unità.





Fonte principale:

“Storia Degli Armeni” a cura di Gèrard Dèdèyan 2002

Altre fonti:

http://freeweb.dnet.it/liberi/genoc_armeno/genoc_arm.htm. "










Fondamentalmente, tra i Turchi, che nel 1915 fecero questo genocidio armeno,  ed i Tedeschi,  che durante il nazismo fecero la Shoah,  non ci fu nessuna differenza.
Il termine "genocidio" significa "eliminare un determinato gruppo di per la sua lingua, la sua etnia, la sua religione o le sue idee".
Quello che successe in Armenia non fu altro che un genocidio.
I Turchi volevano eliminare fisicamente gli Armeni, il più antico popolo cristiano.
L'Impero Ottomano di allora era in crisi e stava nascendo la nuova Repubblica Turca.
Quest'ultima, aveva fondamentalmente due caratteristiche, la laicità (che comunque fu esteriore) ed il nazionalismo (che invece fu forte e palese).
Gli Armeni, profondamente cristiani e fieri della propria identità, cozzavano con quell'idea di Stato.
Da qui nacquero quegli orrori.
La negazione di questi orrori porta solo odio e non riconciliazione.
Cordiali saluti.

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AstraZeneca ha ritirato il suo vaccino anti-Covid

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".