Cari amici ed amiche.
Oggi, il 25 aprile e voglio fare una considerazione.
Io non sono fascista né ho simpatie fasciste o naziste.
Io sono, orgogliosamente, di destra, cattolico, anticomunista, anglofilo e filo-israeliano.
Eppure, c'è chi associa la destra al fascismo o (o peggio ancora) al nazismo ed il 25 aprile diventa l'occasione per rimarcare questo cosa.
Io, sinceramente, sono stufo di vedere certe manifestazioni in cui si bollano come "fascisti" coloro che, in qualche modo criticano il 25 aprile.
Io stesso posso provarlo.
Avendo espresso una critica sulla Resistenza, io sono stato bollato come fascista.
Non ho inneggiato al fascismo ma ho solo espresso un giudizio su un certo antifascismo che non combatteva per la libertà ma per altri scopi, ad esempio per portare il comunismo.
Io sono stato quasi accusato di apologia di fascismo.
Purtroppo, la storiografia è di parte.
Essa non guarda la storia da un punto di vista globale.
Ad esempio, perché non si parla dei partigiani della "Brigata Garibaldi" che uccidevano quelli cattolici in Emilia-Romagna?
Perché non si parla delle foibe?
Perché si continua a mitizzare le Resistenza, quasi come se fosse stata essa a liberare l'Italia, senza tenere conto del contributo anglo-americano?
I giovani americani, polacchi ed inglesi che morirono per liberare il nostro Paese devono valere meno dei partigiani?
In molti Comuni italiani, come qui a Roncoferraro (in Provincia di Mantova), si fanno tante celebrazioni ma credo che si debba smettere con certa retorica.
Il 25 aprile non è una festa per tutti.
Io non sono fascista ma non canto "Bella ciao" né porterei mai una falce ed un martello.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
Il mio libro
Il mio libro
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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mercoledì 25 aprile 2012
martedì 24 aprile 2012
Europa, cresce la violenza contro i cristiani!
Cari amici ed amiche.
Con la foto qui sopra, c'è una foto molto eloquente che ho trovato su Facebook, sulla pagina della Chiesa cattolica.
La sua didascalia è molto eloquente:
"CRESCE IN EUROPA LA VIOLENZA CONTRO I CRISTIANI
21 aprile, 2012
Al crescere della secolarizzazione, si registrano sempre più casi d’intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa. La cosa positiva è invece che si verifica un crescente interesse dei media per questo a livello internazionale. È quanto emerge dal Rapporto 2011 pubblicato dall’Osservatorio sull’intolleranza e sulla discriminazione religiosa in Europa (Oidce), una Ong registrata in Austria, membro della piattaforma per i diritti fondamentali dell’Agenzia Ue in stretta collaborazione con l’Osce.
Analizzando diversi sondaggi sociologici, si è verificato che il 74% degli interpellati nel Regno Unito afferma che c’è più discriminazione negativa contro i cristiani che contro le persone di altre fedi, l’84% del crescente vandalismo in Francia è diretto contro i luoghi di culto cristiani. In Scozia, il 95% della violenza a sfondo religioso ha come obiettivo i cristiani. L’intolleranza riguarda: libertà di religione, libertà di espressione, libertà di coscienza, politiche discriminatorie, esclusione dei cristiani dalla vita politica e sociale, repressione dei simboli religiosi, insulto, diffamazione e stereotipi negativi, incidenti per odio, vandalismi e dissacrazione e, da ultimo, crimini di odio contro singoli individui.
Anche noi di UCCR, nel nostro piccolo, abbiamo segnalato casi del genere: in Spagna il 25 gennaio 2012 una marcia pro-life, con donne e bambini, è stata presa d’assalto da un gruppo di abortisti, gridando bestemmie, insulti e facendo gesti osceni. Lo stesso è accaduto in Svizzera nel novembre 2011, sempre qui, nell’aprile 2011, un ateo sbattezzato ha bruciato una chiesa. Tornando in Spagna, l’estate scorsa abbiamo documentato -con tanto di video- la “Manifestazione laica” in protesta della GMG 2011, durante la quale una folla di laicisti invasati ha picchiato, insultato, deriso e canzonato i pellegrini in arrivo a Madrid, mentre nel marzo 2011, il leader di un’associazione di “liberi pensatori” ha minacciato: «bruceremo le chiese e castigheremo i cattolici!». Nel settembre 2011 la SNAP, un’associazione anti-cattolica, ha denunciato Benedetto XVI alla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità, salvo poi ammettere di aver pubblicato informazioni false contro la Chiesa. Notizie false contro i cattolici sono state diffuse in Italia da parte del partito radicale e da parte dell’UAAR, come la finta lettera di mons. Levada o la vicenda dei Carmelitani di Treviso. L’associazione laicista e i suoi fans, oltre ad insultare quotidianamente i credenti sul loro sito, ha anche festeggiato per la morte di don Verzé, dei cristiani in Nigeria e del vaticanista Giancarlo Zizola.
Sempre in Italia, nel maggio 2011, un gruppo di femministe abortiste ha impedito la presentazione di un libro pro-life al Salone di Torino, una cosa simile è avvenuta nel giugno 2011 a Milano, quando un gruppo di omosessuali ha interrotto violentemente una messa. Gay, atei e femministe hanno fatto la stessa cosa nella cappella del campus di Somosaguas dell’Università Complutense di Madrid, spogliandosi e consumando rapporti sessuali/omosessuali sull’altare. Ricordiamo brevemente i continui insulti che arrivano dai fondamentalisti atei, come Piergiorgio Odifreddi, il quale gode per le bestemmie (solo se feriscono) e afferma che i medici cattolici sono persone malate di mente. Nell’ottobre scorso un gruppo di Black block a Roma ha distrutto una statua della Madonna, un crocifisso, ha devastato una sacrestia, scrivendo sui muri: “Jesus Christ supercazzola”.
Ma le stesse cose accadono anche negli USA: nel marzo 2011 una bomba amatoriale è stata lanciata contro un’attivista pro-life durante i “40 giorni per la vita”, il leader degli atei americani ha detto di voler vietare il festeggiamento del Natale, nel settembre 2011 un gruppo di atei californiani ha manifestato le proprio idee strappando pagine della Bibbia, mentre uno in Australia si è ripreso con la videocamera mentre ne bruciava le pagine. Nell’aprile 2011 è stato arrestato Teodore Shulman, un ateo attivista che da tempo minacciava di morte gli attivisti pro-life. Per non parlare del recentissimo raduno di atei, durante il quale Richard Dawkins ha letteralmente invitato a “deridere” e “ridicolizzare” pubblicamente i credenti.
Non volendo fare di tutta l’erba un fascio, occorre dire che diversi non credenti hanno stigmatizzato queste intolleranze, come lo scrittore Alain de Botton, il quale intende proprio combattere l’ateismo aggressivo: «A causa di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, l’ateismo è diventato noto solo come una forza distruttiva», ha affermato. Una cosa simile è stata detta dal sociologo Frank Furedi, secondo cui «l’ateismo è diventato a tutti gli effetti una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica», vera minaccia per la realizzazione del potenziale umano. Il fisico Alan Lightman, rivolgendosi ai leader dell’anti-teismo inglesi, ha detto che «gli atei dovrebbero rispettare i credenti». Anche in Italia, ad accorgersene, è stato un semplice blogger non credente, che ha titolato il suo articolo: “La Dittatura degli Atei (una repressione religiosa)“. Il filosofo Bernard-Henri Lévy ha scritto che: «oggi i cristiani formano, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata». Il sociologo Philip Jenkis ha scritto il libro: «Il nuovo anticattolicesimo: l’unico pregiudizio ammesso» (Oxford University Press 2003).
Era comunque già tutto previsto: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 17 18 20)."
Purtroppo, sta crescendo sempre più l'intolleranza contro i cristiani.
Riguardo a don Verzè, ci sono state manifestazioni di intolleranza anche su questo blog.
Leggete i commenti agli articoli intitolati "Messaggio di cordoglio per don Verzè", "Caso don Giorgio, nuovi sviluppi" e "Caso don Giorgio, un esempio di prete che non fa un buon servizio alla Chiesa." .
Purtroppo, il Cristianesimo e la Chiesa sono sempre più sotto attacco.
L'Europa, terra che si forgiò nel sangue di Cristo, è diventata una terra in cui il Cristianesimo è diventato quasi una "religio illicita".
Prima ci furono il nazismo ed comunismo a tentare di distruggere la religione cristiana.
Ora, ci sono le dottrine relativiste, le dottrine del "fai ciò che vuoi sempre".
Certo, queste idee sono comunque legate al marxismo e a tutte le ideologie nichiliste.
Secondo queste ideologie, come scrisse il buon Plinio Correa de Oliveira sul libro "Rivoluzione e Contro-rivoluzione", fanno sì che l'uomo dica di non credere in Dio ma che, nei fatti, sia egli stesso a credersi Dio.
L'anticattolicesimo (per non parlare di cristianofobia) si sta propagando in tutti i livelli della società europea ed anche nei mass media.
Per esempio, la vicenda dei preti pedofili è stata ingigantita e strumentalizzata dai mass media.
Intendiamoci, i preti pedofili ci sono (e vanno condannati) ma sono solo una minoranza.
Eppure, i mass media hanno ingigantito la cosa a tal punto da fare sembrare la pedofilia una pratica diffusa tra gli uomini di Chiesa.
Anche la vicenda ungherese è nota.
In Ungheria, infatti, è stata fatta una Costituzione che riconosce il Cristianesimo come valore fondante del Paese magiaro.
I mass media non fanno altro che parlare di "deriva oltranzista" dell'Ungheria.
Purtroppo, compaiono sempre di più "opere d'arte" (se così vogliamo chiamarle) blasfeme (come la "Rana crocifissa" che fu esposta a Bolzano), lo spettacolo di Romeo Castellucci o il film "Dagon-la mutazione del male".
In quest'ultimo si spaccano le statue del Sacro Cuore, del Crocifisso e della Vergine Maria.
Oltre a ciò, in alcuni Paesi, come i Paesi scandinavi e la Francia, c'è una proliferazione di sette sataniche che arrivano anche a bruciare le chiese.
Termino facendo un'ultima considerazione.
Guarda caso, con la cristianofobia, sta crescendo anche l'antisemitismo.
Qualcuno rifletta su situazione è inquietante.
Cordiali saluti.
Con la foto qui sopra, c'è una foto molto eloquente che ho trovato su Facebook, sulla pagina della Chiesa cattolica.
La sua didascalia è molto eloquente:
"CRESCE IN EUROPA LA VIOLENZA CONTRO I CRISTIANI
21 aprile, 2012
Al crescere della secolarizzazione, si registrano sempre più casi d’intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa. La cosa positiva è invece che si verifica un crescente interesse dei media per questo a livello internazionale. È quanto emerge dal Rapporto 2011 pubblicato dall’Osservatorio sull’intolleranza e sulla discriminazione religiosa in Europa (Oidce), una Ong registrata in Austria, membro della piattaforma per i diritti fondamentali dell’Agenzia Ue in stretta collaborazione con l’Osce.
Analizzando diversi sondaggi sociologici, si è verificato che il 74% degli interpellati nel Regno Unito afferma che c’è più discriminazione negativa contro i cristiani che contro le persone di altre fedi, l’84% del crescente vandalismo in Francia è diretto contro i luoghi di culto cristiani. In Scozia, il 95% della violenza a sfondo religioso ha come obiettivo i cristiani. L’intolleranza riguarda: libertà di religione, libertà di espressione, libertà di coscienza, politiche discriminatorie, esclusione dei cristiani dalla vita politica e sociale, repressione dei simboli religiosi, insulto, diffamazione e stereotipi negativi, incidenti per odio, vandalismi e dissacrazione e, da ultimo, crimini di odio contro singoli individui.
Anche noi di UCCR, nel nostro piccolo, abbiamo segnalato casi del genere: in Spagna il 25 gennaio 2012 una marcia pro-life, con donne e bambini, è stata presa d’assalto da un gruppo di abortisti, gridando bestemmie, insulti e facendo gesti osceni. Lo stesso è accaduto in Svizzera nel novembre 2011, sempre qui, nell’aprile 2011, un ateo sbattezzato ha bruciato una chiesa. Tornando in Spagna, l’estate scorsa abbiamo documentato -con tanto di video- la “Manifestazione laica” in protesta della GMG 2011, durante la quale una folla di laicisti invasati ha picchiato, insultato, deriso e canzonato i pellegrini in arrivo a Madrid, mentre nel marzo 2011, il leader di un’associazione di “liberi pensatori” ha minacciato: «bruceremo le chiese e castigheremo i cattolici!». Nel settembre 2011 la SNAP, un’associazione anti-cattolica, ha denunciato Benedetto XVI alla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità, salvo poi ammettere di aver pubblicato informazioni false contro la Chiesa. Notizie false contro i cattolici sono state diffuse in Italia da parte del partito radicale e da parte dell’UAAR, come la finta lettera di mons. Levada o la vicenda dei Carmelitani di Treviso. L’associazione laicista e i suoi fans, oltre ad insultare quotidianamente i credenti sul loro sito, ha anche festeggiato per la morte di don Verzé, dei cristiani in Nigeria e del vaticanista Giancarlo Zizola.
Sempre in Italia, nel maggio 2011, un gruppo di femministe abortiste ha impedito la presentazione di un libro pro-life al Salone di Torino, una cosa simile è avvenuta nel giugno 2011 a Milano, quando un gruppo di omosessuali ha interrotto violentemente una messa. Gay, atei e femministe hanno fatto la stessa cosa nella cappella del campus di Somosaguas dell’Università Complutense di Madrid, spogliandosi e consumando rapporti sessuali/omosessuali sull’altare. Ricordiamo brevemente i continui insulti che arrivano dai fondamentalisti atei, come Piergiorgio Odifreddi, il quale gode per le bestemmie (solo se feriscono) e afferma che i medici cattolici sono persone malate di mente. Nell’ottobre scorso un gruppo di Black block a Roma ha distrutto una statua della Madonna, un crocifisso, ha devastato una sacrestia, scrivendo sui muri: “Jesus Christ supercazzola”.
Ma le stesse cose accadono anche negli USA: nel marzo 2011 una bomba amatoriale è stata lanciata contro un’attivista pro-life durante i “40 giorni per la vita”, il leader degli atei americani ha detto di voler vietare il festeggiamento del Natale, nel settembre 2011 un gruppo di atei californiani ha manifestato le proprio idee strappando pagine della Bibbia, mentre uno in Australia si è ripreso con la videocamera mentre ne bruciava le pagine. Nell’aprile 2011 è stato arrestato Teodore Shulman, un ateo attivista che da tempo minacciava di morte gli attivisti pro-life. Per non parlare del recentissimo raduno di atei, durante il quale Richard Dawkins ha letteralmente invitato a “deridere” e “ridicolizzare” pubblicamente i credenti.
Non volendo fare di tutta l’erba un fascio, occorre dire che diversi non credenti hanno stigmatizzato queste intolleranze, come lo scrittore Alain de Botton, il quale intende proprio combattere l’ateismo aggressivo: «A causa di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, l’ateismo è diventato noto solo come una forza distruttiva», ha affermato. Una cosa simile è stata detta dal sociologo Frank Furedi, secondo cui «l’ateismo è diventato a tutti gli effetti una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica», vera minaccia per la realizzazione del potenziale umano. Il fisico Alan Lightman, rivolgendosi ai leader dell’anti-teismo inglesi, ha detto che «gli atei dovrebbero rispettare i credenti». Anche in Italia, ad accorgersene, è stato un semplice blogger non credente, che ha titolato il suo articolo: “La Dittatura degli Atei (una repressione religiosa)“. Il filosofo Bernard-Henri Lévy ha scritto che: «oggi i cristiani formano, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata». Il sociologo Philip Jenkis ha scritto il libro: «Il nuovo anticattolicesimo: l’unico pregiudizio ammesso» (Oxford University Press 2003).
Era comunque già tutto previsto: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 17 18 20)."
Purtroppo, sta crescendo sempre più l'intolleranza contro i cristiani.
Riguardo a don Verzè, ci sono state manifestazioni di intolleranza anche su questo blog.
Leggete i commenti agli articoli intitolati "Messaggio di cordoglio per don Verzè", "Caso don Giorgio, nuovi sviluppi" e "Caso don Giorgio, un esempio di prete che non fa un buon servizio alla Chiesa." .
Purtroppo, il Cristianesimo e la Chiesa sono sempre più sotto attacco.
L'Europa, terra che si forgiò nel sangue di Cristo, è diventata una terra in cui il Cristianesimo è diventato quasi una "religio illicita".
Prima ci furono il nazismo ed comunismo a tentare di distruggere la religione cristiana.
Ora, ci sono le dottrine relativiste, le dottrine del "fai ciò che vuoi sempre".
Certo, queste idee sono comunque legate al marxismo e a tutte le ideologie nichiliste.
Secondo queste ideologie, come scrisse il buon Plinio Correa de Oliveira sul libro "Rivoluzione e Contro-rivoluzione", fanno sì che l'uomo dica di non credere in Dio ma che, nei fatti, sia egli stesso a credersi Dio.
L'anticattolicesimo (per non parlare di cristianofobia) si sta propagando in tutti i livelli della società europea ed anche nei mass media.
Per esempio, la vicenda dei preti pedofili è stata ingigantita e strumentalizzata dai mass media.
Intendiamoci, i preti pedofili ci sono (e vanno condannati) ma sono solo una minoranza.
Eppure, i mass media hanno ingigantito la cosa a tal punto da fare sembrare la pedofilia una pratica diffusa tra gli uomini di Chiesa.
Anche la vicenda ungherese è nota.
In Ungheria, infatti, è stata fatta una Costituzione che riconosce il Cristianesimo come valore fondante del Paese magiaro.
I mass media non fanno altro che parlare di "deriva oltranzista" dell'Ungheria.
Purtroppo, compaiono sempre di più "opere d'arte" (se così vogliamo chiamarle) blasfeme (come la "Rana crocifissa" che fu esposta a Bolzano), lo spettacolo di Romeo Castellucci o il film "Dagon-la mutazione del male".
In quest'ultimo si spaccano le statue del Sacro Cuore, del Crocifisso e della Vergine Maria.
Oltre a ciò, in alcuni Paesi, come i Paesi scandinavi e la Francia, c'è una proliferazione di sette sataniche che arrivano anche a bruciare le chiese.
Termino facendo un'ultima considerazione.
Guarda caso, con la cristianofobia, sta crescendo anche l'antisemitismo.
Qualcuno rifletta su situazione è inquietante.
Cordiali saluti.
Violenza nella scuola? E' emergenza!
Guardate il video qui sopra.
Esso mostra uno spezzone del telegiornale "Studio Aperto" che mostra i fatti di un asilo di Pistoia, l'Asilo "Cip e Ciop".
In questo asilo avvenivano situazioni allucinanti.
I bambini venivano picchiati dalle maestre.
Ora, la violenza nelle scuole è un fenomeno che sta crescendo in modo sempre più preoccupante.
Ci sono sempre più casi di bullismo e sempre più casi di maestri che picchiano gli alunni.
Questo è preoccupante.
Sicuramente, la vita attuale è più stressante.
Tuttavia, ciò non giustifica questa violenza.
Io trovo giusto che un insegnante che non è in grado di reggere la tensione sia rimosso.
La violenza chiama violenza.
Un bambino che ha conosciuto la violenza rimarrà segnato per tutta la vita e potrebbe diventare a sua volta violento.
La violenza è cosa brutta, anche perché svilisce chi la pratica ed umilia chi la subisce.
Io so cosa vogliono dire certe cose.
Quando andavo all'asilo, io avevo avevo avuto a che fare con una maestra violenta che picchiava i bambini.
Questa persona non avrebbe potuto insegnare eppure era lì.
Ella aveva picchiato anche me.
Io ero così terrorizzato che non volevo andare più all'asilo.
I miei genitori avevano iniziato a protestare ed altri li seguirono e la maestra veniva così rimossa.
Ora, per quegli insegnanti che sentono di non potere reggere la tensione vi sono dei centri di ascolto.
Uno di questi è il centro di ascolto "Diesse Lombardia".
Questi centri aiutano anche quelle persone affette da Sindrome di Burnout.
Certe cose devono essere prevenute.
I bambini devono essere educati e non maltrattati.
Cordiali saluti.
CARO BENITO SE NON TI FOSSI ALLEATO CON ADOLF...
Cari amici ed amiche.
Domani sarà il 25 aprile, la "Festa della Liberazione", una festa su cui ho molti dubbi.
Voglio esprimere delle considerazioni a riguardo.
Se oggi noi ci troviamo di fronte ad un'egemonia della sinistra negli ambienti culturali, la colpa fu di una scelta scellerata operata Benito Mussolini. La scelta scellerata in questione fu quella di allearsi con la Germania di Adolf Hitler.
Quell'alleanza fu un vero e proprio patto faustiano che portò l'Italia alla catastrofe.
Eppure, il duce avrebbe potuto evitarla.
Prima che avesse sancito il "Patto di Acciaio" (22 maggio 1939), ci furono già degli avvicinamenti tra Italia e Germania. Un esempio fu rappresentato dalle vergognose, esecrabili ed indecenti Leggi Razziali del 1935. Eppure, negli anni '20, l'Italia fu prossima ad allearsi con il Regno Unito.
Anzi, il Primo Ministro Winston Churchill voleva trattare con Mussolini e, se questo trattato fosse andato in porto, l'Italia avrebbe avuto Malta in cambio dell'Abissinia ed altri vantaggi.
Ciò sarebbe stato molto vantaggioso per il nostro Paese.
In primo luogo, l'Italia avrebbe avuto Malta, che per gli Inglesi era un impiccio.
I maltesi sarebbero stati ben felici di essere annessi all'Italia.
In secondo luogo, il Regno Unito avrebbe avuto l'Abissinia, che per l'Italia era una spina nel fianco , poiché la guerra che fu nel 1935 tolse molte risorse al nostro Paese.
In terzo luogo, l'Italia sarebbe stata sempre dalla parte dei vincitori.
Hitler non avrebbe mai potuto vincere.
Egli, infatti, voleva distruggere ed assoggettare tutto.
Ora, un piano simile fu attuato anche da Napoleone Bonaparte e la storia andò nel modo che tutti noi conosciamo.
Se Mussolini si fosse alleato con il Regno Unito, non ci sarebbero stati i fatti dell'8 settembre del 1943 e l'Italia sarebbe stata tra i vincitori ed avrebbe avuto condizioni molto vantaggiose.
Ad esempio, sapete che l'Italia ha parecchie riserve di petrolio e che non può usarle proprio perché uscì sconfitta dalla II Guerra Mondiale?
Invece, purtroppo, il 22 maggio 1939 l'Italia si alleò con la Germania nazista e con essa condivise il triste e tristo destino.
Domani sarà il 25 aprile, la "Festa della Liberazione", una festa su cui ho molti dubbi.
Voglio esprimere delle considerazioni a riguardo.
Se oggi noi ci troviamo di fronte ad un'egemonia della sinistra negli ambienti culturali, la colpa fu di una scelta scellerata operata Benito Mussolini. La scelta scellerata in questione fu quella di allearsi con la Germania di Adolf Hitler.
Quell'alleanza fu un vero e proprio patto faustiano che portò l'Italia alla catastrofe.
Eppure, il duce avrebbe potuto evitarla.
Prima che avesse sancito il "Patto di Acciaio" (22 maggio 1939), ci furono già degli avvicinamenti tra Italia e Germania. Un esempio fu rappresentato dalle vergognose, esecrabili ed indecenti Leggi Razziali del 1935. Eppure, negli anni '20, l'Italia fu prossima ad allearsi con il Regno Unito.
Anzi, il Primo Ministro Winston Churchill voleva trattare con Mussolini e, se questo trattato fosse andato in porto, l'Italia avrebbe avuto Malta in cambio dell'Abissinia ed altri vantaggi.
Ciò sarebbe stato molto vantaggioso per il nostro Paese.
In primo luogo, l'Italia avrebbe avuto Malta, che per gli Inglesi era un impiccio.
I maltesi sarebbero stati ben felici di essere annessi all'Italia.
In secondo luogo, il Regno Unito avrebbe avuto l'Abissinia, che per l'Italia era una spina nel fianco , poiché la guerra che fu nel 1935 tolse molte risorse al nostro Paese.
In terzo luogo, l'Italia sarebbe stata sempre dalla parte dei vincitori.
Hitler non avrebbe mai potuto vincere.
Egli, infatti, voleva distruggere ed assoggettare tutto.
Ora, un piano simile fu attuato anche da Napoleone Bonaparte e la storia andò nel modo che tutti noi conosciamo.
Se Mussolini si fosse alleato con il Regno Unito, non ci sarebbero stati i fatti dell'8 settembre del 1943 e l'Italia sarebbe stata tra i vincitori ed avrebbe avuto condizioni molto vantaggiose.
Ad esempio, sapete che l'Italia ha parecchie riserve di petrolio e che non può usarle proprio perché uscì sconfitta dalla II Guerra Mondiale?
Invece, purtroppo, il 22 maggio 1939 l'Italia si alleò con la Germania nazista e con essa condivise il triste e tristo destino.
Mussolini dimostrò di non essere stato lungimirante e si lasciò impressionare dalla Germania.
Se io fossi stato al suo posto, avrei detto un bel no al folle di Braunau e al suo diabolico progetto.
Il prezzo che pagammo noi italiani fu elevato.
In primo luogo, tanti nostri connazionali (ebrei e non) dovettero scappare o finirono nei lager nazisti.
Inoltre, l'8 settembre 1943, il nostro Paese dovette arrendersi a coloro che sarebbero stati suoi alleati, se non si fosse alleato con la Germania.
Questa resa avvenne con condizioni svantaggiose per l'Italia.
Inoltre, questa scelta scellerata e le sue conseguenze aprirono la strada all'egemonia culturale della sinistra (e in particolare dei comunisti che si eressero come "liberatori dell'Italia") e crearono forti pregiudizi verso quelle ideologie che in altri Paesi sono più che legittime.
Ecco cosa portò quella scelta scellerata di Mussolini.
Cordiali saluti.
La strage dimenticata - Il 24 aprile 1915 iniziò il genocidio degli armeni. di Luca Mazzucco
Cari amici ed amiche.
Leggete la nota di Luca Mazzucco e messa su Facebook dal gruppo "Fermiamo la persecuzione dei cristiani nel mondo".
Ringrazio l'amico Angelo Fazio che l'ha portata alla mia attenzione.
Essa recita:
"GENOCIDIO DEGLI ARMENI
I – Introduzione
L'impero ottomano alla fine del XIX secolo, è uno stato in disfacimento, la corruzione serpeggia in ogni angolo dell'impero, che in breve tempo ha visto scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, degli stati nazionali balcanici. I turchi, che si erano installati nell'Anatolia greco-armena di cultura millenaria, paventano la possibilità di rivendicazioni sulle coste dell'Asia Minore (Smirne e Costantinopoli) e soprattutto la nascita di una Nazione Armena.
II – La Strage Del 1894-1897
Quando Abdul Hamid sale al trono, nel 1886, l'impero ottomano conta grandi minoranze cristiane. I turchi e le popolazioni assimilate non riescono a raggiungere il 40% dell'intera popolazione anatolica. In Asia Minore le minoranze etniche sono costituite da greci, armeni ed assiri. Gli armeni sono concentrati nell'est dell'impero dove, già dall'indipendenza greca 1821, la Sublime Porta (sultanato) ha fatto insediare tutti i musulmani dei territori ottomani che via via venivano persi. Gli armeni non richiedono l'indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi. Le conseguenze per l'impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dalla tradizionale politica filo turca del suo paese, fa sì che non si venga a formare uno stato armeno libero ma solo che vengano garantiti i diritti personali dei singoli. L'Inghilterra ottiene l'isola di Cipro. Il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena e la ulteriore perdita di territori, dà inizio alle repressioni.
Intanto in Armenia si sviluppano partiti rivoluzionari clandestini ma Hamid, preoccupato dall'attivismo armeno ed anche dallo sviluppo economico che questo popolo sta vivendo, decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere punendo la popolazione armena con l'esecuzione di 200.000 armeni (300.000 secondo altre fonti) nel periodo compreso tra il 1895 ed il 1897 ad opera degli Hamidiés (battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano). Tutto questo avviene sotto gli occhi delle potenze europee che, come spesso faranno anche in futuro. La reazione armena consiste nell'intraprendere la guerriglia e nella creazione della Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dashnak (la quale ebbe buoni rapporti con i Giovani Turchi, fino poco prima del 1914), con basi nella vicina Armenia Russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali. A causa delle persecuzioni si assiste ad una forte ondata emigratoria. E' l'inizio di una serie di massacri che durerà, in maniera più o meno forte, per trent'anni sotto tre regimi turchi diversi
III – Il Programma Dei Giovani Turchi
L’Armenia durante la Grande Guerra è contesa da tre forze: Le Potenze imperialiste: che vogliono preservare le loro zone d’influenza; i nazionalisti turchi: che mirano all’utopia del “panturchismo”o del Turanismo (ideologia che si basa sulla convinzione che, quando tutti i popoli di lingua turca saranno uniti in una stessa entità nazionale estesa dall'Asia Centrale al Mediterraneo, ritornerà l'età dell'oro in cui Turan, l'antenato dei Turchi, lottava contro Ario, l'antenato degli ariani, estendeva il suo dominio su tutta l'Asia.). Ruolo fondamentale è svolto dai Giovani Turchi. Dal 1904 al 1914 i G.T. dedicano ogni sforzo oltre a mantenere l’unità e l’esistenza del loro partito anche ad accrescere la loro influenza. La presa di coscienza politica e l’influenza di intellettuali provenienti soprattutto dalla Russia, portano a una mutazione ideologica: i dirigenti dell’ITTIHAD EV TERAKKI (partito dei giovani turchi )prendono come prospettiva una grande unificazione dei turchi. I G.T. avevo ripreso dal marxismo il concetto stesso di uguaglianza, ma concepita in guisa che per essere tutti uguali, tutti devono essere ottomani e per essere tutti ottomani bisogna essere tutti turchi e musulmani. Dalla constatazione dell'impossibilità del mantenimento e dell'espansione dei domini europei, essi rivolgono la loro attenzione ai turchi delle steppe dell'Asia centrale e mirano al ricongiungimento con essi per dare vita ad un entità panturca che possa andare dal Bosforo alla Cina. Gli ostacoli, che si frappongono a queste mire di formazione di un blocco turco, panturanico, sono costituiti da armeni e curdi: i G.T. però, pensano che poiché i curdi sono musulmani e non posseggono una forte cultura allora sono facilmente assimilabili. Gli armeni, oltre a essere cristiani malgrado le molte e spietate persecuzioni, posseggono anche una cultura millenaria, professano un’altra religione, hanno una loro lingua ed un loro alfabeto, non possono essere assimilati ed inoltre la loro presenza impedisce l'unificazione con gli altri turchi. Vanno quindi eliminati.
IV – Cause Immediate Del Genocidio
L’accordo firmato l’8 febbraio 1914, tra Russia e Turchia, aveva creato due province armene in Anatolia. L’una riuniva i distretti amministrativi di Trebisonda, Sivas ed Erzurum, l’altra quelli di Van Bitlis, Harput e Diyarbakir. Ogni provincia doveva essere sotto l’autorità civile di un ispettore generale straniero incaricato di sorvegliare l’esecuzione delle riforme. I titolari incaricati non occuparono mai i loro incarichi. Quest’accordo sembrava segnare l’inizio di un’alleanza fra Russia e Turchia. In maggio l’Ittihad controllava per la prima volta il governo: capo del ministero Said Halim, con Talaad agli Interni, Enver alla Guerra, Cemal alla marina. Le passioni anti-armene, rianimate dall’accordo russo-turco sulle riforme, si esasperarono con lo scoppio della Prima guerra mondiale. Benché un patto segreto fosse stato firmato il 2 agosto fra l’ambasciatore tedesco Wangenheim e Said Halim, il governo ottomano non fu affatto frettoloso di convalidarlo. Dopo le numerose pressioni da parte della Germania, la Turchia si schiera con le Potenze centrali e allinea sulla frontiera russa 200.000 soldati regolari. Questo esercizio si trova in un Paese abitato da armeni e la loro presenza è sempre più percepita dai turchi come una sfida. Tre avvenimenti, di diversa natura, contribuiscono a rafforzare questa da parte degli unionisti.
1. Congresso di Erzurum.
L’VIII congresso del partito dashnak o FRA (Federazione Rivoluzionaria Armena) è convocato a Erzurum mentre la guerra incombe per decidere come comportarsi in seguito allo spiegamento di forze da parte dei turchi. Questi ultimi facendo giungere una loro delegazione, propongono che, in caso di guerra con la Russia, la FRA provochi una rivolta degli armeni di Russia per facilitare la penetrazione dell’esercito turco in Transcaucasia, la Turchia prometteva come ricompensa la formazione di uno stato autonomo che comprendeva l’Armenia russa e distretti di Erzurum, Van e Bitlis. I tre responsabili armeni (Vramian, Rostom e Aknuni) rigettano questa proposta e sottolineano la neutralità del loro partito ma garantiscono la lealtà degli armeni nel caso in cui il conflitto raggiungesse la Turchia (difatti quando i cittadini ottomani vengono mobilitati, molti armeni confluirono nell’esercito).
2. Volontari armeni in Russia.
Con l’entrata in guerra della Russia, molti armeni vennero arruolati come cittadini russi e spediti sul fronte europeo. In previsione di un conflitto con la Turchia, il vicerè del Caucaso suggerisce all’Ufficio nazionale armeno di Tiflis di creare corpi di volontari analoghi a quelli che avevano aiutato i russi durante le guerre precedenti contro la Turchia. Tiflis diventa allora il centro di una violenta sommossa anti-turca e, benché l’Ittihad sfrutterà la formazione di questi corpi per perseguitare gli armeni di Turchia, i volontari affluiscono formando quattro gruppi di circa 1000 uomini ciascuno col compito di guidare le truppe russe tra le montagne armene.
3. La Disfatta di Sarikamis.
Al momento della dichiarazione di guerra, i russi attraversano la frontiera e si scontrano con la violenta resistenza turca. Enver, nominato generalissimo si reca ad Erzurum, nel quartier generale della terza armata e prepara le truppe. I turchi attaccano il 22 dicembre e riescono a isolare Sarikamis. Il comandante in capo russo ordina una ritirata generale ma le truppe si rifiutano di obbedire all’ordine e in gennaio ci fu il contrattacco, a causa della leggerezza commessa dal generalissimo Enver di non premunirsi contro il rigido inverno dell’altopiano armeno, l’esercito turco cade: 90.000 morti 12.000 prigionieri. Ciò che resta dell’armata ritorna verso i distretti orientali, tallonata dalle truppe russe che penetrano profondamente nelle provincie di Erzurum e minacciano Van. Nelle provincie armene, divenute teatro di guerra, la ritirata turca fu accompagnata da massacri di armeni.
Gli armeni furono designati come i principali responsabili della disfatta turca. Alla fine di gennaio i soldati e le guardie armene sono privati delle loro armi, riuniti in gruppetti, dai 50 ai 100 uomini, in battaglioni da lavoro e impiegati nella costruzione di strade o costretti a pesanti turni di facchinaggio. Questi gruppi sono progressivamente giustiziati in luoghi isolati. Allo stesso tempo i funzionari armeni sono congedati.
V – Deportazione Degli Armeni
Nel marzo 1915 la pressione della flotta anglo-francese nei Dardanelli si allenta, questa tregua è sfruttata dall’Ittihad per far scattare l’operazione di deportazione degli armeni. La dichiarazione della Guerra Santa (Djihad) alla fine di novembre, il caos causato dalla ritirata dell’armata turca, l’eliminazione dei soldati armeni, danno in pasto ad una popolazione musulmana sovraeccitata i civili armeni. Non si assiste a massacri ma all’esecuzione di un piano in cui le fasi si succedono rigorosamente. La deportazione ha inizio a Zeythun, nei primi giorni d’aprile. Le case vengono vuotate degli abitanti e i convogli sono diretti verso Konya e Deir-es-Zor. L’ordine di deportazione è esteso ai villaggi di montagna dell’Amano e del Tauro. La deportazione, quindi, inizia in aprile in una regione lontana dal fronte.
Il pretesto per generalizzarla e ufficializzarla è fornito dalla resistenza degli armeni di Van. Cevded, cacciato dalla Persia, dove aveva fatto massacrare gli abitanti cristiani, torna a Van all’inizio di aprile e devasta i villaggi armeni sul suo cammino facendo anche assassinare due capi Dashnak: Vramian e Ishchan e accerchia il quartiere armeno. Gli armeni di Van organizzano un’autodifesa. Nel frattempo l’armata russa, guidata dagli armeni, infligge una grave sconfitta ai turchi prendendo Van il 18 maggio. Gli armeni di Van fuggono così dallo sterminio. Sabato 24 aprile 1915, una vasta razzia porta al’arresto di intellettuali e notabili armeni. Per tentare di giustificare questi arresti, il comitato Unione e Progresso, adduce un vasto complotto armeno e costruisce pure un falso processo, che termina con l’impiccagione di attivisti che si trovano in carcere da più di un anno. Il 24 aprile è la data che inaugura ufficialmente la deportazione ed usata come data commemorativa dell’olocausto. Lo stesso giorno il governo ordina di deportare gli armeni dai dipartimenti amministrativi orientali. Dal momento che il dipartimento di Van è in corso di occupazione da parte dei russi, il provvedimento si applica solo ai sei dipartimenti di Trebisonda, Erzurum, Bitlis, Diyarbekir, Harput e Sivas. Viene messa in atto una complessa burocrazia, gli uomini di fiducia del partito ricevono da Costantinopoli le direttive , le trasmettono sul posto a chi di competenza dando loro un potere discrezionale.
Dentro ogni città, in ogni borgo, alla data prestabilita, l’ordine di deportazione è annunciato o affisso. Le famiglie dispongono di qualche ora o di due o tre giorni per raccogliere alcuni effetti personali; i beni vengono sequestrati, distrutti o venduti all’asta a prezzi risibili. Preliminarmente i notabili, i membri dei partiti armeni e gli uomini giovani sono arrestati, costretti a firmare false confessioni e poi discretamente liquidati a piccoli gruppi in luoghi deserti. Sono dunque convogli di donne, vecchi e bambini che prendono la strada della deportazione. Nei villaggi la è spesso totale: i beni rubati, le famiglie massacrate, le case incendiate. Sulle rive del Mar Nero e lungo il Tigri, vicino a Diyarbekir, imbarcazioni cariche di vittime vengono colate a picco. Dal maggio al giugno del 1915, le province armene sono devastate da soldati e guardie turche, le bande di cete e dell’OS e la popolazione messa in subbuglio dalla proclamazione del Djihad. La caccia all’armeno è aperta. Ognuno può, in tutta impunità, rubare, saccheggiare, bruciare, torturare, mutilare, assassinare. Il solo crimine punibile consiste nel proteggere o nascondere un armeno.
Dinanzi a questa follia, l’operazione non può essere mantenuta segreta. Avvertite dai missionari e dai consoli tedeschi o neutrali, le nazioni dell’Intesa intimano al governo turco, fin dal 24 maggio, di porre fine a questi massacri e ne rendono personalmente responsabili i membri del governo e gli esecutori, anche il Papa Benedetto XV interviene a tal proposito ma ormai i turchi avevano proclamato la guerra santa. Questo ha l’effetto di costringere la Turchia a togliere a ufficializzare con alcuni decreti, qualche giorno più tardi, l’ordine di deportazione, prendendo a pretesto la collaborazione degli armeni con il nemico, il sabotaggio e le azioni terroristiche, accuse che non saranno mai dimostrate.
Dei 1.200.000 armeni che abitavano i distretti orientali, solo300.000 hanno il potuto raggiungere il Caucaso con il favore dell’occupazione russa.
VI – Consumazione Del Genocidio
Alla fine del luglio 1915 , il governo passa alla seconda fase del programma: l’evacuazione degli armeni d’Anatolia e di Cilicia, ovvero le zone più lontane dal fronte, dove la presenza degli armeni non poteva essere considerata come un pericolo per l’esercito turco. E’ li che la deportazione cessa di essere uno sterminio travestito per divenire un vero trasferimento di popolazione. Le sono trasportate in treno, a loro spese. Dal momento che il traforo dei tunnel dell’Amano e del Turano non è ancora terminato, i deportati devono percorrere a piedi le regioni montuose. La congestione del passaggio è tale, che campi improvvisati sono disposti lungo la linea ferroviaria. Dentro ciascuno di essi si ammucchiano dai 20.000 ai 70.000 deportati, denutriti, colpiti dal tifo e dalla dissenteria. In Siria vengono costruiti veri e propri campi di concentramento, lungo l’Eufrate, invece, gli armeni sono ammassati all’aperto, quasi senza vestiti, nutriti a malapena. La deportazione è portata a termine negli ultimi mesi del 1915. dal marzo all’agosto del 1916 vengono inviati ordini da Costantinopoli affinché siano liquidati gli ultimi sopravvissuti che si trovano nei campi lungo la ferrovia dell’Eufrate. Pochi sono i sopravvissuti armeni: oltre a quelli che hanno trovato riparo in russia, molti sono stati salvati da missioni americane, dal nunzio apostolico e da stessi funzionari turchi. in totale, tenuto conto dei rifugiati in Russia, vengono risparmiati dal genocidio 600.000 armeni, alla fine del 1916, su una popolazione che secondo le statistiche era stimata, nel 1914, tra 1.800.000 e 2.100.000 unità.
Fonte principale:
“Storia Degli Armeni” a cura di Gèrard Dèdèyan 2002
Altre fonti:
http://freeweb.dnet.it/liberi/genoc_armeno/genoc_arm.htm. "
Fondamentalmente, tra i Turchi, che nel 1915 fecero questo genocidio armeno, ed i Tedeschi, che durante il nazismo fecero la Shoah, non ci fu nessuna differenza.
Il termine "genocidio" significa "eliminare un determinato gruppo di per la sua lingua, la sua etnia, la sua religione o le sue idee".
Quello che successe in Armenia non fu altro che un genocidio.
I Turchi volevano eliminare fisicamente gli Armeni, il più antico popolo cristiano.
L'Impero Ottomano di allora era in crisi e stava nascendo la nuova Repubblica Turca.
Quest'ultima, aveva fondamentalmente due caratteristiche, la laicità (che comunque fu esteriore) ed il nazionalismo (che invece fu forte e palese).
Gli Armeni, profondamente cristiani e fieri della propria identità, cozzavano con quell'idea di Stato.
Da qui nacquero quegli orrori.
La negazione di questi orrori porta solo odio e non riconciliazione.
Cordiali saluti.
Leggete la nota di Luca Mazzucco e messa su Facebook dal gruppo "Fermiamo la persecuzione dei cristiani nel mondo".
Ringrazio l'amico Angelo Fazio che l'ha portata alla mia attenzione.
Essa recita:
"GENOCIDIO DEGLI ARMENI
I – Introduzione
L'impero ottomano alla fine del XIX secolo, è uno stato in disfacimento, la corruzione serpeggia in ogni angolo dell'impero, che in breve tempo ha visto scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, degli stati nazionali balcanici. I turchi, che si erano installati nell'Anatolia greco-armena di cultura millenaria, paventano la possibilità di rivendicazioni sulle coste dell'Asia Minore (Smirne e Costantinopoli) e soprattutto la nascita di una Nazione Armena.
II – La Strage Del 1894-1897
Quando Abdul Hamid sale al trono, nel 1886, l'impero ottomano conta grandi minoranze cristiane. I turchi e le popolazioni assimilate non riescono a raggiungere il 40% dell'intera popolazione anatolica. In Asia Minore le minoranze etniche sono costituite da greci, armeni ed assiri. Gli armeni sono concentrati nell'est dell'impero dove, già dall'indipendenza greca 1821, la Sublime Porta (sultanato) ha fatto insediare tutti i musulmani dei territori ottomani che via via venivano persi. Gli armeni non richiedono l'indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi. Le conseguenze per l'impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dalla tradizionale politica filo turca del suo paese, fa sì che non si venga a formare uno stato armeno libero ma solo che vengano garantiti i diritti personali dei singoli. L'Inghilterra ottiene l'isola di Cipro. Il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena e la ulteriore perdita di territori, dà inizio alle repressioni.
Intanto in Armenia si sviluppano partiti rivoluzionari clandestini ma Hamid, preoccupato dall'attivismo armeno ed anche dallo sviluppo economico che questo popolo sta vivendo, decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere punendo la popolazione armena con l'esecuzione di 200.000 armeni (300.000 secondo altre fonti) nel periodo compreso tra il 1895 ed il 1897 ad opera degli Hamidiés (battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano). Tutto questo avviene sotto gli occhi delle potenze europee che, come spesso faranno anche in futuro. La reazione armena consiste nell'intraprendere la guerriglia e nella creazione della Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dashnak (la quale ebbe buoni rapporti con i Giovani Turchi, fino poco prima del 1914), con basi nella vicina Armenia Russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali. A causa delle persecuzioni si assiste ad una forte ondata emigratoria. E' l'inizio di una serie di massacri che durerà, in maniera più o meno forte, per trent'anni sotto tre regimi turchi diversi
III – Il Programma Dei Giovani Turchi
L’Armenia durante la Grande Guerra è contesa da tre forze: Le Potenze imperialiste: che vogliono preservare le loro zone d’influenza; i nazionalisti turchi: che mirano all’utopia del “panturchismo”o del Turanismo (ideologia che si basa sulla convinzione che, quando tutti i popoli di lingua turca saranno uniti in una stessa entità nazionale estesa dall'Asia Centrale al Mediterraneo, ritornerà l'età dell'oro in cui Turan, l'antenato dei Turchi, lottava contro Ario, l'antenato degli ariani, estendeva il suo dominio su tutta l'Asia.). Ruolo fondamentale è svolto dai Giovani Turchi. Dal 1904 al 1914 i G.T. dedicano ogni sforzo oltre a mantenere l’unità e l’esistenza del loro partito anche ad accrescere la loro influenza. La presa di coscienza politica e l’influenza di intellettuali provenienti soprattutto dalla Russia, portano a una mutazione ideologica: i dirigenti dell’ITTIHAD EV TERAKKI (partito dei giovani turchi )prendono come prospettiva una grande unificazione dei turchi. I G.T. avevo ripreso dal marxismo il concetto stesso di uguaglianza, ma concepita in guisa che per essere tutti uguali, tutti devono essere ottomani e per essere tutti ottomani bisogna essere tutti turchi e musulmani. Dalla constatazione dell'impossibilità del mantenimento e dell'espansione dei domini europei, essi rivolgono la loro attenzione ai turchi delle steppe dell'Asia centrale e mirano al ricongiungimento con essi per dare vita ad un entità panturca che possa andare dal Bosforo alla Cina. Gli ostacoli, che si frappongono a queste mire di formazione di un blocco turco, panturanico, sono costituiti da armeni e curdi: i G.T. però, pensano che poiché i curdi sono musulmani e non posseggono una forte cultura allora sono facilmente assimilabili. Gli armeni, oltre a essere cristiani malgrado le molte e spietate persecuzioni, posseggono anche una cultura millenaria, professano un’altra religione, hanno una loro lingua ed un loro alfabeto, non possono essere assimilati ed inoltre la loro presenza impedisce l'unificazione con gli altri turchi. Vanno quindi eliminati.
IV – Cause Immediate Del Genocidio
L’accordo firmato l’8 febbraio 1914, tra Russia e Turchia, aveva creato due province armene in Anatolia. L’una riuniva i distretti amministrativi di Trebisonda, Sivas ed Erzurum, l’altra quelli di Van Bitlis, Harput e Diyarbakir. Ogni provincia doveva essere sotto l’autorità civile di un ispettore generale straniero incaricato di sorvegliare l’esecuzione delle riforme. I titolari incaricati non occuparono mai i loro incarichi. Quest’accordo sembrava segnare l’inizio di un’alleanza fra Russia e Turchia. In maggio l’Ittihad controllava per la prima volta il governo: capo del ministero Said Halim, con Talaad agli Interni, Enver alla Guerra, Cemal alla marina. Le passioni anti-armene, rianimate dall’accordo russo-turco sulle riforme, si esasperarono con lo scoppio della Prima guerra mondiale. Benché un patto segreto fosse stato firmato il 2 agosto fra l’ambasciatore tedesco Wangenheim e Said Halim, il governo ottomano non fu affatto frettoloso di convalidarlo. Dopo le numerose pressioni da parte della Germania, la Turchia si schiera con le Potenze centrali e allinea sulla frontiera russa 200.000 soldati regolari. Questo esercizio si trova in un Paese abitato da armeni e la loro presenza è sempre più percepita dai turchi come una sfida. Tre avvenimenti, di diversa natura, contribuiscono a rafforzare questa da parte degli unionisti.
1. Congresso di Erzurum.
L’VIII congresso del partito dashnak o FRA (Federazione Rivoluzionaria Armena) è convocato a Erzurum mentre la guerra incombe per decidere come comportarsi in seguito allo spiegamento di forze da parte dei turchi. Questi ultimi facendo giungere una loro delegazione, propongono che, in caso di guerra con la Russia, la FRA provochi una rivolta degli armeni di Russia per facilitare la penetrazione dell’esercito turco in Transcaucasia, la Turchia prometteva come ricompensa la formazione di uno stato autonomo che comprendeva l’Armenia russa e distretti di Erzurum, Van e Bitlis. I tre responsabili armeni (Vramian, Rostom e Aknuni) rigettano questa proposta e sottolineano la neutralità del loro partito ma garantiscono la lealtà degli armeni nel caso in cui il conflitto raggiungesse la Turchia (difatti quando i cittadini ottomani vengono mobilitati, molti armeni confluirono nell’esercito).
2. Volontari armeni in Russia.
Con l’entrata in guerra della Russia, molti armeni vennero arruolati come cittadini russi e spediti sul fronte europeo. In previsione di un conflitto con la Turchia, il vicerè del Caucaso suggerisce all’Ufficio nazionale armeno di Tiflis di creare corpi di volontari analoghi a quelli che avevano aiutato i russi durante le guerre precedenti contro la Turchia. Tiflis diventa allora il centro di una violenta sommossa anti-turca e, benché l’Ittihad sfrutterà la formazione di questi corpi per perseguitare gli armeni di Turchia, i volontari affluiscono formando quattro gruppi di circa 1000 uomini ciascuno col compito di guidare le truppe russe tra le montagne armene.
3. La Disfatta di Sarikamis.
Al momento della dichiarazione di guerra, i russi attraversano la frontiera e si scontrano con la violenta resistenza turca. Enver, nominato generalissimo si reca ad Erzurum, nel quartier generale della terza armata e prepara le truppe. I turchi attaccano il 22 dicembre e riescono a isolare Sarikamis. Il comandante in capo russo ordina una ritirata generale ma le truppe si rifiutano di obbedire all’ordine e in gennaio ci fu il contrattacco, a causa della leggerezza commessa dal generalissimo Enver di non premunirsi contro il rigido inverno dell’altopiano armeno, l’esercito turco cade: 90.000 morti 12.000 prigionieri. Ciò che resta dell’armata ritorna verso i distretti orientali, tallonata dalle truppe russe che penetrano profondamente nelle provincie di Erzurum e minacciano Van. Nelle provincie armene, divenute teatro di guerra, la ritirata turca fu accompagnata da massacri di armeni.
Gli armeni furono designati come i principali responsabili della disfatta turca. Alla fine di gennaio i soldati e le guardie armene sono privati delle loro armi, riuniti in gruppetti, dai 50 ai 100 uomini, in battaglioni da lavoro e impiegati nella costruzione di strade o costretti a pesanti turni di facchinaggio. Questi gruppi sono progressivamente giustiziati in luoghi isolati. Allo stesso tempo i funzionari armeni sono congedati.
V – Deportazione Degli Armeni
Nel marzo 1915 la pressione della flotta anglo-francese nei Dardanelli si allenta, questa tregua è sfruttata dall’Ittihad per far scattare l’operazione di deportazione degli armeni. La dichiarazione della Guerra Santa (Djihad) alla fine di novembre, il caos causato dalla ritirata dell’armata turca, l’eliminazione dei soldati armeni, danno in pasto ad una popolazione musulmana sovraeccitata i civili armeni. Non si assiste a massacri ma all’esecuzione di un piano in cui le fasi si succedono rigorosamente. La deportazione ha inizio a Zeythun, nei primi giorni d’aprile. Le case vengono vuotate degli abitanti e i convogli sono diretti verso Konya e Deir-es-Zor. L’ordine di deportazione è esteso ai villaggi di montagna dell’Amano e del Tauro. La deportazione, quindi, inizia in aprile in una regione lontana dal fronte.
Il pretesto per generalizzarla e ufficializzarla è fornito dalla resistenza degli armeni di Van. Cevded, cacciato dalla Persia, dove aveva fatto massacrare gli abitanti cristiani, torna a Van all’inizio di aprile e devasta i villaggi armeni sul suo cammino facendo anche assassinare due capi Dashnak: Vramian e Ishchan e accerchia il quartiere armeno. Gli armeni di Van organizzano un’autodifesa. Nel frattempo l’armata russa, guidata dagli armeni, infligge una grave sconfitta ai turchi prendendo Van il 18 maggio. Gli armeni di Van fuggono così dallo sterminio. Sabato 24 aprile 1915, una vasta razzia porta al’arresto di intellettuali e notabili armeni. Per tentare di giustificare questi arresti, il comitato Unione e Progresso, adduce un vasto complotto armeno e costruisce pure un falso processo, che termina con l’impiccagione di attivisti che si trovano in carcere da più di un anno. Il 24 aprile è la data che inaugura ufficialmente la deportazione ed usata come data commemorativa dell’olocausto. Lo stesso giorno il governo ordina di deportare gli armeni dai dipartimenti amministrativi orientali. Dal momento che il dipartimento di Van è in corso di occupazione da parte dei russi, il provvedimento si applica solo ai sei dipartimenti di Trebisonda, Erzurum, Bitlis, Diyarbekir, Harput e Sivas. Viene messa in atto una complessa burocrazia, gli uomini di fiducia del partito ricevono da Costantinopoli le direttive , le trasmettono sul posto a chi di competenza dando loro un potere discrezionale.
Dentro ogni città, in ogni borgo, alla data prestabilita, l’ordine di deportazione è annunciato o affisso. Le famiglie dispongono di qualche ora o di due o tre giorni per raccogliere alcuni effetti personali; i beni vengono sequestrati, distrutti o venduti all’asta a prezzi risibili. Preliminarmente i notabili, i membri dei partiti armeni e gli uomini giovani sono arrestati, costretti a firmare false confessioni e poi discretamente liquidati a piccoli gruppi in luoghi deserti. Sono dunque convogli di donne, vecchi e bambini che prendono la strada della deportazione. Nei villaggi la è spesso totale: i beni rubati, le famiglie massacrate, le case incendiate. Sulle rive del Mar Nero e lungo il Tigri, vicino a Diyarbekir, imbarcazioni cariche di vittime vengono colate a picco. Dal maggio al giugno del 1915, le province armene sono devastate da soldati e guardie turche, le bande di cete e dell’OS e la popolazione messa in subbuglio dalla proclamazione del Djihad. La caccia all’armeno è aperta. Ognuno può, in tutta impunità, rubare, saccheggiare, bruciare, torturare, mutilare, assassinare. Il solo crimine punibile consiste nel proteggere o nascondere un armeno.
Dinanzi a questa follia, l’operazione non può essere mantenuta segreta. Avvertite dai missionari e dai consoli tedeschi o neutrali, le nazioni dell’Intesa intimano al governo turco, fin dal 24 maggio, di porre fine a questi massacri e ne rendono personalmente responsabili i membri del governo e gli esecutori, anche il Papa Benedetto XV interviene a tal proposito ma ormai i turchi avevano proclamato la guerra santa. Questo ha l’effetto di costringere la Turchia a togliere a ufficializzare con alcuni decreti, qualche giorno più tardi, l’ordine di deportazione, prendendo a pretesto la collaborazione degli armeni con il nemico, il sabotaggio e le azioni terroristiche, accuse che non saranno mai dimostrate.
Dei 1.200.000 armeni che abitavano i distretti orientali, solo300.000 hanno il potuto raggiungere il Caucaso con il favore dell’occupazione russa.
VI – Consumazione Del Genocidio
Alla fine del luglio 1915 , il governo passa alla seconda fase del programma: l’evacuazione degli armeni d’Anatolia e di Cilicia, ovvero le zone più lontane dal fronte, dove la presenza degli armeni non poteva essere considerata come un pericolo per l’esercito turco. E’ li che la deportazione cessa di essere uno sterminio travestito per divenire un vero trasferimento di popolazione. Le sono trasportate in treno, a loro spese. Dal momento che il traforo dei tunnel dell’Amano e del Turano non è ancora terminato, i deportati devono percorrere a piedi le regioni montuose. La congestione del passaggio è tale, che campi improvvisati sono disposti lungo la linea ferroviaria. Dentro ciascuno di essi si ammucchiano dai 20.000 ai 70.000 deportati, denutriti, colpiti dal tifo e dalla dissenteria. In Siria vengono costruiti veri e propri campi di concentramento, lungo l’Eufrate, invece, gli armeni sono ammassati all’aperto, quasi senza vestiti, nutriti a malapena. La deportazione è portata a termine negli ultimi mesi del 1915. dal marzo all’agosto del 1916 vengono inviati ordini da Costantinopoli affinché siano liquidati gli ultimi sopravvissuti che si trovano nei campi lungo la ferrovia dell’Eufrate. Pochi sono i sopravvissuti armeni: oltre a quelli che hanno trovato riparo in russia, molti sono stati salvati da missioni americane, dal nunzio apostolico e da stessi funzionari turchi. in totale, tenuto conto dei rifugiati in Russia, vengono risparmiati dal genocidio 600.000 armeni, alla fine del 1916, su una popolazione che secondo le statistiche era stimata, nel 1914, tra 1.800.000 e 2.100.000 unità.
Fonte principale:
“Storia Degli Armeni” a cura di Gèrard Dèdèyan 2002
Altre fonti:
http://freeweb.dnet.it/liberi/genoc_armeno/genoc_arm.htm. "
Fondamentalmente, tra i Turchi, che nel 1915 fecero questo genocidio armeno, ed i Tedeschi, che durante il nazismo fecero la Shoah, non ci fu nessuna differenza.
Il termine "genocidio" significa "eliminare un determinato gruppo di per la sua lingua, la sua etnia, la sua religione o le sue idee".
Quello che successe in Armenia non fu altro che un genocidio.
I Turchi volevano eliminare fisicamente gli Armeni, il più antico popolo cristiano.
L'Impero Ottomano di allora era in crisi e stava nascendo la nuova Repubblica Turca.
Quest'ultima, aveva fondamentalmente due caratteristiche, la laicità (che comunque fu esteriore) ed il nazionalismo (che invece fu forte e palese).
Gli Armeni, profondamente cristiani e fieri della propria identità, cozzavano con quell'idea di Stato.
Da qui nacquero quegli orrori.
La negazione di questi orrori porta solo odio e non riconciliazione.
Cordiali saluti.
Movimenti civici, rischi e virtù
Cari amici ed amiche.
Ieri, con una piccola delegazione di Roncoferraro, ho partecipato ad un convegno presieduto da Gilberto Sogliani (nella foto, Popolo della Libertà), presso il Parco del Mincio di Cittadella (Mantova).
Nel convegno è stata trattata la questione delle liste civiche e della crisi della politica.
Per Sogliani, questo fenomeno è deleterio perché è indice di una crisi vera e profonda dei partiti, sul cui sistema è imperniata la democrazia stessa.
Sogliani ha analizzato la crisi.
Egli a sostenuto che la crisi dei partiti sia stata causata dal fatto che essi siano alla totale mercé dei capibastone e che abbiano smesso di fare politica.
I capibastone , in pratica, usano i propri partiti più per delle questioni personali che non per l'interesse generale.
Questo ha reso i partiti incapaci di fare politica sul territorio e non solo.
Il fatto che noi abbiamo un governo tecnico lo dimostra.
Le liste civiche proliferano e dimostrano la frammentazione dei partiti.
Sogliano ha fatto anche degli esempi pratici.
Ha citato il caso di Castiglione delle Stiviere, un Comune della Provincia di Mantova in cui ci saranno le elezioni.
Qui ci sono due candidati sindaco del Popolo della Libertà.
In pratica, il partito ha fatto due liste, rischiando di perdere le elezioni.
In altri Comuni, il partito non usa nemmeno il simbolo.
Questo è un grosso problema che, unito alla crisi economica, rischia di avere effetti devastanti.
Sogliani ha concluso, lasciando la parola al pubblico.
Io sono stato il secondo ad intervenire e ho posto la questione di certi movimenti e di certe liste civiche che, in qualche modo, sono "complici" della tecnocrazia.
Infatti, ho spiegato che la tecnocrazia ed i movimenti come il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo hanno bisogno l'uno dell'altro.
Infatti, con il gioco della tensione sociale, questi movimenti instillano nel popolo la paura dei conflitti e, in nome della pace sociale, il popolo si affida ai tecnocrati.
Per certi versi, Grillo gioca a favore dei poteri forti della tecnocrazia.
Dopo di me, ha parlato l'amico Ettore Alessi (del PdL di Roncoferraro) che ha fatto una vera e propria arringa.
Egli ha detto una cosa molto importante, ossia che una volta i partiti spendevano i soldi che i cittadini davano a loro (tramite il finanziamento) mentre oggi i vari capibastone dei partiti spendono i loro soldi per sé stessi.
Inoltre, ha parlato anche del problema dei costi della politica, ad esempio, citando i costi delle amministrazioni regionali.
Inoltre, ha parlato anche di Angelino Alfano e ha detto che egli sarà in grado di migliorare il Popolo della Libertà perché ha coraggio e non è legato ai vecchi sistemi.
Sull'arringa di Alessi è nato un dibattito vivace.
Ne rispondere a me, Sogliani ha detto che effettivamente la crisi di partiti e la nascita di movimenti civici può favorire la tecnocrazia.
Certo, lui ha detto anche i movimenti civici sono un modo per avvicinare i cittadini alla politica ma il problema dei partiti rimane.
Nell'intervento ha preso la parola un ragazzo che ha parlato dei giovani che vogliono lavorare seriamente per il bene della propria realtà e ha parlato della necessità di ricominciare partendo dal territorio.
Un signore seduto vicino a Sogliani ha detto della questione d noi giovani.
Oggi, per colpa di errori passati, noi giovani siamo penalizzati.
Quel signore ci ha chiesto scusa pubblicamente.
Infatti, negli anni passati le cose andavano bene ma per fare un favore ai sindacati e ad altri gruppi di pressione nessuno aveva fatto nulla o aveva fatto delle riforme funzionali a pochi.
Oggi ne paghiamo il prezzo.
Ci sono giovani (come il sottoscritto) che sono disoccupati.
Egli ha detto anche che questa crisi italiana non sia solo frutto di errori della classe politica italiana ma anche di una congiuntura economica mondiale in cui il mercato ha scalzato la politica.
A me questa serata è piaciuta molto.
Ho avuto occasione di confrontarmi e di capire certe situazioni che rischiano di funestare la storia del nostro Paese.
Cordiali saluti.
lunedì 23 aprile 2012
Beppe Grillo, antisemita, vergognati!
Cari amici ed amiche.
Il comico genovese Beppe Grillo non finisce di stupirci, purtroppo in negativo.
Infatti, guardate il video qui sopra, che lo mostra mentre parla di Israele.
Le sue frasi sono intrise di odio.
Perché nessuno fa niente e dice niente di fronte a simili spettacoli?
Qui non si tratta di una critica verso la politica di Israele, che si può condividere o meno (personalmente, la condivido), ma di un vero e proprio attacco antisemita!
Io continuo a fare la stessa domanda:
Se a fare quello che fa Israele fosse un altro Stato, ci sarebbe un comportamento così abnorme?
Io credo proprio di no.
Inoltre, ricordo che il popolo Israeliano è minacciato da ogni parte.
Infatti, il popolo israeliano (con il quale sono solidale) è minacciato da Stati (come l'Iran) e dalle popolazioni vicine.
Israele è uno Stato legittimo e ha il diritto di esistere.
Vorrei che Beppe Grillo andasse in Israele o parlasse con persone che Israele hanno a che fare e, forse, capirebbe certe cose!
Vi invito a leggere l'articolo del sito "Libero Pensiero" che è intitolato "Invito a Beppe Grillo: lasci stare gli ebrei.".
Inoltre, da cattolico, mi sento offeso nel vedere quella persona che indossa un saio da frate francescano.
Lui ha offeso gli ebrei e mancato di rispetto a noi cattolici.
Se Grillo leggesse questo mio articolo, non dovrebbe arrabbiarsi.
Infatti, egli dovrebbe solo vergognarsi.
Grillo dovrebbe ricordarsi di 6.000.000 di vittime della Shoah e di coloro che morirono a causa del comunismo, tra i quali ci furono molti ebrei.
Cordiali saluti.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.