Cari amici ed amiche.
Leggendo su Facebook la commovente nota della signora Anna Maria Mimma Raggi, intitolata "REINVENTARSI UN GIOCO DI STORIA A SESSANTANNI INOLTRATI:) DOPO SCELTE DA STRESS DI CHEMIO E LA VITTORIA SUL MALE...", vorrei dire la mia sulla questione dei tumori.
Lo faccio anche portando una testimonianza diretta, avendo avuto in famiglia casi di malati oncologici.
Era il settembre 1996, quando mia zia telefonò a mia madre dicendo che dovette fare portare mia nonna materna all'ospedale perché aveva avuto una sorta di occlusione intestinale, con tumefazione addominale.
Fu una cosa urgente.
Nell'ultimo periodo della sua vita, mia nonna si trasferì dalla Sicilia alla casa di mia zia, in provincia di Novara.
Quella telefonata fu come un fulmine al ciel sereno.
Certo, ci furono già problemi in passato ma nessuno poteva immaginare che a causare tutti quei malori fosse stato un tumore.
Infatti, mia nonna ebbe problemi cardiaci.
Purtroppo, la diagnosi disse che si trattava di un carcinoma al peritoneo e che esso era in stato avanzato.
E così, iniziò il calvario.
Mia nonna (che era una donna robusta) dimagrì in modo vistoso.
Perse più quindici chili in soli due mesi.
L'ultima volta che la vidi in piedi fu a Natale, quando con i miei andai a fare visita ai miei zii e (ovviamente) a mia nonna.
Nel gennaio 1997, i miei zii dovettero portare mia nonna all'ospedale e lì si mise a letto definitivamente.
Il male si fece molto grave.
Vomitava bile, poiché il tumore causò un danno epatico.
Le misero un sondino naso-boccale e le diedero della morfina.
Nell'ultima settimana di vita, mia madre stette da mia zia, per assistere la malata di notte.
Mia nonna non parlava più ma era lucida.
Ricordo bene quello che successe il 02 febbraio 1997, quando io, mio padre e mio fratello andammo a prendere mia madre.
Andammo anche all'ospedale e vedemmo che fu sotto l'effetto della morfina.
Non parlava più però, nonostante la morfina, era lucida.
Mi ricordo che mi strinse la mano.
E' un gesto che ricordo molto bene e che non dimenticherò. La cosa mi dà ancora emozioni forti.
Il 03 febbraio, arrivò a casa mia una telefonata che annunciò la morte di mia nonna.
Per la mia famiglia, questo calvario si ripeté con i miei nonni paterni. Morirono anche loro di cancro.
Nel 1999 morì mia nonna e nel 2000 fu la volta di mio nonno.
Io credo che il tumore non debba diventare un male sociale.
Il malato oncologico non deve essere lasciato solo, né dai propri cari e né dalle istituzioni.
Ad esempio, trovo giusto che si velocizzino le pratiche burocratiche per fare avere i soldi dell'accompagnamento per chi assiste un malato di cancro.
Quando è in fase terminale, infatti, il cancro diventa una malattia invalidante.
Anche i cari del malato devono fare la loro parte.
Devono stare vicini al malato e farlo sentire esattamente come prima che si ammalasse.
Noi facemmo così con mia nonna.
Ad esempio, bisogna fare "scuola" a coloro che hanno in casa un malato oncologico.
Bisogna insegnare loro a comportarsi di fonte ad una situazione simile.
Bisogna istruirli sul cancro e su ciò che porta, su come trattare i casi di emergenza e su come comportarsi con il malato.
Così, si fa anche della prevezione.
Infatti, più sono persone che conoscono il cancro, più vite si potrebbero salvare perché vi sarebbe anche una certa "prevenzione".
In questo, possono fare molto sia i volontari che la sanità ospedaliera.
Inoltre, bisogna favorire l'accesso alle cure palliative.
Già, la recente legge del 15 marzo 2010 n.38 va in questo senso.
Un malato di cancro non deve essere visto come un "peso sociale" ma come una persona che ha dei diritti, sia politici e che naturali.
Tra questi ultimi vi è il diritto alla vita.
Chi dice che serve l'eutanasia, non va secondo questo principio ma secondo gli egoismi di chi ritiene un malato di cancro una cosa inutile per la società.
Ciò è aberrante!
Termino facendo gli auguri di buon compleanno all'amica Francesca Padovese titolare del blog "Start Up And Fight" (http://mamagrizzlies.blogspot.com/).
E' una ragazza impegnata nel sociale e merita il mio rispetto e la mia stima.
Cordiali saluti.
Leggendo su Facebook la commovente nota della signora Anna Maria Mimma Raggi, intitolata "REINVENTARSI UN GIOCO DI STORIA A SESSANTANNI INOLTRATI:) DOPO SCELTE DA STRESS DI CHEMIO E LA VITTORIA SUL MALE...", vorrei dire la mia sulla questione dei tumori.
Lo faccio anche portando una testimonianza diretta, avendo avuto in famiglia casi di malati oncologici.
Era il settembre 1996, quando mia zia telefonò a mia madre dicendo che dovette fare portare mia nonna materna all'ospedale perché aveva avuto una sorta di occlusione intestinale, con tumefazione addominale.
Fu una cosa urgente.
Nell'ultimo periodo della sua vita, mia nonna si trasferì dalla Sicilia alla casa di mia zia, in provincia di Novara.
Quella telefonata fu come un fulmine al ciel sereno.
Certo, ci furono già problemi in passato ma nessuno poteva immaginare che a causare tutti quei malori fosse stato un tumore.
Infatti, mia nonna ebbe problemi cardiaci.
Purtroppo, la diagnosi disse che si trattava di un carcinoma al peritoneo e che esso era in stato avanzato.
E così, iniziò il calvario.
Mia nonna (che era una donna robusta) dimagrì in modo vistoso.
Perse più quindici chili in soli due mesi.
L'ultima volta che la vidi in piedi fu a Natale, quando con i miei andai a fare visita ai miei zii e (ovviamente) a mia nonna.
Nel gennaio 1997, i miei zii dovettero portare mia nonna all'ospedale e lì si mise a letto definitivamente.
Il male si fece molto grave.
Vomitava bile, poiché il tumore causò un danno epatico.
Le misero un sondino naso-boccale e le diedero della morfina.
Nell'ultima settimana di vita, mia madre stette da mia zia, per assistere la malata di notte.
Mia nonna non parlava più ma era lucida.
Ricordo bene quello che successe il 02 febbraio 1997, quando io, mio padre e mio fratello andammo a prendere mia madre.
Andammo anche all'ospedale e vedemmo che fu sotto l'effetto della morfina.
Non parlava più però, nonostante la morfina, era lucida.
Mi ricordo che mi strinse la mano.
E' un gesto che ricordo molto bene e che non dimenticherò. La cosa mi dà ancora emozioni forti.
Il 03 febbraio, arrivò a casa mia una telefonata che annunciò la morte di mia nonna.
Per la mia famiglia, questo calvario si ripeté con i miei nonni paterni. Morirono anche loro di cancro.
Nel 1999 morì mia nonna e nel 2000 fu la volta di mio nonno.
Io credo che il tumore non debba diventare un male sociale.
Il malato oncologico non deve essere lasciato solo, né dai propri cari e né dalle istituzioni.
Ad esempio, trovo giusto che si velocizzino le pratiche burocratiche per fare avere i soldi dell'accompagnamento per chi assiste un malato di cancro.
Quando è in fase terminale, infatti, il cancro diventa una malattia invalidante.
Anche i cari del malato devono fare la loro parte.
Devono stare vicini al malato e farlo sentire esattamente come prima che si ammalasse.
Noi facemmo così con mia nonna.
Ad esempio, bisogna fare "scuola" a coloro che hanno in casa un malato oncologico.
Bisogna insegnare loro a comportarsi di fonte ad una situazione simile.
Bisogna istruirli sul cancro e su ciò che porta, su come trattare i casi di emergenza e su come comportarsi con il malato.
Così, si fa anche della prevezione.
Infatti, più sono persone che conoscono il cancro, più vite si potrebbero salvare perché vi sarebbe anche una certa "prevenzione".
In questo, possono fare molto sia i volontari che la sanità ospedaliera.
Inoltre, bisogna favorire l'accesso alle cure palliative.
Già, la recente legge del 15 marzo 2010 n.38 va in questo senso.
Un malato di cancro non deve essere visto come un "peso sociale" ma come una persona che ha dei diritti, sia politici e che naturali.
Tra questi ultimi vi è il diritto alla vita.
Chi dice che serve l'eutanasia, non va secondo questo principio ma secondo gli egoismi di chi ritiene un malato di cancro una cosa inutile per la società.
Ciò è aberrante!
Termino facendo gli auguri di buon compleanno all'amica Francesca Padovese titolare del blog "Start Up And Fight" (http://mamagrizzlies.blogspot.com/).
E' una ragazza impegnata nel sociale e merita il mio rispetto e la mia stima.
Cordiali saluti.