La meritocrazia? Una cura per evitare il declino - di Antonio Gabriele Fucilone
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Vi siete mai chiesti come mai Gengis Khan riuscì a creare un impero che fu più vasto di quello romano e di quello napoleonico? La risposta è molto semplice: Gengis Khan premiava i soldati più meritevoli e che in battaglia dimostravano il maggiore valore.
Anche nella Roma repubblicana e nei primi anni di quella imperiale si usò questo principio, così come nell'Impero Ottomano ai tempi del sultano Solimano il Magnifico. Questo principio si chiama MERITOCRAZIA.
Forse, da tutto ciò potremmo capire anche il fenomeno del declino italiano. Nei Paesi in cui c'è una maggiore meritocrazia l'economia è più forte e c'è una maggiore competitività. E' proprio la meritocrazia uno dei punti di forza di questi Paesi. Infatti, in una logica meritocratica, vengono premiati coloro che mostrano maggiori competenze, bravura ed impegno. Ciò motiva le persone che così riescono a rendere di più. Non a caso ho citato Gengis Khan.
In Italia non c'è una logica meritocratica, ma molto spesso ci si basa sulle conoscenze importanti o sull'appartenenza politica delle persone in un determinato contesto, la classica RACCOMANDAZIONE. Questa situazione penalizza soprattutto i giovani. E così molti diplomati, diplomati specializzati e laureati con un ottimo livello di preparazione vengono scavalcati nella ricerca di posti di lavoro o di posti da ricercatori universitari da altre persone che spesso sono di dubbia formazione ma che hanno la fortuna (loro) di essere legati alla "baronia" dell'università o al congiunto importante di turno.
Molti giovani validi si vedono così costretti a fare un lavoro "di ripiego" (che non li soddisfa) o a rimanere disoccupati oppure ad emigrare, facendo successo in un altro Paese. Ecco perché l'Italia "non è un Paese per giovani".
Questo però inficia la qualità della produzione e dei servizi. In Italia c'è uno sfacelo, nella pubblica amministrazione, nelle scuole, nelle università, negli ospedali e nelle aziende private.
Anche nell'azienda privata ci sono situazioni analoghe, in cui il rapporto di lavoro è basato sul rapporto personale con il titolare o sulla segnalazione dell'amico o del parente.
E l'università? La situazione è identica, in quanto lì vi sono delle vere e proprie "baronie" di rettori ed insegnanti. Ad esempio, nell'Università di Bari c'è stato uno scandalo di questo tipo. Infatti, c' erano professori, ricercatori e studenti che erano tutti imparentati tra loro. Anche i sindacati (in particolare quelli grossi come la CGIL) sono delle vere e proprie "baronie" nel mondo del lavoro.
Per dirla breve, in un mondo globalizzato ed in cui c'è una forte competizione, l'Italia non può avere questa mentalità. Deve cambiare cultura ed incominciare a premiare le eccellenze. Il quadro della situazione non rosea del nostro Paese può essere letto meglio se si tiene conto anche del fatto che ci siano delle istituzioni obsolete e da riformare, che ci sia un' eccessiva burocrazia, che ci siano un fisco esoso, una scarsa politica per la famiglia, una scarsa ricerca, una carenza d'infrastrutture efficienti, un' eccessiva immigrazione generica (che crea anche altri problemi) ed una scarsissima immigrazione specializzata. Infatti, possiamo dire che oggi noi importiamo tante braccia ma nessun cervello. Negli altri Paesi vanno molti ricercatori, professori e dottori (anche italiani) mentre da noi vengono solo i muratori, i braccianti, gli operai o peggio i clandestini, che diventano dei potenziali criminali.
La situazione deve cambiare. Si devono fare le riforme ( a cominciare dal federalismo) e realizzare delle nuove infrastrutture, vanno applicate delle nuove politiche energetiche (comprese quelle del nucleare), si deve tagliare la burocrazia, ridurre il fisco e si deve ridurre l'immigrazione "generica" ( con un giro di vite contro la clandestinità) e favorire l'ingresso di ricercatori, professori e dottori stranieri, che oggi in Italia non vengono, o - meglio ancora - recuperare i nostri cervelli che sono emigrati. Vanno fatte anche delle politiche più serie per la famiglia. Ma, insieme a tutto questo, bisogna creare una cultura meritocratica. Se farà così il nostro Paese potrà mostrare il suo alto potenziale, altrimenti il declino sarà inarrestabile.
Antonio Gabriele Fucilone - Italia chiama Italia
Questo è un articolo che avevo scritto il 01 luglio 2008 su "Italia chiama Italia". L'ho dovuto tagliare in alcuni punti perché è troppo lungo. Se volete vedere l'originale, andate su sito "Italia chiama Italia" e leggete l'articolo intitolato "La meritocrazia? Una cura per evitare il declino-Antonio Gabriele Fucilone". Voglio parlare della meritocrazia, senza volere additare questa o quell'altra persona per accusarla ed offenderla. Ora, io credo che il concetto oggi sia più valido che mai. Questa mattina, su "Canale Italia", avevo sentito parlare Bruno Cesaro, esponente della "Fiamma Tricolore" (http://www.brunocesaro.it).
Ora, Cesaro aveva fatto un peana sulla cultura del nostro Paese e ha sminuito quella che è la cultura anglosassone.
Sono d'accordo con Cesaro, quando dice che noi italiani dobbiamo essere orgogliosi del nostro patrimonio culturale.
Noi abbiamo un patrimonio artistico che tutti ci invidiano, come anche la letteratura, le tradizioni religiose e le conoscenze scientifiche.
Quando si parla di Italia, vengono in mente grandi personaggi come Pitagora, Caio Mario, Lucio Cornelio Silla, Marco Tullio Cicerone Giulio Cesare, San Tommaso d'Aquino, San Francesco d'Assisi, Santa Chiara d'Assisi, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Leon Battista Alberti, Cristoforo Colombo, Niccolò Machiavelli, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio, San Gabriele dell'Addolorata, San Pio da Pietrelcina, Italo Svevo, Federigo Tozzi, Primo Levi ed Enrico Fermi. Forse, anche William Shakespeare potrebbe essere stato italiano, come avevo scritto nell'articolo intitolato "L'enigma di Shakespeare".
Questi sono solo alcuni dei grandi personaggi che portarono la nostra cultura ed i nostri grandi valori nel mondo.
Dobbiamo valorizzare questo enorme patrimonio.
Non sono d'accordo con Cesaro quando ha affermato che nel periodo in cui Dante Alighieri scrisse la bellissima Divina Commedia, in Inghilterra si mangiava ancora carne cruda.
Certo, Cesaro volle fare capire che noi non abbiamo nulla da invidiare agli Inglesi ma ha sbagliato nel definire così la cultura anglosassone.
In realtà, quando Dante scrisse la Divina Commedia, l'Inghilterra era un Paese unito, a differenza del nostro, ed aveva una costituzione.
Inoltre, nei secoli successivi, l'Inghilterra divenne una potenza mondiale mentre l'Italia, nonostante avesse un patrimonio culturale superiore, andò in declino.
Perché avvenne questo?
Fu fortuna dell'Inghilterra e sfortuna nostra?
Io penso di no. Uno dei punti di forza della cultura inglese fu la meritocrazia!
Infatti, premiare il merito fu il punto di forza di civiltà che lasciarono il loro marchio nella storia dell'umanità.
Fu così nell'Impero Romano e altrettanto fu nell'Impero Britannico.
Anche oggi è così.
Uno dei mali del nostro Paese è la scarsa meritocrazia.
Per troppo tempo, sono state premiate delle persone non in base alle competenze, ai meriti e alle conoscenze culturali ma in base ad "altre conoscenze", ossia ad amicizie più o meno particolari o ai soldi.
Questo ha generato un grosso problema che colpisce ogni settore della nostra società, dalle imprese alla politica.
Perché vi è questo?
Questa situazione è stata causata da molti fattori.
Vi sono delle cause storiche.
Prendiamo, ad esempio, quello che successe durante il Rinascimento.
Un caso su tutti fu quello di Olimpia Maidalchini (detta anche Donna Olimpia o Pimpaccia, 1592-1657) che, di fatto, comandava la corte papale e cooptava e sfavoriva le persone a seconda del proprio gradimento. Di sicuro, Donna Olimpia fece gravi danni alla reputazione della Chiesa.
Un altro di questi fu una certa "cultura dell'ugualianza" instillata dalla sinistra e dai sindacati.
Essa si è radicata nelle scuole (specialmente pubbliche).
In pratica, ogni selezione è stata tolta ed hanno iniziato ad essere promosse anche persone che non meritavano di essere promosse.
Questa situazione si è propagata anche nell'università, con le "baronie".
Questo ha generato una "reazione e catena".
Con una scuola ed un'università meno selettive anche il mondo del lavoro, il pubblico impiego e la politica sono poco selezionati.
Oggi, ci troviamo di fronte a questa cattiva situazione, in cui anziché favorire chi veramente merita, viene favorito chi ha maggiori possibilità sul piano economico o chi ha "conoscenze" (di certo non culturali) presso gli ambienti che contano.
Questo è un male perché tutta la società italiana ne risente.
Molto spesso, quando si attacca il mondo politico, mi metto a ridere.
Infatti, i detrattori della nostra politica parlano di "caste".
Ora, va detto che la nostra politica rispecchia esattamente quella che è la nostra società.
Se la nostra società fosse meritocratica, lo sarebbe anche la nostra politica.
Per questo, trovo che sia molto positivo il discorso fatto dall'onorevole Angelino Alfano, segretario del Popolo della Libertà, che ha affermato che il partito dovrà affermare il principio della meritocrazia e che per questo non sarà più un partito di tessere.
Infatti, prendere la tessera significa spendere dei soldi e si rischia di avere un partito in cui a contare non sia chi ha le capacità ma chi ha più soldi.
Se escludiamo il punto che riguarda il voto degli italiani all'estero, che francamente non condivido e che trovo infelice, la bozza di riforma proposta dal ministro Calderoli va in questa direzione. Infatti, le retribuzioni date ai parlamentari saranno erogate in base alla partecipazione ai lavori in Parlamento.
E allora, credo che valga un detto della regina Elisabetta I d'Inghilterra (1533-1603) che recita:
"In Europa la tradizione anglosassone sta alla latina come l'olio sta all'aceto. Ci vogliono entrambi per fare la salsa, altrimenti l'insalata è poco condita.".
Se unissimo il nostro patrimonio culturale alla meritiocrazia anglosassone potremmo fare molto.
Cordiali saluti.
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