Leggete questo articolo sul blog del "Circolo di Plinio Correa de Oliveira".
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L'articolo è intitolato "L'Europa castigata da un mito rivoluzionario" ed è tratto da un testo di Carlos Patricio Del Campo, un economista laureato presso la University of California di Berkeley.
L'Europa, di fatto, non esiste.
Essa è solo un "mostro di burocrazia e tecno-finanza".
Essa non si basa sul valori comuni tra vari Stati né su una seria politica che esprima essi.
L'Unione Europea è solo un'accozzaglia di Stati in cui prevale l'asse franco-tedesco che tende a "fagocitare" gli altri.
Forse, quello che dico potrebbe sembrare forte e rischierei di essere frainteso.
Quello che non riuscirono a fare la Francia rivoluzionaria di Napoleone o la Germania di Bismarck piuttosto che quella di Hitler (in quest'ultimo caso mi riferisco all'espansionismo), lo stanno facendo ora la Francia di Nicolas Sarkozy e la Germania di Angela Merkel.
Questo, alla lunga, potrebbe creare dei problemi.
In pratica, quei due Stati hanno in mano il destino di tutti gli altri.
Non tutti gli Stati possono (o vogliono) adattarsi agli standard franco-tedeschi.
Ad esempio, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord non aderisce nemmeno all'Euro ed ha un certo tipo di economia che è ben diverso da quel "capitalismo alpino-renano" a cui, purtroppo, ci siamo allineati anche noi.
Inoltre, per aderire all'Unione Europea, l'Italia fece delle scelte gravi.
Ad esempio, molti di voi non sanno che nella I Repubblica (negli anni '80) fu fatto un accordo che prevedeva che, per tutelare il settore metalmeccanico, fosse sacrificata l'agricoltura.
Infatti, la allora Comunità Economica Europea, la famosa CEE, impose all'Italia le famose "Quote latte" e le limitazioni riguardo alla produzione di alcuni prodotti agroalimentari, come gli agrumi.
E così, sia gli allevatori, qui nel nord Italia, e sia i produttori di agrumi in Sicilia, oggi sono in grossa difficoltà.
Noi italiani abbiamo prodotti di ottima qualità e siamo costretti a buttarli via perché ce lo impone l'Unione Europea, o meglio, ce lo impongono i franco-tedeschi.
Questa scelta scellerata fu fatta anche perché il settore metalmeccanico aveva dietro i sindacati che, di fatto, agirono come delle lobbies, minacciando scioperi o peggio.
La politica, di fronte a loro, fu debole.
Inoltre, l'Unione Europea ha l'Euro, una moneta unica, ma il suo unico punto di riferimento non è un organo politico ma una banca, la Banca Centrale Europea, che, guarda caso, si trova in Germania.
Di fatto, la politica ha abdicato di fronte alla tecno-finanza.
Quanto sta succedendo ora qui in Italia lo dimostra, con la possibile nomina di Mario Monti a Presidente del Consiglio.
Inoltre, questa Europa non ha nemmeno un'identità.
Ha rifiutato il riferimento alle sue radici culturali, radici che si rifanno alla tradizione giudaico-cristiana.
Vi faccio leggere un passaggio dell'articolo succitato che recita:
"l vero impasse
D'altronde, si capisce, è in gioco la sopravvivenza stessa del progetto “unione europea” tanto cullato dai vertici che governano l’Europa. È stata escogitata la costruzione di un’Europa unita, artificialmente strutturata secondo certe norme stabilite da una cupola, con la collaborazione di un parlamento e di una banca centrale europei e l’hanno posta sotto l’egida di un regime monetario a moneta unica - l’euro. Il frutto promesso di questa nuova Europa sarebbe un balzo in avanti nel progresso e nel benessere economico-sociale delle popolazioni dei 27 paesi membri. E questo senza la necessità, nei suoi aspetti basici, che tali paesi rinunciassero alle proprie strutture di governo individuali. Questa preservazione dell’ indipendenza politica ed economica - anche se entro certi limiti - rese il progetto presentabile agli occhi dell’opinione pubblica.
Tuttavia, il “tallone di Achille” è rappresentato proprio da questa indipendenza enunciata nel progetto. Infatti, in un regime a moneta unica, qualsiasi scompiglio fiscale o monetario, oppure l’esistenza di qualche tipo di rigidità nei prezzi e nei salari - frutti di pressioni politiche interne, o di una gestione sbagliata dell’autorità economica di un paese-membro - colpisce necessariamente e in modo diretto la sua economia reale, cioè, il livello dell’occupazione e del reddito. E, dipendendo dall’entità di questo scompiglio, il paese “ammalato” può contagiare tutto l’insieme. Non esiste la possibilità di alterare il tasso di cambio, che in queste situazioni potrebbe agire come una specie di ammortizzatore, diminuendo le conseguenze negative che questi scompigli causano all’occupazione e al reddito del paese colpito, evitando quindi il contagio.
In realtà, per un conglomerato di nazioni, la presenza di una moneta unica e l’indipendenza dei suoi membri nelle decisioni di campo economico-finanziario sono, in un certo modo, termini contraddittori. È un problema difficile da risolvere quando la rinuncia a questa indipendenza in favore di un governo centrale sembra essere un’utopia irrealizzabile; soprattutto trattandosi di paesi di grande tradizione storica, e marcati da differenze culturali profonde e ricche di consuetudini, come nel caso delle nazioni europee."
e quest'altro, che recita:
"
Per salvarsi, l'Europa deve tornare alle proprie radici e ridare alla politica il suo ruolo.
Se non fa così, ci potranno essere due strade.
L'una sarà la dipendenza dall'asse franco-tedesco e l'altra la fine dell'Unione Europea medesima.
Tra l'una e l'altra via non vi sarebbe nessuna differenza.
Entrambe certificherebbero il fallimento dell'Unione Europea.
Cordiali saluti.