The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
Il mio libro
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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domenica 16 maggio 2010
BIRRA, DA BEVANDA A RISORSA FUTURA
Cari amici ed amiche.
Vi parlo della birra. Questa bevanda è un prodotto della fermentazione alcolica di un mosto di malto d'orzo (Hordeum distichon), è oggi molto diffusa e ha origini molto antiche.
Era già nota presso i Sumeri, dal VI millennio BC. Secondo quanto raffigurato certe statue e raffigurazioni la birra fu molto presente anche presso gli Egizi. Tra il III ed il I secolo BC , durante l'epoca dei Tolomei (della cui famiglia fece parte la regina Cleopatra), la birra venne prodotta industrialmente.
In Grecia, parlano di essa i testi di Erodoto, Senofonte e Teofrastro (IV secolo BC). Essi danno notizie in particolare di una birra di miglio.
In Grecia, essa venne disprezzata, poiché i Greci ritenevano "poco virile" consumare vino d'orzo.Della birra si parlò anche a Roma. Plinio (I secolo AD) parlò una bevanda ricavata dalle fermentazioni delle biade.
Nel Sud America si diffuse una bevanda simile chiamata chicha. Essa è ancora oggi molto diffusa tra gli indigeni e la si ricava dal mais, da altrio cereali, dalla frutta e dalla manioca.
La birra per come la conosciamo noi (con l'uso del luppolo), però, risale all'VIII secolo AD e venne introdotta in Francia durante il regno di Pipino il Breve.
Nel XIII secolo essa si diffuse nel Brandeburgo e nella Baviera. La legislazione italiana dice che la birra è un prodotto ottenuto con fermentazione alcolica con ceppi selezionati di lievito Saccharomyces cerevisiae di mosti preparati con malti d'orzo torrefatto ed amaricati con luppolo. Il malto d'orzo può essere sostituito con quello di altri cereali (come frumento o riso) in misura percentuale massima del 25% calcolata sul peso complessivo del cereale impiegato.
La preparazione della birra parte dal malto.
Esso viene preparato facendo macerare l'orzo in acqua dai due agli otto giorni.
I chicchi sani si rigonfiano (per preparare la germinazione) e vanno in superficie mentre quelli guasti no.
Questi ultimi vengono scartati e dati al bestiame.
La germinazione dei chicchi sani avviene tra i 15 e 20 °C, per otto o quindici giorni. Si procede poi alla degerminazione che serve ad eliminare il germe che contiene degli olii che durante la fermentazione agiscono da antischiuma.
Si ottiene così il malto verde che viene essiccato in essiccatori a cassetti, o a cilindri, ad una temperatura compresa tra gli 80 ed i 95 °C.
Si ottiene così il malto chiaro per la "birra chiara". Se si essicca il malto verde ad una temperatura che varia dai 95 ai 105 °C si ottiene il malto scuro.
Per le birre molto scure si arrostice il malto verde in cilindri a fuoco diretto.
Il malto passa poi alla fase di ammostamento. Esso viene vagliato, macinato ed inviato in caldaie. Al malto vengono aggiunte acqua e farina di altri cereali crudi. Alla miscela viene aumentata la temperatura. L'ammostamento serve per mettere in soluzione acquosa le sostenze del malto. Ciò avviene per mezzo di enzimi come le diastasi presenti nel malto che idrolizzano i costituenti lineari, l'amilosio e ramificati, le amilopectine, degli amidi e le peptidasi che attaccano le proteine.
L'ammostamento si può fare per decozione e per infusione.
L'infusione può essere ascendente, ossia con malto impastato con acqua fredda e poi misclato con acqua ad 80°C per portarlo alla temperatura di 60° e mantenuta qualche ora per permettere la saccarificazione dell'amido, oppure discendente, con un impasto alla temperatura di 70°C che viene miscelato con acqua ad 80°C.
La temperatura viene mantenuta a 65°C.
Quest'ultimo metodo è in uso in Gran Bretagna, ove si produce birra a fermentazione alta, ossia con lievito che resta nella parte alta del fermentatore.
La decozione, invece, consiste nell'impastare la farina di malto con acqua calda fino ad avere una miscela ad una temperatura di 75 °C. L'ammostamento per decozione si può fare anche con tecnica delle "due o tre miscele". Le farine di altri cereali vengono preparate a parte per produrre la salda d'amido. In questo caso, i 75 °C vengono raggiunti riscaldando all'ebollizione le aliquote successive della miscela. La decozione è in uso in Austria, in Germania e qui in Italia, ove si produce birra a fermentazione bassa, ossia con lievito immerso nel liquido. Il mosto viene poi chiarificato in tini. La parte solida (trebbie) viene scartata ed usata per alimentare il bestiame.
Al mosto vengono poi aggiunti i fiori femminili del luppolo, le cui ghiandole contengono la luppolina che è un insieme di olii essenziali, come mircene e geraniolo e varie resine, come umuloni, lupuloni e coumuloni.
Questi composti stabilizzano la birra, fanno precipitare le proteine instabili del mosto (durante l'ebollizione) e ne danno il sapore caratteristico.
Il mosto viene cotto.
Successivamente viene raffreddato in vasche di ferro, mediante scambiatori di calore, e viene portato ad una temperatura compresa tra 5 e 6 °C.
In condizioni asettiche, a questo si aggiunge il lievito coltivato.
Inizia così la fermentazione . Durante questa fase NON DEVE ESSERCI L'AREANZIONE che farebbe ossidare la birra.
Durante questa fase avvengono i processi biochimici di trasformazione degli zuccheri in alcol e CO2, un abbassamento del pH che rende la birra più secca nel gusto e la diminuzione dele sostanze amare.
Dopo la fermentazione, la birra viene decantata e fatta passare in fase di stagionatura. Questa fase avviene in botti chiuse con valvole tarate. Qui la birra si satura di CO2.
Presa con la dovuta moderazione, la birra è un alimento sano.
Essa contiene zuccheri, proteine, sali e vitamine idrosolubili.
Inoltre, contiene acqua, quindi è diuretica.
I Paesi che ne consumano di più sono la Germania, La Gran Bretagna e gli USA.
Essa però, può dare molto di più.
Durante la I e la II Guerra Mondiale, in Germania si sfruttò la fermentazione della birra per fare CRESCERE IL LIEVITO.
In quanto formato da cellule, il lievito è ricco di proteine.
In quei periodi, esso venne usato come integratore alimentare.
Si scoprirono così le SCP (Single Ccell Proteins, Proteine unicellulari).
Si potrebbe riperecorrere la stessa strada, togliendo però gli inconvenenienti come la presenza degli acidi nucleici (DNA e RNA) che, in quanto ricchi di basi azotate puriniche, favoriscono l'insorgere della gotta.
Quindi, la birra rappresenta la storia e può essere una risorsa molto più importante di quanto si possa immaginare.
Cordiali saluti.
sabato 15 maggio 2010
UN NUOVO CASO HINA SVENTATO
Cari amici ed amiche.
A Poggio Rusco (Mantova) si è rischiata la tragedia.
Una ragazza turca di 18 anni è stata picchiata dal padre e dal fratello per i suoi costumi occidentali e per il fatto che lei abbia scelto di stare con un ragazzo italiano.
Si è rischiato un simile a quello di Hina Saleem, la ragazza pakistana che l'11 maggio 2006 fu uccisa da suo padre perché vestiva all'occidentale ed era fidanzata con un ragazzo italiano.
A differenza della povera pakistana, la ragazza turca di Poggio Rusco si è salvata anche grazie ad un'amica che l'ha incoraggiata a denunciare l'accaduto.
Ora, io vorrei porre una riflessione.
Molti di quelli che oggi fanno tanto putiferio sul caso dei preti pedofili (che è certamente molto grave) di fronte a quanto successe ad Hina e a quanto è accaduto a questa ragazza stanno tenendo un vergognoso silenzio.
Riflettiamo!
Cordiali saluti.
A Poggio Rusco (Mantova) si è rischiata la tragedia.
Una ragazza turca di 18 anni è stata picchiata dal padre e dal fratello per i suoi costumi occidentali e per il fatto che lei abbia scelto di stare con un ragazzo italiano.
Si è rischiato un simile a quello di Hina Saleem, la ragazza pakistana che l'11 maggio 2006 fu uccisa da suo padre perché vestiva all'occidentale ed era fidanzata con un ragazzo italiano.
A differenza della povera pakistana, la ragazza turca di Poggio Rusco si è salvata anche grazie ad un'amica che l'ha incoraggiata a denunciare l'accaduto.
Ora, io vorrei porre una riflessione.
Molti di quelli che oggi fanno tanto putiferio sul caso dei preti pedofili (che è certamente molto grave) di fronte a quanto successe ad Hina e a quanto è accaduto a questa ragazza stanno tenendo un vergognoso silenzio.
Riflettiamo!
Cordiali saluti.
CIAO LEONARDO, UN UOMO D'ESEMPIO PER IL CALCIO E...NON SOLO
Cari amici ed amiche.
Ieri, il tecnico brasiliano Leonardo Nascimento de Araujo (meglio conosciuto come Leonardo) ha annunciato che lascerà il Milan, squadra che allena dall'anno scorso.
Da milanista e da persona che ama il buon calcio devo dire che mi dispiace.
Certamente, il suo inizio da allenatore non è stato facile e io stesso l'ho giudicato un po' troppo frettolosamente.
Mi scuso di ciò.
Al contrario, ha dimostratop buone doti di allenatore e (con un po' più di esperienza e tanto lavoro) diventerà grande.
Se io fossi in lui non smetterei di allenare.
La sua dote migliore è (a mio modo di vedere) il suo parlare diretto senza, però, arrivare ad una becera polemica e alla stupida baruffa.
Purtroppo, si sa dire la verità spesso rende antipatici.
Lo so per esperienza diretta e vissuta in prima persona.
Se poi, questa verità viene espressa con toni aspri e polemici (cosa che qualche illustre collega di Leo fa) ecco che si avvelena il clima.
Leonardo, invece, ha sempre detto la verità, senza peli sulla lingua e senza patemi, ma non è mai arrivato ai toni avvelenati.
Questo gli fa onore.
Forse, in un calcio ed in una società così avvelenati, uno come Leonardo è un elemento positivo che mancherà.
Egli sta dando una grande lezione di lealtà e di correttezza nel linguaggio a tutti noi.
Non la sta dando solo a quelli che fanno calcio ma anche a figure di altri ambiti.
Pensiamo, alla politica.
Forse, qualcuno dovrebbe imparare lo stile dal tecnico di Niteroi, anziché mandare "a farsi fottere" i propri interlocutori o insultarli ed avvelenare il clima.
Per questa lezione di grande umanità, Leonardo va ringraziato.
Merita i migliori auguri per le sue esperienze future.
Cordiali saluti.
Ieri, il tecnico brasiliano Leonardo Nascimento de Araujo (meglio conosciuto come Leonardo) ha annunciato che lascerà il Milan, squadra che allena dall'anno scorso.
Da milanista e da persona che ama il buon calcio devo dire che mi dispiace.
Certamente, il suo inizio da allenatore non è stato facile e io stesso l'ho giudicato un po' troppo frettolosamente.
Mi scuso di ciò.
Al contrario, ha dimostratop buone doti di allenatore e (con un po' più di esperienza e tanto lavoro) diventerà grande.
Se io fossi in lui non smetterei di allenare.
La sua dote migliore è (a mio modo di vedere) il suo parlare diretto senza, però, arrivare ad una becera polemica e alla stupida baruffa.
Purtroppo, si sa dire la verità spesso rende antipatici.
Lo so per esperienza diretta e vissuta in prima persona.
Se poi, questa verità viene espressa con toni aspri e polemici (cosa che qualche illustre collega di Leo fa) ecco che si avvelena il clima.
Leonardo, invece, ha sempre detto la verità, senza peli sulla lingua e senza patemi, ma non è mai arrivato ai toni avvelenati.
Questo gli fa onore.
Forse, in un calcio ed in una società così avvelenati, uno come Leonardo è un elemento positivo che mancherà.
Egli sta dando una grande lezione di lealtà e di correttezza nel linguaggio a tutti noi.
Non la sta dando solo a quelli che fanno calcio ma anche a figure di altri ambiti.
Pensiamo, alla politica.
Forse, qualcuno dovrebbe imparare lo stile dal tecnico di Niteroi, anziché mandare "a farsi fottere" i propri interlocutori o insultarli ed avvelenare il clima.
Per questa lezione di grande umanità, Leonardo va ringraziato.
Merita i migliori auguri per le sue esperienze future.
Cordiali saluti.
venerdì 14 maggio 2010
URUGUAY-ITALIA, UN RAPPORTO STORICO
Cari amici ed amiche.
Vi parlo del tema che mi spinse in modo decisivo verso verso l'impegno politico, la questione degli italiani all'estero
E' una questione che mi è spesso interessata, avendo anch'io parenti all'estero.
In particolare, nel febbraio 2008, iniziai una sorta di "campagna di sensibilizzazione" a favore di una comunità italiana che viveva in difficoltà.
Proprio nel febbrario 2008, sul sito dell'Associazione dei Mantovani nel Mondo (http://www.mantovaninelmondo.org/), lessi una denuncia fatta dalla signora Marta Rosa Martinez Ambrosini, segretaria del Circolo italiano di Tacuarembò, Uruguay.
La signora Martinez Ambrosini, denunciò delle carenze strutturali che creavano difficoltà alla comunità italiana residente in quella cittadina uruguaiana.
Denunciò ma carenza di una struttura consolare vicina a luogo e ciò rendeva scomodo e problematico l'accesso ai documenti e ai servizi.
Infatti, le uniche strutture consolari (il Consolato di Montevideo ed il Vice-Consolato di Melo) erano fuori mano.
E così iniziai una campagna di sensibilizzazione, contattando politici e giornali (come "Italia chiama Italia" http://www.italiachiamaitalia.net/) specie in rete.
Debbo dire che da tutto ciò ho imparato molte cose.
Infatti, la presenza italiana in Uruguay ha lasciato molti segni.
Pensiamo, ad esempio, ai cognomi di personaggi noti, come i calciatori Edinson Cavani e Fabian Carini, come lo scrittore Mario Benedetti o come gli storici Presidenti Alfredo Baldomir Ferrari, Gabriel Terra e Julio Maria Sanguinetti.
Si calcola che quasi il 40% degli uruguaiani sia di origini italiane.
Questo lega i due Paesi.
I primi italiani approdarono in Uruguay nel XVI secolo.
In quel periodo il Paese era una colonia spagnola.
Poi nel secolo XIX l'immigrazione crebbe.
Tanti furono i lombardi, i liguri, gli emiliani, i trentini, i piemontesi, i veneti, gli abruzzesi, i campani, i pugliesi, i calabresi ed i siciliani che emigrarono dall'Italia e andarono a Montevideo, a Salto, a Tacuarembò o a Paysandù.
Mi permetto di fare una nota "personale".
Molti siciliani della provincia di Messina partirono per il Sud America.
Tra questi, potrebbero esservi stati molti galatesi, di Galati Mamertino, comune della provincia di Messina che è la terra d'origine di mia madre.
Quindi, chissà, se ho parenti in Germania e negli USA, potrei averne anche in Sud America, magari proprio a Montevideo o in qualsiasi altra parte dell'Uruguay.
Detto questo.
La presenza italiana lasciò un segno nella storia e nella cultura del Paese.
Anche quel Giuseppe Garibaldi, che qualcuno ha ribattezzato "L'eroe dei due mondi", costituì un tassello fondamentale nella storia di quel Paese incuneato tra Brasile ed Argentina.
Inoltre, vi sono anche idiomi come il sicignolu, una lingua mista tra spagnolo e siciliano.
Quindi, trovo giuste iniziative, come quella promossa dal Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli di rendere le patenti italiane ultilizzabili anche in Uruguay.
Sono lodevoli anche le iniziative promosse da associazioni italiane ed istituzioni come le regioni che sono atte a creare maggiori sinergie tra l'Italia e gli italiani residenti in Uruguay, come in altre parti del mondo.
La Lombardia è un esempio di ciò e vi è molto impegno.
Tra l'altro, io stesso avevo promosso un interscambio il comune di Roncoferraro ( Mantova) e Tacuarembò.
Gli italiani nel mondo sono i nostri "veri ambasciatori" e noi che stiamo qui in Italia dobbiamo farli sentire vicini ad un Paese che è anche il loro.
Cordiali saluti.
Vi parlo del tema che mi spinse in modo decisivo verso verso l'impegno politico, la questione degli italiani all'estero
E' una questione che mi è spesso interessata, avendo anch'io parenti all'estero.
In particolare, nel febbraio 2008, iniziai una sorta di "campagna di sensibilizzazione" a favore di una comunità italiana che viveva in difficoltà.
Proprio nel febbrario 2008, sul sito dell'Associazione dei Mantovani nel Mondo (http://www.mantovaninelmondo.org/), lessi una denuncia fatta dalla signora Marta Rosa Martinez Ambrosini, segretaria del Circolo italiano di Tacuarembò, Uruguay.
La signora Martinez Ambrosini, denunciò delle carenze strutturali che creavano difficoltà alla comunità italiana residente in quella cittadina uruguaiana.
Denunciò ma carenza di una struttura consolare vicina a luogo e ciò rendeva scomodo e problematico l'accesso ai documenti e ai servizi.
Infatti, le uniche strutture consolari (il Consolato di Montevideo ed il Vice-Consolato di Melo) erano fuori mano.
E così iniziai una campagna di sensibilizzazione, contattando politici e giornali (come "Italia chiama Italia" http://www.italiachiamaitalia.net/) specie in rete.
Debbo dire che da tutto ciò ho imparato molte cose.
Infatti, la presenza italiana in Uruguay ha lasciato molti segni.
Pensiamo, ad esempio, ai cognomi di personaggi noti, come i calciatori Edinson Cavani e Fabian Carini, come lo scrittore Mario Benedetti o come gli storici Presidenti Alfredo Baldomir Ferrari, Gabriel Terra e Julio Maria Sanguinetti.
Si calcola che quasi il 40% degli uruguaiani sia di origini italiane.
Questo lega i due Paesi.
I primi italiani approdarono in Uruguay nel XVI secolo.
In quel periodo il Paese era una colonia spagnola.
Poi nel secolo XIX l'immigrazione crebbe.
Tanti furono i lombardi, i liguri, gli emiliani, i trentini, i piemontesi, i veneti, gli abruzzesi, i campani, i pugliesi, i calabresi ed i siciliani che emigrarono dall'Italia e andarono a Montevideo, a Salto, a Tacuarembò o a Paysandù.
Mi permetto di fare una nota "personale".
Molti siciliani della provincia di Messina partirono per il Sud America.
Tra questi, potrebbero esservi stati molti galatesi, di Galati Mamertino, comune della provincia di Messina che è la terra d'origine di mia madre.
Quindi, chissà, se ho parenti in Germania e negli USA, potrei averne anche in Sud America, magari proprio a Montevideo o in qualsiasi altra parte dell'Uruguay.
Detto questo.
La presenza italiana lasciò un segno nella storia e nella cultura del Paese.
Anche quel Giuseppe Garibaldi, che qualcuno ha ribattezzato "L'eroe dei due mondi", costituì un tassello fondamentale nella storia di quel Paese incuneato tra Brasile ed Argentina.
Inoltre, vi sono anche idiomi come il sicignolu, una lingua mista tra spagnolo e siciliano.
Quindi, trovo giuste iniziative, come quella promossa dal Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli di rendere le patenti italiane ultilizzabili anche in Uruguay.
Sono lodevoli anche le iniziative promosse da associazioni italiane ed istituzioni come le regioni che sono atte a creare maggiori sinergie tra l'Italia e gli italiani residenti in Uruguay, come in altre parti del mondo.
La Lombardia è un esempio di ciò e vi è molto impegno.
Tra l'altro, io stesso avevo promosso un interscambio il comune di Roncoferraro ( Mantova) e Tacuarembò.
Gli italiani nel mondo sono i nostri "veri ambasciatori" e noi che stiamo qui in Italia dobbiamo farli sentire vicini ad un Paese che è anche il loro.
Cordiali saluti.
giovedì 13 maggio 2010
IL SANTO PADRE MISSIONARIO IN EUROPA
Cari amici ed amiche.
Il viaggio a Fatima (Portogallo) del Santo Padre Benedetto XVI è una tappa fondamentale per l'opera missionaria che sta facendo in tutta l'Europa.
L'opera del Papa non può essere definita in un altro modo.
Oggi, noi ci troviamo in un'Europa priva di un'anima.
Forse è anche questa la causa dei suoi numerosi problemi.
A questa Europa manca l'anima.
La storia lo dice.
Infatti, il vero cemento dell'Europa è rappresentata da quella tradizione giudaico-cristiana che oggi essa ha di fatto messo fuori dalla vita pubblica.
La mancanza di un riferimento esplicito alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione dell' Unione Europea ne è la dimostrazuione più lampante.
Oggi, essa dice di attingere il suo bagaglio dall'Illuminismo, dalla Rivoluzione Francese e dalle tradizioni liberali e social-democratiche.
Purtroppo, l'Unione Europea ha dimenticato che il vero riferimento culturale sta proprio nelle radici giudaico-cristiane.
Ad esempio, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 AD), fu la Chiesa a ridisegnare il volto dell'Europa, anche altrimenti sarebbe stata un'accozzaglia di popoli.
Quindi, la tradizione giudaico-cristiana è il fondamento dell'Europa stessa.
A causa della corrente mentalità ateizzante, oggi vi è anche questa crisi di valori che sta portando all'eliminazione di tutti i simboli religiosi, al disprezzo verso la vita ed un uno scarso senso della famiglia come cellula fondante della società. Il tutto sta avvenendo in nome della "laicità".
A questo si unisce anche il vergognoso attacco contro la Chiesa sul caso della pedofilia.
Il Papa qui ha mantenuto la fermezza nel condannare questo scandalo.
Certo, la pedofilia è grave sia come reato che come peccato ma non è "monopolio" dei preti e né del mondo cattolico. Il Papa non ha mancato di denunciare errori fatti dalla Chiesa (e di cui il suo illustre predecessore, il Venerabile Giovanni Paolo II, si scusò, come le violenze contro gli ebrei o la IV Crociata) ma ha portato alto i valori cristiani.
E' evidente che la questione della pedofilia è stata cavalcata da alcuni soggetti per attaccare la Chiesa.
E' forse anche questo il "TERZO SEGRETO DI FATIMA"?
Non sta a me giudicare ma mi permetto di fare una considerazione.
Che oggi ci siano delle "persecuzioni" è vero. Esse, almeno qui in Europa, non si presentano con metodi violenti ma con attacchi da parte di certi "intellettuali", con certe sentenze (come quella fatta contro l'Italia sul crocifisso), con certe opere letterarie e con irrisione verso la fede (che viene vista come un qualcosa di "folkloristico" e di vetusto) e che cerca di manifestarla pubblicamente.
E' evidente che c'è un attacco contro la Chiesa. Qui in Europa questo attacco è "dolce" mentre in altre parti del mondo vi sono delle persecuzioni nel vero senso della parola.
Il viaggio del Papa è quindi un'occasione per risvegliare le coscienze e sarebbe giusto che anche chi (come crede) si unisca a lui nella preghiera a Maria.
Chi non crede provi almeno a riflettere.
Togliere Dio dalla vita pubblica non porta a nulla di buono.
Già successe in passato e si generarono i mostri come il Nazi-Fascismo ed il Comunismo. La storia potrebbe ripetersi.
Lo sanno bene anche i nostri amici degli USA, che pur nella loro laicità riconobbero in Dio un riferimento nella vita pubblica.
Negli Stati Uniti d'America non ci furono i succitati totalitarismi.
Cordiali saluti.
Il viaggio a Fatima (Portogallo) del Santo Padre Benedetto XVI è una tappa fondamentale per l'opera missionaria che sta facendo in tutta l'Europa.
L'opera del Papa non può essere definita in un altro modo.
Oggi, noi ci troviamo in un'Europa priva di un'anima.
Forse è anche questa la causa dei suoi numerosi problemi.
A questa Europa manca l'anima.
La storia lo dice.
Infatti, il vero cemento dell'Europa è rappresentata da quella tradizione giudaico-cristiana che oggi essa ha di fatto messo fuori dalla vita pubblica.
La mancanza di un riferimento esplicito alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione dell' Unione Europea ne è la dimostrazuione più lampante.
Oggi, essa dice di attingere il suo bagaglio dall'Illuminismo, dalla Rivoluzione Francese e dalle tradizioni liberali e social-democratiche.
Purtroppo, l'Unione Europea ha dimenticato che il vero riferimento culturale sta proprio nelle radici giudaico-cristiane.
Ad esempio, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 AD), fu la Chiesa a ridisegnare il volto dell'Europa, anche altrimenti sarebbe stata un'accozzaglia di popoli.
Quindi, la tradizione giudaico-cristiana è il fondamento dell'Europa stessa.
A causa della corrente mentalità ateizzante, oggi vi è anche questa crisi di valori che sta portando all'eliminazione di tutti i simboli religiosi, al disprezzo verso la vita ed un uno scarso senso della famiglia come cellula fondante della società. Il tutto sta avvenendo in nome della "laicità".
A questo si unisce anche il vergognoso attacco contro la Chiesa sul caso della pedofilia.
Il Papa qui ha mantenuto la fermezza nel condannare questo scandalo.
Certo, la pedofilia è grave sia come reato che come peccato ma non è "monopolio" dei preti e né del mondo cattolico. Il Papa non ha mancato di denunciare errori fatti dalla Chiesa (e di cui il suo illustre predecessore, il Venerabile Giovanni Paolo II, si scusò, come le violenze contro gli ebrei o la IV Crociata) ma ha portato alto i valori cristiani.
E' evidente che la questione della pedofilia è stata cavalcata da alcuni soggetti per attaccare la Chiesa.
E' forse anche questo il "TERZO SEGRETO DI FATIMA"?
Non sta a me giudicare ma mi permetto di fare una considerazione.
Che oggi ci siano delle "persecuzioni" è vero. Esse, almeno qui in Europa, non si presentano con metodi violenti ma con attacchi da parte di certi "intellettuali", con certe sentenze (come quella fatta contro l'Italia sul crocifisso), con certe opere letterarie e con irrisione verso la fede (che viene vista come un qualcosa di "folkloristico" e di vetusto) e che cerca di manifestarla pubblicamente.
E' evidente che c'è un attacco contro la Chiesa. Qui in Europa questo attacco è "dolce" mentre in altre parti del mondo vi sono delle persecuzioni nel vero senso della parola.
Il viaggio del Papa è quindi un'occasione per risvegliare le coscienze e sarebbe giusto che anche chi (come crede) si unisca a lui nella preghiera a Maria.
Chi non crede provi almeno a riflettere.
Togliere Dio dalla vita pubblica non porta a nulla di buono.
Già successe in passato e si generarono i mostri come il Nazi-Fascismo ed il Comunismo. La storia potrebbe ripetersi.
Lo sanno bene anche i nostri amici degli USA, che pur nella loro laicità riconobbero in Dio un riferimento nella vita pubblica.
Negli Stati Uniti d'America non ci furono i succitati totalitarismi.
Cordiali saluti.
mercoledì 12 maggio 2010
29 MAGGIO 1453, CADDE L'IMPERO ROMANO!
Cari amici ed amiche.
Nel XV secolo, l'Impero bizantino (o Impero romano d'Oriente) era ridotto alle sole Costantinopoli e parte della Morea.
Lo storico Braudel paragonò la capitale ad "un cuore rimasto miracolosamente vivo in un corpo oramai da tempo".
In effetti, del glorioso Impero bizantino era rimasto ben poco.
Tra la VERGOGNOSA IV CROCIATA del XIII secolo (che fece sdegnare anche il papa), le guerre civili e le conquiste dei Turchi ottomani, nel XV secolo l'impero era ridotto ai minimi termini, come dimostra la cartina.
I Turchi minacciarono Costantinopoli ma fino al regno del sultano Mehmet II Fatih (29 marzo 1432-3 maggio 1481) non riuscirono mai a prenderla.
Anzi, ci furono periodi di convivenza. Il 03 febbraio 1451 morì il sultano Murad II e suo figlio Mehmet gli succedette.
Questi fu molto ambizioso e puntò le sue attenzioni e le sue brame sulla capitale bizantina. La sua ambizione fu così smisurata che a commettere efferati delitti, come l'omicidio del suo fratellastro.
Egli, incominciò subito ad avere un atteggiamento ambiguo verso l'imperatore bizantino Costantino XI nonostante avesse firmato l'accordo di pace del padre.
Da uomo saggio qual era, Costantino iniziò a diffidare di Mehmet ed aveva ragione.
Nell'aprile 1451 il sultano iniziò a costruire sul Bosforo una fortezza, la Boghaz Kesen.
Da lì, i Turchi avrebbero preso il controllo del Bosforo ed avrebbero potuto attaccare Costantinopoli.
Oltre a fare la fortezza, gli Ottomani iniziarono a saccheggiare le zone limitrofe suscitando le proteste sia dei Bizantini che dei Genovesi di Pera.
L'imperatore, allora, fece arrestare tutti i Turchi che erano in città e chiudendone le porte e cercò di convincere il sultano a recedere. Per tre volte mandò ad Adrianopoli (allora capitale dell'Impero ottomano) le ambascerie con doni. La terza volta, Mehmet, fece giustiziare gli ambasciatori. Il 26 novembre, i Turchi attaccarono una nave veneziana. Il comandante Antonio Rizzo fu portato a Didymoteicho ed impalato. I membri dell'equipaggio vennero segati in due.
Il 31 agosto 1451 la fortezza fu completata.
Costantino iniziò subito a trattare con l'Occidente. Papa Niccolò V acconsentì e il 20 maggio 1452 mandò il cardinale Isidoro con 200 arcieri napoletani.
Per motivi che nulla ebbero a che fare con gli ideali, si mossero anche Venezia e Genova, che temevano dei grossi danni ai loro interessi se Costantinopoli fosse caduta.
I Genovesi mandarono da Chio ottimo materiale da guerra e ottimi soldati.
Venezia, invece, usò la diplomazia, facendo promesse ma mandò poche navi.
Qui ci fu il colpo di scena. Il 12 dicembre 1452, nella basilica di Hagia Sophia (nella foto), Costantino XI proclamò la RIUNIFICAZIONE TRA LE CHIESE GRECO-ORTODOSSA E CATTOLICO-ROMANA.
Purtroppo, solo la corte imperiale accettò questo mentre la gente e molti prelati (come Gennadio Scolario) non riconobbero la riunificazione.
Anzi, ci furono coloro che come il Mega Logoteta Loukas Notaras affermarono di preferire il turbante turco alla mitra papale.
I preti cattolici venivano insultati. Con l'intento di indurre Venezia ad intervenire Costantino fece fermare le navi occidentali.
Il 5 aprile 1453 Mehmet intimò a Costantino la resa.
Lo storico bizantino Michele Doukas, scrisse molto bene di ciò.
Scrisse queste parole:
"Essendo tutto pronto per l'attacco a Costantinopoli, a parere di Maometto (Mehmet) egli mandò un messaggero che disse all'imperatore:" Tutto è pronto per l'attacco e ciò che ho deciso da molto tempo è sul punto di realizzarsi. Di fronte al nostro ordine di arrenderti cosa rispondi? Ti conviene uscire dalla città e andare dove vuoi con i signori della tua corte, con le loro ricchezze. In questo modo il tuo popolo non avrà alcun danno né da parte nostra, né da parte tua, mentre se rifiuti o resisti, è sicuro che perderai la vita, i tuoi beni e quelli dei tuoi e lascerai che il tuo popolo venga disperso nel mondo prigioniero dei Turchi".
L'imperatore rispose:" Se vuoi fare come i tuoi antenati e vivere in pace con noi, loderemo Dio. Le nostre città, i nostri paesi sono stati presi a forza. Lasciali liberi e noi ti concederemo un tributo annuale il più alto possibile e la pace sarà fatta. Quanto a consegnare la città, non è in potere di un cittadini di qualsiasi posizione, e una soluzione ci rimane: morire".
Qui si dimostro la grandezza di Costantino XI.
Mehemet, nella sua ingordigia, arrivò a dire: "Se non sarò io a prendere la città sarà la città a prendere me".
Il 06 aprile, i turchi iniziarono a cannoneggiare la città. Il giorno dopo crollò parte della Porta Chiarisii ma venne subito riparata.
L'08 aprile, i Turchi iniziarono a riempire il fossato e Mehmet fece un sopralluogo vicino a Costantinopoli prima di avere altri cannoni.
Il 09 ed il 10 aprile, l'ammiraglio della flotta turca Balta-oghlu attaccò due castelli e saggiò le difese del Corno d'Oro.
Dal 12 al 17 aprile, iniziò il vero e proprio bombardamento turco.
Il 18 aprile, poiché le mura furono demolite ed il fossato fu coperto il comandante genovese Giovanni Giustiniani Longo eresse una palizzata di legno. I Giannizzeri turchi attaccarono la palizzata con torce ed uncini. Bizantini e Genovesi combatterono (sotto il comandante genovese) fianco a fianco e respinsero l'attacco.
Il 20 aprile Balta-oghlu fece catturare tre galee genovesi affittate da Papa Niccolò V ed un trasporti bizantino con grano.
Ci fu uno scontro navale tra Turchi e Genovesi che misero in difficoltà i propri avversari, grazie alla loro competenza. I Turchi non ebbero la meglio. Il giorno dopo Balta-oghlu venne accusato di tradimento da Mehmet e privato dei gradi e dei beni. Sulle mura riprese il bombardamento turco che fece crollare una torre, la Bactinian.
Se si fosse ordinato un attacco su tutta la linea i Turchi avrebbero sfondato ma il sultano non era alle mura.
In seguito un italiano suggerì a Mehmet il modo per superare il Corno d'Oro. Fece così un diversivo per distrarre i defensori ma non riuscì a vincere.
L'assedio si protrasse per un mese.
Il 28 maggio, ci fu una messa in Hagia Sophia.
L'imperatore prese la Comunione e Greci e Latini pregarono insieme ed intonarono la formula del "Kyrie Eleison" .
Costantino fece una cosa irrituale per la corte bizantina.
Abbracciò i soldati italiani.
Il 29 maggio, alle ore una e mezza del mattino, i Turchi fecero l'attacco con i Basci-Bazuok. Dopo due ore di cannonate la palizzata crollò ed i soldati anatolici si trovarono di fronte l'imperatore ed i Bizantini che li massacrarono.
In seguito, guidati da Mehmet, i Giannizzeri attaccarono. Lo scontro durò quattro ore.
Le campane suonarono ed i cristiani iniziarono a pregare. Per un' ora si combattè corpo a corpo. Una cinquantina Turchi entrarono nella Kerkoporta che era stata lasciata aperta. I difensori li avrebbero uccisi tutti se il comandante genovese Giustinani Longo non fosse stato ferito. Fu portato via.
Questo segnale venne interpretato dai Genovesi come una ritirata.
Costantino rimase solo. Egli, suo cugino Teofilo, don Francisco de Toledo e Giovanni Dalmata bloccarono per un po' la porta. Poi, strappatosi le insegne imperiali l'imperatore si gettò nella mischia.
Morì in guerra. I Turchi vinsero ed entrarono nella città.
Arrivati alla basilica di Hagia Sophia, buttarono giù la porta ad asciate. Sgozzarono i preti che dicevano messa, uccisero le persone in preghiera e stuprarono i bambini sugli altari.
La chiesa venne trasformata in moschea alla sera.
Il corpo di Costantino XI venne decapitato e sventrato. La testa fu messa sulla Colonna di Costantino (come scherno verso il distrutto Impero romano d'Oriente) e fatta girare per l'Impero ottomano come monito.
In seguito, la salma dell'imperatore venne sepolta in una fossa comune, pare presso la Porta di San Romano.
Che dire di tutto ciò?
Si sarebbe potuto evitare se tutta l'Europa avesse attaccato i Turchi. Invece, i grandi stati fecero poco e ci fu quella catastrofe.
Il millenario Impero bizantino cessò di esistere. Anzi cessò di esistere l'Impero romano, perché i Bizantini furono i veri eredi della civiltà dei Cesari.
Quando arrivarono i Turchi, i libri della biblioteca costantinopolitana vannero bruciati.
Andò via un intero patrimonio culturale, con una civiltà che lasciò la sua impronta dappertutto.
Anche qui nel Mantovano. Non a caso ho fatto un'istanza al Comune di Roncoferraro per proporre un evento culturale dedicato all'Impero bizantino e spero che tale istanza sia accolta.
Quanto a Costantino XI, che dire? "SANTO SUBITO"!
E' già santo per i cristiani orientali ma anche noi cattolici gli dobbiamo molto. Tra l'altro fu in comunione con Roma quando morì.
Tra l'altro, il 20 maggio ci sarà la sua festa. Credo che vada ricordato con grande onore e magari sarebbe giusto rivolgere a lui le nostre richieste di intercessione.
Cordiali saluti.
martedì 11 maggio 2010
CAFFA, LA PRIMA GUERRA BATTERIOLOGICA
Cari amici ed amiche.
Oggi si parla tanto di "guerra batteriologica" ma pochi sanno che essa è una "pratica" molto vecchia e, purtroppo, fu sperimentata da noi italiani.
Nel Basso Medioevo, la Repubblica marinara Genova ebbe un impero commerciale. Sul Mediterraneo e sul Mar Nero ci furono numerosi "fondachi" ed "empori" della "Respublica superiorem non reconoscens" detta anche "Dominante" come anche altre regioni. Esempi furono la Corsica e Chios.
Essa fu talmente potente che nel 1261 riuscì ad aiutare l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo a riprendersi il trono di Costantinopoli, da cinquantacinque anni in mano agli imperatori latini d'Oriente e (de facto) in mano ai Veneziani, con cui i Genovesi furono in guerra.
Proprio a Costantinopoli, Genova aveva due quartieri, Galata e Pera.
Proprio da questi due quartieri, Genova controllava altre comunità, tra le quali quella di Caffa, in Crimea.
In questa città (che oggi si chiama Teodosia e si trova nell' attuale Ucraina) fu sotto l'influenza dei Cazari (popolo seminomade di origini turche e di religione sciamanica ma poi in buona parte convertita all'ebraismo) e quella dell'Impero bizantino.
Dal 1266 il capo mongolo Mengu Temur ( discendente di Cingis Khan e capo del Khanato dell'Orda d'Oro) vendette terre ai Genovesi che ne fecero una colonia.
Qui ci fu la guerra batteriologica. Caffa venne attaccata da Tartari popoolazione mongola convertita all'Islam.
L'attacco avvenne tra il 1346 ed il 1347.
Gli assedianti (capeggiati da Gani Bek) catapultarono entro le mura corpi di malati di peste, della quale il focolaio fu la Cina.
I Genovesi, tentarono di impedire il diffondersi della Yersinia pestis, gettando fuori i cadaveri ma le pulci li infettarono.
In fuga, i Genovesi salparono alla volta di Costantinopoli, capitale dell'Impero bizantino che era in grave crisi.
Dopo la IV Crociata (1202-1204) e le guerre civili sotto gli imperatori Andronico II e Andronico III l'impero si disgregò e i Turchi ottomani (che nel 1301 si insediarono in Anatolia, tra Brussa, Eskisehir e Nicea) ne stava conquistando le terre.
Quindi, quei poveri Bizantini dovettero prendersi anche la croce della peste.
Questi Genovesi andarono poi in Europa occidentale e portandosi dietro il morbo che nel 1348 fece una vera e propria pandemia.
Si calcola che circa un quarto della popolazione europea morì di questo morbo.
Questo ebbe un effetto devastante sull'Europa, che già aveva altri problemi. Infatti, il XIV secolo fu un periodo più freddo (infatti ci fu una glaciazione) e molti raccolti andarono male. le cronache dell'inglese Thomas Walsingham e dell'italiano Agnolo di Tura raccontano ciò.
La peste generò il terrore in Europa. Il cloramfenicolo fu scoperto solo nel 1947.
Ne fu una dimostrazione l'iconografia nell'arte (un esempio è nella foto che raffigura un affresco di subiaco, Roma) e ci furono fenomeni estremi come le flagellazioni, l'uccisione di molti ebrei (accusati di essere gli "untori") e la jacquerie, assalti ai signori e ai loro castelli da parte dei contadini.
I signori poi reagirono con feroci repressioni.
Quindi, la guerra batteriologica non punta a solo a distruggere un nemico sul campo a a destabilizzarlo sul suo territorio. Anche le attuali forme di terrorismo puntano a questo. Tenendo conto del fatto che la popolazione è più numerosa di quella XIV si dovrà stare molto attenti.
Cordiali saluti.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.