DAEMONIA
"Omnes dii gentium daemonia."
Comu Marduk, Baal et Astarte...
funu accusì Dagon, Moloch et Giovi...
fars...et sunnu camora...
d'omini fatti chisti divi...comu camora 'n chisti novi...
chì li sordi sunnu et lu successu...demoni accussì...
et di li Giudii nto l'Aggittu cchiù schiavi...
d'iddi divoti sunnu l'omini...pirché Diu ùn vonnu...
et d'iddi niuru sarà lu distinu...comu di cosi gravi!
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
Il mio libro
Il mio libro
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Il mio libro
Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
Il mio libro
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Il mio libro
domenica 8 luglio 2012
sabato 7 luglio 2012
L'Europa, commento al brano del professor Plinio Correa de Oliveira
Cari amici ed amiche.
Leggete questo brano del libro del professor Plinio Correa de Oliveira "Rivoluzione e controrivoluzione":
""Perestrojka" e "glasnost": smantellamento della III Rivoluzione o metamorfosi del comunismo? Al
tramonto dell'anno 1989 ai massimi dirigenti del comunismo internazionale parve, infine, giunto il
momento di fare un'enorme mossa politica, la maggiore nella storia del comunismo. Sarebbe
consistita nell'abbattere la Cortina di Ferro e il Muro di Berlino, il che, producendo i propri effetti in
modo simultaneo all'esecuzione dei programmi "liberaleggianti" della Glasnost (1985) e della
Perestrojka (1986), avrebbe accelerato l'apparente smantellamento della III Rivoluzione nel mondo
sovietico. A sua volta lo smantellamento avrebbe attirato sul suo sommo promotore ed esecutore,
Mikhail Gorbaciov, la simpatica carica di enfasi e la fiducia senza riserve delle potenze occidentali
e di molti fra i poteri economici privati del Primo Mondo. A partire da ciò, il Cremlino avrebbe
potuto attendere un flusso meraviglioso di risorse finanziarie per le sue casse vuote. Queste
speranze sono state molto ampiamente confermate dai fatti, dando a Gorbaciov e alla sua équipe la
possibilità di continuare a navigare, con in mano il timone, sul mare di miseria, d'indolenza e
d'inazione di fronte a cui l'infelice popolazione russa, soggetta fino a poco fa al capitalismo di Stato
integrale, si sta comportando fino a questo momento con una passività sconcertante. Si tratta di una
passività favorevole alla generalizzazione del marasma, del caos e, forse, al concretizzarsi di una
crisi conflittuale interna suscettibile, a sua volta, di degenerare in una guerra civile... o mondiale. In
questo quadro hanno fatto irruzione gli avvenimenti sensazionali e brumosi dell'agosto del 1991,
che hanno avuto come protagonisti Gorbaciov, Eltsin e altri coautori di questa mossa, che hanno
aperto la strada alla trasformazione dell'URSS in una debole confederazione di Stati e poi al suo
smantellamento. Si parla dell'eventuale caduta del regime di Fidel Castro a Cuba e della possibile
invasione dell'Europa Occidentale da parte di orde di affamati provenienti dall'Oriente e dal
Magreb. I diversi tentativi di albanesi bisognosi de penetrare in Italia sarebbero stati come un primo
saggio di questa nuova "invasione barbarica" in Europa. Non manca chi, nella Penisola Iberica
come in altri paesi d'Europa, collega queste ipotesi con la presenza di moltitudini di maomettani,
irresponsabilmente ammessi in anni precedenti in diversi punti di questo continente e con i progetti
di costruzione di un ponte sullo stretto di Gibilterra, che collegherebbe l'Africa Settentrionale al
territorio spagnolo, il che favorirebbe a sua volta altre invasioni di musulmani in Europa . Curiosa
somiglianza di effetti della caduta della Cortina di Ferro e della costruzione di questo ponte:
entrambi aprirebbero il continente europeo a invasioni analoghe a quelle respinte vittoriosamente da Carlo Magno, cioè quelle da parte di orde barbariche o semi-barbariche provenienti dall'Oriente e di orde maomettane provenienti da regioni a sud del continente europeo. Si direbbe quasi che si
ricompone il quadro pre-medioevale. Ma manca qualcosa: è l'ardore di fede primaverile delle popolazioni cattoliche chiamate a far fronte simultaneamente a entrambi gli impatti.
Ma, soprattutto, manca qualcuno: dove trovare attualmente un uomo della statura di Carlo Magno? Se
immaginiamo lo sviluppo delle ipotesi sopra enunciate, il cui principale scenario sarebbe
l'Occidente, indubbiamente ci spaventeranno la dimensione e la drammaticità delle conseguenze
che le stesse porterebbero con sé. Tuttavia questa visione d'insieme non comprende neppur
lontanamente la totalità degli effetti che in questi giorni ci annunciano voci autorizzate, provenienti
da circoli intellettuali in palese opposizione fra loro e da imparziali strumenti di comunicazione. Per esempio, il crescente contrasto fra paesi consumisti e paesi poveri. Oppure, in altri termini, fra nazioni ricche e industrializzate e altre che sono semplici produttrici di materie prime. Ne
nascerebbe uno scontro di proporzioni mondiali fra ideologie diverse, raccolte da un lato attorno
all'arricchimento indefinito e dall'altro al sottoconsumo miserabilista. Di fronte a questo eventuale
scontro è impossibile non ricordare la lotta di classe auspicata da Marx. E da questo nasce
naturalmente una domanda: tale lotta di classe sarà una proiezione, in termini mondiali, di uno
scontro analogo a quello concepito da Marx soprattutto come un fenomeno socio-economico
all'interno delle nazioni, conflitto al quale parteciperebbe ognuna di esse con caratteristiche proprie?
In questa ipotesi la lotta fra il Primo e il Terzo Mondo servirà da travestimento attraverso il quale il
marxismo, svergognato dal suo catastrofico fallimento socio-economico e trasformato, cercherebbe
di ottenere, con rinnovate possibilità di successo, la vittoria finale? Una vittoria fino a questo
momento sfuggita dalle mani di Gorbaciov, il quale, benché certamente non ne sia il dottore, è
almeno un insieme di bardo e di prestidigitatore della perestrojka... Proprio della perestroijka, della
quale non è possibile dubitare che sia una realizzazione del comunismo dal momento che lo
confessa il suo stesso autore nel saggio propagandistico Perestrojka : il nuovo pensiero per il nostro
paese e per il mondo (trad. it., Mondadori, Milano 1987, p. 37): "Lo scopo di questa riforma è
assicurare [...] la transizione da una direzione eccessivamente centralizzata, e basata sugli ordini, a
una direzione democratica, basata su una combinazione tra il centralismo democratico e
l'autogestione". Autogestione che, per altro, era, "l'obiettivo supremo dello Stato sovietico", come
stabiliva la stessa Costituzione dell'ex-URSS nel suo Preambolo. ".
Condivido quanto scritto ma qui ci sarebbe da fare anche un discorso di geopolitica.
Il professor Plinio Correa de Oliveira ha parlato della necessità di un nuovo Carlo Magno per rimettere l'Europa in carreggiata.
Purtroppo, però, la situazione è ben diversa.
Se guardate la cartina qui sopra, noterete alcune cose importanti dell'Europa del tempo di Carlo Magno.
A sud est vi era il glorioso Impero Romano d'Oriente (o Impero Bizantino) .
Oggi, purtroppo, questo impero non c'è più, anche per colpa degli Europei che nel 1204 ne saccheggiarono la capitale, Costantinopoli, e poi lo lasciarono solo di fronte ai Turchi, che il 29 maggio 1453 lo conquistarono.
Ora, l'Impero Romano d'Oriente era molto importante da un punto di vista geopolitico.
Esso impediva all'Islam di penetrare in Europa, esattamente come i Franchi che con il loro re Carlo Martello respinsero gli Arabi a Poitiers nel 7.
Basti pensare agli assedi subiti da Costantinopoli nel 674 e nel 717.
Oggi, invece, c'è la Turchia, uno Stato musulmano che derivò dalla disgregazione dell'Impero Ottomano.
Per quanto la Turchia abbia cercato di essere uno Stato laico, i fermenti del fondamentalismo islamico sono ben presenti.
Leggete questo articolo che è stato messo dall'amico Angelo Fazio su Facebook:
"Turchia, Erdogan gareggia in moschee e smantella lo stato laico di Ataturk- In progetto due enormi templi a Istanbul e un terzo a Diyarbakir, in luogo dell'attuale stadio intitolato al fondatore della Turchia laica: questa sarà anzi la più grande del Paese. Per l'opposizione il governo è impegnato in una progressiva islamizzazione del Paese-Turchia sempre meno laica. Non si ferma l’opera di costruzione di nuove moschee con la benedizione dello Stato in Turchia. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha annunciato nei giorni scorsi l’avvio a breve dei lavori per la realizzazione di due grandi moschee a Istanbul: una di 15mila metri quadrati, con i minareti più alti del mondo, su una collina a picco sul Bosforo, che potrà essere ben visibile da ogni angolo della città, e un’altra in piazza Taksim, cuore commerciale e civile della capitale turca, con una gigantesca cupola, probabilmente anche in questo caso la più grande del mondo.Il quotidiano Radikal, uno dei più influenti in Turchia, riferisce inoltre che a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco, sarà costruita “la più grande moschea del paese”. Secondo il giornale, che cita il Gran Mufti di Diyarbakir Nimetullah Erdogmus, il nuovo edificio religioso sarà costruito al posto dell’attuale stadio di calcio intotolato, guarda caso, a Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della repubblica turca di marca laico-occidentalista, che adottò un nuovo codice civile su modello di quello svizzero. La nuova grande moschea di Diyarbakir, città situata molto all’interno della Turchia, lungo le sponde del fiume Tigri, potrà ospitare qualcosa come 20mila fedeli e sarà realizzata secondo il modello della celebre moschea Al-Masijd al-Nabawi di Medina, la città santa per eccellenza dell’Islam in Arabia Saudita.".
La situazione è ancora più intricata, se si considera anche un altro fattore.
Con l'Impero Ottomano, l'Islam si stabilì anche in aree dell'Europa, come la Bosnia-Erzegovina e l'Albania.
Un altro fattore importante è la divisione tra cristiani.
Infatti, com'è noto, i cristiani europei sono divisi in cattolici, ortodossi, protestanti ed anglicani.
Anche se causò la fine dell'Impero Romano d'Oriente, la divisione tra cattolici ed ortodossi si può superare poiché è solo disciplinare. Diverso è, invece, il discorso con i protestanti.
Con questi ultimi la divisione è anche dogmatica.
Già nel XVI secolo, l'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V (1500-1558) cercò di riunire l'Europa intorno alla tradizione cristiana.
Non vi riuscì proprio a causa della divisione e delle guerre tra cattolici e protestanti, l'imperatore non riuscì in questa impresa.
Anzi, la divisione tra cattolici e protestanti favorì i Turchi che a Mohacs (nel 1526) sconfissero i cristiani, rischiano di raggiungere Vienna e Roma.
Oltre a ciò, va detto che anche il mondo cattolico è diviso.
Ad esempio, vi sono i contrasti tra chi è fedele alla tradizione e chi vorrebbe rendere la Chiesa diversa.
Non possiamo non parlare della secolarizzazione che è correlata alla divisione tra cristiani e l'avvento di ideologie ateistiche,. come il comunismo.
L'Europa attuale è stata fondata solo sulla tecnocrazia perché non ha più un'identità.
Essa, però, sarà destinata a morire, se non recuperasse la propria identità.
Nemmeno un "nuovo Carlo Magno" potrebbe salvarla.
Cordiali saluti.
Leggete questo brano del libro del professor Plinio Correa de Oliveira "Rivoluzione e controrivoluzione":
""Perestrojka" e "glasnost": smantellamento della III Rivoluzione o metamorfosi del comunismo? Al
tramonto dell'anno 1989 ai massimi dirigenti del comunismo internazionale parve, infine, giunto il
momento di fare un'enorme mossa politica, la maggiore nella storia del comunismo. Sarebbe
consistita nell'abbattere la Cortina di Ferro e il Muro di Berlino, il che, producendo i propri effetti in
modo simultaneo all'esecuzione dei programmi "liberaleggianti" della Glasnost (1985) e della
Perestrojka (1986), avrebbe accelerato l'apparente smantellamento della III Rivoluzione nel mondo
sovietico. A sua volta lo smantellamento avrebbe attirato sul suo sommo promotore ed esecutore,
Mikhail Gorbaciov, la simpatica carica di enfasi e la fiducia senza riserve delle potenze occidentali
e di molti fra i poteri economici privati del Primo Mondo. A partire da ciò, il Cremlino avrebbe
potuto attendere un flusso meraviglioso di risorse finanziarie per le sue casse vuote. Queste
speranze sono state molto ampiamente confermate dai fatti, dando a Gorbaciov e alla sua équipe la
possibilità di continuare a navigare, con in mano il timone, sul mare di miseria, d'indolenza e
d'inazione di fronte a cui l'infelice popolazione russa, soggetta fino a poco fa al capitalismo di Stato
integrale, si sta comportando fino a questo momento con una passività sconcertante. Si tratta di una
passività favorevole alla generalizzazione del marasma, del caos e, forse, al concretizzarsi di una
crisi conflittuale interna suscettibile, a sua volta, di degenerare in una guerra civile... o mondiale. In
questo quadro hanno fatto irruzione gli avvenimenti sensazionali e brumosi dell'agosto del 1991,
che hanno avuto come protagonisti Gorbaciov, Eltsin e altri coautori di questa mossa, che hanno
aperto la strada alla trasformazione dell'URSS in una debole confederazione di Stati e poi al suo
smantellamento. Si parla dell'eventuale caduta del regime di Fidel Castro a Cuba e della possibile
invasione dell'Europa Occidentale da parte di orde di affamati provenienti dall'Oriente e dal
Magreb. I diversi tentativi di albanesi bisognosi de penetrare in Italia sarebbero stati come un primo
saggio di questa nuova "invasione barbarica" in Europa. Non manca chi, nella Penisola Iberica
come in altri paesi d'Europa, collega queste ipotesi con la presenza di moltitudini di maomettani,
irresponsabilmente ammessi in anni precedenti in diversi punti di questo continente e con i progetti
di costruzione di un ponte sullo stretto di Gibilterra, che collegherebbe l'Africa Settentrionale al
territorio spagnolo, il che favorirebbe a sua volta altre invasioni di musulmani in Europa . Curiosa
somiglianza di effetti della caduta della Cortina di Ferro e della costruzione di questo ponte:
entrambi aprirebbero il continente europeo a invasioni analoghe a quelle respinte vittoriosamente da Carlo Magno, cioè quelle da parte di orde barbariche o semi-barbariche provenienti dall'Oriente e di orde maomettane provenienti da regioni a sud del continente europeo. Si direbbe quasi che si
ricompone il quadro pre-medioevale. Ma manca qualcosa: è l'ardore di fede primaverile delle popolazioni cattoliche chiamate a far fronte simultaneamente a entrambi gli impatti.
Ma, soprattutto, manca qualcuno: dove trovare attualmente un uomo della statura di Carlo Magno? Se
immaginiamo lo sviluppo delle ipotesi sopra enunciate, il cui principale scenario sarebbe
l'Occidente, indubbiamente ci spaventeranno la dimensione e la drammaticità delle conseguenze
che le stesse porterebbero con sé. Tuttavia questa visione d'insieme non comprende neppur
lontanamente la totalità degli effetti che in questi giorni ci annunciano voci autorizzate, provenienti
da circoli intellettuali in palese opposizione fra loro e da imparziali strumenti di comunicazione. Per esempio, il crescente contrasto fra paesi consumisti e paesi poveri. Oppure, in altri termini, fra nazioni ricche e industrializzate e altre che sono semplici produttrici di materie prime. Ne
nascerebbe uno scontro di proporzioni mondiali fra ideologie diverse, raccolte da un lato attorno
all'arricchimento indefinito e dall'altro al sottoconsumo miserabilista. Di fronte a questo eventuale
scontro è impossibile non ricordare la lotta di classe auspicata da Marx. E da questo nasce
naturalmente una domanda: tale lotta di classe sarà una proiezione, in termini mondiali, di uno
scontro analogo a quello concepito da Marx soprattutto come un fenomeno socio-economico
all'interno delle nazioni, conflitto al quale parteciperebbe ognuna di esse con caratteristiche proprie?
In questa ipotesi la lotta fra il Primo e il Terzo Mondo servirà da travestimento attraverso il quale il
marxismo, svergognato dal suo catastrofico fallimento socio-economico e trasformato, cercherebbe
di ottenere, con rinnovate possibilità di successo, la vittoria finale? Una vittoria fino a questo
momento sfuggita dalle mani di Gorbaciov, il quale, benché certamente non ne sia il dottore, è
almeno un insieme di bardo e di prestidigitatore della perestrojka... Proprio della perestroijka, della
quale non è possibile dubitare che sia una realizzazione del comunismo dal momento che lo
confessa il suo stesso autore nel saggio propagandistico Perestrojka : il nuovo pensiero per il nostro
paese e per il mondo (trad. it., Mondadori, Milano 1987, p. 37): "Lo scopo di questa riforma è
assicurare [...] la transizione da una direzione eccessivamente centralizzata, e basata sugli ordini, a
una direzione democratica, basata su una combinazione tra il centralismo democratico e
l'autogestione". Autogestione che, per altro, era, "l'obiettivo supremo dello Stato sovietico", come
stabiliva la stessa Costituzione dell'ex-URSS nel suo Preambolo. ".
Condivido quanto scritto ma qui ci sarebbe da fare anche un discorso di geopolitica.
Il professor Plinio Correa de Oliveira ha parlato della necessità di un nuovo Carlo Magno per rimettere l'Europa in carreggiata.
Purtroppo, però, la situazione è ben diversa.
Se guardate la cartina qui sopra, noterete alcune cose importanti dell'Europa del tempo di Carlo Magno.
A sud est vi era il glorioso Impero Romano d'Oriente (o Impero Bizantino) .
Oggi, purtroppo, questo impero non c'è più, anche per colpa degli Europei che nel 1204 ne saccheggiarono la capitale, Costantinopoli, e poi lo lasciarono solo di fronte ai Turchi, che il 29 maggio 1453 lo conquistarono.
Ora, l'Impero Romano d'Oriente era molto importante da un punto di vista geopolitico.
Esso impediva all'Islam di penetrare in Europa, esattamente come i Franchi che con il loro re Carlo Martello respinsero gli Arabi a Poitiers nel 7.
Basti pensare agli assedi subiti da Costantinopoli nel 674 e nel 717.
Oggi, invece, c'è la Turchia, uno Stato musulmano che derivò dalla disgregazione dell'Impero Ottomano.
Per quanto la Turchia abbia cercato di essere uno Stato laico, i fermenti del fondamentalismo islamico sono ben presenti.
Leggete questo articolo che è stato messo dall'amico Angelo Fazio su Facebook:
"Turchia, Erdogan gareggia in moschee e smantella lo stato laico di Ataturk- In progetto due enormi templi a Istanbul e un terzo a Diyarbakir, in luogo dell'attuale stadio intitolato al fondatore della Turchia laica: questa sarà anzi la più grande del Paese. Per l'opposizione il governo è impegnato in una progressiva islamizzazione del Paese-Turchia sempre meno laica. Non si ferma l’opera di costruzione di nuove moschee con la benedizione dello Stato in Turchia. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha annunciato nei giorni scorsi l’avvio a breve dei lavori per la realizzazione di due grandi moschee a Istanbul: una di 15mila metri quadrati, con i minareti più alti del mondo, su una collina a picco sul Bosforo, che potrà essere ben visibile da ogni angolo della città, e un’altra in piazza Taksim, cuore commerciale e civile della capitale turca, con una gigantesca cupola, probabilmente anche in questo caso la più grande del mondo.Il quotidiano Radikal, uno dei più influenti in Turchia, riferisce inoltre che a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco, sarà costruita “la più grande moschea del paese”. Secondo il giornale, che cita il Gran Mufti di Diyarbakir Nimetullah Erdogmus, il nuovo edificio religioso sarà costruito al posto dell’attuale stadio di calcio intotolato, guarda caso, a Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della repubblica turca di marca laico-occidentalista, che adottò un nuovo codice civile su modello di quello svizzero. La nuova grande moschea di Diyarbakir, città situata molto all’interno della Turchia, lungo le sponde del fiume Tigri, potrà ospitare qualcosa come 20mila fedeli e sarà realizzata secondo il modello della celebre moschea Al-Masijd al-Nabawi di Medina, la città santa per eccellenza dell’Islam in Arabia Saudita.".
La situazione è ancora più intricata, se si considera anche un altro fattore.
Con l'Impero Ottomano, l'Islam si stabilì anche in aree dell'Europa, come la Bosnia-Erzegovina e l'Albania.
Un altro fattore importante è la divisione tra cristiani.
Infatti, com'è noto, i cristiani europei sono divisi in cattolici, ortodossi, protestanti ed anglicani.
Anche se causò la fine dell'Impero Romano d'Oriente, la divisione tra cattolici ed ortodossi si può superare poiché è solo disciplinare. Diverso è, invece, il discorso con i protestanti.
Con questi ultimi la divisione è anche dogmatica.
Già nel XVI secolo, l'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V (1500-1558) cercò di riunire l'Europa intorno alla tradizione cristiana.
Non vi riuscì proprio a causa della divisione e delle guerre tra cattolici e protestanti, l'imperatore non riuscì in questa impresa.
Anzi, la divisione tra cattolici e protestanti favorì i Turchi che a Mohacs (nel 1526) sconfissero i cristiani, rischiano di raggiungere Vienna e Roma.
Oltre a ciò, va detto che anche il mondo cattolico è diviso.
Ad esempio, vi sono i contrasti tra chi è fedele alla tradizione e chi vorrebbe rendere la Chiesa diversa.
Non possiamo non parlare della secolarizzazione che è correlata alla divisione tra cristiani e l'avvento di ideologie ateistiche,. come il comunismo.
L'Europa attuale è stata fondata solo sulla tecnocrazia perché non ha più un'identità.
Essa, però, sarà destinata a morire, se non recuperasse la propria identità.
Nemmeno un "nuovo Carlo Magno" potrebbe salvarla.
Cordiali saluti.
DAL MINZOLINI FAN CLUB, E' GUERRA TRA FINLANDIA E ITALIA: I FINLANDESI PRONTI AD USCIRE DA EUROLANDIA PER NON PAGARE IL NS SPREAD, I NOSTRI MINACCIANO RITORSIONI SU NOKIA
Cari amici ed amiche.
Leggete l'articolo del Minzolini Fan Club di Facebook:
Secondo l'economista Roubini, dal canto loro i nostri governanti avrebbero minacciato di boicottare Nokia, il colosso della telefonia finnico, se la Finlandia nonl a smetterà di opporsi all'Esm-Efsf.
E' guerra, commerciale ma sempre aspra.
Questa è l'ennesima prova che il vertice di Bruxelles non è finito come ci hanno raccontato, anzi, la guerra continua!
Chi gode di questa situazione? La cancelliera Merkel, che vede crescere i suoi consensi in Patria ed è la vera vincitrice, grazie al collaudato metodo del Divide ed Impera! S. M.".
Sottoscrivo.
Cordiali saluti.
Una data importante!
Cari amici ed amiche.
Su Facebook ho trovato questa foto, con questa didascalia:
"7 luglio 1456: in seguito ad una revisone del processo del 1431, l'inquisizione di Francia riconosce l'innocenza di Giovanna d'Arco (Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431) che, in seguito alla precedente sentenza, era stata arsa viva per eresia.Nell'immagine, Giovanna in un dipinto (1854) di Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 29 agosto 1780 – Parigi, 14 gennaio 1867)".
Se dovesse tornare sulla Terra ai giorni nostri, Santa Giovanna d'Arco non riconoscerebbe più il suo Paese, la Francia.
La Francia di oggi è scristianizzata e priva di un'identità.
A noi cattolici sta la difesa della memoria di ciò per cui ella combatté.
Cordiali saluti.
Su Facebook ho trovato questa foto, con questa didascalia:
"7 luglio 1456: in seguito ad una revisone del processo del 1431, l'inquisizione di Francia riconosce l'innocenza di Giovanna d'Arco (Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431) che, in seguito alla precedente sentenza, era stata arsa viva per eresia.Nell'immagine, Giovanna in un dipinto (1854) di Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 29 agosto 1780 – Parigi, 14 gennaio 1867)".
La Francia di oggi è scristianizzata e priva di un'identità.
A noi cattolici sta la difesa della memoria di ciò per cui ella combatté.
Cordiali saluti.
Dal blog uruguayano "Fraude Amplio", due parole su Antonio Gramsci
Cari amici ed amiche.
Grazie all'amica Stephanie Caracciolo Tamagno Arriera (che mi segue dall'Uruguay) ho letto questo articolo interessante su un blog uruguayano che è si chiama "Fraude Amplio".
Di questo blog mi è interessato molto l'articolo intitolato "Gramsci mas que un nombre el padre de la "hci":
"¿ Quién es Gramsci? Si lo conoce no es necesario que lea o que sigue. Si no lo conoce, habrá cumplido usted una de las aspiraciones de Gramsci —pasar desapercibido— como parte de su casi genial estrategia.
Antonio Gramsci: Un intelectual en serio. Italiano. Uno de los fundadores del partido comunista italiano. Jamás publicó un libro. Pero es el artífice del éxito posible del marxismo y sus variantes en Occidente.
Nació en Cerdeña, dentro de una familia pequeño burguesa, en 1891. Sus primeras preocupaciones fueron los italianos del Sur confrontados con los del Norte.
Su pobre constitución física se veía compensada por una férrea voluntad, una gran inteligencia y un tesonero amor por el estudio.
Teniendo 7 años de edad, su padre va a parar a la cárcel por razones políticas. A los 17 años —la familia ya muy empobrecida— gana una beca y va a estudiar a la Universidad de Turín. Corría 1908; Italia empezaba a industrializarse. Turín se constituye en el centro del proletariado italiano.
Gramsci comienza a trabajar en los “consejos de fábrica” en forma tan activa, eficiente y alborotadora, que su labor llega a oídos de Lenin, quien lo llama a la Unión Soviética y le da corno destino Viena para extender su actuar fuera de las fronteras de Italia, en forma internacional.
Se casa con una mujer rusa, con la que tiene 2 hijos. A los 33 años es elegido diputado por el partido comunista italiano. Cuando advierte el avance del fascismo, en noble actitud, permanece en su patria, pero envía su familia a la Unión Soviética. Un par de años después se produce su arresto, su juicio y su condena a 20 años de cárcel.
Estando en la cárcel, en la ciudad de Bari, consigue permiso para recibir diarios y libros y comienza a escribir sus famosos “Cuadernos de la Cárcel”, que evidencian su pensamiento.
A los 46 años enferma gravemente. A su hipertensión se suma la tuberculosis. Es entonces dejado en libertad vigilada cuando promedia su condena.
Continuó escribiendo fuera de la cárcel y murió poco tiempo después.
Un hombre privado de su líbertad por sus ideas políticas despierta inmediata adhesión, o cuando menos simpatía. Casi sin excepción. Pero además de su condición de preso político, conozcamos qué pensaba.
¿Ama usted la ideología de Gramsci?
Sus ideas son bien conocidas por los que fueron llamados “teólogos de la liberación”.
En Italia, Gramsci representó para el comunismo italiano la estrategia perfecta para el acceso al poder. Luego quiso extenderlo al mundo. Más precisamente al mundo occidental.
Su lucha fue una lucha cultural.
Uno de los puntos clave de su estrategia es la infiltración del lenguaje. Hacer que la gente hable en marxista sin saberlo. El fue el primero que postuló que a todo aquel que no fuera marxista debía llamárselo “fascista” para descalificarlo ya desde la palabra.
“Lo que quiero —escribía a Tatiana, su cuñada rusa-- es elaborar una cultura popular italiana en clave completamente marxista”.
Gramsci —como suele suceder con muchos teóricos de los problemas sociales— no tenía, ni le interesaba tener, grandes conocimientos de Economía. Tenía sí, una firme vocación de que el marxismo tomara el poder en Occidente.
Habiendo visto fracasar su lucha obrera con los “Consejos de Fábrica” en Turín, escribe desde la cárcel en 1918: “la revolución en Italia no puede ser igual a la que se produjo en la Rusia de los zares. En Occidente debe apelarse a que las distintas “moléculas” del poder religioso piensen en marxista, sin saber que son marxistas; que las distintas “moléculas” de las fuerzas armadas piensen en marxista sin saber que son marxistas”. Y —aún más brillante— “que hablen en marxista sin saberlo, usando nuestra terminología, impregnándoles el lenguaje”.”Esta estrategia —dice Gramsci— debe extenderse a los medios en todas sus expresiones, a las escuelas y bibliotecas, a la arquitectura, a los nombres de las calles y de las plazas públicas”.
“La clase dominante —socialista— debe legitimarse por la imposición de su propia concepción del mundo en todos los ámbitos. ¿Y quién es el protagonista de esta lucha por el poder? El intelectual”.
Gramsci y los intelectuales
Los intelectuales tradicionales dan forma a la sociedad —dice Gramsci—. Los intelectuales marxistas deben procurar que los intelectuales tradicionales cometan lo que él llama ‘la traición de clase”. Genial. Inevitablemente viene a mi mente un intelectual, periodista de larga trayectoria televisiva en la Argentina. No puedo evitar dejar de verlo como un intelectual tradicional que mordió el anzuelo. Se dejó penetrar. Permitió que violaran su pensamiento y su convicción.
“Porque -dice Gramsci— la conquista de un intelectual es más importante que la de 1000 proletarios”.
Lograr que las ideas socialistas sean aceptadas por la mayoría, es más importante que la toma del poder político. Si se logra que la mayoría hable y piense como izquierdista, la toma del poder político caerá “como fruta madura”.
Hay que adueñarse lenta y progresivamente de las fuentes de la cultura: escuelas, universidades, prensa, cine, editoriales, etc. Adueñarse tanto de lo intelectual como de lo material. Adueñarse de editoriales, aunque la casa editorial tenga el sello de católica. Difundir por todos estos medios —en forma incansable— las ideas de izquierda.
Gramsci sostiene abiertamente, que las clases populares no están capacitadas para superar o rechazar las ideas de la clase dominante. Esta firme aseveración le valió que la izquierda no deseara que sus textos cobraran difusión.
Gramsci y la cosmovisión cristiana
Ahora bien —y esto importa retenerlo— la implantación de una cosmovisión marxista no es posible sin la destrucción de la cosmovisión cristiana, sostiene Gramsci. Y cómo
—se pregunta— se da esa decapitación de Dios en el campo interno católico? Con seudoteologías que puedan desmitificar o secularizar lo religioso.
Gramsci estudió muy bien las encíclicas pontificias sobre el pensamiento moderno. Sostiene que el modernismo ha creado un partido político: la Democracia Cristiana. Y esto es muy conveniente según Gramsci porque representa una gran vulnerabilidad. Hay que convencer que ese partido representa el pensamiento de la Iglesia Católica, y hacer que los errores del partido sean vistos como fracasos de la Iglesia católica a través de su jerarquía. Grarnsci ha comprendido por otra parte, que las persecuciones a los católicos sólo sirven para reforzar la fe religiosa, y que el único camino válido para exterminar la Iglesia Católica consiste en que explote desde adentro.
Su estrategia consistfa en ir sustituyendo progresivamente el sentido común cristiano por el sentido común materialista histórico. Para esto deben repetirse, insistentemente, los mismos argumentos, sólo variando la forma. A esta repetición la considera Gramsci el medio más eficaz para operar sobre la mentalidad popular. Repitamos —decía— que vamos a convencer a la generalidad de la gente y van a repetir con nosotros, sin ir a la esencia de lo que están repitiendo, sin comprender siquiera lo que están repitiendo.
Tenía un objetivo grabado a fuego en su pensamiento:
una posición existencial netamente antirreligiosa.
Se debe intentar desmontar la religión, afirmaba, demostrando la vaciedad de una visión trascendente de la vida. Esta acción consistirá en dar a los cristianos intereses sensibles, tangibles, sociales, que posibiliten ese traspaso de una concepción trascendente a una concepción inmanente. En etapas graduales hay que llevar al cristiano para que paulatinamente vaya preocupándose más y más por lo temporal, por el quehacer cotidiano, por lo inmediato, y vaya relegando lo que es trascendente. Un enfrentamiento frontal provocaría —indica— rechazo.
Entonces hay que entrar por adentro, desmontando paulatinamente a través de la “temporalización”, el mensaje cristiano.
Cuando los cristianos acepten esto, nuestros esfuerzos serán conjuntos, aseveraba, trabajaremos con ellos, y luego se verá qué pasa. Si la Iglesia, por el contrario, entrara en competencia con el socialismo en el terreno temporal, en el logro de la justicia acá en la tierra, el socialismo la va a expulsar de la Historia.
Dice Romano Guardini en su obra póstuma:
“El estado totalitario ve en lo religioso un obstáculo para sus fines, ya que lo religioso proporciona sentido propio y cohesión interna al individuo, a la familia y a los grupos que se formen libremente. Por eso se
esfuerza en erradicar lo religioso.".
Grazie all'amica Stephanie Caracciolo Tamagno Arriera (che mi segue dall'Uruguay) ho letto questo articolo interessante su un blog uruguayano che è si chiama "Fraude Amplio".
Di questo blog mi è interessato molto l'articolo intitolato "Gramsci mas que un nombre el padre de la "hci":
"¿ Quién es Gramsci? Si lo conoce no es necesario que lea o que sigue. Si no lo conoce, habrá cumplido usted una de las aspiraciones de Gramsci —pasar desapercibido— como parte de su casi genial estrategia.
Antonio Gramsci: Un intelectual en serio. Italiano. Uno de los fundadores del partido comunista italiano. Jamás publicó un libro. Pero es el artífice del éxito posible del marxismo y sus variantes en Occidente.
Nació en Cerdeña, dentro de una familia pequeño burguesa, en 1891. Sus primeras preocupaciones fueron los italianos del Sur confrontados con los del Norte.
Su pobre constitución física se veía compensada por una férrea voluntad, una gran inteligencia y un tesonero amor por el estudio.
Teniendo 7 años de edad, su padre va a parar a la cárcel por razones políticas. A los 17 años —la familia ya muy empobrecida— gana una beca y va a estudiar a la Universidad de Turín. Corría 1908; Italia empezaba a industrializarse. Turín se constituye en el centro del proletariado italiano.
Gramsci comienza a trabajar en los “consejos de fábrica” en forma tan activa, eficiente y alborotadora, que su labor llega a oídos de Lenin, quien lo llama a la Unión Soviética y le da corno destino Viena para extender su actuar fuera de las fronteras de Italia, en forma internacional.
Se casa con una mujer rusa, con la que tiene 2 hijos. A los 33 años es elegido diputado por el partido comunista italiano. Cuando advierte el avance del fascismo, en noble actitud, permanece en su patria, pero envía su familia a la Unión Soviética. Un par de años después se produce su arresto, su juicio y su condena a 20 años de cárcel.
Estando en la cárcel, en la ciudad de Bari, consigue permiso para recibir diarios y libros y comienza a escribir sus famosos “Cuadernos de la Cárcel”, que evidencian su pensamiento.
A los 46 años enferma gravemente. A su hipertensión se suma la tuberculosis. Es entonces dejado en libertad vigilada cuando promedia su condena.
Continuó escribiendo fuera de la cárcel y murió poco tiempo después.
Un hombre privado de su líbertad por sus ideas políticas despierta inmediata adhesión, o cuando menos simpatía. Casi sin excepción. Pero además de su condición de preso político, conozcamos qué pensaba.
¿Ama usted la ideología de Gramsci?
Sus ideas son bien conocidas por los que fueron llamados “teólogos de la liberación”.
En Italia, Gramsci representó para el comunismo italiano la estrategia perfecta para el acceso al poder. Luego quiso extenderlo al mundo. Más precisamente al mundo occidental.
Su lucha fue una lucha cultural.
Uno de los puntos clave de su estrategia es la infiltración del lenguaje. Hacer que la gente hable en marxista sin saberlo. El fue el primero que postuló que a todo aquel que no fuera marxista debía llamárselo “fascista” para descalificarlo ya desde la palabra.
“Lo que quiero —escribía a Tatiana, su cuñada rusa-- es elaborar una cultura popular italiana en clave completamente marxista”.
Gramsci —como suele suceder con muchos teóricos de los problemas sociales— no tenía, ni le interesaba tener, grandes conocimientos de Economía. Tenía sí, una firme vocación de que el marxismo tomara el poder en Occidente.
Habiendo visto fracasar su lucha obrera con los “Consejos de Fábrica” en Turín, escribe desde la cárcel en 1918: “la revolución en Italia no puede ser igual a la que se produjo en la Rusia de los zares. En Occidente debe apelarse a que las distintas “moléculas” del poder religioso piensen en marxista, sin saber que son marxistas; que las distintas “moléculas” de las fuerzas armadas piensen en marxista sin saber que son marxistas”. Y —aún más brillante— “que hablen en marxista sin saberlo, usando nuestra terminología, impregnándoles el lenguaje”.”Esta estrategia —dice Gramsci— debe extenderse a los medios en todas sus expresiones, a las escuelas y bibliotecas, a la arquitectura, a los nombres de las calles y de las plazas públicas”.
“La clase dominante —socialista— debe legitimarse por la imposición de su propia concepción del mundo en todos los ámbitos. ¿Y quién es el protagonista de esta lucha por el poder? El intelectual”.
Gramsci y los intelectuales
Los intelectuales tradicionales dan forma a la sociedad —dice Gramsci—. Los intelectuales marxistas deben procurar que los intelectuales tradicionales cometan lo que él llama ‘la traición de clase”. Genial. Inevitablemente viene a mi mente un intelectual, periodista de larga trayectoria televisiva en la Argentina. No puedo evitar dejar de verlo como un intelectual tradicional que mordió el anzuelo. Se dejó penetrar. Permitió que violaran su pensamiento y su convicción.
“Porque -dice Gramsci— la conquista de un intelectual es más importante que la de 1000 proletarios”.
Lograr que las ideas socialistas sean aceptadas por la mayoría, es más importante que la toma del poder político. Si se logra que la mayoría hable y piense como izquierdista, la toma del poder político caerá “como fruta madura”.
Hay que adueñarse lenta y progresivamente de las fuentes de la cultura: escuelas, universidades, prensa, cine, editoriales, etc. Adueñarse tanto de lo intelectual como de lo material. Adueñarse de editoriales, aunque la casa editorial tenga el sello de católica. Difundir por todos estos medios —en forma incansable— las ideas de izquierda.
Gramsci sostiene abiertamente, que las clases populares no están capacitadas para superar o rechazar las ideas de la clase dominante. Esta firme aseveración le valió que la izquierda no deseara que sus textos cobraran difusión.
Gramsci y la cosmovisión cristiana
Ahora bien —y esto importa retenerlo— la implantación de una cosmovisión marxista no es posible sin la destrucción de la cosmovisión cristiana, sostiene Gramsci. Y cómo
—se pregunta— se da esa decapitación de Dios en el campo interno católico? Con seudoteologías que puedan desmitificar o secularizar lo religioso.
Gramsci estudió muy bien las encíclicas pontificias sobre el pensamiento moderno. Sostiene que el modernismo ha creado un partido político: la Democracia Cristiana. Y esto es muy conveniente según Gramsci porque representa una gran vulnerabilidad. Hay que convencer que ese partido representa el pensamiento de la Iglesia Católica, y hacer que los errores del partido sean vistos como fracasos de la Iglesia católica a través de su jerarquía. Grarnsci ha comprendido por otra parte, que las persecuciones a los católicos sólo sirven para reforzar la fe religiosa, y que el único camino válido para exterminar la Iglesia Católica consiste en que explote desde adentro.
Su estrategia consistfa en ir sustituyendo progresivamente el sentido común cristiano por el sentido común materialista histórico. Para esto deben repetirse, insistentemente, los mismos argumentos, sólo variando la forma. A esta repetición la considera Gramsci el medio más eficaz para operar sobre la mentalidad popular. Repitamos —decía— que vamos a convencer a la generalidad de la gente y van a repetir con nosotros, sin ir a la esencia de lo que están repitiendo, sin comprender siquiera lo que están repitiendo.
Tenía un objetivo grabado a fuego en su pensamiento:
una posición existencial netamente antirreligiosa.
Se debe intentar desmontar la religión, afirmaba, demostrando la vaciedad de una visión trascendente de la vida. Esta acción consistirá en dar a los cristianos intereses sensibles, tangibles, sociales, que posibiliten ese traspaso de una concepción trascendente a una concepción inmanente. En etapas graduales hay que llevar al cristiano para que paulatinamente vaya preocupándose más y más por lo temporal, por el quehacer cotidiano, por lo inmediato, y vaya relegando lo que es trascendente. Un enfrentamiento frontal provocaría —indica— rechazo.
Entonces hay que entrar por adentro, desmontando paulatinamente a través de la “temporalización”, el mensaje cristiano.
Cuando los cristianos acepten esto, nuestros esfuerzos serán conjuntos, aseveraba, trabajaremos con ellos, y luego se verá qué pasa. Si la Iglesia, por el contrario, entrara en competencia con el socialismo en el terreno temporal, en el logro de la justicia acá en la tierra, el socialismo la va a expulsar de la Historia.
Dice Romano Guardini en su obra póstuma:
“El estado totalitario ve en lo religioso un obstáculo para sus fines, ya que lo religioso proporciona sentido propio y cohesión interna al individuo, a la familia y a los grupos que se formen libremente. Por eso se
esfuerza en erradicar lo religioso.".
L'articolo è scritto in spagnolo ma è comprensibile, com'è comprensibile l'indirizzo politico del blog.
Lo ammetto, io odio il comunismo.
Intendiamoci, non odio le persone comuniste.
Tra i miei amici ci sono persone che sostengono quella ideologia e poi vi può essere anche la buona fede.
Però, non mi piace l'ideologia comunista.
Essa si fonda sull'odio di classe e sullo scontro tra ricchi e poveri e punta a disgregare una società, per privarla di ogni anelito di vita.
Infatti, il comunismo è egualitarista e vuole imporre forzosamente l'eguaglianza.
Anche un bambino saprebbe che l'eguaglianza non esiste.
Ogni uomo ha carattere, talenti ed ambizioni diverse da quelle del suo prossimo.
Se Dio decise così, chi è l'uomo per fare il contrario.
Il comunismo punta a livellare tutto e mortifica il talento.
Nel comunismo non c'è Dio.
Esso si propone come un'ideologia atea ma, in realtà, esso è contro Dio.
Il comunismo divinizza l'uomo.
Ora, Antonio Gramsci (1891-1937) fu un "profeta del comunismo".
Avendo capito che in Italia, come nel resto dell'Occidente, il comunismo non poteva essere imposto tramite rivoluzione ed una lotta armata ma, per dirla come la definì il grande pensatore Plinio Correa de Oliveira, tramite una "marcia lenta".
In Italia era presente anche l'opposizione della Chiesa cattolica.
In pratica, per Gramsci, il comunismo si dovrebbe attraverso i sindacati, il mondo della cultura, le amministrazioni locale e, quando è possibile, anche attraverso le parrocchie.
Per fare questo, egli fece di tutto per presentare il comunismo come una "rivisitazione in chiave moderna del Vangelo".
Purtroppo, negli anni di Gramsci c'erano tante tensioni sociale e c'era tanta miseria.
Molta gente si fece abbindolare dal suo messaggio che in apparenza era conciliante.
Tuttavia, il suo messaggio era chiaro.
Per Gramsci bisognava imporre il comunismo, prendendo il controllo di tutti i gangli vitali della società.
Una volta fatto un grosso numero di aderenti, il Partito Comunista avrebbe potuto prendere il potere.
Diciamo pure che il Partito Comunista Italiano non abbia mai preso il governo del Paese.
Tuttavia, infiltrandosi nei sindacati, nelle associazioni di cittadini, nelle scuole e nelle parrocchie, grazie anche all'errore del Concilio Vaticano II che non condannò questa pessima ideologia, i comunisti riuscirono a garantirsi un certo potere "de facto".
Tanti tentativi di riforma nel nostro Paese fallivano a causa di ciò.
Il comunismo militarizzava (e tuttora militarizza) i suoi aderenti.
Essi partecipano a tutte le elezioni e referendum e si mobilitano contro i loro avversari.
Così, pur essendo minoritari, i comunisti si atteggiano a maggioranza.
In realtà, tanta gente che ha simpatie comuniste e che vota ad ogni tornata elettorale e ad ogni referendum non sa cosa sostiene realmente e cosa vota.
Se conoscesse realmente la vera natura del comunismo, tanta gente smetterebbe di votare e di sostenere i comunisti ed i loro "nipotini" dell'attuale centrosinistra.
Qui a Roncoferraro (Mantova), c'è una via dedicata a Gramsci.
Ogni volta che leggo il cartello, la tentazione di toglierlo con le mie mani è forte.
Non lo faccio solo per senso civico e perché non sono un vandalo.
Se comandassi io, però, tante vie verrebbero rinominate.
Cordiali saluti.
venerdì 6 luglio 2012
Nemo propheta in patria!
Cari amici ed amiche.
Nelle sante messe di questa sera e di domani saranno letti i seguenti brani:
"[2] Ciò detto, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. [3] Mi disse: "Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi.
[4] Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio.
[5] Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. (Ezechiele, capitolo 2, versetti 2-5)",
"[1] Canto delle ascensioni. Di Davide. A te levo i miei occhi,
a te che abiti nei cieli.
[2] Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni;
come gli occhi della schiava,
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
[3] Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
gia troppo ci hanno colmato di scherni,
[4] noi siamo troppo sazi
degli scherni dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi. (Salmo 123 (122))",
"[7] Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.
[8] A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me.
[9] Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
[10] Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. (Corinzi, capitolo 2, versetti 7-10)",
"[1] Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
[2] Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
[3] Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui.
[4] Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".
[5] E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
[6] E si meravigliava della loro incredulità. (Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 1-6)".
Nelle sante messe di questa sera e di domani saranno letti i seguenti brani:
"[2] Ciò detto, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. [3] Mi disse: "Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi.
[4] Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio.
[5] Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genìa di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. (Ezechiele, capitolo 2, versetti 2-5)",
"[1] Canto delle ascensioni. Di Davide. A te levo i miei occhi,
a te che abiti nei cieli.
[2] Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni;
come gli occhi della schiava,
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
[3] Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
gia troppo ci hanno colmato di scherni,
[4] noi siamo troppo sazi
degli scherni dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi. (Salmo 123 (122))",
"[7] Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.
[8] A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me.
[9] Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
[10] Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. (Corinzi, capitolo 2, versetti 7-10)",
"[1] Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
[2] Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
[3] Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui.
[4] Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".
[5] E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
[6] E si meravigliava della loro incredulità. (Vangelo secondo Marco, capitolo 1, versetti 1-6)".
I brani sono stati presi dal sito della Santa Sede.
Io non sono di certo Gesù Cristo ma, per esperienza personale, posso confermare che nessun profeta è disprezzato se non in patria.
Paradossalmente, la gente che si conosce da tanto tempo è più ostica di chi non si è conosciuto prima.
Infatti, la gente che si conosce parte già con dei pregiudizi e al di sopra di quelli non va.
Certamente, nel caso di Gesù Cristo, giocò un ruolo importante l'invidia.
La gente del suo villaggio non voleva credergli perché fu invidiosa.
Lui sapeva tante cose e, sicuramente, la gente sapeva che egli sarebbe diventato un grande personaggio.
La cosa le spiacque.
Anche la conoscenza, infatti, può essere causa di invidia.
All'invidia, sicuramente, si unì anche il pregiudizio.
Gesù sperimentò il pregiudizio.
Se Gesù dovette subire questa onta, anche noi siamo costretti a provare altrettanto.
Cordiali saluti.
Non temerò alcun male perché tu sei con me. Dal «Discorso per la canonizzazione di santa Maria Goretti» di Pio XII
Cari amici ed amiche.
L'amico Giovanni Covino (SEFT) mi ha fatto leggere questo testo su Maria Goretti:
"Come tutti sanno, questa vergine inerme dovette sostenere un’asprissima lotta: improvvisamente contro di lei si scatenò una torbida e cieca bufera, che cercò di macchiare e violare il suo angelico candore. Impegnata in tanta battaglia avrebbe potuto ripetere al redentore divino le parole dell’aureo libro dell’Imitazione di Cristo: «Se sarò tentata e tormentata da molte tribolazioni, non temerò finché sarà con me la tua grazia. Essa é la mia forza; essa mi dona consiglio e aiuto. E più forte di tutti i nemici».
Così sostenuta dalla grazia divina, a cui corrispondeva generosamente, donò la sua vita, ma non perse la gloria della verginità.
In questa vita di umile fanciulla, che brevemente abbiamo tratteggiato, possiamo ammirare non solo uno spettacolo degno del cielo, ma ancora degno di essere considerato e ammirato in questo nostro secolo. Imparino i padri e le madri come bisogna educare rettamente, santamente e fortemente i figli affidati loro da Dio e come bisogna conformarli ai precetti della religione cattolica, in modo che, quando la loro virtù si troverà in pericolo, possano, con l’aiuto della grazia, uscirne vittoriosi, integri, incontaminati.
Impari la spensierata fanciullezza, la balda giovinezza a non tendere miseramente ai fugaci piaceri del senso, non agli affascinanti allettamenti dei vizi, ma piuttosto impari ad aspirare, anche tra le difficoltà, a quella
cristiana perfezione che tutti possiamo raggiungere con la volontà decisa, sostenuta dalla grazia soprannaturale, con lo sforzo, la preghiera. Non tutti certamente siamo chiamati a subire il martirio, ma tutti siamo chiamati a raggiungere la virtù cristiana. La virtù richiede forza, ché, se non arriva al grado eroico di questa fanciulla, non di meno richiede un’attenzione diuturna, diligente da non tralasciarsi mai fino alla fine della vita. Perciò piò chiamarsi quasi un lento e continuato martirio, a consumare il quale ci ammonisce la divina parola di Gesù Cristo: «Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).
A questo, dunque, tendiamo tutti, sostenuti dalla celeste grazia: a questo ci inviti la santa vergine e martire Maria Goretti. Dal cielo, dove gode una beatitudine eterna, ottenga dal divin redentore con le sue preghiere che tutti noi, secondo la nostra condizione, seguiamo il suo luminoso esempio con volontà forte e la condotta coerente.
Nacque a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, figlia dei contadini Luigi Goretti e Assunta Carlini, Maria era la seconda di sei figli. I Goretti si trasferirono presto nell'Agro Pontino. Nel 1900 suo padre morì, la madre dovette iniziare a lavorare e lasciò a Maria l'incarico di badare alla casa e ai suoi fratelli. A undici anni Maria fece la Prima Comunione e maturò il proposito di morire prima di commettere dei peccati. Alessandro Serenelli, un giovane di 18 anni, s' innamorò di Maria. Il 5 luglio del 1902 la aggredì e tentò di violentarla. Alle sue resistenze la uccise accoltellandola.Maria morì dopo un'operazione, il giorno successivo, e prima di spirare perdonò Serenelli. L'assassino fu condannato a 30 anni di prigione. Si pentì e si convertì solo dopo aver sognato Maria che gli diceva avrebbe raggiunto il Paradiso. Quando fu scarcerato dopo 27 anni chiese perdono alla madre di Maria. Maria Goretti fu proclamata santa nel 1950 da Pio XII.
Martirologio Romano: Santa Maria Goretti, vergine e martire, che trascorse una difficile fanciullezza, aiutando la madre nelle faccende domestiche; assidua nella preghiera, a dodici anni, per difendere la sua castità da un aggressore, fu uccisa a colpi di pugnale vicino a Nettuno nel Lazio.
Consiglio la lettura di uno scritto del filosofo Cornelio Fabro Maria Goretti - Consapevole dell'innocenza: http://www.corneliofabro.org/documento.asp?ID=366. ".
Personalmente, ammiro una figura come Maria Goretti e, mi sia permessa l'espressione, un po' la invidio.
Il 5 luglio 1902, ella fu uccisa da Alessandro Serenelli, un ragazzo di 18 anni che era innamorato di lei e che fu respinto.
Lui tentò di possederla con forza ma lei gli si oppose.
Eppure, Maria non provò rancore verso il suo assassino e lo perdonò.
A questo punto, sorge una domanda:
Chi dei due sperimentò veramente la morte?
Maria fu uccisa ma nel suo cuore restò il candore.
In realtà, fu Alessandro a sperimentare realmente la morte.
Ogni azione malvagia è un'azione di morte.
Alessandro sperimentò la morte ma quel gesto di perdono da parte di Maria lo salvò.
Forse, anche noi dovremmo prendere Maria come modello.
Noi, infatti, proviamo rancori anche verso chi ci fa un piccolo dispetto.
Ogni rancore provato rappresenta una potenziale volontà di rispondere al male con altro male.
Dal male, però, può nascere solo male...a meno che a cambiare non sia la persona stessa.
In tal caso, può esserci la speranza.
Maria deve essere d'esempio per tutti noi...me compreso.
Cordiali saluti.
L'amico Giovanni Covino (SEFT) mi ha fatto leggere questo testo su Maria Goretti:
"Come tutti sanno, questa vergine inerme dovette sostenere un’asprissima lotta: improvvisamente contro di lei si scatenò una torbida e cieca bufera, che cercò di macchiare e violare il suo angelico candore. Impegnata in tanta battaglia avrebbe potuto ripetere al redentore divino le parole dell’aureo libro dell’Imitazione di Cristo: «Se sarò tentata e tormentata da molte tribolazioni, non temerò finché sarà con me la tua grazia. Essa é la mia forza; essa mi dona consiglio e aiuto. E più forte di tutti i nemici».
Così sostenuta dalla grazia divina, a cui corrispondeva generosamente, donò la sua vita, ma non perse la gloria della verginità.
In questa vita di umile fanciulla, che brevemente abbiamo tratteggiato, possiamo ammirare non solo uno spettacolo degno del cielo, ma ancora degno di essere considerato e ammirato in questo nostro secolo. Imparino i padri e le madri come bisogna educare rettamente, santamente e fortemente i figli affidati loro da Dio e come bisogna conformarli ai precetti della religione cattolica, in modo che, quando la loro virtù si troverà in pericolo, possano, con l’aiuto della grazia, uscirne vittoriosi, integri, incontaminati.
Impari la spensierata fanciullezza, la balda giovinezza a non tendere miseramente ai fugaci piaceri del senso, non agli affascinanti allettamenti dei vizi, ma piuttosto impari ad aspirare, anche tra le difficoltà, a quella
cristiana perfezione che tutti possiamo raggiungere con la volontà decisa, sostenuta dalla grazia soprannaturale, con lo sforzo, la preghiera. Non tutti certamente siamo chiamati a subire il martirio, ma tutti siamo chiamati a raggiungere la virtù cristiana. La virtù richiede forza, ché, se non arriva al grado eroico di questa fanciulla, non di meno richiede un’attenzione diuturna, diligente da non tralasciarsi mai fino alla fine della vita. Perciò piò chiamarsi quasi un lento e continuato martirio, a consumare il quale ci ammonisce la divina parola di Gesù Cristo: «Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).
A questo, dunque, tendiamo tutti, sostenuti dalla celeste grazia: a questo ci inviti la santa vergine e martire Maria Goretti. Dal cielo, dove gode una beatitudine eterna, ottenga dal divin redentore con le sue preghiere che tutti noi, secondo la nostra condizione, seguiamo il suo luminoso esempio con volontà forte e la condotta coerente.
Nacque a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, figlia dei contadini Luigi Goretti e Assunta Carlini, Maria era la seconda di sei figli. I Goretti si trasferirono presto nell'Agro Pontino. Nel 1900 suo padre morì, la madre dovette iniziare a lavorare e lasciò a Maria l'incarico di badare alla casa e ai suoi fratelli. A undici anni Maria fece la Prima Comunione e maturò il proposito di morire prima di commettere dei peccati. Alessandro Serenelli, un giovane di 18 anni, s' innamorò di Maria. Il 5 luglio del 1902 la aggredì e tentò di violentarla. Alle sue resistenze la uccise accoltellandola.Maria morì dopo un'operazione, il giorno successivo, e prima di spirare perdonò Serenelli. L'assassino fu condannato a 30 anni di prigione. Si pentì e si convertì solo dopo aver sognato Maria che gli diceva avrebbe raggiunto il Paradiso. Quando fu scarcerato dopo 27 anni chiese perdono alla madre di Maria. Maria Goretti fu proclamata santa nel 1950 da Pio XII.
Martirologio Romano: Santa Maria Goretti, vergine e martire, che trascorse una difficile fanciullezza, aiutando la madre nelle faccende domestiche; assidua nella preghiera, a dodici anni, per difendere la sua castità da un aggressore, fu uccisa a colpi di pugnale vicino a Nettuno nel Lazio.
Consiglio la lettura di uno scritto del filosofo Cornelio Fabro Maria Goretti - Consapevole dell'innocenza: http://www.corneliofabro.org/documento.asp?ID=366. ".
Personalmente, ammiro una figura come Maria Goretti e, mi sia permessa l'espressione, un po' la invidio.
Il 5 luglio 1902, ella fu uccisa da Alessandro Serenelli, un ragazzo di 18 anni che era innamorato di lei e che fu respinto.
Lui tentò di possederla con forza ma lei gli si oppose.
Eppure, Maria non provò rancore verso il suo assassino e lo perdonò.
A questo punto, sorge una domanda:
Chi dei due sperimentò veramente la morte?
Maria fu uccisa ma nel suo cuore restò il candore.
In realtà, fu Alessandro a sperimentare realmente la morte.
Ogni azione malvagia è un'azione di morte.
Alessandro sperimentò la morte ma quel gesto di perdono da parte di Maria lo salvò.
Forse, anche noi dovremmo prendere Maria come modello.
Noi, infatti, proviamo rancori anche verso chi ci fa un piccolo dispetto.
Ogni rancore provato rappresenta una potenziale volontà di rispondere al male con altro male.
Dal male, però, può nascere solo male...a meno che a cambiare non sia la persona stessa.
In tal caso, può esserci la speranza.
Maria deve essere d'esempio per tutti noi...me compreso.
Cordiali saluti.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.