Leggete l'articolo da me scritto su "Italia chiama Italia" ed intitolato "Se Casini guarda a sinistra" .
Ora, vi invito anche leggere questi brani del libro del professor Plinio Correa de Oliveira "Rivoluzione e Controrivoluzione":
"PARTE III : VENT'ANNI DOPO
Capitolo 1
La Rivoluzione: un processo in continua trasformazione
Cui terminava, nelle sue precedenti edizioni, il saggio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione; seguivano soltanto le brevi parole di pietà e di entusiasmo che costituivano la conclusione. Trascorso tanto tempo dalla prima edizione -- così pieno di avvenimenti -- era giusto chiedersi se oggi, sui temi trattati dal saggio, vi fosse da dire qualcosa di più.
Interrogati in proposito dai promotori della terza edizione italiana (1976), i valenti amici di
Alleanza Cattolica, ci è parso opportuno inserire a questo punto, prima della conclusione del 1959,alcune considerazioni.
1. "Rivoluzione e Contro-Rivoluzione" e le TFP: vent'anni di azione e di lotta
... Vent'anni dopo: il titolo del romanzo di Alexandre Dumas -- tanto apprezzato dagli adolescenti
fino al momento, ormai lontano, in cui profonde trasformazioni psicologiche hanno distrutto il
gusto per questo genere letterario -- che una associazione di idee porta al nostro spirito mentre
cominciamo a stendere queste note. Abbiamo appena richiamato il 1959. Stiamo giungendo al termine del 1976. Quindi, ormai non è
lontana la fine del secondo decennio in cui questo studio è in circolazione. Vent'anni... In questo
periodo, le edizioni di questo saggio si sono moltiplicate (1).
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: non avevamo intenzione di farne un semplice studio. Lo
abbiamo scritto anche perché servisse come livre de chevet per quel centinaio di giovani brasiliani
che ci avevano chiesto di orientarli e di organizzarne gli sforzi in vista dei problemi e dei doveri che avevano allora di fronte. Questo gruppo iniziale -- germe della futura Sociedade Brasileira de
Defesa da Tradição, Família e Propriedade, oggi universalmente nota come TFP -- si è poi esteso
in tutto il territorio brasiliano, che ha le dimensioni di un continente. Circostanze propizie hanno favorito, di pari passo, la formazione e lo sviluppo di organizzazioni
analoghe e autonome in tutta l'America Latina. Lo stesso è accaduto poi negli Stati Uniti, in
Canada, in Spagna e in Francia. Affinità di pensiero e promettenti rapporti cordiali cominciano a
legare, da tempi più recenti, questa estesa famiglia di organizzazioni, a personalità e ad associazioni di altri paesi d'Europa (2)
Questi vent'anni, quindi, sono stati certamente anni di espansione; ma anche di intensa lotta controrivoluzionaria.
I risultati in questo modo raggiunti contro la Rivoluzione sono notevoli. Non è il momento di
enumerarli tutti (3). Ci limitiamo a dire che in ogni paese in cui esiste una TFP o una
organizzazione affine, questa combatte senza tregua la Rivoluzione cioè, più specificatamente, in
campo spirituale il progressismo, e in quello temporale il comunismo. Come autentica battaglia
contro il comunismo intendiamo anche la lotta contro i diversi tipi di socialismo, perché essi sono
soltanto tappe preparatorie o forme larvate di comunismo. Tale battaglia è sempre stata condotta
secondo i principi, i fini e le norme indicate nella seconda parte di questo studio (4).
Frutto e prova di questo declino: la III Rivoluzione si trasforma in rivoluzione sorridente
La prova più evidente che la III Rivoluzione sta perdendo, negli ultimi venti o trent'anni, la sua
capacità di creare e guidare l'odio rivoluzionario, è costituita dalla metamorfosi che si è imposta. Al tempo del disgelo post-staliniano, la III Rivoluzione ha assunto una maschera sorridente, ha finto di cambiare mentalità e temperamento, e si è aperta a ogni sorta di collaborazione con gli avversari che prima tentava di schiacciare con la violenza.
In campo internazionale, la Rivoluzione è così passata successivamente dalla guerra fredda alla
coesistenza pacifica, poi alla "caduta delle barriere ideologiche", e infine alla aperta collaborazione con le potenze capitaliste, chiamata, nel linguaggio propagandistico, Ostpolitik o détente. All'interno dei diversi paesi occidentali, la "politica della mano tesa", che, nell'era di Stalin, era stata un semplice artificio per sedurre piccole minoranze cattoliche di sinistra, si è trasformata in una autentica "distensione" tra comunisti e filo-capitalisti, mezzo ideale usato dai rossi per instaurare rapporti cordiali e avvicinamenti ingannevoli con tutti i loro avversari, sia in campo spirituale, sia in quello temporale. Ne è derivata una serie di tattiche "amichevoli", come quella dei compagni di strada, dell'eurocomunismo legalitario, affabile e prevenuto contro Mosca, del compromesso storico, ecc.
Come abbiamo già detto, tutti questi stratagemmi sono vantaggiosi per la III Rivoluzione. Ma tali
vantaggi sono lenti, graduali e la loro fruttificazione è subordinata a mille fattori variabili.
All'apice del suo potere, la III Rivoluzione ha smesso di minacciare e di aggredire, e ha cominciato a sorridere e a chiedere. Ha smesso di avanzare a passo cadenzato e con stivali da cosacco, per progredire lentamente, con passo discreto. Ha abbandonato la via diretta -- sempre la più breve -- e procede a zigzag, nel corso del quale non mancano incertezze.
Che enorme trasformazione in vent'anni!
3. L'odio e la violenza, trasformati, generano la guerra rivoluzionaria psicologica totale
Per comprendere meglio la portata di queste enormi trasformazioni, avvenute nel quadro della III Rivoluzione durante gli ultimi vent'anni, sarà necessario analizzare nel suo insieme la grande
speranza attuale del comunismo, che è la guerra rivoluzionaria psicologica totale.
Benché nato necessariamente dall'odio, e volto per la sua stessa logica interna all'uso della violenza,
esercitata attraverso guerre e rivoluzioni, il comunismo internazionale si è visto spinto da grandi e
profondi cambiamenti dell'opinione pubblica a dissimulare il suo rancore, e anche a fingere di avere
desistito dalle guerre e dalle rivoluzioni. E' quanto abbiamo già detto. Orbene, se questi suoi
cambiamenti fossero sinceri, smentirebbe se stesso a un punto tale che si autodemolirebbe.
Nulla di tutto questo; si serve del sorriso soltanto come arma di aggressione e di guerra, e non fa
cessare la violenza, ma la trasferisce dal campo di operazione fisico e palpabile, a quello delle
azioni psicologiche impalpabili. Il suo obiettivo consiste nel conquistare dentro alle anime, per
tappe e in modo invisibile, quella vittoria che determinate circostanze gli stavano impedendo di
conquistare in modo drastico e visibile, secondo i metodi classici.
Ben inteso, non si tratta a questo punto di effettuare, in campo spirituale, alcune operazioni isolate e
sporadiche. Si tratta piuttosto di una autentica guerra di conquista, certamente psicologica, ma
totale, che ha di mira tutto l'uomo, e tutti gli uomini in tutti i paesi.
Insistiamo su questo concetto di guerra rivoluzionaria psicologica totale. Infatti la guerra
psicologica ha di mira tutta la psiche dell'uomo, cioè lo "lavora" nelle diverse potenze della sua
anima, e in tutte le articolazioni della sua mentalità.
Essa ha di mira tutti gli uomini, cioè tanto i seguaci o i simpatizzanti della III Rivoluzione, quanto
coloro che sono neutrali o perfino avversari. Essa si serve di tutti i mezzi, a ogni passo è necessario
che disponga di un elemento specifico per portare insensibilmente ogni gruppo sociale e perfino
ogni uomo ad avvicinarsi al comunismo, per poco che sia. E questo su qualsiasi terreno: nelle
convinzioni religiose, politiche, sociali ed economiche, nelle impostazioni culturali, nelle preferenze
artistiche, nei modi di essere e di agire in famiglia, nella vita professionale, nella società.
Nella prospettiva di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il successo dei successi conseguito dal
sorridente comunismo post-staliniano è stato il silenzio enigmatico, sconcertante e spaventoso,
apocalitticamente tragico, che il Concilio Vaticano II ha osservato a proposito del comunismo. Questo concilio si volle pastorale e non dogmatico. Infatti non ha avuto portata dogmatica. Inoltre,
la sua omissione a proposito del comunismo può farlo passare alla storia come il concilio apastorale per eccellenza.
Spieghiamo il senso specifico di questa affermazione.
Il lettore immagini un immenso gregge che langue in campi poveri e aridi, attaccato da ogni parte
da sciami di api, da vespe e da uccelli rapaci. I pastori si pongono a irrigare la prateria e ad
allontanare gli sciami. Questa attività può essere qualificata come pastorale? In tesi, certamente. Ma
nell'ipotesi che, nello stesso tempo, il gregge fosse attaccato da branchi di lupi feroci, molti dei
quali con pelli di pecora, e i pastori omettessero completamente di smascherare o di mettere in fuga
i lupi, mentre lottano contro insetti e uccelli, la loro opera potrebbe essere considerata pastorale,
ossia propria di buoni e fedeli pastori?
In altre parole, hanno agito come autentici Pastori quanti, nel Concilio Vaticano II, hanno voluto spaventare gli avversari minores e hanno imposto -- con il loro silenzio -- di lasciare via libera
all'avversario maior? Con tattiche aggiornate -- delle quali, per altro, il minimo che si può dire è che sono contestabili sul piano teorico e si vanno rivelando catastrofiche nella pratica -- il Concilio Vaticano II ha tentato di mettere in fuga, per così dire, api, vespe e uccelli rapaci. Il suo silenzio sul comunismo ha lasciato tutta la libertà ai lupi. L'opera svolta da questo concilio non può essere scritta, come realmente pastorale, né nella storia, né nel Libro della Vita.
È duro dirlo. Ma l'evidenza dei fatti indica, in questo senso, il Concilio Vaticano II come una delle maggiori calamità, se non la maggiore, della storia della Chiesa. A partire da esso è penetrato nella Chiesa, in proporzioni impensabili, il "fumo di Satana", che si va ogni giorno sempre più diffondendo, con la terribile forza di espansione dei gas. A scandalo di innumerevoli anime, il
Corpo Mistico di Cristo è entrato in un sinistro processo che potrebbe essere chiamato di
autodemolizione.
La storia narra l'enorme numero di drammi che la Chiesa ha sofferto durante i venti secoli della sua esistenza: opposizioni che sono nate fuori di essa, e che sempre da fuori hanno tentato di
distruggerla; tumori formatisi al suo interno, da essa recisi, e che da quel momento tentano di
distruggerla con ferocia, operando dall'esterno verso l'interno.
Ma quando mai ha visto la storia, prima di oggi, un tentativo di demolizione della Chiesa, che non è più fatta da un avversario, ma è qualificato come "autodemolizione" in un'altissima dichiarazione
che ha avuto ripercussione mondiale?
Ne è derivato per la Chiesa, e per quanto ancora rimane della civiltà cristiana, un enorme crollo. La Ostpolitik vaticana, per esempio, e la gigantesca infiltrazione comunista negli ambienti cattolici, sono effetti di tutte queste calamità. E costituiscono altrettanti successi della offensiva della III Rivoluzione contro la Chiesa.
Capitolo 3
La IV Rivoluzione nascenteIl panorama presentato non sarebbe completo se trascurassimo una trasformazione interna alla III Rivoluzione: la IV Rivoluzione che da essa sta nascendo.
Nascendo, precisamente, come un compimento matricida. Quando la II Rivoluzione nacque, portò a compimento (vedi parte I, cap. VI, 3), vinse e colpì a morte la prima. Lo stesso accadde quando, con un analogo processo, la III Rivoluzione derivò dalla seconda. Tutto indica che ora per la III
Rivoluzione è giunto il momento, nello stesso tempo culminante e fatale, in cui essa genera la IV
Rivoluzione e si espone al rischio di essere uccisa da questa.
Nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione, vi sarà tempo perché il processo
generatore della IV Rivoluzione si svolga completamente? Quest'ultima aprirà realmente una nuova tappa nella storia della Rivoluzione? O sarà semplicemente un fenomeno abortivo, che sorge e scompare senza grande influenza, nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione? Il maggiore o minore spazio da riservare alla IV Rivoluzione nascente, in queste note così rapide e sommarie, dipende dalla risposta a questa domanda. D'altronde, questa risposta la potrà dare in modo serio soltanto il futuro.
Quanto è incerto, non va trattato come se avesse una importanza certa. Quindi, a questo punto,
dedichiamo uno spazio molto limitato a ciò che sembra essere la IV Rivoluzione.
1. La IV Rivoluzione "profetizzata" dagli autori della III Rivoluzione
Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto "ortodossi" quanto
"eterodossi", hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario.
Secondo loro, essa è soltanto l'aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E,
nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l'evoluzione si svolgerà all'infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I Rivoluzione ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un'altra. E così via...
E' impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione l'hanno già fatta gli stessi marxisti. Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui
lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno
stato di cose scientista e cooperativista, in cui -- dicono i comunisti -- l'uomo avrà raggiunto un
grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile.
Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto "ortodossi" quanto
"eterodossi", hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario.
Secondo loro, essa è soltanto l'aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E,
nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l'evoluzione si svolgerà all'infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I Rivoluzione ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un'altra. E così via...
E' impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione l'hanno già fatta gli stessi marxisti. Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui
lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno
stato di cose scientista e cooperativista, in cui -- dicono i comunisti -- l'uomo avrà raggiunto un
grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile.
2. IV Rivoluzione e tribalismo: una eventualità
Come? E' impossibile non chiedersi se la società tribale sognata dalle attuali correnti strutturaliste non dia una risposta a questa domanda. Lo strutturalismo vede nella vita tribale una sintesi illusoria tra l'apice della libertà individuale e del collettivismo accettato, in cui quest'ultimo finisce per divorare la libertà. In tale collettivismo, i diversi "io" o le persone singole, con il loro pensiero, la loro volontà e i loro modi di essere, caratteristici e contrastanti, si fondono e si dissolvono -- secondo loro -- nella personalità collettiva della tribù che genera un modo di pensare, un modo di volere e un modo di essere massivamente comuni.
Ben inteso, la strada verso questo stato di cose deve passare attraverso la estinzione dei vecchi
modelli di riflessione, volizione e sensibilità individuali, gradatamente sostituiti da forme di
sensibilità, di pensiero e di deliberazione sempre più collettivi. Quindi la trasformazione deve
avvenire soprattutto in questo campo.
In che modo? Nelle tribù, la coesione tra i membri è assicurata soprattutto da un comune
sentimento, da cui derivano abitudini comuni e un comune volere. In esse la ragione individuale
rimane ridotta quasi a nulla, cioè ai primi e più elementari moti che il suo stato di atrofia le
consente. "Pensiero selvaggio" (13), pensiero che non pensa e si volge soltanto al concreto. Questo è il prezzo della fusione collettivistica tribale. Lo stregone ha il compito di conservare questa vita psichica collettiva, attraverso culti totemici carichi di "messaggi" confusi, ma "ricchi" di fuochi fatui o perfino anche delle folgorazioni provenienti dal misterioso mondo della metapsichica o della parapsicologia. Con l'acquisizione di queste "ricchezze" l'uomo compenserebbe l'atrofia della ragione.
Proprio della ragione, in altri tempi ipertrofizzata dal libero esame, dal cartesianesimo, ecc.,
divinizzata dalla Rivoluzione francese, utilizzata fino al più aperto abuso in ogni scuola di pensiero comunista, e ora, infine, atrofizzata e resa schiava del totemismo metapsichico e parapsicologico... ".
Come? E' impossibile non chiedersi se la società tribale sognata dalle attuali correnti strutturaliste non dia una risposta a questa domanda. Lo strutturalismo vede nella vita tribale una sintesi illusoria tra l'apice della libertà individuale e del collettivismo accettato, in cui quest'ultimo finisce per divorare la libertà. In tale collettivismo, i diversi "io" o le persone singole, con il loro pensiero, la loro volontà e i loro modi di essere, caratteristici e contrastanti, si fondono e si dissolvono -- secondo loro -- nella personalità collettiva della tribù che genera un modo di pensare, un modo di volere e un modo di essere massivamente comuni.
Ben inteso, la strada verso questo stato di cose deve passare attraverso la estinzione dei vecchi
modelli di riflessione, volizione e sensibilità individuali, gradatamente sostituiti da forme di
sensibilità, di pensiero e di deliberazione sempre più collettivi. Quindi la trasformazione deve
avvenire soprattutto in questo campo.
In che modo? Nelle tribù, la coesione tra i membri è assicurata soprattutto da un comune
sentimento, da cui derivano abitudini comuni e un comune volere. In esse la ragione individuale
rimane ridotta quasi a nulla, cioè ai primi e più elementari moti che il suo stato di atrofia le
consente. "Pensiero selvaggio" (13), pensiero che non pensa e si volge soltanto al concreto. Questo è il prezzo della fusione collettivistica tribale. Lo stregone ha il compito di conservare questa vita psichica collettiva, attraverso culti totemici carichi di "messaggi" confusi, ma "ricchi" di fuochi fatui o perfino anche delle folgorazioni provenienti dal misterioso mondo della metapsichica o della parapsicologia. Con l'acquisizione di queste "ricchezze" l'uomo compenserebbe l'atrofia della ragione.
Proprio della ragione, in altri tempi ipertrofizzata dal libero esame, dal cartesianesimo, ecc.,
divinizzata dalla Rivoluzione francese, utilizzata fino al più aperto abuso in ogni scuola di pensiero comunista, e ora, infine, atrofizzata e resa schiava del totemismo metapsichico e parapsicologico... ".
Tanta parte dei comunisti italiani (e non solo) non parla più con termini come "dittatura del proletariato", "rivoluzione" e quant'altro ma si esprime parlando di "socialdemocrazia" e di "economia sociale di mercato".
Vinto sul piano economico, il comunismo si fece (e tuttora si fa) strada nella cultura.
Persino nella Chiesa, dopo l'errore del Concilio Vaticano II di non condannare apertamente questa dottrina, il comunismo si è infiltrato.
Anzi, addirittura, i comunisti parlano usando parole delle Sacre Scritture, senza tuttavia conoscerne e farne conoscere il reale significato.
Non solo vi è questo, ma i comunisti iniziano a parlare con i termini usati dai capitalisti e come essi si comportano.
Si crea così una forma di capitalismo amorale (com'è amorale il comunismo), un capitalismo che è ben lontano da quello legato agli scritti di Thomas di Cobham (XIV secolo) o della Dottrina Sociale della Chiesa di Papa Leone XIII.
Questa, in fondo, è l'essenza della tecnocrazia, di cui l'attuale governo di Mario Monti è espressione.
Proprio Mario Monti, ad esempio, ha accentuato lo statalismo, introducendo, ad esempio, l'IMU che grava sulle proprietà (ledendo il diritto stesso di proprietà) e che pone un controllo statale sulla proprietà stessa.
Questo è marxismo allo stato puro, il principio che fonda l'attuale Unione Europea.
Vi invito a leggere l'articolo scritto sul sito "Il Jester" ed intitolato "Mentre gli italioti parlano di calcio, entrano in vigore i limiti ai pagamenti in contanti".
In pratica, per legge, sono stati posti dei limiti ai pagamenti in contanti.
Tutti i pagamenti sopra i mille Euro non saranno più effettuati in contanti ma con carte di credito o bonifici bancari.
Anche questo è marxismo.
Nel marxismo l'uomo non è riconosciuto come un individuo capace di autodeterminarsi.
Nella visione marxista è la società a determinare l'individuo e non il contrario.
In nome dell'eguaglianza e della fratellanza della persona, il libero arbitrio viene soppresso.
Logicamente, toccando i portafogli delle persone si limita il loro libero arbitrio.
Una persona con un potere di acquisto limitato è una persona meno libera.
Per fare ciò, i comunisti hanno bisogno dei centristi.
Se non ci fossero i centristi, i comunisti non potrebbero parlare il linguaggio dei borghesi e della Chiesa e resterebbero confinati nel loro angolino.
Invece, i centristi servono a portare a sinistra forze che non sono di sinistra.
Allora, riflettiamo su tutto ciò, come dobbiamo riflettere a questa apertura senza regole all'immigrazione, apertura che viene usata per aumentare lo scontro tra ricchi e poveri.
Leggete questo brano del libro del professor Plinio Correa de Oliveira:
Crisi nella III Rivoluzione, frutto inevitabile delle utopie marxiste Sulla maggiore delle scale, cioèsu scala internazionale, questo apogeo era notorio. Lo dice il testo un poco più avanti. Con il
passare del tempo il quadro può essere dipinto con tratti ancora maggiori, sia per l'estensione e per
la consistenza demografica delle nazioni realmente e completamente soggette a regimi comunisti,
sia per le dimensioni della propaganda rossa e per l'importanza dei partiti comunisti nei paesi
occidentali, sia, infine, per la penetrazione delle tendenze comuniste nei diversi campi della cultura di questi paesi. Tutto questo accresciuto dal panico mondiale prodotto dalla minaccia atomica che l'aggressività sovietica, servita da un innegabile potere nucleare faceva pendere su tutti i continenti.
Fattori così molteplici producevano una politica cedevole e arrendista quasi universale nei confronti di Mosca. Le Ostpolitik tedesca e vaticana, il vento mondiale d'un pacifismo favorevole a un disarmo incondizionato, il pullulare di slogans e di formule politiche che preparavano tante
borghesie ancora non comuniste ad accettare il comunismo come fatto che sarebbe divenuto
compiuto in un futuro non lontano: tutti siamo vissuti sotto la pressione psicologica dell'ottimismo di sinistra, enigmatico come una sfinge per i centristi, indolenti e minaccioso come un Leviatano
per chi, come le TFP e quanti seguivano Rivoluzione e Contro-Rivoluzione in tanti paesi,
discernevano bene l'"apocalisse" a cui tutto questo stava portando. Allora erano pochi quanti
percepivano che questo Leviatano portava in sé una crisi in crescendo, che non riusciva a risolvere perché era il frutto inevitabile delle utopie marxiste. La crisi venne crescendo e sembra aver disintegrato il Leviatano. Ma, come si vedrà più avanti, questa disintegrazione ha, a sua volta, diffuso nel mondo intero un clima di crisi ancor più letale.
Commento 2
"Perestrojka" e "glasnost": smantellamento della III Rivoluzione o metamorfosi del comunismo? Al
tramonto dell'anno 1989 ai massimi dirigenti del comunismo internazionale parve, infine, giunto il
momento di fare un'enorme mossa politica, la maggiore nella storia del comunismo. Sarebbe
consistita nell'abbattere la Cortina di Ferro e il Muro di Berlino, il che, producendo i propri effetti in
modo simultaneo all'esecuzione dei programmi "liberaleggianti" della Glasnost (1985) e della
Perestrojka (1986), avrebbe accelerato l'apparente smantellamento della III Rivoluzione nel mondo
sovietico. A sua volta lo smantellamento avrebbe attirato sul suo sommo promotore ed esecutore,
Mikhail Gorbaciov, la simpatica carica di enfasi e la fiducia senza riserve delle potenze occidentali e di molti fra i poteri economici privati del Primo Mondo. A partire da ciò, il Cremlino avrebbe potuto attendere un flusso meraviglioso di risorse finanziarie per le sue casse vuote. Queste
speranze sono state molto ampiamente confermate dai fatti, dando a Gorbaciov e alla sua équipe la possibilità di continuare a navigare, con in mano il timone, sul mare di miseria, d'indolenza e
d'inazione di fronte a cui l'infelice popolazione russa, soggetta fino a poco fa al capitalismo di Stato integrale, si sta comportando fino a questo momento con una passività sconcertante. Si tratta di una passività favorevole alla generalizzazione del marasma, del caos e, forse, al concretizzarsi di una crisi conflittuale interna suscettibile, a sua volta, di degenerare in una guerra civile... o mondiale. In questo quadro hanno fatto irruzione gli avvenimenti sensazionali e brumosi dell'agosto del 1991, che hanno avuto come protagonisti Gorbaciov, Eltsin e altri coautori di questa mossa, che hanno aperto la strada alla trasformazione dell'URSS in una debole confederazione di Stati e poi al suo smantellamento. Si parla dell'eventuale caduta del regime di Fidel Castro a Cuba e della possibile invasione dell'Europa Occidentale da parte di orde di affamati provenienti dall'Oriente e dal Magreb. I diversi tentativi di albanesi bisognosi de penetrare in Italia sarebbero stati come un primo saggio di questa nuova "invasione barbarica" in Europa. Non manca chi, nella Penisola Iberica come in altri paesi d'Europa, collega queste ipotesi con la presenza di moltitudini di maomettani, irresponsabilmente ammessi in anni precedenti in diversi punti di questo continente e con i progetti di costruzione di un ponte sullo stretto di Gibilterra, che collegherebbe l'Africa Settentrionale al territorio spagnolo, il che favorirebbe a sua volta altre invasioni di musulmani in Europa. Curiosa somiglianza di effetti della caduta della Cortina di Ferro e della costruzione di questo ponte: entrambi aprirebbero il continente europeo a invasioni analoghe a quelle respinte vittoriosamente da Carlo Magno, cioè quelle da parte di orde barbariche o semi-barbariche provenienti dall'Oriente e di orde maomettane provenienti da regioni a sud del continente europeo. Si direbbe quasi che si ricompone il quadro pre-medioevale. Ma manca qualcosa: è l'ardore di fede primaverile delle popolazioni cattoliche chiamate a far fronte simultaneamente a entrambi gli impatti. Ma, soprattutto, manca qualcuno: dove trovare attualmente un uomo della statura di Carlo Magno? Se immaginiamo lo sviluppo delle ipotesi sopra enunciate, il cui principale scenario sarebbe l'Occidente, indubbiamente ci spaventeranno la dimensione e la drammaticità delle conseguenze che le stesse porterebbero con sé. Tuttavia questa visione d'insieme non comprende neppur lontanamente la totalità degli effetti che in questi giorni ci annunciano voci autorizzate, provenienti da circoli intellettuali in palese opposizione fra loro e da imparziali strumenti di comunicazione. Per esempio, il crescente contrasto fra paesi consumisti e paesi poveri. Oppure, in altri termini, fra nazioni ricche e industrializzate e altre che sono semplici produttrici di materie prime. Ne nascerebbe uno scontro di proporzioni mondiali fra
ideologie diverse, raccolte da un lato attorno all'arricchimento indefinito e dall'altro al sottoconsumo miserabilista. Di fronte a questo eventuale scontro è impossibile non ricordare la lotta di classe auspicata da Marx. E da questo nasce naturalmente una domanda: tale lotta di classe sarà una proiezione, in termini mondiali, di uno scontro analogo a quello concepito da Marx soprattutto come un fenomeno socio-economico all'interno delle nazioni, conflitto al quale parteciperebbe ognuna di esse con caratteristiche proprie?
In questa ipotesi la lotta fra il Primo e il Terzo Mondo servirà da travestimento attraverso il quale il marxismo, svergognato dal suo catastrofico fallimento socio-economico e trasformato, cercherebbe di ottenere, con rinnovate possibilità di successo, la vittoria finale? Una vittoria fino a questo momento sfuggita dalle mani di Gorbaciov, il quale, benché certamente non ne sia il dottore, è almeno un insieme di bardo e di prestidigitatore della perestrojka... Proprio della perestroijka, della quale non è possibile dubitare che sia una realizzazione del comunismo dal momento che lo confessa il suo stesso autore nel saggio propagandistico Perestrojka : il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo (trad. it., Mondadori, Milano 1987, p. 37): "Lo scopo di questa riforma è
assicurare [...] la transizione da una direzione eccessivamente centralizzata, e basata sugli ordini, a una direzione democratica, basata su una combinazione tra il centralismo democratico e
l'autogestione". Autogestione che, per altro, era, "l'obiettivo supremo dello Stato sovietico", come
stabiliva la stessa Costituzione dell'ex-URSS nel suo Preambolo. ".
"Perestrojka" e "glasnost": smantellamento della III Rivoluzione o metamorfosi del comunismo? Al
tramonto dell'anno 1989 ai massimi dirigenti del comunismo internazionale parve, infine, giunto il
momento di fare un'enorme mossa politica, la maggiore nella storia del comunismo. Sarebbe
consistita nell'abbattere la Cortina di Ferro e il Muro di Berlino, il che, producendo i propri effetti in
modo simultaneo all'esecuzione dei programmi "liberaleggianti" della Glasnost (1985) e della
Perestrojka (1986), avrebbe accelerato l'apparente smantellamento della III Rivoluzione nel mondo
sovietico. A sua volta lo smantellamento avrebbe attirato sul suo sommo promotore ed esecutore,
Mikhail Gorbaciov, la simpatica carica di enfasi e la fiducia senza riserve delle potenze occidentali e di molti fra i poteri economici privati del Primo Mondo. A partire da ciò, il Cremlino avrebbe potuto attendere un flusso meraviglioso di risorse finanziarie per le sue casse vuote. Queste
speranze sono state molto ampiamente confermate dai fatti, dando a Gorbaciov e alla sua équipe la possibilità di continuare a navigare, con in mano il timone, sul mare di miseria, d'indolenza e
d'inazione di fronte a cui l'infelice popolazione russa, soggetta fino a poco fa al capitalismo di Stato integrale, si sta comportando fino a questo momento con una passività sconcertante. Si tratta di una passività favorevole alla generalizzazione del marasma, del caos e, forse, al concretizzarsi di una crisi conflittuale interna suscettibile, a sua volta, di degenerare in una guerra civile... o mondiale. In questo quadro hanno fatto irruzione gli avvenimenti sensazionali e brumosi dell'agosto del 1991, che hanno avuto come protagonisti Gorbaciov, Eltsin e altri coautori di questa mossa, che hanno aperto la strada alla trasformazione dell'URSS in una debole confederazione di Stati e poi al suo smantellamento. Si parla dell'eventuale caduta del regime di Fidel Castro a Cuba e della possibile invasione dell'Europa Occidentale da parte di orde di affamati provenienti dall'Oriente e dal Magreb. I diversi tentativi di albanesi bisognosi de penetrare in Italia sarebbero stati come un primo saggio di questa nuova "invasione barbarica" in Europa. Non manca chi, nella Penisola Iberica come in altri paesi d'Europa, collega queste ipotesi con la presenza di moltitudini di maomettani, irresponsabilmente ammessi in anni precedenti in diversi punti di questo continente e con i progetti di costruzione di un ponte sullo stretto di Gibilterra, che collegherebbe l'Africa Settentrionale al territorio spagnolo, il che favorirebbe a sua volta altre invasioni di musulmani in Europa. Curiosa somiglianza di effetti della caduta della Cortina di Ferro e della costruzione di questo ponte: entrambi aprirebbero il continente europeo a invasioni analoghe a quelle respinte vittoriosamente da Carlo Magno, cioè quelle da parte di orde barbariche o semi-barbariche provenienti dall'Oriente e di orde maomettane provenienti da regioni a sud del continente europeo. Si direbbe quasi che si ricompone il quadro pre-medioevale. Ma manca qualcosa: è l'ardore di fede primaverile delle popolazioni cattoliche chiamate a far fronte simultaneamente a entrambi gli impatti. Ma, soprattutto, manca qualcuno: dove trovare attualmente un uomo della statura di Carlo Magno? Se immaginiamo lo sviluppo delle ipotesi sopra enunciate, il cui principale scenario sarebbe l'Occidente, indubbiamente ci spaventeranno la dimensione e la drammaticità delle conseguenze che le stesse porterebbero con sé. Tuttavia questa visione d'insieme non comprende neppur lontanamente la totalità degli effetti che in questi giorni ci annunciano voci autorizzate, provenienti da circoli intellettuali in palese opposizione fra loro e da imparziali strumenti di comunicazione. Per esempio, il crescente contrasto fra paesi consumisti e paesi poveri. Oppure, in altri termini, fra nazioni ricche e industrializzate e altre che sono semplici produttrici di materie prime. Ne nascerebbe uno scontro di proporzioni mondiali fra
ideologie diverse, raccolte da un lato attorno all'arricchimento indefinito e dall'altro al sottoconsumo miserabilista. Di fronte a questo eventuale scontro è impossibile non ricordare la lotta di classe auspicata da Marx. E da questo nasce naturalmente una domanda: tale lotta di classe sarà una proiezione, in termini mondiali, di uno scontro analogo a quello concepito da Marx soprattutto come un fenomeno socio-economico all'interno delle nazioni, conflitto al quale parteciperebbe ognuna di esse con caratteristiche proprie?
In questa ipotesi la lotta fra il Primo e il Terzo Mondo servirà da travestimento attraverso il quale il marxismo, svergognato dal suo catastrofico fallimento socio-economico e trasformato, cercherebbe di ottenere, con rinnovate possibilità di successo, la vittoria finale? Una vittoria fino a questo momento sfuggita dalle mani di Gorbaciov, il quale, benché certamente non ne sia il dottore, è almeno un insieme di bardo e di prestidigitatore della perestrojka... Proprio della perestroijka, della quale non è possibile dubitare che sia una realizzazione del comunismo dal momento che lo confessa il suo stesso autore nel saggio propagandistico Perestrojka : il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo (trad. it., Mondadori, Milano 1987, p. 37): "Lo scopo di questa riforma è
assicurare [...] la transizione da una direzione eccessivamente centralizzata, e basata sugli ordini, a una direzione democratica, basata su una combinazione tra il centralismo democratico e
l'autogestione". Autogestione che, per altro, era, "l'obiettivo supremo dello Stato sovietico", come
stabiliva la stessa Costituzione dell'ex-URSS nel suo Preambolo. ".
Il rinnegamento da parte dell'Europa delle proprie radici giudaico-cristiane, l'ostilità verso lo Stato di Israele e le incognite della "Primavera Araba" sono segnali inquietanti che devono farci riflettere.
Spero di non avere messo troppa carne sul fuoco ma ho voluto solo farvi riflettere.
Spero di non avere messo troppa carne sul fuoco ma ho voluto solo farvi riflettere.
Cordiali saluti.