Presentazione

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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

Il mio libro sul Covid

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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giovedì 19 aprile 2012

IMU PRIMA CASA, UNA TANTUM PER IL 2012

Cari amici ed amiche.

Il Popolo della Libertà ha vinto la sua battaglia.
L'IMU (Imposta Municipale Unica) sarà una tantum del 2012, per ciò che concerne la prima casa.
Quindi, dal 2013, L'IMU per l'abitazione principale sarà tolta.
Questa è stata una battaglia del Popolo della Libertà che per bocca del segretario (l'onorevole Angelino Alfano, nella foto) ha annunciato che il governo si impegnerà a fare ciò e a trovare le risorse alternative al gettito dell'IMU sulla prima casa.
Io trovo che tassare la casa in cui si abita (e che magari è stata fatta dopo tanti sacrifici) sia ingiusto.
La casa è sacra.
Cordiali saluti.

AUGURI, SANTO PADRE!

Cari amici ed amiche.

Oggi è il VII anniversario dell'elezione del Santo Padre Benedetto XVI al soglio pontificio.
Il 19 aprile 2005, il cardinale Joseph Alois Ratzinger fu eletto e divenne Papa con il nome di Benedetto XVI.
Egli si presentò come un "Umile lavoratore nella vigna del Signore".
Possiamo dire che egli sia il Papa giusto per questo periodo.
Egli è un uomo di grande profondità spirituale e che soffrì tutti i mali del secolo scorso e quelli attuali.
Preghiamo tutti per lui perché possa portare avanti Santa Romana Chiesa, una Chiesa che oggi è come una barca nella tempesta.
Cordiali saluti.

RICORDIAMO LA SHOAH

Cari amici ed amiche.

Leggete questo articolo del sito "Informazione Corretta" che è intitolato "Invitiamo i lettori a guardare il video sulla Home Page di IC o cliccando sul link sottostante":


"http://www.youtube.com/watch?v=FI5aV2h7Nkg&feature=player_embedded
Oggi in Israele è Yom haShoà, il giorno della Shoà. Il paese si ferma, anche fisicamente quando dappertutto suona la sirena d'allarme che segna il momento del lutto collettivo. Le famiglie ricordano i loro congiunti scomparsi, tutto Israele, che in fondo è anche fisicamente in buona parte una grande famiglia in cui tutti si sentono alla lontana parenti di tutti gli altri, fa lo stesso. La data è variabile nel calendario occidentale, perché è sistemata strategicamente in quello ebraico, a metà strada fra Pesach, l'antichissima festa che ricorda la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana e ancora più fondamentalmente la sua stessa costituzione come nazione, è Yom Hazmaut, il giorno dell'indipendenza, che celebra la fondazione del moderno stato di Israele, preceduto a sua volta da Iom Hazicharon, il giorno del ricordo, in cui si commemorano i caduti in guerra e per terrorismo del giovane stato. Quest'anno le ricorrenze saranno il 24 e 25 aprile. Si tratta di una collocazione che deve far pensare, è stata decisa per questo. La Shoà fa parte della terribile serie storiche delle persecuzioni antisemite, di cui quella del faraone è stata il prototipo. Lo stato di Israele non è certo il risultato né il compenso per il genocidio nazifascista; ma è il solo bastione che ne impedisce la ripetizione. Per questo la furia degli antisemiti si rivolge oggi contro di esso.

Quando in Israele si celebra Yom haShoà, ad Auschwitz, da diciott'anni, si svolge la “marcia dei vivi”, la rievocazione del genocidio nel luogo in cui esso fu più atrocemente di massa e industrialmente organizzato. Ma una rievocazione che non vuol essere semplicemente lutto, ma in qualche modo anche il suo contrario, una celebrazione della vita, della sua vittoria contro la morte. Negli ultimi giorni del nazismo, quando le fabbriche dello sterminio non erano più in grado di funzionare perché prive di combustibile e di trasporti, le SS obbligarono i detenuti di molti lager a partire in terribili e insensate “marce della morte”, percorsi forzati di decine di chilometri al giorno per detenuti seminudi e macilenti, con lo scopo preciso di ucciderli tutti. E' per contrasto con quest'ultima tortura, che la manifestazione si chiama “marcia dei vivi”. Vive il popolo ebraico, am Israel hai, come si dice in ebraico, vivono perciò anche le vittime del nazismo, le cui sofferenze sono imperdonabili e incancellabili, ma possono essere inserite oggi nella vita storica del loro popolo e trovarvi se non un senso, una solidarietà collettiva. Vive Israele, che impegna le sue forze e il suo ingegno a evitare che il lavoro dei volonterosi carnefici europei sia portato avanti dai loro continuatori islamici. Vive la memoria dei sei milioni che sono stati trucidati. Vive la speranza di un mondo in cui spariranno i pretesti per i genocidi e per tutte le attività che li preparano e li giustificano (le delegittimazioni, le demonizzazioni, i boicottaggi, l'esaltazione dei boia). Vivono ancora alcuni testimoni, alcuni ex deportati, i loro discendenti, ad ammonirci sugli esiti dell'antisemitismo. Vive il popolo ebraico, am Israel hai, alla faccia di chi l'ha voluto e lo vuole ancora eliminare. Ha preso il suo destino nelle sue mani ed è ben deciso a difenderlo.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
".

Io sono vicino a tutti gli amici di Israele, agli amici ebrei e a tutti coloro che soffrirono a causa della Shoah, come i disabili.
I regimi come nazismo, comunismo e tutti i totalitarismi furono (e, ove essi sono ancora presenti) la negazione di Dio.
Tutto ciò che nega Dio porta la morte.
Il nazismo portò la morte.
Fece morire più di 6.000.000.000 di persone, tra ebrei, politici, zingari, omosessuali, disabili, asociali, preti ed altri.
Un crimine del genere non dovrà più ripetersi.
Eppure, proprio gli ebrei e questa tristissima vicenda ci hanno insegnato e, ancora oggi, ci insegnano molto.
Ci hanno insegnato (e ci insegnano) a non avere paura di portare avanti ciò in cui si crede e che si debbono rispettare le idee degli altri, anche quando esse non sono condivise
Forse, io credo che da questo grande male si debba fare nascere un bene più grande.
Dobbiamo renderci conto del fatto che siamo uomini e del fatto che nessuno sia onnipotente.
Quando l'uomo dimentica ciò, il male prevale.
Cordiali saluti e shalom.





LA GIOCONDA, PAPA CLEMENTE VII ED IPPOLITO DE' MEDICI



Cari amici ed amiche.

Vi voglio parlare di uno degli enigmi che riguardano un noto quadro, la "Gioconda" di Leonardo da Vinci.
Essa fu realizzata tra il 1503 ed il 1514 e nasconde molti enigmi.
Pare che questo quadro ritragga Lisa Gherardini, la moglie di Francesco del Giocondo.
Ella potrebbe essere stata ritratta mentre era in gravidanza.
In realtà, c'è un particolare.
Se guardate il paesaggio alle spalle del soggetto, noterete che esso non ha nulla a che fare con la Toscana ma ha che fare con il Montefeltro, una zona al confine tra la Romagna, le Marche e la Toscana.
Proprio nelle Marche, ad Urbino, nacque in quel periodo un personaggio storico molto importante, Ippolito de' Medici (1511-1535). 
Secondo la ricerca della professoressa Olivia Nesci, vi sarebbe un'ipotesi clamorosa.
Ippolito de' Medici potrebbe essere stato il figlio della Gioconda.
Ippolito era un figlio illegittimo di Giuliano de' Medici, il Duca di Nemours.
Quest'ultimo era figlio di Lorenzo il Magnifico, come Piero detto "il Fatuo" ed il Cardinale Giovanni, che divenne Papa con il nome di Leone X nel 1513.
Rimasto orfano del padre, Ippolito venne educato da insigni precettori pagati proprio da Papa Leone X, suo zio, che intese avviarlo alla carriera ecclesiastica.
Egli venne accolto anche dal cugino, il cardinale Giulio de' Medici, che nel 1523 divenne Papa, con il nome di Clemente VII.

Quest'ultimo sarebbe dovuto diventare signore di Firenze ma nel 1523 divenne Papa ed Ippolito (che divenne cardinale, governò la città in sua vece.
Tuttavia, Clemente VII ebbe un altro piano.
Infatti, egli volle Alessandro de' Medici detto "Il Moro" (1510-1537) come signore della città Toscana, Duca di Firenze.
Potrebbe esserci stato un motivo di questa scelta.
Secondo la storiografia, Alessandro fu figlio illegittimo di Lorenzo II ma vi sono fonti che dicono che egli sia stato figlio proprio del cardinale Giulio.Quindi, potrebbe esserci stata una scelta di nepotismo.
Ad Ippolito restò la carriera ecclesiastica ma egli non volle farla.
E così, incominciò un lungo braccio di ferro con il Papa Clemente VII.
Ippolito iniziò a ricattare il Papa e questi gli elargiva soldi e lo fece vivere nel Palazzo della Cancelleria a Roma.
Ippolito si creò una corte molto numerosa, molto costosa e con costumi discutibili.
Ciò fu cavalcato da protestanti, per creare una cattiva immagine della Chiesa cattolica.
Nel 1527, i Lanzichenecchi (i mercenari tedeschi al soldo di Carlo V) saccheggiarono Roma.
La famiglia Medici scappò da Firenze, ove venne restaurata la repubblica.
L'imperatore Carlo V ed il Papa si riappacificarono, creando lo scontro tra il Papato ed il Regno d'Inghilterra di re Enrico VII.
Il Papa chiese ed ottenne dall'imperatore l'aiuto per riportare Firenze sotto la signoria dei Medici, con l'assedio del 1529 .
A capo di questo assedio ci fu Alessandro, che divenne signore della città, il Duca di Firenze.
Ippolito, che sperava di prendere il potere a Firenze, fu allontanato dalla capitale toscana.
Così, egli divenne arcivescovo di Avignone, fino a che il Papa non lo fece cardinale. 
Nel 1529, il Papa lo inviò in Ungheria nella spedizione organizzata da Carlo V contro i Turchi del sultano Solimano il Magnifico.
Tuttavia l'esperienza fu infelice, i cristiani furono sconfitti e lui entrò in conflitto con l'imperatore Carlo V. 
Tornato in Italia, Ippolito ebbe dei guai a Venezia.
Egli si fece tanti nemici.
Tuttavia ne uscì indenne.
Egli si innamorò della giovane vedova di Vespasiano Colonna, Conte di Fondi, Giulia Gonzaga, da cui ebbe un figlio illegittimo.
Egli si alleò con i fuoriusciti di Firenze, coloro che furono contrari ad Alessandro de' Medici.
Il legame si rafforzò nel 1534, quando Fondi fu attaccata dai Turchi del corsaro Barbarossa.
La morte di questo personaggio avvenne nel 1535, a causa di un avvelenamento.
Nel 1534, morì Papa Clemente VII ed Ippolito chiese ad un potente cardinale, Alessandro Farnese, il sostegno per ottenere Firenze,  in cambio del suo voto in Conclave.
Il cardinale fu eletto Papa con il nome di Paolo III.
Questi, però, non mantenne la promessa, perché voleva dare dei possedimenti ai suoi figli.
Ippolito entrò in conflitto anche con il Papa.
Egli lasciò Roma e volle andare i Sicilia, per poi passare a Tunisi, ove l'imperatore Carlo V volle sradicare i pirati turchi.
Arrivato ad Itri, nel sud del Lazio, egli incominciò a denunziare dei malori.
Chiamò anche l'amata Giulia Gonzaga.
Alla fine si scopri che egli fu avvelenato.
Le cure non servirono nulla e morì il 10 agosto 1535.
Fu sepolto nella basilica dei Santi Lorenzo e Damaso a Roma.
Per il suo carattere irrequieto ed ambizioso, egli ebbe molti nemici.
Tra questi, ci furono Alessandro, l'imperatore Carlo V  ed il Papa.
Ora, Ippolito rappresentava a pieno titolo l'uomo del Rinascimento, un uomo formalmente religioso ma secolarizzato nel cuore colto ed amante dell'arte ma attaccato al potere.
Inoltre, il mistero che lo lega alla Gioconda rende questo personaggio ed il quadro di Leonardo ancora più interessanti.
Cordiali saluti. 













CIAO, PIERMARIO!

Cari amici ed amiche.

Oggi si dà l'estremo saluto a Piermario Morosini, il giocatore di calcio del Livorno che è morto il 14 aprile scorso.
A Bergamo ci saranno i suoi funerali.
Quanto è successo a questo ragazzo di venticinque anni ci deve fare riflettere su come la vita sia fragile.
Trovo giusto che siano stati sospesi i campionati anche se, devo dirlo, sarebbe stato giusto farlo anche per altri casi simili a quello di questo sfortunato ragazzo bergamasco.
Trovo molto lodevole che il presidente dell'Atalanta, Antonio Percassi, abbia deciso di aiutare economicamente la sorella disabile, come trovo lodevole e nobile il gesto del calciatore dell'Udinese (ed ex-compagno di Morosini) di prendersi cura di lei.
Questo dimostra che egli era ben voluto.
A Piermario si può dire una sola parola:

Ciao!

Cordiali saluti.

Joseph de Maistre, "Breviario della Tradizione"

Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni, su Facebook, mi ha fatto avere questo testo di Joseph de Maistre:

«Perché una nazione deperisce. Noi siamo ridicoli quando accusiamo un regime di abbrutire un popolo. Nessuna nazione deve il suo carattere al suo regime così come non gli deve la lingua; deve invece il suo regime al suo carattere che, a dire il vero, è sempre rafforzato e perfezionato successivamente dalle istituzioni politiche. Se vedete languire una nazione, ciò non è dovuto a un regime cattivo; è dovuto al fatto che quel regime, che è il migliore per essa, deperisce come tutte le cose umane, o meglio perché il carattere nazionale è logorato. Proprio allora le nazioni subiscono delle palingenesi politiche oppure periscono.»


Faccio i miei complimenti a Filippo, per il suo grande acume, e lo ringrazio per lo spunto che mi ha dato.
Questa frase mi fa pensare ad un testo di Plinio Correa de Oliveira che ho letto ieri sul libro "Rivoluzione e controrivoluzione".
Nella mentalità rivoluzionaria, infatti, si tende a mettere in evidenza ogni aspetto negativo del regime mentre vengono omessi (volontariamente) quelli più positivi.
Questo avviene perché si vuole eliminare quel regime.
Prima di eliminarlo con le armi, il rivoluzionario vuole eliminare il regime usando la parola.
Pensiamo a come venne fuori la Riforma protestante.
Intendiamoci, non voglio demonizzare nessuno ma voglio solo farvi capire una cosa.
La Riforma protestante si sviluppò in un clima di forte contestazione verso la Chiesa, una forte contestazione guidata da certi circoli di umanisti, di politici e di intellettuali.
Questa contestazione puntò a mettere in risalto gli aspetti più negativi della Chiesa dell'epoca mentre trascurava quelli più positivi.
Così si puntò a distruggere il clero e ciò avvenne in quei Paesi in cui la Riforma si saldò con il potere civile, come i Principati tedeschi, i Paesi scandinavi, l'Inghilterra (pur con tutte le distinzioni) e Ginevra. 
Lo stesso discorso valse anche per quello che successe in Inghilterra nel 1649 e per la Rivoluzione francese del 1789.
Prima si generò l'antipolitica urlata e poi si passò alle armi e alle ghigliottine.
Ora, per completare il discorso, vi voglio fare leggere un testo di Marcello Venezia che è intitolato "Marcello Veneziani, "I sinceri democratici cedono alla tentazione dell'anti democrazia", in 'il Giornale' del 16/04/12, p. 23" .
Il  testo (che mi è stato inoltrato sempre dall'ottimo Filippo Giorgianni) recita:

«Aboliamo la democrazia? È la tentazione che scorre, dissimulata, in Occidente, e in particolare in Europa, e più in particolare in Italia. Ad accarezzare l’idea non è una residua setta di biechi reazionari e golpisti e nemmeno una consorteria di aristocratici ed elitari, figli di Mosca e Pareto. Ma una corte di democratici progressisti, riveriti professori e ossequiati circoli di intellettuali, in gran parte provenienti da sinistra se non addirittura dal comunismo. Nel prossimo numero de il Mulino, la rivista diretta da Michele Salvati, economista liberal della sinistra postcomunista, apparirà un saggio sulla crisi della democrazia di Alessandro Pizzorno, autorevole sociologo e politologo che ha insegnato a New York ma anche a Teheran, passando per Oxford e Milano. Se ne parlerà domani in un dibattito alla New York University di Firenze, dove interverranno tra gli altri lo stesso Pizzorno e Nadia Urbinati che ha pubblicato un saggio sull’argomento (Democrazia rappresentativa. Sovranità e controllo dei poteri, Donzelli) che secondo Daniela Coli capovolge le tesi della versione americana del suo stesso saggio. Il promotore dell’incontro fiorentino è William E. Klein, estimatore di Toni Negri e delle Coop rosse. Il filo conduttore è ripensare la democrazia dopo la crisi economica, che impone più governance e meno parlamento, più esperti e meno politici, più tecnici e meno popolo. Se l’avesse sostenuto un autore o un club di destra, nota la Coli, “si sarebbe scatenato il mondo intero”. Ho letto in anteprima il saggio di Pizzorno, In nome del popolo sovrano? che ne costituisce il riferimento di base. Pizzorno confessa di essere infastidito dalle polemiche sui tecnici e dagli appelli a tornare al popolo sovrano e alla politica. Il suo saggio è una dura requisitoria contro la democrazia rappresentativa fondata sulla maggioranza e sul suffragio universale. Una critica alla democrazia in chiave elitaria nel contesto del capitalismo avanzato. Una critica alla democrazia, analoga a quella di Salvati, che pur partendo da premesse differenti approda a esiti simili a quelli di autorevoli intellettuali comunisti come lo storico Luciano Canfora e il letterato Asor Rosa. Fino a ieri la critica alla democrazia era travestita in una critica alla deriva populista; ora si fa esplicita, si estende alla democrazia rappresentativa, e si invocano gli esperti, le élites. Tecnocrati del Capitale e giacobini di ritorno combaciano nel maledire la democrazia fondata sulla sovranità popolare e nazionale. La democrazia e la sovranità popolare appaiono a Pizzorno un mito e il voto stesso ha per lui solo un valore simbolico e rituale per uscire dalla solitudine sociale. Dove vige il criterio di maggioranza peggiora la qualità delle decisioni, soprattutto in temi economici e sociali. La democrazia sancisce a suo dire il primato delle masse incompetenti sulle élitescompetenti. E produce governi affetti da “miopia” che danno vantaggi immediati ai propri elettori ma danneggiano l’economia e società dei Paesi. Le società più avanzate, nota Pizzorno, tendono ormai a trasferire alla governance dei tecnici, decisioni e poteri sottratti alla democrazia, alla sovranità popolare e al parlamento. Il Mulino è da anni un importante laboratorio e crocevia fra tre culture: tecnocratica, cattodemocratica e liberal-radicale. Insomma è la sintesi culturale del centro-sinistra, una tecno-sinistra che lascia alle spalle Gramsci e il nazionalpopolare per sposare capitalismo e progressismo, procurandosi pure una benedizione cristiana di tipo dossettiano: Romano Prodi fu frutto di quell’ambiente. Traspare nel saggio di Pizzorno,e nell’humus che lo esprime, la preferenza per il principio di competenza rispetto al principio di maggioranza. Oligarchie illuminate contro democrazie oscurantiste. Esperti contro Plebi. Visto lo spettacolo recente, l’ipotesi potrebbe tentare anche realisti conservatori e liberali. Ma la domanda sorge: a chi rispondono gli esperti, chi li certifica e li nomina, nel nome di cosa governano, chi stabilisce la scala di priorità delle loro scelte? Le aziende di riferimento o di provenienza che badano ai loro interessi? Le agenzie di rating? Le università in crisi, dominate da mafie demeritocratiche e nepotiste? Dall’altra parte, i partiti sono discreditati e incapaci, raccolgono appena il 4 per cento della fiducia dei cittadini, sono corrotti e avvitati su se stessi. Siamo in effetti tra la brace dei tecnici-esperti e la padella dei partiti- corrotti. Due caste dominanti, non dirigenti. Sappiamo bene del resto che la sovranità popolare è soprattutto un mito e il voto è soprattutto un rito, magari necessario ma certo non sufficiente a fondare un buon governo, una vera osmosi tra eletti ed elettori. Non esistono governi delle moltitudini: le buone democrazie sono governi di pochi nell’interesse di molti, le cattive sono governi di pochi nell’interesse di pochi. Sul piano dei principi, il buon governo di un Paese, non mi stancherò di ripeterlo, nasce da un buon equilibrio fra tre fattori: l’esperienza, la competenza e la maggioranza; ossia l’esempio della storia e gli usi della tradizione, il ruolo e il giudizio degli esperti, il consenso popolare espresso per via democratica. Ma sul piano dei fatti come realizzarlo? Penso a un’inevitabile doppia via: da un verso l’elezione diretta di chi governa una città, una nazione (e perfino l’Unione europea), che responsabilizza chi comanda, travalica i partiti, fonda leadership decisioniste. Dall’altra la formazione e la selezione di élite qualificate in appositi laboratori, scuole, istituti, fondazioni, a cui segue tirocinio e pratica nelle pubbliche amministrazioni. Decisori politici eletti dal popolo ma circondati da aristocrazie selezionate dagli studi e sul campo che costituiscono l’ossatura dello Stato, la continuità e la competenza. Partecipazione popolare in basso, decisione in alto, selezione e competenza nel mezzo. Facile a dirsi... Se la democrazia non funziona, non si può chiedere all’economia o alla tecnica di sostituirla, non si possono negare gli interessi generali, le comuni priorità e i valori. Ma se i parlamenti non funzionano, non si può pensare a una scorciatoia plebiscitaria e populista per evitare la deriva oligarchica. La via da percorrere, ardua ma inevitabile, è quella di una democrazia comunitaria, selettiva e decisionista. Il compito gigantesco dei nostri anni.» 

Purtroppo, questa visione rivoluzionaria è molto presente anche oggi. 
Qui, in Italia, ad esempio, vi sono due forme di antipolitica.
Da una parte, vi è la tecnocrazia (che oggi governa il Paese) e dall'altra vi sono dei movimenti demagogici e populisti (come i NO TAV o il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo) che si dicono democratici ma che di democratico non hanno nulla.
Basti pensare, ad esempio,  ai NO TAV che attaccano chi non la pensa come loro e che dicono di volere la democrazia.
Anche la tecnocrazia è una forma di antipolitica.
Quando il presidente del Consiglio Mario Monti ha affermato che lui aveva il consenso mentre i partiti no ha fatto un'affermazione antipolitica.
Attenzione, ora voglio porre alla vostra attenzione una questione.
La politica ha dei problemi?
La risposta è sì.
La politica ha dei problemi. 
La questione del finanziamento ai partiti (che ho trattato su "Italia chiama Italia" nell'articolo intitolato "I partiti? Dovrebbero essere finanziati dai privati") è uno di questi problemi.
Tuttavia, voglio porvi questa domanda:

La tecnocrazia ed i movimenti populisti sono complici in questa situazione?

La risposta potrebbe scioccare qualcuno ma è affermativa
La tecnocrazia è funzionale ai populisti e viceversa.
Infatti, con i partiti delegittimati dai populisti (come il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo), i tecnocratici possono fare quello che vogliono.
In cambio, i populisti possono avere diritto di veto.
Io mi ricordo molto bene di una cosa.
Quando il governo del presidente Berlusconi stava cadendo,  il signor Beppe Grillo invocava il governo tecnico.
Il 01 agosto del 2010, il signor Grillo scriveva sul suo blog:

«Una soluzione per guadare la melma in cui siamo immersi è un governo tecnico di durata sufficiente per mettere (per quanto si può) sotto controllo il debito pubblico che sta esplodendo nel silenzio generale»
Ho trovato questa frase sul sito "Il Post". 
Quindi, qualcuno può dire che le attuali proteste contro il governo Monti del comico genovese siano una farsa.
Come disse de Maistre, il deperimento di un regime è dovuto a quello della propria nazione.
Il rischio è che possano tornare i mostri, quei regimi che uccisero tante persone, come il nazismo ed il comunismo.
Ricordiamoci, ad esempio, delle vittime delle Shoah.
Qualcuno rifletta.
Cordiali saluti.








mercoledì 18 aprile 2012

BENTORNATA, MARIASANDRA!

Cari amici ed amiche.

Ieri ho appreso con gioia la liberazione di Mariasandra Mariani, la turista italiana rapita in Algeria nel febbraio 2011.
Certo, c'è il giallo sul riscatto, come dice la notizia di "AGI.it".
Di certo, sia lei che i suoi cari hanno passato dei momenti di paura.
Ora, però. Mariasandra può tornare a casa e riabbracciare i suoi cari.
Cordiali saluti.

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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.