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venerdì 19 agosto 2011

PLINIO CORREA DE OLIVEIRA, IL COMMENTO




Cari amici ed amiche.

Vi voglio parlare di un pensatore cattolico che è spesso al centro di discussioni tra me e mio cugino.
Il suo nome è Plinio Correa del Oliviera (1908-1995).
Questo filosofo cattolico originario di San Paolo del Brasile (Brasile) è spesso al centro di accese discussioni con un mio cugino che ha il suo libro intitolato "Rivoluzione e controrivoluzione" che, a dire del succitato parente, è un' ampollosa raccolta di sofismi che non possono essere messi in pratica nella vita reale e che sono intrisi di fondamentalismo.
Guardando "dietro le parole" si può scorgere qualcosa di vero nell'opera da egli redatta, che per altro non è in mio possesso.
In primo luogo, bisogna partire dalla "questione della rivoluzione".
Molti vedono nella rivoluzione il cambiamento, l'allontanamento di una classe politica corrotta e piena di vizi da parte di un popolo che punta ad autodeterminarsi.
In realtà, tutte le rivoluzioni non portarono ad un simile cambiamento.
Prendiamo, ad esempio, la I Rivoluzione inglese.
Qui, per la prima volta nella storia, un popolo si ribellò ad un re, re Carlo I Stuart, e ne decretò la morte, in quanto giudicato tiranno e traditore.
Ora, però, non pensate che Oliver Cromwell fosse stato portatore della democrazia.
Infatti, Cromwell instaurò una dittatura e perseguitò i cattolici e gli anglicani non conformisti.
Un discorso analogo si può fare per la Rivoluzione francese.
Qui, il popolo distrusse l'Ancien Régime ed il potere della monarchia.
Però, non si può dire che la classe politica venuta fuori dalla rivoluzione fosse stata migliore di quella antecedente ad essa.
Al contrario, essa non fu meno corrotta e viziosa di quella dell'Ancien Régime.
Infatti, in quella classe politica emersero figure come l'affarista corrotto Paul Barras e perseguitò la Chiesa, dapprima "imbrigliandola" con la "Costituzione civile del clero" (1790) e poi con la scristianizzazione ad opera del partito di Jacques René Hebert.
Quindi, possiamo dire che la rivoluzione è un processo in cui vi è un'elite di intellettuali, agitatori politici e quant'altro che punta a distruggere un potere per instaurarne uno proprio, usando il popolo.
Quindi, il termine "rivoluzione" non è sinonimo di miglioramento.
Un altro esempio ancora è la Russia.
Nel 1917, un gruppo di intellettuali comunisti, capeggiati da Lenin sfruttarono il malcontento popolare verso il governo dello Zar e lo fecero cadere e trasformarono il vecchio Impero Russo in Unione Sovietica.
Ora, la classe dirigente sovietica non fu meno viziosa di quella zarista.
Anzi, fece parecchi morti.
Il termine "rivoluzione" è spesso sinonimo di ribellione e guerra civile.
Proprio così, infatti, le rivoluzioni portano spesso delle vere e proprie guerre civili.
Spesso, queste non sono convenzionali, ossia fatte nelle trincee e con soldati ma sono tra la gente comune. Addirittura, sono guerre tra padri e figli, madri e figlie, fratelli, cugini, vicini di casa e quant'altro.
Infatti, ad una "rivoluzione", si contrappone una "controrivoluzione" , ossia coloro che a questa rivoluzione reagiscono.
Non è già una guerra civile?
Ora, arriviamo all'aspetto religioso.
Tanta parte della storiografia attuale, che spesso è figlia di quella mentalità della Rivoluzione francese, dipinge il Medio Evo come un'epoca in cui la Chiesa comandava a destra e a manca.
Ora, la verità non è questa.
Tra potere civile e potere religioso vi erano spesso dei contrasti.
Pensiamo a quanto successe tra il XI ed il XII, nelle "lotte per l'investiture", in cui ci fu un persistente scontro tra l'imperatore del Sacro Romano Impero Germanico ed il Papato.
Il fatto che ci fosse stato uno scontro, significa che potere civile e potere religioso non potevano essere identificati in un'unica istituzione.
La dimostrazione di ciò, però, fu la Riforma protestante.
Il passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo di alcuni Stati fu voluto dai monarchi che videro nella Riforma un modo per controllare sia i sudditi (o i cittadini) e sia i fedeli.
Anche nei Paesi rimasti cattolici, ci fu un tentativo di controllo sulla religione.
L'esempio più tipico fu la Francia di re Luigi XIV (1643-1715), con il suo gallicanesimo.
Il "Re Sole", infatti, combatté gli ugonotti ed i cattolici eterodossi (giansenisti) ma, a tempo stesso e spesso e volentieri, si mise anche contro il Papa.
Lo stesso si può dire del Sacro Romano Impero sotto l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo (1765-178o) che soppresse alcuni ordini ed intese controllare il clero nazionale.
Quindi, nel XVIII, la religione cattolica rimaneva religione di Stato ma lo Stato intendeva controllare la Chiesa locale. Fu il giuseppinismo.
Anche il Granducato di Toscana sotto Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena (1765-1790) fu un altro esempio di Stato che voleva controllare la Chiesa, sopprimendo monasteri ed abolendo la "manomorta". Inoltre, il granduca aveva appoggiato i giansenisti, il cui capo era Scipione de Ricci, vescovo di Pistoia. Nel 1786, questi fece un sinodo a Pistoia. Con questo sinodo volle riformare la Chiesa secondo le dottrine gianseniste, arrivando ad una rottura con Roma, un vero e proprio scisma che avrebbe fatto nascere una Chiesa locale. La cosa non avvenne perché il granduca divenne imperatore nel 1790 e gli alti prelati e tanta parte del popolo protestarono.
L'Illuminismo generò una corrente di pensiero ostile allo Stato e, di riflesso, alla Chiesa.
La Rivoluzione francese fu il culmine di ciò.
La religione cattolica perse il titolo di religione di Stato e poi fu perseguitata.
L'istruzione fu sottratta alla Chiesa e, si può tranquillamente dire, che la Rivoluzione francese fu il primo tentativo di eliminare Dio dalla vita pubblica. Lo Stato giacobino si eresse a "depositario della fede" e decise di sostituire il calendario classico con uno rivoluzionario (in cui non figuravano i nomi dei Santi) e scelse una religione che si rifaceva al deismo illuminista.
Con Napoleone Bonaparte (1769-1815), la religione cattolica fu apparentemente ristabilita (con il Concordato del 1801) e dichiarata "religione della maggioranza dei francesi" ma lo Stato si arrogò il controllo sulle gerarchie ecclesiastiche.
Ciò aprì la strada a quella cultura in cui lo Stato può agire anche contro la Chiesa.
La cosa si ripeté anche durante il periodo del Risorgimento, qui in Italia.
A dettare il processo di unificazione non fu il popolo ma un'elite di intellettuali, avventurieri e generali (come Garibaldi) che furono apertamente contro la Chiesa cattolica.
Tutti quei mali che vennero dopo simili processi (e che ci sono tuttora) sono "prodotti" della Rivoluzione francese.
Il termine "mafia" iniziò ad essere usato nel 1865, guarda caso, dopo l'Unità d'Italia, dal procuratore di Palermo Antonio Filippo Gualterio.
Ora, la mafia da cosa si originò?
La mafia fu un fenomeno aristocratico e fu una reazione (sbagliata) a quel processo di unificazione forzoso.
Quindi, come il brigantaggio (che era di natura popolare), la mafia fu correlata a quel processo di unificazione forzoso e fatto contro i valori cardine di quegli Stati preesistenti all'Unità d'Italia.
Quindi, su pur indirettamente, la mafia è un prodotto della rivoluzione.
Intendiamoci, con ciò non voglio dire che l'Unità d'Italia fosse stata una cosa sbagliata.
Va criticato il processo di unificazione (che fu un'annessione da parte del Regno di Sardegna) e che fu contro la Chiesa e fu fatto con un'assurda politica di centralismo ma non l'unificazione in quanto tale (che invece era necessaria).
Ora, arriviamo ad un altro tema, il rapporto tra Chiesa e capitalismo.
Qui torna in ballo quel mio cugino di prima che (forse perché influenzato dalle dottrine di Noam Chomsky, di cui ha letto qualcosa, come da un'interpretazione di un'affermazione fatta dal Beato Giovanni Paolo II sul capitalismo), durante una delle nostre avvincenti discussioni, aveva affermato che il capitalismo ha fatto parecchi danni alle persone e all'ambiente.
Ora, qui voglio dire la mia.
Per farlo, uso le parole di un ecclesiastico inglese del XIII secolo, Thomas di Cobham, nel suo "Manuale di Confessione".
Le parole recitano:
" Vi sarebbe una grande mancanza in molti Paesi se i mercanti non portassero ciò che abbonda in luogo in un altro dove queste stesse cose mancano. Perciò possono a buon diritto ricevere il prezzo del loro lavoro.".
Teniamo conto del fatto questo ecclesiastico inglese fosse vissuto nel XIII secolo, quindi prima dello scisma operato da re Enrico VIII e della Riforma applicata dai re Edordo VI ed Elisabetta I.
Quindi, la nozione di "mercato" è contemplata nel Cristianesimo. Il mercato, infatti, è lavoro, come lo sono l'impresa ed il lavoro dipendente.
Quindi, è in linea con le Scritture.
La ricchezza frutto del lavoro non è peccaminosa.
Semmai, va detto che il capitalismo è imperfetto poiché se manca una solida base etica, esso può fare danni.
Mentre altre forme di pensiero, come quella comunista (di cui ho parlato ampiamente negli articoli intitolato "Karl Marx era ateo? No, era un satanista!" e "Karl Marx ed Aleister Crowley? Sono affini!") sono malvage fin dalla radice, il capitalismo è imperfetto, perché se ha un'etica è risorsa mentre senza etica fa danni.
Qui la dottrina cristiana può fare molto. Un esempio è la Dottrina sociale della Chiesa, di cui Plinio Correa del Oliveira ha parlato tanto nelle sue opere.
Termino, portando alla vostra attenzione il sito di Plinio Correa de Oliveria, che è http://www.pliniocorreadeoliveira.it/, ringraziando l'amico Angelo Fazio di Palermo per la sua collaborazione.
Senza il materiale che egli ha portato alla mia attenzione non avrei potuto fare questo articolo, tenendo conto del fatto che io non sia in possesso del libro.
Nel mio viaggio in Sicilia (di cui ho parlato nell'articolo "Il mio viaggio in Sicilia") , mi sarebbe piaciuto incontrare lui e tutti gli altri siciliani che su Facebook mi seguono, come la signora Alessandra Spanò, Stefania Ragaglia, Filippo Giorgianni, Vittorio Leo e Samuele Maniscalco. Se dovessero passare per il Mantovano, me lo facciano sapere.
Anche loro mi hanno spesso dato degli spunti interessanti per fare gli articoli. Di fatto, sono dei "collaboratori". Anche loro meritano i miei ringraziamenti.
Mi sarebbe piaciuto anche fare un bel pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Tindari.
Sarà per un'altra volta. Intanto, mi accontenterò di fare il mio pellegrinaggio al Santuario della Beata Vergine Maria qui a Grazie di Curtatone, che certamente non è meno importante.
Spero di avere fatto capire che, forse, le opere di Plinio Correa de Oliveira vanno lette al di là di quelle che sono le singole nel loro senso letterario.
Cordiali saluti.















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